È facile pensare che le radici della tirannia siano al di fuori di noi stessi, ma forse stiamo guardando troppo lontano.
Nel romanzo di Milan Kundera, L'insostenibile leggerezza dell'essere, nel 1968 una rifugiata ceca che vive a Parigi si unisce a una marcia di protesta contro l'invasione sovietica della sua terra. Con sua sorpresa, non riesce a gridare con gli altri manifestanti e presto lascia la manifestazione. I suoi amici francesi non capiscono la sua riluttanza, mentre lei riflette silenziosamente sul fatto che i suoi amici non avrebbero mai potuto capire che “dietro il comunismo, il fascismo, dietro tutte le occupazioni e le invasioni si nasconde un male più basilare e pervasivo e che l'immagine di quel male era una parata di persone che marciavano con i pugni alzati e gridavano sillabe identiche all'unisono”.
Attenzione ai gruppi che marciano di pari passo, anche per una causa apparentemente buona, ci avverte Kundera.
In On Liberty, John Stuart Mill ci ha indirizza verso una direzione simile quando scrisse che una tirannia è tanto terribile quanto quella imposta dalle "autorità pubbliche". Mill la definì la “tirannia dell'opinione e del sentimento prevalenti”.
Mill descrisse “la tendenza della società a imporre, con mezzi diversi dalle sanzioni civili, le proprie idee e pratiche come regole di condotta a coloro che dissentono da esse”. Inoltre aggiunse che “l'indipendenza individuale” protetta dall'“invasione” dalla tirannia della maggioranza “è indispensabile per una buona condizione delle cose umane, quanto la protezione contro il dispotismo politico”.
La tirannia degli obblighi sociali, disse Mill, può essere “più asfissiante rispetto a molti tipi di oppressione politica, poiché [...] lascia meno vie di fuga, penetrando molto più in profondità nei dettagli della vita e schiavizzando l'anima stessa”.
On Liberty è stato pubblicato nel 1859. Purtroppo, però, la tendenza descritta da Mill è fin troppo comune tra le persone che vivono nel 2023 e che credono che “i loro sentimenti [...] siano migliori delle ragioni e rendano inutili queste ultime”.
Spesso tali "sentimenti" si basano sull'ortodossia prevalente diffusa dal New York Times, da NPR e da altri media generalisti simili.
Peggio ancora, gli individui guidati dai sentimenti alzano la posta in gioco e chiedono agli altri di conformarsi. Mill scrisse: “Il principio pratico che li guida fino alle loro opinioni sulla regolamentazione della condotta umana, è la sensazione che a tutti dovrebbe essere richiesto di agire come lui, e coloro con cui simpatizza, vorrebbe che agissero”.
Altri potrebbero condividere i vostri sentimenti e le vostre preferenze, tuttavia, ragionava Mill, anche se condivise, gli altri non elevano le preferenze individuali a guida per vivere.
Nessuno pensa che il proprio criterio di giudizio sia solo il suo. Un'opinione su un punto di condotta, non supportata da ragioni, può valere solo come preferenza di una persona; e se le ragioni, quando addotte, sono un mero appello a una preferenza simile provata da altre persone, rimane ancora solo la simpatia di molte persone invece che di una.
Ecco il punto di Mill: “L'unico scopo per il quale il potere può essere legittimamente esercitato su qualsiasi membro di una comunità, contro la sua volontà, è prevenire danni agli altri”. I vostri sentimenti, le vostre opinioni, il vostro senso di ciò che è bene per voi, il vostro senso di ciò che vi renderà più felici “non è una garanzia sufficiente” per interferire con la sovranità individuale di qualcun altro.
Mill era inequivocabile sull'erroneità di mettere a tacere le voci dissenzienti: “Se tutta l'umanità meno uno fosse di un'opinione, e solo quest'ultimo fosse dell'opinione contraria, l'umanità non sarebbe giustificata nel metterlo a tacere tanto quanto lui, se ne avesse il potere, non sarebbe giustificato nel mettere a tacere l'umanità”.
Non c'è mai stato un romanzo distopico, né una società totalitaria, in cui la libertà di parola non sia stata soppressa.
La domanda è: perché così tanti alimentano i totalitarismi chiedendo agli altri di conformarsi ai loro sentimenti personali?
Mill ci ha insegnato come smettere d'essere promotori della tirannia. I nostri sentimenti su un problema, non importa quanto ampiamente condivisi, non sono mai una giustificazione per costringere gli altri o censurare opinioni contrastanti: “Il voler silenziare una discussione è una presunzione d'infallibilità”. Disse che i soppressori dei punti di vista altrui “non hanno l'autorità di decidere la questione per tutta l'umanità ed escludere ogni altra persona dai mezzi di giudizio. Rifiutare di ascoltare un'opinione, perché sono sicuri che sia falsa, è presumere che la loro certezza sia assoluta”.
Coloro che credono di dover imporre le proprie opinioni agli altri non leggeranno questo saggio. Tra loro ci sono persone che si comportano come se fossero infallibili.
Sentendo le argomentazioni di Mill, alcuni lettori potrebbero capire come a volte si auto-censurano, credendo che le loro opinioni siano socialmente inaccettabili. Quando ci auto-censuriamo creiamo "illusioni collettive" che Todd Rose ha definito come "bugie sociali" le quali si verificano “in situazioni in cui la maggioranza degli individui in un certo gruppo rifiuta una particolare opinione, ma l'accetta perché presume (erroneamente) che la maggior parte delle altre persone l'ha accettata”.
Rose ha spiegato: “Spesso ci conformiamo perché abbiamo paura di rimanere imbarazzati. I nostri livelli di stress aumentano al pensiero di essere derisi, o visti come incompetenti, e quando ciò accade, la parte del cervello basata sulla paura prende il sopravvento”.
La scelta del silenzio, dell'autocensura, è legata all'erronea convinzione che assecondando la maggioranza si diffonda la “responsabilità personale delle nostre decisioni”, “rendendo più facile sopportare gli errori”.
Una persona che apprezza la libertà comprende gli alti costi di placare i sentimenti evitando la responsabilità.
Václav Havel è stato un drammaturgo ceco, dissidente e primo presidente della Cecoslovacchia dopo la caduta del comunismo. Nel suo saggio, The Power of the Powerless, Havel ha esplorato le dinamiche di quando si assecondano i sentimenti prevalenti. Il titolare di una drogheria mette nella vetrina del suo negozio un cartello: “Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!” Havel ci dice che questa persona posiziona il cartello non perché crede a quello slogan, ma per evitare "problemi" e "andare d'accordo". Non c'è niente di male, potrebbe pensare il titolare: “È uno dei mille dettagli che mi garantiscono una vita relativamente tranquilla, in armonia con la società”.
Il titolare spera che il suo cartello dica: “Sono obbediente e quindi ho il diritto di essere lasciato in pace”.
Havel ha scritto il suo saggio nel 1978. Poteva immaginare che la conformazione sarebbe stata la norma in Occidente nel 2023?
Se il cartello avesse recitato “Ho paura e quindi obbedisco incondizionatamente”, dice Havel, il droghiere avrebbe degradato la sua "dignità" mettendo in evidenza la sua paura.
“L'ideologia”, ha scritto Havel, “è un modo capzioso di rapportarsi al mondo. Offre agli esseri umani l'illusione di un'identità, di dignità e di moralità, rendendo loro più facile separarsene”.
C'è uno scopo nell'adottare un'ideologia in cui non si crede: si può vivere “nell'illusione che il sistema sia in armonia con l'ordine umano e l'ordine dell'universo”.
Havel lo ha definito un “sistema post-totalitario”, pieno di “ipocrisie e bugie”, in cui “la mancanza di libertà di espressione [diventa] la più alta forma di libertà”.
Havel è stato chiaro: per sostenere l'ipocrisia e le bugie, dobbiamo comportarci come se ci credessimo veramente. Gli individui, ha scritto, “confermano il sistema, realizzano il sistema, fanno il sistema, sono il sistema”.
Ma non tutto è perduto: “La vera domanda è se il futuro più luminoso sia davvero sempre tanto lontano. E se, al contrario, fosse già qui da molto tempo, e solo la nostra cecità e debolezza ci impedisse di vederlo intorno a noi e dentro di noi, e ci impedisse di svilupparlo?”
Mill, Havel e Kundera ci indicano tutti una terribile verità: la nostra debolezza morale, il desiderio di eludere la responsabilità e l'illusione che la maggioranza abbia ragione ci hanno portato lungo il pendio scivoloso della perdita della nostra libertà.
Come rispondiamo a coloro che lavorano per minare i diritti umani? La soluzione è semplice, ma non priva di costi personali: smettere di mentire, smettere di degradarsi, smettere di fingere di credere a ciò che non si crede e dimettersi dal ruolo di facilitatori della tirannia.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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