Bibliografia

mercoledì 1 febbraio 2023

La guerra dei 77 anni e perché il Partito della Guerra ha demonizzato l'Iran – Parte #2

 

 

di David Stockman

Quando la Guerra dei 77 anni finì nel 1991, la teocrazia sciita insediata a Teheran era uno sfortunato albatross per il popolo persiano, ma non era una minaccia per la sicurezza della patria americana.

L'idea stessa che Teheran sia una potenza espansionista decisa a esportare il terrorismo nel resto del mondo è una gigantesca finzione e un tessuto di bugie inventato dal Partito della Guerra a Washington e da Bibi Netanyahu per ottenere sostegno politico.

Infatti la demonizzazione dell'Iran durata trent'anni è servita a uno scopo: ha permesso a entrambi i rami del Partito della Guerra di evocare un temibile nemico e, a sua volta, questo feticcio viene utilizzato per giustificare politiche aggressive che richiedono una costante mobilitazione militare e il mantenimento di una vasta armata di forze di spedizione che dissanguano le risorse fiscali dell'America ma non fanno assolutamente nulla per la sua sicurezza e incolumità.

Infatti l'Iran non è stato demonizzato per un puro caso. Quando la Guerra Fredda terminò ufficialmente nel 1991, la cabala Cheney/neocon allora domiciliata al Pentagono temeva il tipo di drastica smobilitazione del complesso militare-industriale statunitense giustificata dall'ambiente strategico improvvisamente più pacifico: riduzione delle spese militari come già era accaduto sia dopo la prima che la seconda guerra mondiale, e a ragion veduta.

Dopo anni di Guerre Infinite, oggi non si sa cosa temessero i neoconservatori al tempo del crollo sovietico. È utile allora ricordare cosa è realmente accaduto dopo le grandi guerre della prima metà del Novecento.

Prima guerra mondiale: da un picco di $181 miliardi ($ 2021) nel 1919, la spesa per la difesa degli Stati Uniti scese a soli $11 miliardi nel 1924. Si trattò di un crollo del -94%.

Seconda guerra mondiale: da un picco del 1945 di $1.250 miliardi ($ 2021), la spesa degli Stati Uniti precipitò di un incredibile $1.140 miliardi nel 1948. Anche questo fu un calo del -92% e significò che il complesso militare-industriale dell'epoca venne smantellato, con fabbriche e asset bellici riconvertiti alla produzione civile.

Per evitare una simile contrazione del 90%, o al limite del 50%, alla fine della Guerra Fredda, il Partito della Guerra ha sviluppato una dottrina anti-iraniana che è stata esplicitamente descritta come un modo per mantenere la spesa per la difesa agli alti livelli della Guerra Fredda. Se la temibile Unione Sovietica se n'era andata, doveva essere inventata ed enormemente gonfiata una minaccia proveniente dal minuscolo PIL iraniano di $450 miliardi e dal minuscolo budget per la difesa di $17 miliardi.

Inutile dire che la narrativa che hanno sviluppato a tal fine è una delle grandi bugie mai uscite dalla Beltway. Vi fa venire in mente il tizio che ha ucciso i suoi genitori e poi si getta ai piedi dei tribunali perché è orfano!

Vale a dire, durante gli anni '80 furono i neoconservatori dell'amministrazione Reagan a emettere la fatwa contro la Repubblica islamica dell'Iran e venne basata sulla sua retorica ostile nei confronti dell'America. Quell'inimicizia era stata scatenata dal ventennale sostegno da parte di Washington del regime tirannico e illegittimo dello Scià, e costituiva una narrativa fondante della Repubblica islamica che non era molto diversa dal castigo rivoluzionario dell'America nei confronti di re Giorgio.

Che gli iraniani avessero ragione è fuor di dubbio. Gli archivi aperti degli Stati Uniti ora provano che la CIA rovesciò il governo democraticamente eletto dell'Iran nel 1953 e mise Mohammad Reza Shah Pahlavi, totalmente inadatto e megalomane, sul Trono del Pavone per governare come un burattino per conto della sicurezza degli Stati Uniti e degli interessi petroliferi.

Durante i decenni successivi lo Scià non solo saccheggiò la ricchezza della nazione persiana, ma con l'aiuto della CIA e delle forze armate statunitensi creò anche una brutale forza di polizia segreta, nota come SAVAK. Quest'ultima faceva sembrare civilizzata la Stasi della Germania dell'Est.

Ironia della sorte, tra le sue tante follie lo Scià aveva intrapreso una campagna di energia nucleare civile negli anni '70, la quale prevedeva di pavimentare il paesaggio iraniano con dozzine di centrali nucleari.

Si sarebbero usate le crescenti entrate petrolifere dell'Iran dopo il 1973 per acquistare tutte le attrezzature richieste dalle compagnie occidentali – e anche servizi di supporto al ciclo del combustibile come l'arricchimento dell'uranio – al fine di fornire al regno energia a basso costo per secoli.

Al tempo della rivoluzione, il primo di questi impianti a Bushehr era quasi completato, ma l'intero progetto fu sospeso tra le turbolenze del nuovo regime e l'inizio della guerra di Saddam Hussein contro l'Iran nel settembre 1980. Di conseguenza un deposito di $2 miliardi languiva presso l'agenzia nucleare francese che lo aveva originariamente ottenuto dallo Scià per finanziare un aumento della sua capacità di arricchimento per rifornire le batterie dei reattori.

Infatti, proprio in questo contesto, il nuovo regime iraniano dimostrò di non essere determinato a ottenere bombe nucleari, o qualsiasi altra arma di distruzione di massa. Nel bel mezzo dell'invasione dell'Iran da parte dell'Iraq nei primi anni '80, l'Ayatollah Khomeini emise una fatwa contro le armi biologiche e chimiche.

Eppure, proprio in quel momento, Saddam stava sganciando le sue orribili armi chimiche sulle forze iraniane – alcune delle quali erano composte da ragazzini a malapena armati – con l'aiuto dei satelliti di tracciamento della CIA e il concorso di Washington. Quindi, fin dall'inizio, la posizione iraniana è stata del tutto contraria all'infinita bufera di false accuse da parte del Partito della Guerra sulla sua presunta volontà di usare armi nucleari.

Per quanto oscure e medievali fossero le sue opinioni religiose, la teocrazia che governava l'Iran non consisteva in dementi guerrafondai. Nel fervore della battaglia per la sopravvivenza nazionale erano disposti a sacrificare le proprie forze piuttosto che violare i propri scrupoli religiosi per contrastare le armi chimiche di Saddam.


COME WASHINGTON HA ISPIRATO IL MITO DEL PROGRAMMA SEGRETO DI ARMI NUCLEARI DELL'IRAN

Poi, nel 1983, il nuovo regime iraniano decise di completare la centrale di Bushehr e alcuni elementi aggiuntivi del grande piano nucleare civile dello Scià. Ma quando tentò di riattivare il contratto francese di arricchimento e acquistare le apparecchiature necessarie per la centrale elettrica dai fornitori tedeschi originari, venne bloccato da Washington. E quando cercò di riavere indietro il suo deposito di $2 miliardi, gli venne negato anche quello.

Per farla breve, la storia successiva degli sforzi ripetuti da parte degli iraniani per acquistare attrezzature e componenti sul mercato internazionale, spesso da fonti del mercato nero come il Pakistan, è stata una risposta all'incessante sforzo per bloccare i suoi legittimi diritti come firmatario del Trattato di non proliferazione nucleare di completare alcune parti del progetto nucleare civile dello Scià.

Allo stesso modo, l'incapacità dell'Iran di riattivare il contratto di fornitura di uranio arricchito con la Francia è stata la ragione per cui alla fine ha tentato di sviluppare la propria capacità di arricchimento.

Inutile dire che non ci sono voluti molti sforzi da parte dei fanatici neocon a Washington, specialmente dopo le elezioni del 2000, per far passare queste strutture di arricchimento come prova di una campagna segreta per ottenere "la bomba".

Le esagerazioni, le bugie, le distorsioni e l'allarmismo scaturiti da questa campagna neocon sono davvero deplorevoli. Eppure hanno iniziato a circolare nei primi anni '90, quando George H. W. Bush contattò il neoeletto governo di Hashemi Rafsanjani per seppellire l'ascia di guerra dopo che l'Iran aveva cooperato per ottenere il rilascio dei prigionieri americani detenuti in Libano nel 1989.

Rafsanjani era un pragmatico che non voleva conflitti con gli Stati Uniti e l'Occidente; e dopo la devastazione della guerra durata otto anni contro l'Iraq, si concentrò sulla ricostruzione economica e persino su riforme di libero mercato dell'economia vacillante dell'Iran.

È una delle grandi tragedie della storia che i neocon siano riusciti a soffocare anche i migliori istinti di Bush senior riguardo un riavvicinamento con Teheran.

Quindi la flebile apertura dopo quel rilascio di prigionieri fu di breve durata, specialmente dopo che il posto di vertice alla CIA fu assunto nel 1991 dallo spregevole Robert Gates.

Era uno dei peggiori burocrati della Guerra Fredda, Gates ha trascorso il resto della sua carriera cercando in tutto il mondo mostri da fabbricare.

In questo caso la motivazione era particolarmente disgustosa. Gates era stato il braccio destro di Bill Casey durante il mandato canaglia di quest'ultimo alla CIA durante l'amministrazione Reagan. Tra i tanti progetti spiacevoli che Gates ha guidato c'era l'affare Iran-Contra che ha quasi distrutto la sua carriera quando è esploso, e per il quale ha incolpato gli iraniani per la sua divulgazione pubblica.

Dal suo incarico di vicedirettore della sicurezza nazionale nel 1989 (e poi di capo della CIA poco dopo), Gates ha fatto di tutto per vendicarsi. Quasi da solo uccise la buona volontà della Casa Bianca nella vicenda rilascio dei prigionieri in Libano e inaugurò il palese mito secondo cui l'Iran stava sponsorizzando il terrorismo e cercando di ottenere armi nucleari.

Infatti è stato Gates l'architetto della demonizzazione dell'Iran, diventato poi un punto fermo della propaganda del Partito della Guerra dopo il 1991. Col tempo ciò si è trasformato nell'affermazione assolutamente falsa secondo cui l'Iran è un aspirante egemone aggressivo e una fonte di terrorismo dedito alla distruzione dello stato di Israele.

Quest'ultima gigantesca menzogna è stata forgiata dai neoconservatori e dalla confraternita di scagnozzi assetati di potere di Bibi Netanyahu dopo la metà degli anni '90. Infatti la falsa affermazione secondo cui l'Iran rappresenta una "minaccia esistenziale" per Israele è un prodotto della politica interna israeliana che ha tenuto Bibi al potere per gran parte degli ultimi due decenni – una piaga per l'umanità.

Ma la verità è che l'Iran ha solo una piccola frazione rispetto alla capacità militare d'Israele. E rispetto alle 100 armi nucleari di quest'ultimo, l'Iran non ha mai avuto nemmeno un programma di armamento nucleare dopo che un programma di ricerca su piccola scala è stato abbandonato nel 2003.

E questa non è la nostra opinione: era la sobria valutazione delle 17 principali agenzie d'intelligence nella National Intelligence Estimates (NIE) nel 2007, e da allora è stata confermata.

È la ragione per cui il piano neocon di bombardare l'Iran alla fine del mandato di George W. Bush non è stato realizzato. Come Dubya ha confessato nelle sue memorie, nemmeno lui riusciva a capire come spiegare al popolo americano perché bisognava bombardare strutture che tutte le sue agenzie d'intelligence avevano detto non esistere.

Inoltre, attraverso un ulteriore studio derivante dall'accordo nucleare internazionale del 2015, che avrebbe messo una camicia di forza anche sul programma civile iraniano ed eliminato la maggior parte delle sue scorte di uranio arricchito se Trump non l'avesse stupidamente ridotto in cenere, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) ha anche confermato che l'Iran non aveva un programma segreto di armi nucleari dopo il 2003.

La spaventosa favola delle armi nucleari e della minaccia iraniana era solo propaganda del Partito della Guerra.


ALTRE BUGIE DEL PARTITO DELLA GUERRA – DEMONIZZAZIONE DELLA MEZZALUNA SCIITA

In questo contesto il vaneggiare del Partito della Guerra sulla leadership iraniana sciita è l'ennesima componente del blocco trentennale della Washington imperiale verso la pace. L'Iran non era una minaccia per la sicurezza americana nel 1991 e da allora non ha mai organizzato una coalizione ostile di terroristi che richiedesse l'intervento di Washington.

A iniziare dal sostegno di lunga data dell'Iran al governo di Bashir Assad in Siria, tale alleanza risale all'era di suo padre ed è radicata nella storica politica confessionale del mondo islamico.

Il regime di Assad è alawita, un ramo degli sciiti, e nonostante la brutalità del suo regime, è stato un baluardo di protezione per tutte le sette minoritarie della Siria, inclusi i cristiani, contro una potenziale pulizia etnica a maggioranza sunnita. Quest'ultima si sarebbe sicuramente verificata se ai ribelli sostenuti dagli Stati Uniti e dai sauditi, guidati dal Fronte Nusra e dall'ISIS, fosse stato permesso di prendere il pieno potere.

Allo stesso modo, il fatto che il governo di Baghdad nello stato distrutto dell'Iraq – vale a dire l'intruglio artificiale di popoli messi insieme a forza nel 1916 dalle penne di due diplomatici europei in pantaloni a righe (i signori Sykes e Picot rispettivamente degli uffici esteri britannico e francese) – sia ora allineato con l'Iran è anche il risultato della politica confessionale e della vicinanza geoeconomica.

L'Iraq è stato diviso: i curdi del nord-est hanno dichiarato la semi-indipendenza e negli ultimi anni hanno raccolto le proprie entrate petrolifere e gestito le proprie forze di sicurezza.

E le terre sunnite occidentali dell'alto Eufrate sono state conquistate per la prima volta dall'ISIS con armi americane ($25 miliardi) sottratte allo sfortunato esercito iracheno e finanziate dai proconsoli di Washington in partenza; e poi cancellato durante la feroce campagna di bombardamenti di Obama (e di Trump) progettata per sradicare il male terroristico che la stessa Washington aveva generato.

Di conseguenza ciò che rimane dello stato iracheno è una popolazione prevalentemente sciita che nutre aspri risentimenti dopo due decenni di violenti conflitti con le forze sunnite. Perché, quindi, non dovrebbero allearsi con i loro vicini sciiti?

Allo stesso modo l'affermazione secondo cui l'Iran stia ora cercando di annettere lo Yemen, giustificando così il caos provocato su di esso dalla guerra aerea saudita, è una menzogna. L'antico territorio dello Yemen è stato tormentato dalla guerra civile sin dall'inizio degli anni '70. E una delle principali forze trainanti di quel conflitto sono state le differenze confessionali tra il sud sunnita e il nord houthi (sciita).

In tempi più recenti, la palese guerra dei droni di Washington all'interno dello Yemen contro presunti terroristi e il suo dominio e finanziamento del governo dello Yemen hanno prodotto lo stesso vecchio risultato: l'ennesimo stato fallito e un governo illegittimo che è fuggito all'undicesima ora, lasciando dietro di sé l'ennesimo deposito di armi e attrezzature americane.

Di conseguenza le forze houthi, che ora controllano parti sostanziali del Paese, non sono una sorta di avanscoperta inviata da Teheran, ma sono partigiani che condividono un legame confessionale con l'Iran e che in realtà sono stati armati, per quanto inavvertitamente, da Washington.

Infine c'è il quarto elemento del presunto asse iraniano: le comunità sciite controllate da Hezbollah nel Libano meridionale e la valle della Beqaa nel nord-est. Come ogni altra cosa in Medio Oriente, Hezbollah è un prodotto dell'imperialismo europeo, della politica confessionale islamica e delle politiche di sicurezza spesso fuorvianti e controproducenti d'Israele.

In primo luogo, il Libano non era più un Paese reale di quanto lo fosse l'Iraq quando Sykes e Picot misero su una carta geografica i loro righelli per disegnarne a tavolino i confini. Il risultato è stato un miscuglio di divisioni religiose ed etniche – cattolici maroniti, greco-ortodossi, copti, drusi, sunniti, sciiti, alawiti, curdi, armeni, ebrei e innumerevoli altri – che hanno reso praticamente impossibile la creazione di uno stato stabile.

Alla fine un'alleanza di cristiani e sunniti ha ottenuto il controllo del Paese, lasciando il 40% della popolazione sciita priva di diritti civili e anche economicamente svantaggiata. Ma è stato l'afflusso di profughi palestinesi negli anni '60 e '70 che alla fine ha sconvolto l'equilibrio delle forze settarie e ha innescato una guerra civile che è durata essenzialmente dal 1975 fino alla fine del secolo.

Ha anche innescato una catastrofica e ostinata invasione israeliana del Libano meridionale nel 1982 e una successiva occupazione repressiva di territori prevalentemente sciiti nei successivi 18 anni. Il presunto scopo di questa invasione era cacciare l'OLP e Yasser Arafat dall'enclave nel Libano meridionale che avevano stabilito dopo essere stati cacciati dalla Giordania nel 1970.

Alla fine Israele riuscì a mandare Arafat in Nord Africa, ma nel processo creò un movimento di resistenza militante a base sciita nel sud del Libano che non esisteva nemmeno nel 1982 e che a tempo debito sarebbe diventato la forza singola più forte nei frammentati accordi politici interni del Libano.

Dopo che Israele si ritirò nel 2000, l'allora presidente cristiano del Paese chiarì che Hezbollah era diventato una forza legittima e rispettata all'interno del sistema politico libanese, non un agente sovversivo di Teheran: “Per noi libanesi, e posso dirvi la maggior parte dei libanesi, Hezbollah è un movimento di resistenza nazionale. Se non fosse stato per loro, non avremmo potuto liberare la nostra terra. E per questo abbiamo grande stima per il movimento di Hezbollah”.

Quindi, sì, Hezbollah è parte integrante della cosiddetta Mezzaluna sciita e il suo allineamento confessionale e politico con Teheran è del tutto plausibile. Ma quell'accordo – per quanto scomodo per Israele – non rappresenta un'aggressione iraniana non provocata al confine settentrionale d'Israele, bensì il contraccolpo del rifiuto ostinato dei governi israeliani – in particolare i governi di destra del Likud – di affrontare in modo costruttivo la questione palestinese.

Al posto di una soluzione a due stati nel territorio della Palestina, la politica israeliana ha prodotto uno stato cronico di confronto e guerra con l'enorme fetta della popolazione libanese rappresentata da Hezbollah.

Quest'ultima non è sicuramente un'agenzia governativa pacifica e ha commesso la sua parte di atrocità, ma il punto in questione è che, dati gli ultimi 35 anni di storia e politica israeliana, Hezbollah sarebbe esistito lo stesso come forza minacciosa sul confine settentrionale anche se la teocrazia iraniana non fosse esistita e lo Scià, o il suo erede, fosse ancora sul Trono del Pavone.

Insomma, non c'è un'alleanza terroristica nella Mezzaluna sciita che minaccia la sicurezza americana. Tale affermazione è invece una delle grandi menzogne promulgate dal Partito della Guerra dopo il 1991 e che da allora è stata abbracciata dalla Washington imperiale per mantenere in vita il complesso militare-industriale e giustificare il suo autoproclamato ruolo di poliziotto del mondo.

E per quanto riguarda il suo vero scopo, ovvero mantenere alta la spesa per la guerra, ha avuto un notevole successo. Dopo alcuni piccoli tagli alla difesa in termini reali durante gli anni '90 sotto la presidenza Bill Clinton, il ritorno dello sciame di neocon sull'apparato di sicurezza nazionale sotto la presidenza di Bush junior ha rimosso ogni traccia della smobilitazione post-Guerra Fredda. Il budget per la difesa di $632 miliardi ($ 2021) alla fine della Guerra dei 77 anni nel 1991 è tornato a $650 miliardi nel 2004; e dopo le scriteriate invasioni dell'Afghanistan e dell'Iraq con il pretesto della "guerra al terrorismo", le spese per la difesa hanno raggiunto gli $821 miliardi nel budget finale di Dubya.

Vale a dire, il Partito della Guerra ha promosso un'azione militare mondiale sufficiente per aumentare il budget della difesa del +30% in termini reali rispetto a quando l'Unione Sovietica è scomparsa dalle pagine della storia nel 1991,


IL PUNTO DI VISTA ERRONEO DI WASHINGTON SECONDO CUI IL GOLFO PERSICO È ROBA AMERICANA – LA RADICE DEL JIHADISMO SUNNITA

L'attuale minaccia terroristica è sorta dal lato sunnita, non da quello sciita, della divisione islamica. È stata fomentata da Washington dopo il 1990, alimentata dall'infinita ingerenza degli Stati Uniti nella politica della regione e dai bombardamenti contro i nemici auto-creati dalla stessa Washington.

Alla radice del terrorismo di matrice sunnita c'è l'annoso errore di Washington secondo cui la sicurezza e il benessere economico dell'America dipendono dal mantenimento di un'armata nel Golfo Persico per proteggere i giacimenti petroliferi circostanti e il flusso di petroliere attraverso lo stretto di Hormuz .

Tale dottrina è stata sbagliata dal giorno in cui è stata ufficialmente enunciata da uno dei grandi ignoranti economici americani, Henry Kissinger, all'epoca della crisi petrolifera nel 1973. I 48 anni trascorsi da allora hanno ampiamente dimostrato che non importa chi controlla i giacimenti petroliferi e che l'unica cura efficace per i prezzi alti del petrolio è il libero mercato.

Ogni dittatura, da Muammar Gheddafi in Libia a Hugo Chavez in Venezuela, a Saddam Hussein, ai capi sanguinari della Nigeria, ai mullah medievali e alle fanatiche guardie rivoluzionarie dell'Iran, ha prodotto petrolio, e tutto quello che hanno potuto, perché avevano disperatamente bisogno di entrate.

Anche mentre i barbari dell'ISIS sono stati brevemente al potere nella Siria orientale, mungevano ogni possibile goccia di petrolio dai minuscoli giacimenti sparsi intorno al loro dominio. Quindi non c'è alcun motivo economico per la massiccia presenza militare della Washington imperiale in Medio Oriente.

La verità è che non esiste un cartello OPEC: praticamente ogni membro produce tutto ciò che può e imbroglia quando possibile. L'unica cosa che ricorda il controllo della produzione nel mercato petrolifero mondiale è il fatto che i principi sauditi trattano le loro vaste riserve petrolifere non molto diversamente da Exxon: tentano di massimizzare il valore dei loro 270 miliardi di barili di riserve, ma alla fine non sono più chiaroveggenti nel calibrare il miglior prezzo del petrolio per ottenerlo in un dato momento di quanto lo siano gli economisti della Exxon o dell'Agenzia internazionale per l'energia.

Durante l'ultimo decennio, ad esempio, i sauditi hanno ripetutamente sottovalutato la rapidità e l'ampiezza con cui la soglia dei $100 al barile raggiunta all'inizio del 2008 e di nuovo nel 2014 avrebbe innescato un flusso d'investimenti, tecnologia e debito a buon mercato nella zona di scisto statunitense, nelle sabbie bituminose canadesi, nelle province petrolifere della Russia, nelle acque profonde al largo del Brasile e simili. E questo per non parlare del solare, dell'eolico e di tutte le altre fonti alternative di energia sovvenzionate dallo stato.

Molto tempo fa, quando Jimmy Carter ci diceva di abbassare i termostati e indossare i nostri maglioni cardigan, quelli di noi al Congresso dalla parte del libero mercato dicevano che i prezzi alti del petrolio avrebbero portato essi stessi alla cura. Ora lo sappiamo anche dal punto di vista empirico: è sicuro che è così.

Quindi la Quinta Flotta e i suoi ausiliari palesi e nascosti non avrebbero mai dovuto essere lì, risalendo fino al colpo di stato della CIA contro la democrazia iraniana nel 1953.

Ma avendo trasformato l'Iran in un nemico, la Washington imperiale era appena agli inizi quando arrivò il 1990. Ancora una volta, in nome della "sicurezza petrolifera", ha portato la macchina da guerra americana nelle fessure politiche e religiose del Golfo Persico e lo ha fatto a causa del sopracitato conflitto settario che non aveva alcuna attinenza con la sicurezza dei cittadini americani.

Come disse giustamente l'ambasciatore statunitense Glaspie a Saddam Hussein alla vigilia dell'invasione del Kuwait da parte di quest'ultimo, l'America non aveva niente a che fare con quella storia.

Il Kuwait non era nemmeno un Paese, era un conto bancario situato su una fascia di giacimenti petroliferi che circondavano un'antica città commerciale che era stata abbandonata da Ibn Saud all'inizio del XX secolo. Questo perché Saud non sapeva cosa fosse il petrolio o che ci fosse; e in ogni caso, nel 1913 gli inglesi ne avevano fatto un protettorato separato per ragioni che si perdono nella nebbia della storia diplomatica.

Allo stesso modo, la controversa disputa dell'Iraq con il Kuwait riguardava la sua affermazione secondo cui l'emiro del Kuwait stava "perforando indebitamente" nel campo iracheno di Rumaila. Eppure quello era un confine del tutto elastico, privo di qualsiasi significato.

Infatti la disputa sul giacimento di Rumaila iniziò nel 1960, quando una dichiarazione della Lega Araba segnò arbitrariamente il confine tra Iraq e Kuwait due miglia a nord rispetto alla punta più meridionale del giacimento di Rumaila.

E quel confine appena definito, a sua volta, era arrivato solo 44 anni dopo che la suddetta coppia di diplomatici inglese e francese si era spartita le vincite della fine dell'Impero Ottomano, ponendo sulle mappe un semplice righello. Così facendo hanno contaminato il Paese artificiale dell'"Iraq" con le province mesopotamiche storicamente indipendenti e ostili degli sciiti a sud, dei sunniti a ovest e dei curdi a nord.

Insomma, non importava chi controllava la punta meridionale del campo di Rumaila – il brutale dittatore di Baghdad o l'opulento emiro del Kuwait – da esso non dipendevano né il prezzo del petrolio, né la pace dell'America, né la sicurezza dell'Europa, né il futuro dell'Asia.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


👉 Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2023/01/la-guerra-dei-77-anni-e-perche-ancora.html

👉 Qui il link alla Terza Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2023/02/la-guerra-dei-77-anni-e-perche-la-prima.html

👉 Qui il link alla Quarta Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2023/02/la-guerra-dei-77-anni-lucraina-non-e.html


1 commento:

  1. questi articoli di Stockmann sono spettacolari! Giampiero Pagiusco

    RispondiElimina