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mercoledì 8 febbraio 2023

La guerra dei 77 anni e perché la prima guerra del Golfo fu un errore madornale – Parte #3

 

 

di David Stockman

Di fronte alla più grande opportunità per la pace mondiale in quasi un secolo, George H. W. Bush non esitò: su consiglio dei suoi servitori, scelse immediatamente la via della guerra nel Golfo Persico.

Questa impresa venne escogitata dai protetti di Henry Kissinger al Consiglio di sicurezza nazionale e dal segretario di stato petroliere del Texas di Bush, James Baker. Mentirono affermando che fosse in gioco la “sicurezza petrolifera della nazione” e che 500.000 soldati americani dovevano essere piantati nelle sabbie dell'Arabia.

Fu un errore catastrofico, e non solo perché la presenza dei soldati americani sul presunto suolo sacro dell'Arabia offese i mujahedin dell'Afghanistan, reclutati e addestrati in precedenza dalla CIA, che erano rimasti disoccupati quando l'Unione Sovietica crollò.

I giochi di guerra nel Golfo, glorificati dalla CNN, all'inizio del 1991, diedero ulteriore potere a un altro gruppo di crociati disoccupati: i fanatici della sicurezza nazionale neocon che avevano ingannato Ronald Reagan convincendolo a rafforzare l'esercito statunitense per contrastare quella che sostenevano essere un'Unione Sovietica in ascesa, decisa a vincere la guerra nucleare e diretta alla conquista del mondo.

Inutile dire che gli uomini grigi del Cremlino negli anni '80 erano malvagi come sempre, ma erano anche abbastanza razionali e non avevano in alcun modo una strategia vincente per la guerra nucleare. Quello era solo un mucchio di bugie neocon, che, in ogni caso, portarono a un massiccio rafforzamento della difesa che non aveva praticamente nulla a che fare con il contenimento della minaccia nucleare sovietica. Quest'ultima era stata gestita abbastanza bene da chi aveva preceduto Reagan.

Quando il bilancio della difesa passò da $134 miliardi nel 1980 a $304 miliardi nel 1989, questo aumento senza precedenti del 130% in tempo di pace (+50% in dollari aggiustati all'inflazione) finì nella costruzione di un'armata di forze convenzionali in tutto il mondo che era assolutamente inutile in un mondo con o senza Unione Sovietica.

Di conseguenza tutto su terra, mare e aria era stato aggiornato e ampliato. Ciò includeva la Marina da 600 navi e 12 gruppi di portaerei; massicci aggiornamenti della flotta di carri armati M1 e veicoli da combattimento Bradley; e l'approvvigionamento infinito di missili da crociera, aerei ad ala fissa, aerei rotanti, aerei con capacità di sollevamento aereo e marittimo, capacità di sorveglianza e guerra elettronica. Insomma, un buco nero così grande da far impallidire tutto ciò che era accaduto prima.

In parole povere, l'incauta alimentazione del settore della difesa da parte di Reagan consentì le invasioni e le occupazioni che iniziarono quasi istantaneamente dopo la caduta dei sovietici. Vale a dire, la costruzione della difesa neocon degli anni '80 generò la "Guerra infinita" degli anni '90 e oltre.

La follia e l'inganno del rafforzamento del settore della difesa in ottica antisovietica erano abbastanza evidenti all'epoca, perché a metà degli anni '80 l'Impero del Male si stava già disfacendo economicamente e per la semplice ragione che il comunismo e il comando/controllo economico non funzionano. Ma pochi anni dopo la Grande Bugia divenne chiara al mondo intero attraverso lo spettacolo di Boris Eltsin, fiaschetta di vodka in mano, che smantellava l'Armata Rossa nel 1991.

Alla fine la potente Unione Sovietica fu abbattuta da uno dei suoi stessi burocrati.

Vale a dire, l'intera narrativa neocon di un'Unione Sovietica in ascesa, decisa a conquistare il mondo, era stata una presa in giro. Questo da solo avrebbe dovuto screditare e far finire i neocon nella pattumiera della storia.

Ma Dick Cheney, Paul Wolfowitz e il resto della banda di neocon che circondava Bush senior riuscirono a lanciare una nuova "esca" per far continuare la guerra. All'improvviso non si trattava più dell'Unione Sovietica, ma della vittoria di Pirro di Washington in Kuwait che magicamente era entrata a far parte dell'interesse nazionale americano.

I neocon insistevano sul fatto che la prima guerra del Golfo dimostrava che il cambio di regime poteva essere ottenuto attraverso un ampio menù interventista di diplomazia e coalizione, assistenza alla sicurezza, spedizioni di armi, azioni segrete e attacco militare/occupazione attraverso la nuova armata di forze convenzionali che l'amministrazione Reagan aveva lasciato in eredità.

Ciò che la dottrina neocon aveva effettivamente fatto, ovviamente, era stato fomentare quel Frankenstein che alla fine sarebbe diventato l'ISIS. Infatti gli unici veri terroristi al mondo che hanno minacciato la normale vita civile in Occidente negli ultimi tre decenni sono stati i discendenti canaglia delle macchinazioni post-1990 della Washington imperiale in Medio Oriente.

I mujahedin addestrati e armati dalla CIA sono mutati in al-Qaeda non perché bin Laden avesse improvvisamente avuto un'illuminazione religiosa che i suoi benefattori di Washington fossero in realtà il Grande Satana a causa della libertà dell'America.

La sua crociata omicida venne ispirata dal fondamentalismo wahhabita in Arabia Saudita. Questo ottuso fanatismo religioso fu reso febbrile dal violento tuffo della Washington imperiale nelle dispute politiche e religiose del Golfo Persico, lo stazionamento di truppe in Arabia Saudita e la raffica decennale di sanzioni, embarghi, no-fly zone, azioni segrete e aperta ostilità contro il regime sunnita a Baghdad dopo il 1991.

Sì, bin Laden avrebbe amputato la testa laicista di Saddam se Washington non l'avesse fatto prima, ma è proprio questo il punto: il tentativo di cambio di regime nel marzo 2003 è stato uno degli atti più folli della storia americana.

Infatti i consiglieri neocon di Bush junior non avevano idea delle animosità settarie e delle lamentele storiche che Hussein aveva imbottigliato sfruttando il bottino petrolifero e brandendo la spada sotto la bandiera del nazionalismo baathista. Ma l'interventismo militare americano ha fatto saltare il coperchio e la campagna di debaathificazione ha scatenato le furie.

Infatti non appena George Bush andò sul ponte dell'Abraham Lincoln dichiarando "missione compiuta", Abu Musab al-Zarqawi, militante giordano e piccolo specialista in presa di ostaggi e veleni, emerse come uno sgargiante agitatore nell'attuale, ed espropriato, cuore sunnita dell'Iraq.

Il fondatore dell'ISIS ottenne supporto a Fallujah e nella provincia di Anbar proprio come la lunga lista di altri leader terroristi che Washington sostiene di aver sterminato. Zarqawi guadagnò il suo seguito e la sua notorietà tra la popolazione della regione composta da giovani brutalizzati e umiliati dalle forze occupanti.

Infatti, proprio mentre Washington cantava della sua eventuale liquidazione di Zarqawi, i resti del regime baathista e le centinaia di migliaia di guardie repubblicane smobilitate si stavano coalizzando in al-Qaeda in Iraq, e i loro futuri leader venivano incubati in un mostruoso carcere nelle vicinanze, chiamato Campo Bucca, il quale conteneva più di 26.000 prigionieri.

Come lo descrisse in seguito un ex-ufficiale dell'esercito americano, Mitchell Gray:

“Se l'odio ha un volto lo trovavi sulle facce di quei detenuti”, ricorda Gray del suo tour del 2008. “Quando dico che ci odiavano, intendo dire che ci avrebbero ucciso in un batter d'occhio se ne avessero avuto la possibilità. Mi rivolsi al maresciallo con cui ero e ho detto: 'Se potessero, ci staccherebbero la testa e berrebbero il nostro sangue'.”

Ciò che Gray non sapeva, ma avrebbe potuto aspettarsi, era che non stava solo guardando agli ex-nemici degli Stati Uniti, ma anche a quelli futuri. Secondo esperti d'intelligence e documenti del Dipartimento della Difesa, la stragrande maggioranza della leadership di quello che oggi è noto come ISIS, compreso il suo leader, Abu Bakr al-Baghdadi, ha trascorso del tempo a Camp Bucca.

E non solo gli Stati Uniti hanno nutrito, vestito e ospitato questi jihadisti, ma hanno anche svolto un ruolo vitale, anche se inconsapevole, nel facilitare la loro trasformazione nella più formidabile forza terroristica della storia moderna.

All'inizio dell'esistenza di Bucca, i detenuti più estremi erano riuniti nel Compound 6. Non c'erano abbastanza guardie americane per entrare in sicurezza nel complesso e, in ogni caso, le guardie non parlavano arabo. Così i detenuti venivano lasciati soli a predicare l'un l'altro e a condividere micidiali consigli vocazionali [...].

Bucca ospitava anche Haji Bakr, un ex-colonnello della forza di difesa aerea di Saddam Hussein. Bakr non era un fanatico religioso, era solo un uomo che aveva perso il lavoro quando l'Autorità Provvisoria della Coalizione sciolse l'esercito iracheno e istituì la de-baathificazione, ovvero bandire i precedenti sostenitori di Saddam dal lavoro governativo.

Secondo dei documenti recentemente ottenuti dal quotidiano tedesco Der Spiegel, Bakr era la mente dietro la struttura organizzativa dell'ISIS e ha anche tracciato le strategie che hanno alimentato i suoi primi successi. Bakr, morto in combattimento nel 2014, è stato incarcerato a Bucca dal 2006 al 2008, insieme a una dozzina o più dei migliori luogotenenti dell'ISIS.

Il punto è che il cambio di regime e la costruzione di una nazione non potranno mai essere compiuti dalla violenza delle forze armate del XXI secolo; ed erano un incarico particolarmente assurdo nel contesto di una terra infestata da animosità religiose vecchie di 13 secoli.

Infatti lo stato traballante e artificiale dell'Iraq è stato condannato nel momento in cui Cheney e la sua banda sanguinaria hanno deciso di liberarlo dalla tirannia brutale, ma utile e secolare, del regime baathista di Saddam. Questo perché il processo di elezioni e regole maggioritarie imposto da Washington era stato orchestrato per eleggere un governo legato alla maggioranza sciita.

Dopo decenni di maltrattamenti e la brutale repressione della loro rivolta nel 1991 da parte di Saddam, come potevano non avere la vendetta nelle loro menti e nel loro DNA? I curdi non sognavano un Kurdistan indipendente e che li era stato negato sin dalla pace di Versailles?

Quindi i $25 miliardi spesi per addestrare ed equipaggiare le presunte forze armate dell'Iraq post-liberazione erano destinati a finire nelle mani di milizie settarie, non di un esercito nazionale.

Infatti, quando i comandanti sciiti fuggirono da Mosul nel giugno 2014, dominata dai sunniti, trasformarono in un colpo solo la rivolta dell'ISIS contro il governo di Baghdad in un feroce stato nascente. Ma non è stato con decapitazioni e sermoni jihadisti che hanno reso schiave dozzine di città e diversi milioni di persone nell'Iraq occidentale e nella Valle dell'Eufrate in Siria.


È STATA WASHINGTON A DARE I NATALI ALLO STATO ISLAMICO

Al contrario, i suoi strumenti di terrore e di occupazione erano le migliori armi che i contribuenti americani avessero potuto contribuire ad acquistare. Ciò includeva 2.300 Humvee e decine di migliaia di armi automatiche, oltre a vasti depositi di munizioni, camion, razzi, pezzi di artiglieria e persino carri armati ed elicotteri.

Lo Stato Islamico riempì anche il vuoto di potere in Siria creato dalla sua cosiddetta guerra civile. Ma in verità quello fu solo l'ennesimo esercizio di cambio di regime ispirato e finanziato da Washington, intrapreso in connivenza con il Qatar e l'Arabia Saudita.

I principi dei petro-stati non erano certo interessati ad espellere la tirannia della porta accanto. Invece la ribellione riguardava la rimozione dell'alleato alawita/sciita dell'Iran a Damasco e la costruzione dei gasdotti verso l'Europa – a cui Assad aveva posto il veto – attraverso l'alta valle dell'Eufrate.

In ogni caso, a causa della politica di cambio di regime di Washington in Siria, l'ISIS sarebbe presto entrata in possesso di più armi americane. Alcune di queste vennero date ai radicali sunniti attraverso il Qatar e l'Arabia Saudita.

Altre saltarono fuori dagli ex-arsenali di Gheddafi a Bengasi attraverso la Turchia e altre ancora attraverso la Giordania dall'opposizione "moderata" addestrata lì dalla CIA.

Che lo Stato Islamico fosse il Frankenstein di Washington, quindi, divenne evidente nel momento in cui si precipitò sulla scena a metà del 2014. Ma anche allora il Partito della Guerra a Washington non ha resistito a gettare benzina sul fuoco, lanciando l'ennesimo giro di islamofobia tra la popolazione americana e costringendo la Casa Bianca di Obama a una futile campagna di bombardamenti per la terza volta in un quarto di secolo.


MA LO STATO ISLAMICO NON È MAI STATO UNA MINACCIA CONCRETA PER LA SICUREZZA NAZIONALE AMERICANA

Le città e i villaggi polverosi, distrutti e impoveriti lungo i margini del fiume Eufrate e nei recinti bombardati della provincia di Anbar non hanno attirato migliaia di aspiranti jihadisti dagli stati falliti del Medio Oriente e dalle città musulmane alienate dell'Europa perché il il califfato offriva prosperità, salvezza o un qualsiasi altro roseo futuro.

A reclutarli è stato lo sdegno per le bombe e i droni sganciati sulle comunità sunnite da parte dell'aeronautica americana e per i missili cruise lanciati dalle viscere del Mediterraneo che hanno fatto a pezzi case, negozi, uffici e moschee che contenevano perlopiù civili innocenti piuttosto che terroristi.

La verità è che lo Stato islamico era comunque destinato a una breve emivita. Era stato contenuto dai curdi nel nord e nell'est e dalla Turchia con il secondo più grande esercito e aviazione della NATO nel nord-ovest. Ed era ulteriormente circondato dalla Mezzaluna sciita nelle regioni della Bassa Siria e dell'Iraq.

In assenza dell'errata campagna di Washington per spodestare Assad a Damasco e demonizzare il suo alleato iraniano, non ci sarebbe stato nessun posto dove andare per i fanatici assassini che avevano inaugurato una capitale improvvisata a Raqqa. In ogni caso, avrebbero esaurito i soldi, le reclute, lo slancio e l'acquiescenza pubblica al loro orribile governo.

Ma con l'aeronautica americana che fungeva da braccio di reclutamento e la politica estera anti-Assad della Francia che contribuiva a fomentare un ultimo spasmo di anarchia in Siria, le porte dell'inferno erano state spalancate.

Ciò che è stato vomitato non era una guerra organizzata contro la civiltà occidentale, come proclamava istericamente l'ex-presidente francese Hollande in risposta a uno dei prevedibili episodi terroristici di caos a Parigi. Era solo un contraccolpo effettuato da quel contingente infinitamente piccolo di giovani mentalmente deformi che potevano essere persuasi ad allacciarsi una cintura suicida.

In ogni caso, i bombardamenti non hanno sconfitto l'ISIS; anzi l'hanno fatto crescere ancor più.

Ironia della sorte, ciò che ha estinto lo Stato islamico sono stati i militari di Assad, l'aviazione russa invitata in Siria, le forze di terra di Hezbollah e la Guardia rivoluzionaria iraniana. Furono loro a risolvere un antico litigio che comunque non era mai stato affare dell'America.

Ma la Washington imperiale era così presa dai suoi miti, bugie e stupidità egemoniche da non riuscire a vedere l'ovvio. Di conseguenza 31 anni dopo la fine della Guerra Fredda e diversi anni dopo che la Siria e i suoi amici hanno estinto lo Stato Islamico, Washington non ha imparato nessuna lezione.

L'impero americano continua a perseguitare il pianeta alla ricerca di nuovi mostri da distruggere, attualmente nei recinti dell'Ucraina orientale e meridionale di lingua russa che sono del tutto irrilevanti per la pace e la sicurezza dell'America, come riassumeremo, ancora una volta, nella parte finale di questo saggio.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


👉 Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2023/01/la-guerra-dei-77-anni-e-perche-ancora.html

👉 Qui il link alla Seconda Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2023/02/la-guerra-dei-77-anni-e-perche-il.html

👉 Qui il link alla Quarta Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2023/02/la-guerra-dei-77-anni-lucraina-non-e.html


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