Bibliografia

venerdì 3 febbraio 2023

Un manuale di difesa contro il dispotismo incalzante dei tempi moderni

 

 

di Francesco Simoncelli

Incredibile a dirsi, esiste ancora fiducia nei media generalisti quando si tratta di narrare o riportare la realtà dei fatti. Se c'è una cosa che gli ultimi tre anni avrebbero dovuto esaurire, quella sarebbe dovuta essere la fiducia in questo tipo di comunicazione di massa che, col paravento del solo informare, infarcisce i suoi messaggi di omissis, talvolta menzogne palesi e una caterva di fallacie logiche da far impallidire i regimi iper-socialisti dello scorso secolo. Ovviamente non esiste LA verità, nessun essere umano può arrivare a detenere una simile conoscenza tutta all'interno del suo cervello o della propria catena di ragionamento. La verità di ogni individuo è sempre parziale, poiché apporta col proprio bagaglio di conoscenze linfa vitale al flusso d'informazioni presenti nell'ambiente di mercato. Chiunque si erga a latore supremo d'informazioni è un falsario e un bugiardo, un po' come quando osservate le etichette che i social media hanno tanto amato affibbiare negli ultimi tre anni a chi proponeva tesi opposte a quelle mainstream. Non c'era bisogno di alcuno scandalo Twitter a chi ancora faceva della logica la propria arma di difesa, né ricorsi interni alla piattaforma per far valere le proprie tesi: ognuno di noi ha una visione del mondo parzialmente vera, data la sua impossibilità di arrivare a concepire nel suo toto la verità completa.

Ci possiamo avvicinare a essa, ovviamente, ma nessuno può dire di poter silenziare qualcun altro perché la sua comunicazione è parzialmente vera. Censurare qualcuno in base a questo assunto significa andare contro la stessa realtà delle cose pur di far valere il proprio punto di vista. Un tale atteggiamento è qualcosa di diametralmente opposto a una qualsivoglia "ricerca della verità". Inutile dire che una tale mancanza di ragionamento logico è quella componente principale che ha fatto sprofondare nell'oblio l'umanità negli ultimi tre anni, per quanto fosse un piano presumibilmente ben congegnato da parte dei pianificatori centrali quello di convogliare l'immaginario collettivo ad accettare uno smantellamento dello status quo dato che esso ha raggiunto la proverbiale fine della strada. Dal salvataggio di Bear Stearns al TARP e alla miriade di altri salvataggi tramite i giri di QE, oltre ai tassi d'interesse a zero e all'esplosione del bilancio delle banche centrali, solo negli USA ci sono voluti $10 in interventi monetari per generare $1 di crescita economica. Ora la Federal Reserve sta cercando di svezzare i mercati dal "supporto vitale" e tornare a una sorta di crescita organica. È quello che Powell ha detto a Jackson Hole lo scorso agosto. Una volta che lo stimolo viene rimosso, però, i rendimenti devono tornare alla loro matematica di base: crescita economica + dividendi - inflazione dei prezzi.

Risolvere il problema non sarà indolore, soprattutto perché interrompere la dipendenza da una qualsiasi sostanza che la crea (e il denaro fiat non fa eccezione) non lo è mai. Per questo motivo la cosiddetta strategia della "demolizione controllata" è la via che viene battuta dalla maggior parte degli schieramenti di pianificatori centrali in giro per il mondo, una sorta di compromesso tra il mantenimento della loro egemonia all'interno della società e il soffocamento dell'emersione di nuovi ordini sociali tramite promesse di sollievo attraverso il welfare state. Inutile dire che si tratta di un equilibrio molto precario, il quale può degradare molto presto e molto violentemente mandando al macero qualsiasi obiettivo di controllo che i pianificatori hanno in testa. Per gli Stati Uniti è, quindi, una scommessa, soprattutto sulla resilienza/resistenza della propria classe media (aiutata anche dal flusso di capitali in entrata sottratti dall'Europa attraverso il prosciugamento del bacino degli Eurodollari); per il blocco euroasiatico è anch'essa una scommessa sulla propria classe media, ma altresì un'opportunità di supremazia mondiale futura attraverso una valuta di saldo commerciale internazionale (strategia affiancata, tra le altre cose, dal flusso di capitali in entrata sottratti dall'Europa attraverso il prosciugamento del bacino di energia a basso costo).

Il blocco europeo, invece, ha prevalentemente un'altra strategia ed è quella della cannibalizzazione della propria classe media. In questo momento storico la posizione dell'Europa è nettamente di svantaggio rispetto al blocco euroasiatico e agli Stati Uniti. Al di là degli accordi tra i vari pianificatori centrali di queste nazioni per arginare l'inesorabilità della Legge dei Rendimenti Decrescenti, l'Europa è stata quella realtà che più di tutti ha puntato sulla dipendenza estera per quanto riguarda investimenti finanziari ed energetici. Ecco perché è quella che più di tutti continua a fomentare il conflitto tra russi e ucraini, nella vana speranza che possa arrivare a destabilizzare il governo russo a tal punto da innescare un cambio di governo. Inutile dire che questo è solamente un pio desiderio, ancorato sulla strenue incapacità di capire che l'ambiente in cui viviamo è disseminato d'informazioni frammentate e nessuno le può possedere tutte quante. Hayek lo spiegò bene in The Use of Knowledge in Society e in The Fatal Conceit: l'arroganza dei pianificatori centrali è tale da farli precipitare in una spirale di delirio d'onnipotenza in cui credono di poter direzionare a piacimento l'intero arazzo della società. Come in ogni schema Ponzi che si rispetti, finiscono per credere alle loro menzogne e fanno di tutto per di tenerle in piedi.

La più grande menzogna oggi è quella riguardante la natura dell'inflazione, ma ci arriveremo. Prima è giusto finire d'esplorare il "whatever it takes" delle autorità, chi hanno messo sulla linea del fronte. Certo, inviare armi significa far continuare la guerra, ma il conto delle vite umane è agghiacciante (non che scatenare una guerra sia la risposta ai problemi attuali, ciononostante non dimentichiamo le recenti dichiarazioni della Merkel e di Hollande secondo cui è stata la stessa UE ad alimentare le braci della guerra) e non risolve il problema, anzi lo manda avanti indefinitamente... o almeno fino a quando non finiscono gli ucraini da far macellare. L'autodeterminazione dei popoli vale solo quando fa comodo, a quanto pare, quando è negli interessi propri, mentre è cestinabile quando non c'è niente da guadagnarci. 

Non esiste alcuno spettro di conquista dell'Europa o dell'intera Ucraina: tutta la questione ruota attorno alla volontà d'indipendenza del Donbass e la via diplomatica dovrebbe essere l'unica a dover essere percorsa. Invece, sin dall'inizio, tutti i tentativi di diplomazia sono stati sabotati, oltre alle piroette del presidente ucraino che, in base alle sue azioni e dichiarazioni contraddittorie, ha dimostrato solamente d'essere una marionetta. Ma sulla linea del fronte, sebbene non fisico, ci sono anche i contribuenti europei, in particolar modo quelli italiani, che soffrono economicamente per le scelte tanto consapevoli quanto scellerate di chi si suppone invece li debba condurre verso un futuro migliore. Ingenuità, inconsapevolezza, ignoranza e propaganda si fondono insieme per creare il babbeo perfetto che piuttosto che considerare la propria condizione socioeconomica, sbraita contro nemici invisibili e accoglie con remissione condizione avverse presumibilmente colpa del fato.

Il fato non ha colpe, è una condizione precisamente voluta. Come ho scritto nel mio precedente articolo, i tecnocrati europei intendono creare nuove condizioni di crescita trasferendo o distruggendo la ricchezza reale finora accumulata dalla maggior parte delle persone.

Detto in parole povere la classe media europea deve essere distrutta. Il controllo capillare incalzante è l'arma del delitto. Senza contare poi che qualsiasi discussione sensata su un'espansione economica non può non prendere in considerazione la guerra stessa, la quale è indubbiamente fonte d'incertezza. E mentre gli Stati Uniti hanno puntato molto sull'outsourcing durante gli ultimi venti anni di globalizzazione industriale, l'Europa invece molto meno scegliendo invece di allungare le catene di approvvigionamento e quindi dipendere dal resto del mondo per quanto riguarda semilavorati, materie prime ed energia. Questo significa che gli USA possono richiamare in patria quelle industrie che in passato avevano delocalizzato, con tutto il tempo del caso per la necessaria transizione ovviamente, mentre l'Europa dovrà accorciare le supply chain con tutte le conseguenze del caso a partire dai costi.

E non dimentichiamoci la Cina, la quale sta avviando una transizione riflessiva per quanto riguarda i suoi obiettivi commerciali: abbasseranno la quota d'importazioni dall'UE e abbasseranno altresì anche quella riguardante le esportazioni (strategia alimentata tra l'altro dallo scontro NATO-Cina-Taiwan). La de-industrializzazione risultate per quanto riguarda l'Europa è un risultato scontato dato che le mancherebbero i clienti. Come ricordato anche di recente, l'Europa e l'UE saranno l'epicentro del Grande Default. E fin ad adesso non ho aggiunto all'analisi l'attrito tra USA e UE a livello finanziario, ma che potete approfondire qui. Insomma l'autodistruzione di quella che è diventata a tutti gli effetti l'URSSE passa attraverso la legiferazione compulsiva che, sfornando regole sempre più assurde e vincolanti, crea un cortocircuito burocratico sequenziale in grado di abbattere qualsiasi sogno distopico di tecnocrazia. Per quanto i pianificatori centrali possano essere convinti di poter tenere le redini della società secondo i loro dettami attraverso la spasmodica approvazione di norme da rispettare, il caos pianificato risultante è il sottoprodotto che ottengono ed è quell'elemento che fa crollare il castello di carte.

Le informazioni nell'ambiente economico circolano sempre più confuse e sono incapaci di far comunicare gli attori di mercato, scaturendo in una fucina sempre accesa di errori economici da correggere. L'evidenza di ciò è incarnata nella volontà della BCE, ad esempio, di percorrere un sentiero di rialzo dei tassi, ma al tempo stesso mantiene in posizione tutti quegli interventi monetari che hanno caratterizzato la sua linea di politica dal 2012 fino a oggi. La frantumazione dell'esperimento UE ed euro è già scontato, si tratta adesso d'impedire che gli individui capiscano che esistono alternative. Infatti la deglobalizzazione incalzante offrirà nuove opportunità a livello locale, stimolando la decentralizzazione dei poteri (a tutti i livelli), soprattutto nei piccoli centri. I grandi centri urbani, invece, le cosiddette smart city, saranno conquistate dalla forza opposta, quel bastione di resistenza della burocrazia che tenterà con unghie e denti di mantenere intatti i propri privilegi. Lo scontro tra queste due forze, purtroppo, regalerà all'Europa l'esperienza dei "decenni perduti" che ha già attraversato il Giappone; anche perché non ci si poteva aspettare diversamente dallo stesso Paese che ha adottato il QE per primo e ha funto da cavia da laboratorio per tutti gli altri che hanno adottato la stessa strategia monetaria successivamente.

È qui che ci troviamo adesso: mentre Stati Uniti e blocco euroasiatico trasformano le loro catene di approvvigionamento in accordo con le nuove condizioni commerciali, l'Europa è colta nel fuoco incrociato e non ha altro modo di provare a sopravvivere se non mediante il consumo di ricchezza reale. Gli Stati Uniti, cercando di preservare quanto più possibile la propria classe media, sta cercando di moltiplicare il più possibile le supply chain interne: se prima erano efficientate e allungate fino allo stremo, e sensibili a una qualsiasi perturbazione, adesso le si vuole accorciare e crearne di parallele in modo che se dovesse saltarne una ce ne sarebbe pronta già un'altra in sostituzione. Non sarà un percorso privo di ostacoli e molto probabilmente richiederà un decennio prima che possa essere completato in modo soddisfacente. Lo stesso sta facendo il blocco euroasiatico tramite la Belt and Road Initiative, soprattutto in Africa.

L'Europa, invece, non può fare niente del genere, avviandosi a essere una landa fallita dipendente dal welfare state. I costi aumenteranno e l'inflazione dei prezzi con essa, senza contare che gli interventi monetari torneranno a ruggire dato che i governi nazionali si stanno autodistruggendo e continuano a chiedere a gran voce sempre più fondi. Intensificandosi burocrazia, tasse, inflazione dei prezzi e norme stringenti, il know-how europeo volerà oltreoceano lasciando le macerie nel vecchio continente. La classe media europea è destinata a scomparire sotto i colpi sferzanti della cosiddetta tirannia digitale. I recenti attacchi alla casa, all'automobile e al settore alimentare sono tutti sintomi del sopraccitato piano di cannibalizzazione della classe media europea ad appannaggio dei vertici.

La de-industrializzazione sarà più pronunciata, inutile dirlo, in quei settori che dipendono fortemente dal circuito globale, quelle che hanno bisogno di supply chain complesse per essere alimentate (come il settore automobilistico, ad esempio, e non è un caso che è quello che sta più soffrndo ora).


LA CORRETTA COMPRENSIONE COME ARMA DI DIFESA

In questa situazione non mancheranno alternative, perché per quanto possano essere dettagliati e presumibilmente ben congegnati i piani dei pianificatori centrali, si tratta pur sempre di un manipolo d'individui che tentano d'influenzare la stragrande maggioranza. È un gioco di percezioni. Pensate per un momento all'Agenda 2030 e al Grande Reset del WEF: fino a poco tempo fa si poteva leggere sul proprio sito il seguente articolo in cui si diceva apertamente come sarebbe stato ridotto l'individuo, sacrificato sull'altare della pianificazione centrale per permettere allo status quo di sopravvivere un giorno in più. Oggi la stessa organizzazione lo rinnega, per quanto lo porti avanti di nascosto e con sordida propaganda. Questo precisamente perché dipende tutto dalle scelte degli individui alla fine dei conti e da come percepiscono il mondo: nel momento in cui si accorgono d'essere fregati, smetteranno di seguire le direttive. È un gioco di percezioni, quella attuale è una battaglia per la mente e l'anima delle persone. Inutile dire che la domanda diventa la seguente: quando se ne accorgeranno d'essere fregati?

Pensate per un momento agli ultimi venti anni, in cui la logistica e le catene di distribuzione sono diventate sempre più complesse. Prima abbiamo parlato di fragilità a esse annesse, ma perché? Da dove è saltata fuori? Era insita nella loro natura? No, laddove gli accordi tra operatori erano basati sulla cooperazione spontanea e l'ordine spontaneo dei mercati (es. rapporti vicendevolmente vantaggiosi), i benefici della globalizzazione sono stati palesi. I guai si sono accumulati quando gli stati hanno iniziato a ficcare il naso, a voler predare questa nuova fonte di profitto. In parole povere, a parassitare il bacino della ricchezza reale nel momento in cui ha iniziato a mostrare segni di ripresa dalle precedenti crisi, e lo hanno fatto attraverso le distorsioni burocratiche e le manipolazioni monetarie. Quello che era in precedenza un beneficio collettivo è stato trasformato in un elemento produttivo solo per un gruppo specifico d'individui a scapito di tutti gli altri. Inutile dire che il denaro è l'elemento centrale che ci lega a livello di comunicazione economico/finanziaria: laddove ci possono essere differenze a livello di religione, opinioni politiche, razza, ecc. il denaro funge da collante. E nel sistema fiat moderno, il denaro è l'area più corrotta che esista, soprattutto dal 1914 e l'abbandono del gold coin standard.

Quello che oggi si offre come opportunità d'emancipazione dalla propaganda atta a creare servi, o per parafrasare Hayek non imboccare la via verso la schiavitù, è diventare più esperti in materia capendo i meccanismi di base effettivi. Capire come funziona, capire come ancora nel 2023 esistano differenze economiche sostanziali e come queste si intensificheranno di più con l'avvento delle CBDC. Capire tutto ciò significa rivoltare contro l'avversario la sua stessa tecnica di offesa. Un esempio straordinario da questo punto di vista è El Salvador, la quale da nazione allo sbando grazie a Bitcoin ha iniziato a seguire la via della virtù economica e i risultati si vedono. Ovviamente questa non è l'unica strada, ma una delle tante visto che l'obiettivo dovrebbe essere creare economie parallele a quella "ufficiale". O detto in maniera più schietta, gestire il proprio denaro e non lasciarlo gestire agli altri. Perché sebbene sappiamo che i piani centrali alla lunga falliscono sempre, nel frattempo non possiamo sederci con le mani in mano ad aspettare. I pianificatori non aspetteranno di fallire, bensì cercheranno in tutti i modi di vincere questo scontro.

Infatti, per quanto i piani del WEF stiano fallendo attualmente, all'ultimo loro incontro non hanno fatto altro che chiedere maggiore censura delle opinioni discordanti. Il sistema di controllo negativo funziona fino a quando le bugie possono correre indisturbate. Nel momento in cui vengono svelate per quelle che sono, ovvero fandonie e tentativi di coercizione, le persone seguono un'altra strada. Poi i tentativi d'imporre possono continuare, ovvio, ma la reazione contraria diventa più veemente e l'ostruzionismo più energico. Ciò non toglie che ci saranno ancora tentativi d'implementare il controllo capillare, perché come ci ricorda Frank Chodorov nel suo meraviglioso libro, L'ascesa e la caduta della società, gli esseri umani sono continuamente sedotti da quella pulsione umana atavica del vivere al massimo col minimo sforzo e conservare quei privilegi che permettono un simile stile di vita diventa lo scopo principale della propria esistenza. Ma nel momento in cui gli individui sono correttamente informati, nel momento in cui sono in grado di riconoscere le truffe (come quella alimentare ad esempio e legata al consumo d'insetti), allora la propria voce in capitolo diventa più forte di qualsiasi autorità: premiare economicamente quelle attività che vanno contro una certa narrativa truffaldina e punire invece quelle che si conformano.

Il modo di far restringere la burocrazia, quello più efficace, è smettere di conformarsi. Essa seduce gli individui attraverso l'elargizione di una miriade di pasti gratis, ma ricordate: quando tutto è gratis il prodotto siete voi.


INFLAZIONE: IL PIÙ INCOMPRESO (VOLUTAMENTE) DEI TEMI

Le cose costeranno di più, perché come detto fin qui, mancando una supply chain efficiente come quella di prima, tutto costerà di più. Ma questo non significa avere un'economia disfunzionale. Perché? Perché se smettono gli interventi attivi nell'economia o, meglio ancora, si utilizza uno strumento come Bitcoin che impedisce questo esito, allora le forze di mercato aggiusteranno l'ambiente economico alla nuova situazione e un'economia più locale sarà uno scudo resistente contro l'accentramento artificiale di poteri e ricchezza. Infatti l'incessante deformazione dell'ambiente economico, in maniera più marcata sin dal 2009, ha contribuito enormemente a creare le condizioni attuali in cui l'inflazione dei prezzi è andata fuori controllo. Per quanto i monetaristi possano avere un approccio teorico simile a quello Austriaco, il loro impianto è prettamente meccanico e non prende in considerazione la componente umana. I monetaristi, infatti, iniziano con l'equazione dello scambio quando devono spiegare il fenomeno inflattivo e tralasciano gli attori di mercato in tal contesto, presupponendo una trasmissione lineare dell'input iniziale (aumento artificiale dell'offerta di denaro).

Come accade per qualsiasi altro asset, gonfiare la propria offerta è esso stesso un atto d'inflazione. Le conseguenze che questa azione ha, poi, sulla struttura dei prezzi associata a suddetto asset è definita inflazione dei prezzi ed è, quindi, un fenomeno successivo. Il lag temporale con cui si manifesta poi quest'ultimo fenomeno è impostato dall'utilità marginale dei primi percettori dell'asset artificialmente gonfiato nell'offerta. Noto come Effetto Cantillon, e che ci descrive come coloro che ricevono per primi l'asset gonfiato artificialmente nell'offerta guadagnano un vantaggio competitivo rispetto a coloro che lo riceveranno in seguito o per niente, non riesce ovviamente a catturare l'essenza incerta dell'azione umana, perché per quanto possa essere descrittivamente esaustivo non è in grado di calcolare ogni volta il lag temporale effettivo e quantificarlo. È un parametro, quindi, che cambia sempre e, sebbene si dica che generalmente ci vogliano circa 18 mesi affinché gli effetti dell'inflazione di un asset abbiano pienamente effetto sui suoi prezzi, rimane estremamente volatile.

Di conseguenza la questione cruciale non è la cosiddetta "velocità" con cui l'asset di riferimento percola nell'economia più ampia, bensì la domanda per lo stesso a cui è associata l'utilità marginale degli attori di mercato riguardo tale asset. Se gli attori di mercato, a fronte di un aumento dell'offerta di un asset, aumentano la loro domanda per lo stesso ben oltre l'aumento iniziale dell'offerta, si avrà un effetto sterilizzante: l'inflazione dell'asset non si trasmetterà ai prezzi dell'asset di riferimento. Tenete presente che quanto detto finora si applica a qualsiasi asset, denaro compreso. E infatti, se prendiamo come riferimento il dollaro e l'economia americana, vediamo come la grande domanda di denaro (da parte degli istituti bancari prevalentemente) abbia sterilizzato i vari giri di QE della FED.

A ciò s'è aggiunta anche la domanda di denaro da parte dell'economia più ampia per nuovi fondi mutuabili che è rimasta sostanzialmente piatta negli ultimi dieci anni, salvo poi smuoversi quando le riserve in eccesso hanno visto mutare la loro cifra totale. O per meglio dire, gli istituti bancari hanno cambiato la loro percezione riguardo l'utilità marginale delle riserve a loro disposizione, valutando di più la concessione di prestiti piuttosto che tenerle parcheggiate presso la FED. Il rialzo dei tassi d'interesse di mercato, a differenza di quello di riferimento "monitorato" dalla Federal Reserve, è iniziato ben prima ed è stato trainato dalla sempiterna correlazione mostrata da Alfred Gibson: la domanda per nuovi fondi mutuabili fa da volano all'inflazione dei prezzi. Ma anche qui, il tutto si riduce all'utilità marginale degli attori di mercato i quali trasformano in pochissimo tempo condizioni che potevano essere ritenute "stabili" in condizioni "instabili".

In realtà, quella che viene definita "instabilità" da parte dei commentatori economici mainstream non è qualcosa che ignorantemente viene ricondotto agli "spiriti animali" dei imprenditori e investitori, bensì un fenomeno strettamente legato all'errata allocazione di capitale scarso che devasta la struttura di produzione e crea zombi economici i quali non aggiungono nulla al bacino della ricchezza reale ma al contrario lo consumano. L'accumulo di errori economici che ne deriva è come una cancrena che inghiotte progressivamente i vari settori industriali, fino ad arrivare a un punto di rottura in cui è necessaria una pulizia e che viene chiamata crisi o recessione. Una maledizione per quelle attività clientelari che basano la loro sopravvivenza su un accesso privilegiato a liquidità a buon mercato; una benedizione per il resto dell'economia di mercato perché, dal fallimento degli zombi, possono usare le risorse liberate e metterle a miglior frutto.

Questo processo "lavora" in background e crea le basi per quell'inflazione che possiamo definire galoppante nel momento in cui si raggiunge un punto di rottura. Di conseguenza l'impennata dei prezzi che abbiamo visto sin dalla fine del 2021 era figlia di quella pletora d'interventi massicci che hanno caratterizzato gli ultimi tredici anni e che solo negli ultimi tre anni hanno sconvolto pesantemente domanda/offerta. La rottura delle supply chain, come documentato in precedenza in questo articolo, era un'inevitabilità a causa del livello d'interventi che s'erano accumulati nella loro gestione e quando sono saltate in aria a causa dei lockdown, ciò ha rappresentato l'inizio della correzione. Inutile dire che, come già sottolineato prima, non torneranno come prima. Aggiungete al mix la gigantesca mole di trasferimenti governativi attraverso il welfare state, gli inventari pieni delle aziende, la consegna a domicili a buon mercato e avete la ricetta perfetta per un effetto a cascata inflazionistico. Il canale con cui veniva trasferita la politica monetaria all'economia più ampia è stato temporaneamente ripristinato con una valanga di "pasti gratis", cosa di cui i percettori primi di questa tempesta di denaro si sono affrettati a spendere.

Va da sé che chi ha continuato a godere delle prebende statali ha avuto un vantaggio rispetto a chi ne ha ricevute di meno. Poi quando le sovvenzioni sono finite, si è tornati ad accendere prestiti (si vedano i grafici sopra).

L'inflazione, in sintesi, è una forma di tassazione non vista e chi ha redditi relativamente fissi è colui che dovrà pagare tale tassa.

Malgrado ciò la tesi principale usata ancora oggi per difendere un'espansione artificiale dell'offerta di denaro è che l'inflazione sostiene la "domanda aggregata" a livelli fisiologici, che le persone con il denaro creato ex novo acquisteranno più beni e che le imprese saranno stimolate ad aumentare la produzione e le assunzioni.

Fondamentale in questa tesi è l'idea che il funzionamento del libero mercato sia insufficiente ad assicurare l'occupazione a tutti coloro che desiderano lavorare. In qualche modo "oscuro" non riesce a smistare tutti i beni in vendita (attraverso l'azione non ostacolata del meccanismo dei prezzi) e quindi la domanda aggregata non è in grado d'incoraggiare una maggiore produzione. Questa prospettiva è stata un punto in comune alla maggior parte dei partiti socialisti, ma è diventata un presupposto cardine del pensiero non socialista moderno attraverso gli insegnamenti di John Maynard Keynes nella sua Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta (1936). Keynes si rese conto che una revisione al ribasso del livello dei salari sarebbe stata contrastata dai sindacati e i governi della maggior parte delle democrazie occidentali avrebbero trovato tale strategia politicamente inopportuna. Alla luce del sole, nessuno vuole che i salari scendano, tuttavia se si permettesse all'inflazione di aumentare costi e prezzi, i salari reali scenderebbero senza l'opposizione organizzata del mondo del lavoro. Era chiaro che se i salari reali non fossero scesi, il risultato sarebbe stato la disoccupazione; i lavoratori meno produttivi dovrebbero essere licenziati.

Keynes scrisse il suo libro durante la depressione degli anni '30, ma oggi esiste una situazione analoga: il salario minimo. Il lavoratore a bassa produzione perderebbe il lavoro se i salari reali non scendessero e tale linea di politica ha reso l'inflazione una necessità politica oltre che economica. Alla fine, però, l'errata allocazione di risorse scarse promossa dall'inflazione danneggerà sia i lavoratori che i produttori, poiché i prezzi salgono oltre i mezzi di tutti tranne che delle aziende più influenti (politicamente) e dei membri dei sindacati più forti. Per mantenere le imprese a piena produzione, secondo il vangelo della "nuova economia", mantenendo così la manodopera pienamente occupata, sono necessarie dosi sempre crescenti d'inflazione. Come sottolineò Wilhelm Röpke, è stata proprio questa filosofia della piena occupazione a motivare la pianificazione economica in tempo di pace della Germania nazista, con il conseguente sistema di "inflazione repressa": razionamento, carenze e cattiva allocazione delle risorse.

La nazione che stimola un cosiddetto "boom" inflazionistico ne affronterà inevitabilmente le conseguenze economiche: o inflazione galoppante, o una grave recessione/depressione. Se l'inflazione dovesse cessare, la disoccupazione aumenterà e le precedenti previsioni degli imprenditori (che si basavano sul presupposto di un'inflazione continua) verranno distrutte. Poiché nessun partito politico è ansioso di affrontare alle urne le conseguenze di una depressione, c'è la tendenza a far diventare l'inflazionismo, una volta iniziato, una linea di politica permanente. Gli aumenti delle tasse sono posticipati il più a lungo possibile, la "stretta" monetaria diventa impopolare e i tagli alla spesa pubblica non sono accolti con favore da quei gruppi d'interesse che ne traggono profitto.


CONCLUSIONE

Lo scenario per il 2023 comporterà una moderata ripresa della crescita nei primi mesi dell'anno, il che indurrà la FED a continuare a spingere i tassi d'interesse verso l'alto. I tassi di riferimento reali torneranno finalmente in territorio positivo in primavera e ciò alla fine genererà abbastanza mordente da far cadere l'economia in recessione nel primo trimestre del 2024. Ma mentre gli Stati Uniti hanno i mezzi e la volontà per superare questa fase di perturbazione, l'Europa si sta avviando verso la sua versione di "decennio perduto" in cui la produttività stagnerà e le principali industrie soffriranno, sia per la de-industrializzazione sia perché gli investitori privilegeranno i mercati d'oltreoceano o il blocco euroasiatico. Ci sarà un gigantesco trasferimento di ricchezza e le vecchie élite vedranno trasferire potere e ricchezza verso una nuova generazione di élite. Ecco perché questo, il momento della recessione, è perfetto per cogliere nuove occasioni, per ripensare al proprio lavoro ad esempio.

L'economia parallela, quella della decentralizzazione, che man mano si sta sviluppando nel sottobosco, andrà a sostituire quella mainstream e questo significa ripensare al proprio lavoro e alle modalità con cui lo si svolge. Un'intera generazione di baby boomer è sul viale del tramonto e al contempo scompariranno tutta una serie d'industrie che non hanno motivo d'esistere così come sono pensate oggi, di conseguenza agli attori di mercato verrà presentata una scelta: darsi da fare per acquisire consapevolezza di quanto sta accadendo ora e darsi da fare per studiare la natura delle tecnologie decentralizzate come Bitcoin, oppure continuare a vivere nel torpore dello status quo ed essere dipendente in tutto e per tutto dallo stato. Infatti, per quanto riguarda quest'ultimo caso, il lancio della cosiddetta valuta digitale delle banche centrali (CBDC) sarà accompagnato da un reddito garantito fisso minimo... a patto che chi lo percepisce rinunci a qualsiasi altra cosa (es. alla proprietà dell'automobili, alla proprietà della casa, alla proprietà del conto in banca, ecc.). Chi si allineerà avrà un mezzo di sussistenza... almeno per un certo periodo... e il prezzo da pagare è quello della propria indipendenza; chi non vorrà allinearsi dovrà costruirsi quelle competenze che sono necessarie. Essere preparati, intraprendenti e dinamici rappresenteranno tre caratteristiche fondamentali per non scivolare nelle classi povere ed entrar a far parte di quelle ricche, perché, come sottolineato in precedenza, l'obiettivo attuale dei pianificatori centrali in Europa è la cannibalizzazione delle classi medie le quali, come nella depressione degli anni trenta negli USA, scompariranno.

Chi vuole difendersi da questo assassinio deve imparare a utilizzare nuovi strumenti, come Bitcoin ad esempio (il mio servizio su Calendly prevede anche il trasferimento di questo tipo di conoscenza). Non c'è alcun dubbio sugli obiettivi dei pianificatori centrali, anche perché li hanno dichiarati: il Grande Reset intende riportare indietro le lancette della "sostenibilità" della pianificazione centrale, giunta alla sua data di scadenza ormai, depredando il bacino della ricchezza reale e trasferendolo a proprio appannaggio. L'attacco che viene sferrato agli immobili (es. affitti fissi, revisione rendite catastali, ammodernamento "ecosostenibile", nuovi cavilli sul passaggio di proprietà, tassi dei mutui più alti, ecc.) è diretto a rendere impossibile la vendita degli stessi e la svendita all'unico acquirente a cui sarà possibile vendere; l'attacco che viene sferrato alle automobili (es. limiti di velocità assurdi, prezzi del carburante elevati, ecc.) ha lo stesso scopo. I pianificatori centrali non si fermeranno, a meno che non trovino un'opposizione decisa e una non collaborazione. Le proteste in Sri Lanka contro il divieto ai fertilizzanti chimici sono un esempio calzante a tal proposito.

Bitcoin alimenta e facilita la costruzione di un'economia parallela, alternativa, che può vivere senza il contributo e la necessità dello stato; questa è la miglior garanzia per continuare ad avere una propria autonomia. Il vantaggio che si può acquisire rispetto agli altri, inconsapevoli delle trasformazioni in atto, è muoversi prima e non aspettare l'ultimo momento.


1 commento:

  1. La chiave di volta per comprendere l'attuale situazione economico/finanziaria è pensare alle varie economie del mondo come panni sporchi in una cesta: la corsa la vince chi è meno sporco degli altri. Con un totale di $90.000 miliardi tra debito pubblico e privato, negli USA la differenza tra interessi zero e interessi al 5% è di $4.500 miliardi. Un quarto di punto al di sopra del tasso di riferimento della FED e ancora al di sotto del livello d'inflazione.

    Certo, non è tutto così automatico dato che le scadenze sono scaglionate. Complessivamente il costo dei tassi d'interesse per gli Stati Uniti è di circa il 15% del PIL, o circa 3.600 miliardi, ma col passare del tempo e la FED che continua a spingere i tassi verso l'alto, sempre più debiti (ipoteche, obbligazioni societarie, obbligazioni federali) devono essere rifinanziati a tassi molto più alti.

    Quanto in alto? Non lo sappiamo, ma una cosa è certa: i tassi devono essere almeno 2 o 3 punti percentuali superiori all'inflazione per tenere sotto controllo gli aumenti dei prezzi. Quindi se l'inflazione si stabilizza al 5%, i tassi sui prestiti dovranno essere intorno al 7% o all'8% per raggiungere una sorta di equilibrio. Vediamo, il 7% di $90.000 miliardi è $6.300 miliardi, o più di un quarto del PIL. È probabile che qualcosa di grosso si rompa prima che si arrivi a tal punto. Ma la vera domanda è DOVE nella cesta summenzionata? In fondo, dove c'è l'economia europea. Ricordate, l'indicizzazione dei debiti statunitensi è stata sganciata da quella mondiale, e soprattutto europea, quindi l'indipendenza della FED nel permettere una nuova formazione del capitale in patria (a patto di un certo dolore economico, certo) è l'asso nella manica di Powell.

    Infatti la lista delle criticità in Europa è sbalorditiva, o per meglio dire, la sporcizia attaccata ai suoi indumenti: salari reali crollati (inferiori all'inflazione) per quasi 2 anni di fila; produttività crollata; crescita del PIL anemica e presto sarà negativa (in recessione); schizofrenia monetaria, con la Lagarde che cerca un compromesso tra percezione di una stretta monetaria e lassismo monetario reale; tassi di risparmio vicini ai minimi storici; debito dei consumatori a livelli record; debito delle imprese a livelli record; bolla immobiliare scoppiata; esilio dei combustibili fossili.

    La FED continuerà, quindi, a rialzare i tassi e qualcosa infine si romperà.... in Europa.

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