Bibliografia

martedì 10 gennaio 2023

Austerità: una soluzione concreta per far guarire l'economia

 

 

di Mark Thornton

L'austerità funziona. Sappiamo cos'è e non ci piace, ma funziona. Di solito significa tagliare i consumi e le spese, saldare i debiti, impegnare beni e lavorare più ore per ripristinare la propria situazione economica.

Potreste aver bisogno di "austerità" perché avete perso il lavoro, la vostra casa è bruciata, o avete un figlio inaspettato in arrivo. Potreste intraprendere azioni simili se l'economia fosse in crisi: è essenzialmente la stessa cosa che tagliare le spese per risparmiare per un acconto su una casa, pagare per l'istruzione di un figlio, o accumulare un fondo per la pensione.

Le aziende fanno lo stesso: ritardare espansioni, licenziare lavoratori, tagliare le spese, lavorare più ore e vendere beni. L'aspetto contabile del problema è semplice: tagliare le spese, aumentare le entrate, saldare i debiti e pareggiare il bilancio.

Negli ultimi decenni il termine è stato sempre più applicato a quegli stati che reagiscono a carenze di entrate, debiti in crescita, declassamenti del credito e mandati dei creditori. Anche se dolorosa, l'austerità funziona bene per individui e aziende, ma può esserci un grosso problema quando viene applicata allo stato. Questo articolo spiega come funziona l'austerità per risolvere i problemi economici e come politici e burocrati minano il processo e l'economia per il loro arricchimento personale. Il nostro compito, quindi, è inquadrare il significato in modo corretto affinché gli oppositori dell'austerità, che invece traggono profitto direttamente dalle prebende statali, possano essere confutati. L'austerità è la forza dietro il processo di ripresa economica.


L'economia dell'austerity

Rob Parenteau di The Richebacher Letter ha coniato l'espressione "economia dell'austerity" per descrivere la propensione verso tali linee di politica, come il taglio del bilancio e la deflazione, che sono spesso sostenute dagli economisti della Scuola Austriaca. Paul Krugman, l'araldo del keynesismo moderno, usa regolarmente suddetta espressione e la considera un'illusione, un'ideologia pericolosa e una tesi fallimentare. Iperboli a parte, l'espressione è un tentativo di rimproverare i sostenitori con un gioco di parole che combina linee di politica orientate all'austerità con la Scuola Austriaca, i cui economisti sostengono tale strategia correttiva.

La maggior parte dei burocrati, economisti e politici detestano l'idea di tagliare i bilanci pubblici e preferiscono sempre aumenti di bilancio. La normale riluttanza, e persino l'imbarazzo dell'austerità individuale, si trasforma in una calamità contro l'umanità quando applicata agli stati. Ciò che l'individuo realizza come un percorso di auto-miglioramento, è considerato intollerabile da politici e burocrati.

La visione contraria all'austerità trae vigore direttamente dall'interesse personale, non dalla scienza. Ancora più importante, l'efficacia di una tale linea di politica dipende dal tipo di austerità applicata. Gli interessi di politici e burocrati pregiudicano le misure utilizzate per pareggiare il bilancio e questo ha un impatto negativo sull'efficacia dell'austerità nel riportare l'economia alla prosperità. In nome dell'"austerità", i politici promuoveranno linee di politica inefficaci e distruttive, indebolendone l'efficacia percepita.

Ad esempio, le politiche di "austerità" possono comportare tagli e aumenti delle tasse. Gli sgravi fiscali portano ad un aumento della produzione di beni economici, come il cibo; al contrario gli aumenti delle tasse possono portare a un incremento delle entrate nel breve periodo e potrebbero incrementare la produzione di beni non economici, come le navette spaziali, ma indeboliscono la ripresa economica e il tenore di vita. Gli aumenti possono persino far salire il prodotto interno lordo (PIL) nel breve periodo, come durante le guerre, ma i tagli delle tasse aumenteranno la produzione di beni, la prosperità e il tenore di vita, cosa che si rifletterà sul PIL nel lungo periodo.

Un adeguato pacchetto di linee di politica improntate all'austerità contiene riduzioni fiscali, ma non aumenti fiscali o nuovi tipi di tasse. Se lasciato a politici e burocrati, tale pacchetto tenderà ad essere ricco di aumenti delle tasse e povero di riduzioni fiscali.

Tutte le linee di politica incentrate sull'austerità comportano tagli alla spesa, ma che tipo di spesa viene tagliata e di quanto? Ad esempio, i tagli permanenti che eliminano alcune funzioni dello stato avranno un effetto economico salutare sulla liberazione delle risorse, il potenziamento della concorrenza, l'aumento dei posti di lavoro produttivi e la riduzione dei rischi per gli imprenditori. Ciò è particolarmente vero per i giovani, i quali giustamente si preoccupano se i loro sforzi e il loro capitale vengono distrutti da tasse più elevate e inflazione. Piccoli tagli temporanei alla spesa non risolvono il problema di fondo e non risolvono i problemi critici a lungo termine.

Per quanto riguarda la spesa, politici e burocrati si concentreranno su tagli temporanei e mirati ai servizi statali. I soliti noti qui includerebbero il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti, l'accesso ai parchi nazionali e i servizi legati a licenze e passaporti. Gli stati massimizzeranno il dolore per i cittadini affinché possano incamerare più entrate e salvare i posti di lavoro dei burocrati e le spese a favore dei clientelisti. È una situazione più simile a un ricatto che a un razionale dibattito sul bilancio.

Una delle mie esperienze che illustra questo punto si è verificata quando ero uno studente di economia. Il budget dell'università doveva essere tagliato durante l'anno fiscale, perché lo stato stava registrando flussi di entrate inferiori a quelli previsti per far fronte alle spese preventivate. Ciò significava un congelamento delle nuove assunzioni, ma non si potevano toccare i dipendenti attuali, la loro retribuzione e i benefici ricevuti. L'unico elemento non esentato dal blocco della spesa era la carta per le fotocopie. Essa, però, era l'unica cosa tangibile di cui il dipartimento di economia necessitava per testare e valutare gli studenti!

Chi si oppone all'austerità dirà quindi che tagliare la spesa pubblica sia controproducente. Si sostiene altresì che ridurrà la domanda aggregata, il PIL e le entrate fiscali, aggravando il problema esistente. Si descrive la spesa pubblica come necessaria per tenere a bada gli "spiriti animali" nei mercati finanziari. I deficit sono "investimenti" che fanno crescere l'economia, l'investimento pubblico ha un effetto moltiplicatore, coma una sorta di oca dalle uova d'oro. Questa è tutta propaganda keynesiana, come ha anche spiegato il professor Salerno.


Ciò che fa davvero funzionare l'austerità

Si vuole che l'austerità sia efficace? Allora bisogna iniziare con ampi e permanenti tagli di bilancio che si traducono poi nell'eliminazione di posti di lavoro, attività, programmi, interventi e partecipazioni patrimoniali da parte dello stato. Immaginate i dipendenti pubblici che lasciano scrivanie e computer e interi edifici pubblici svuotati: una culla di opportunità e produttività.

Questa mentalità da "terra bruciata" è ciò che fa funzionare davvero l'austerità. Mette a disposizione grandi quantità di manodopera, riduce la spesa pubblica per beni/servizi e aumenta la quantità di terreni/immobili disponibili precedentemente controllati dallo stato. I tagli programmatici alla spesa possono persino richiedere ulteriori riduzioni fiscali che andranno ad aumentare ulteriormente la produzione.

Le risorse vengono liberate e riallocate al settore produttivo e le persone si trasformano da “consumatori di tasse” a “contribuenti”. Le ex-risorse statali saranno più efficienti nella gestione di profitti/perdite e più produttive con l'introduzione d'incentivi e l'eliminazione delle garanzie statali artificiali. Il potere della sovranità dei consumatori porterà a un aumento della produzione e a miglioramenti nei servizi, e maggiori livelli di soddisfazione dei consumatori, ampliando allo stesso tempo la base imponibile potenziale.

La riallocazione dei dipendenti pubblici sul mercato aumenta l'offerta di lavoro, oltre ad aumentarne la disponibilità e a ridurne il prezzo. Tagli alla spesa pubblica per arredi per uffici, elettricità, computer, parcheggi, carta, ecc. faranno salire anche la disponibilità di tali risorse e ridurranno il prezzo di quegli articoli che usano anche le aziende. Infine lo stato è il più grande proprietario di terreni, immobili e strutture, la maggior parte dei quali ha usi produttivi nel settore privato. Anche il più piccolo livello di esperienza su come funzionano lo stato e i mercati vi farà capire che questo non è un semplice trasferimento con benefici a somma zero, ma un vantaggio per la società.

L'abbassamento del prezzo delle risorse economiche è di grande aiuto per il settore privato. Quest'ultimo le utilizza in modo efficiente e ne aumenta la produttività, oltre a fornire prodotti di valore superiore rispetto al prezzo (cosa che lo stato non può fare). Le aziende sperimenteranno un aumento iniziale dei profitti, ma i risultati a lungo termine includeranno una maggiore concorrenza e prezzi più bassi, una maggiore efficienza e produttività e, naturalmente, un aumento della produzione, delle vendite e del consumo. La proverbiale torta economica diventerà più grande e le relative fette premieranno i contribuenti (lavoratori, capitalisti, proprietari di risorse e imprenditori) mentre meno verranno ridistribuite artificialmente per decreto (burocrati, politici, appaltatori statali e beneficiari del welfare). Ciò ovviamente stimola la produzione ed è più equo.


Le prove

La validità della tesi a favore dell'austerità per risolvere i problemi economici mi sembra schiacciante, dato che praticamente tutti quelli che conosco hanno dovuto "tirare la cinghia" in diverse occasioni e alla fine ce l'hanno fatta. Anche le aziende lo fanno regolarmente: adeguare la propria forza lavoro, vendere beni, interrompere le linee di produzione, tagliare i dividendi, ecc. Raggiungere gli obiettivi aziendali e sopravvivere.

Può funzionare anche nel caso degli stati. Ci sono molte ragioni per cui essi falliscono e diventano problemi economici da risolvere. Conoscete la storia: lo stato cresce rispetto all'economia che lo ospita, diventa sempre più radicato e disfunzionale, favorisce il clientelismo e chi non fa bene, attacca il successo e ospita i fannulloni, ricorre all'indebitamento e all'inflazione per il proprio finanziamento. Tutte queste tendenze alla fine sfociano in una crisi economica creata dalla spesa pubblica fuori controllo.

Che tipo di austerità funziona con lo stato? Il libro degli economisti di Harvard, Alberto Alesina, Carlo Favero e Francesco Giavazzi, Austerity: When It Works and When It Doesn't, esamina migliaia di misure fiscali attuate da sedici economie avanzate sin dal 1970. Dividono questi vari piani di austerità in quelli che si basano principalmente sugli aumenti delle tasse e quelli che si basano principalmente sui tagli alla spesa. Scoprono, quindi, che quei piani basati sull'aumento delle tasse sono profondamente recessivi a breve/medio termine e sono inefficaci nell'affrontare i problemi del debito; i piani basati sulla riduzione della spesa non sono profondamente recessivi a breve/medio termine (in termini di statistiche sul PIL) e sono efficaci nell'affrontare i problemi del debito, promuovendo al contempo la crescita economica.

Le prove supportano la tesi dell'austerità per individui, aziende, organizzazioni e stati. Non lasciatevi ingannare dagli espedienti, l'austerità comporta significativi tagli alla spesa e il difficile processo decisionale sulle priorità da finanziare o eliminare. Nel caso di uno stato in crisi economica, ci sarà molta sofferenza nel breve periodo distribuita su coloro che hanno legami con il suddetto, ma anche capitalisti, imprenditori, proprietari di risorse e manodopera.

A lungo termine ci saranno grandi vantaggi per tutti. Le linee guida per il successo sono una riduzione della portata dello stato e maggiori opportunità economiche da catturare successivamente.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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