Il mio precedente articolo ha dimostrato come il libero mercato risolva una crisi boom/bust ed è l'unica soluzione, la cui efficacia dipende dall'entità della crisi e, cosa più importante, da quanto lo stato interviene in risposta. Più grande è il problema creato dal sistema bancario centrale, più grande sarà la crisi; più lo stato interviene, e più lenta sarà la ripresa dell'economia.
Oggi prendiamo in considerazione come il mercato funziona nel modo più efficace, con l'efficienza del processo massimizzata dall'interventismo politico. Come la maggior parte delle malattie, le recessioni possono essere "curate" con il riposo, l'idratazione, l'alimentazione e l'aria fresca, piuttosto che con interventi chirurgici e farmaci pericolosi.
La soluzione inizia eliminando le cause monetarie iniziali e consentendo agli attori di mercato, in particolare agli imprenditori, di adattarsi alle nuove condizioni. Gli imprenditori riallocheranno le risorse in base alle attuali preferenze dei consumatori e lontano dalle precedenti allocazioni politiche. Non esiste un copione facile e diretto da consultare per un singolo imprenditore. Un ristorante o pizzeria dovrebbe rimanere aperto un'ora dopo, o utilizzare autisti interni? Il proprietario potrebbe capirlo, ma i policymaker non avrebbero idea di dove cominciare a rispondere a tali domande.
Di conseguenza essi affrontano il problema con un alto livello d'ignoranza. I loro "strumenti" politici sono semplicistici, aspecifici e quasi uniformemente controproducenti. Pertanto qualsiasi tentativo di mitigazione politica non farà che peggiorare e prolungare gli impatti negativi della crisi. Come ha concluso Murray N. Rothbard: “L'ostacolo rappresentato dallo stato aggrava e perpetua la depressione”.
Tuttavia la mente burocratica dei funzionari pubblici a "dover" intervenire e questo è il grande pericolo. Non hanno idee o strumenti politici che funzionino. I costi che impongono e l'agonia che creano sono dolori che non essi stessi sopportano, creando enormi fardelli e distruggendo risorse nel processo.
I funzionari pubblici potrebbero essere lodati per i loro sforzi nel voler "fare qualcosa" per affrontare la crisi, ma non fanno altro che indebolire gli sforzi correttivi e di ripresa. Il "New Deal" di FDR nella Grande Depressione fu in realtà un decennio di triste fallimento che poi portò alla catastrofe economica, quindi dobbiamo capire la crisi e la soluzione corretta per evitare il disastro.
Laissez-Faire
La politica corretta per affrontare la crisi economica si chiama laissez-faire. Il marchese d'Argenson usò questa locuzione per la prima volta nel 1751. Fu pronunciata per la prima volta anni prima da un imprenditore francese al famoso ministro delle finanze e mercantilista francese, il "Grande Colbert", in risposta a una domanda su ciò che lo stato poteva fare per aiutare l'economia (la Francia ignorò il consiglio e un secolo dopo la società francese fu fatta a pezzi dall'interventismo statale e dall'iperinflazione).
La locuzione significa "lascia fare a noi", o più senza mezzi termini, "lasciateci in pace". Ci sono molte linee di politica che migliorano la ripresa economica e la crescita, ma questa cura autonoma per la crisi richiede semplicemente una posizione dello stato non interventista. In tal modo si consente al processo curativo del mercato di funzionare nel modo più rapido, efficace, efficiente e umano possibile per risolvere la crisi.
Questa soluzione è così insoddisfacente per la mente burocratica che alcuni dettagli sono d'obbligo. Qui prendiamo in prestito alcune delle raccomandazioni di Rothbard sulla depressione.
Primo, smettere di gonfiare l'offerta di denaro e astenersi dall'intervenire sui mercati del credito. Idealmente i mercati dovrebbero essere allertati che questa posizione neutrale è solo la fase iniziale di una riforma monetaria a più lungo termine, la quale comporta la chiusura della banca centrale e l'eliminazione di tutti i sostegni alla politica monetaria, come il denaro fiat, la riserva frazionaria e la Federal Deposit Insurance Corporation.
I primi riformatori monetari consideravano il denaro con sospetto e si aggrapparono all'idea che esso fosse la chiave delle disparità di ricchezza. È vero che durante la transizione dal baratto al denaro, le economie completamente monetizzate andarono molto meglio rispetto alle economie primitive. Fu solo quando Richard Cantillon e David Hume ne scrissero che il denaro fu riconosciuto come mezzo di scambio. La ricchezza e l'aumento dei salari sarebbero stati visti come il risultato della formazione del capitale, della produzione e, naturalmente, dell'imprenditorialità, non più denaro di per sé. L'errore mercantilista secondo cui il denaro è uguale alla ricchezza divenne la base del denaro fiat e delle banche centrali.
In secondo luogo, non fornire sovvenzioni o salvataggi alle imprese in difficoltà e lasciare che falliscano di propria iniziativa. Per quanto crudele possa sembrare, il "gruppo di errori imprenditoriali" e la sua risoluzione devono procedere per conto proprio. Invece di fissarsi sui salvataggi, le aziende dovrebbero concentrarsi sulla ristrutturazione delle loro operazioni verso la redditività o procedere verso la bancarotta. Riallineare la proprietà e le risorse verso la redditività è la via più salutare per capitale, lavoro e consumatori.
Non imporre alcuna "barriera in uscita", come sussidi e salvataggi, è un requisito primario per la "concorrenza", che è vista dalla maggior parte degli economisti come un motore del progresso. Questo è certamente vero per gli economisti Austriaci, i quali richiedono solo che i mercati non abbiano barriere in ingresso o in uscita. Gli economisti mainstream che riconoscono l'importanza della concorrenza includono presupposti aggiuntivi nella loro definizione di "concorrenza perfetta". Le loro ipotesi fanno sì che l'economia basata sulla matematica generi i loro risultati politici preferiti, ma sono inutili e imprudenti nel mondo reale. Di conseguenza tutte le politiche di monopolio dovrebbero essere interrotte.
In terzo luogo, il risparmio dovrebbe essere incoraggiato perché fornisce la materia prima per l'aggiustamento, la protezione e il progresso dell'individuo e del mercato. Gli individui e le aziende con risparmi possono sostenersi e apportare i necessari aggiustamenti di mercato. I risparmi mitigano i problemi di calo della domanda, disoccupazione e ricerca di lavoro. I risparmi sono anche la materia prima dell'imprenditorialità, sia che si tratti di aprire un chiosco di hot dog o di una grande fabbrica.
Al contrario, gli economisti mainstream vedono il consumo come il motore dell'attività economica, ritenendo che l'aumento del consumo si manifesterà nei futuri rapporti sul prodotto interno lordo (PIL). Pertanto considerano i risparmi come "perdite" che impediscono o bloccano la ripresa economica. Questa convinzione errata non riesce a far comprendere loro il processo di crescita economica (risparmio => investimento => formazione di capitale => aumento dei salari => aumento dei consumi = aumento del PIL). Devono esserci risparmio e capitale, così come lavoro e produzione, prima che possa iniziare il consumo. Le persone non decidono semplicemente di consumare di più!
In quarto luogo, i prezzi, i salari, gli affitti, i tassi d'interesse e i profitti devono potersi adeguare alle mutevoli condizioni di mercato. Alcuni economisti mainstream afferrano la saggezza del libero mercato, ma perdono la presa su di essa quando si tratta di crisi economiche. Il fatto che prezzi, salari, affitti e profitti scendano precipitosamente durante una crisi li innervosisce e aumenta la pressione sul processo politico per impedire che i prezzi scendano, sventolando il temuto feticcio della deflazione.
Questa reazione fobica al calo dei prezzi nasconde numerosi errori e contraddizioni. Perché tenere alti i prezzi (cosa che scoraggia i consumi e spreca le eccedenze) cercando allo stesso tempo di incoraggiare i consumi? Perché mantenere alti i salari cercando allo stesso tempo di ristabilire la piena occupazione? Perché mantenere in funzione una fabbrica quando i consumatori non vogliono i suoi prodotti, o non sono disposti a pagarli al prezzo attuale? Tali risorse potrebbero essere utilizzate meglio altrove.
I prezzi in calo sono la caratteristica principale delle correzioni del mercato. Alcune persone non credono nella legge dei mercati di Say perché non riescono a credere (capire) agli effetti migliorativi del taglio dei prezzi e dei salari, ovvero la deflazione.
Dovrebbe essere chiaro che i ricchi hanno più da perdere in una crisi economica e dovranno fare il maggior numero di aggiustamenti dolorosi, almeno in un'economia di mercato libera dall'interventismo statale. Tuttavia i costi di una crisi economica sono condivisi da capitalisti, lavoratori, proprietari di risorse, imprenditori e persino da quegli spettatori innocenti non direttamente coinvolti nell'economia, come bambini e anziani. Coloro che hanno acquisito e risparmiato il minor numero di risorse durante il boom incappano inevitabilmente in varie difficoltà economiche durante il bust.
A mio avviso, nessuno di questi gruppi deve essere incolpato. Il libero mercato non ha causato la crisi, ma adattarsi alla crisi è la soluzione. L'approccio interventista alle crisi economiche fa poco per alleviare tutte queste sofferenze e molto per peggiorarle e prolungarle. Il modo migliore per mitigare i costi di una crisi economica è questo approccio basato sul mercato. L'approccio interventista fallisce e aggrava i costi nel tempo.
Soluzioni concrete
La soluzione del libero mercato alle crisi porta a una rapida risoluzione dei problemi nell'economia in generale. Ciò è particolarmente vero per i problemi altamente complessi associati al ciclo economico. Le distorsioni monetarie vengono filtrate attraverso il mercato dei fondi mutuabili, i mercati dei beni di consumo e le decisioni di produzione, investimento e tecnologia di quegli imprenditori che tentano di soddisfare le aspettative dei consumatori in un ambiente con molteplici segnali fasulli. Se un pianificatore centrale non può dirigere razionalmente un'economia stazionaria, allora non c'è da meravigliarsi che i politici non possano ricostruire razionalmente un'economia in base alle nuove condizioni emergenti.
Per evidenziare con forza e oggettività le quattro linee guida di una soluzione laissez-faire alle crisi economiche, fornirò un paio di esempi di ciò che dovrebbe essere fatto in termini concreti.
Primo, niente salvataggi statali. Le aziende, le industrie, le organizzazioni no profit e le organizzazioni governative/non governative chiedono costantemente sussidi statali, sussidi indiretti e protezionismo. Le crisi incoraggiano tutti loro a cercare fonti di finanziamento statali sempre più grandi e permanenti. Dovrebbero essere informati immediatamente, e senza mezzi termini, che non sono previsti salvataggi, in contanti o altro. È particolarmente importante che venga detto a tutti i livelli che non ci saranno salvataggi. Ciò è necessario per evitare che i governi locali estendano le loro responsabilità finanziarie oltre le loro massime priorità. In sotsnaza, individui, aziende, organizzazioni e altre realtà connesse non devono essere schermate dalla bancarotta.
Il Giappone è l'esempio più lampante dei problemi con i salvataggi statali. Per più di un decennio dopo la bolla del mercato azionario degli anni '80, lo stato e la Banca del Giappone hanno volutamente tenuto a galla una moltitudine di società zombi con vari sussidi e politiche di credito agevolate. Gli zombi inducono una serie d'inefficienze legate al capitale, al lavoro e alla tecnologia e riducono la crescita economica e salariale.
In secondo luogo, non sovvenzionare la disoccupazione. L'eliminazione dell'indennità contro la disoccupazione dovrebbe essere una priorità. I lavoratori dovrebbero avere ogni incentivo naturale per ottenere un impiego e un salario. L'indennità contro la disoccupazione è ben nota per causare ritardi dannosi nell'ottenere e mantenere un impiego. Al contrario, i posti di lavoro nel mercato creano reddito e produzione e sono una componente vitale della ripresa economica. Uno dei ricordi dei lockdown è stato rappresentato dagli alti costi sociali dovuti ai salvataggi nel mondo del lavoro.
A questo proposito, l'abrogazione della legge sul salario minimo rafforzerebbe il messaggio politico del laissez-faire: il lavoro e la produzione sono la via d'uscita dalla crisi. Potreste chiedere: "Se il salario minimo è ora fissato al di sotto dei livelli di compensazione del mercato e la disoccupazione risultante è pari a zero, allora che tipo di messaggio verrebbe mandato?" Sarebbe un riconoscimento dell'inutilità del salario minimo per "aiutare" il mondo del lavoro, la comprensione che tale misura danneggia i posti di lavoro più "a rischio", che i salari potrebbero diminuire vertiginosamente in una crisi e che le persone potrebbero aver bisogno/volere un lavoro retribuito nonostante la mancanza di esperienza lavorativa, abilità, formazione o persino forza fisica.
Conclusioni
Le crisi economiche, come quelle rese inevitabili dal ciclo boom/bust, sono eventi sfortunati per la maggior parte delle persone. La politica del laissez-faire è l'unico modo per curarle razionalmente. Le misure interventiste non fanno che ritardare e peggiorare la crisi e il suo impatto negativo sulle persone. La storia fornisce numerose prove riguardo agli esiti ampiamente divergenti di questi due sistemi politici.
La velocità di ripresa è una considerazione importante. Il laissez-faire dà risultati rapidi, mentre l'interventismo la ritarda molto più a lungo, accumulando opportunità perdute nel corso degli anni, a volte arrestando lo sviluppo per intere generazioni e rendendo molte persone incapaci di realizzarsi. Al contrario, le riprese economiche stimolate dal laissez faire rendono le persone più indipendenti, più resilienti e più propense a raggiungere risultati.
Naturalmente anche il laissez-faire più intelligente, risoluto e rigoroso avrà difficoltà politiche ed emotive a rimanere saldo di fronte alla fame, ai fallimenti, ai pignoramenti e alla disoccupazione di massa. Le richieste di soccorso sono già forti nell'America moderna di oggi. Quando il tasso di disoccupazione salirà, le richieste saranno ulteriormente amplificate da quello che un tempo passava per giornalismo. È importante inquadrare queste richieste secondo la seguente ottica: qualsiasi aiuto pubblico per aziende o individui danneggerà e ritarderà gli interessi a lungo termine della società, compresi coloro oggetto di soccorso. Sollievi di tal genere sono meglio forniti dalla carità privata.
Se non siete dei socialisti o progressisti e ritenete che questo tipo di rimedio sia insufficiente o inaccettabile, concluderò con una nota ottimistica: il libero mercato è l'unica soluzione alla crisi economica e relativamente rapida, ma è anche importante riconoscere che le crisi economiche legate al ciclo economico sono un problema che può essere risolto in modo permanente. Questo è un argomento che affronterò in un prossimo articolo. Infatti una ripresa dalla crisi odierna grazie al laissez-faire potrebbe spingere i riformatori a risolvere problemi istituzionali a lungo termine come quelli legati alla politica monetaria e alla finanza pubblica.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Leggere il DEF o la NADEF è diventato ormai un esercizio alquanto noioso. Ignorate la lunghezza dell'uno o l'altro documento, l'elemento più importante si trova a pagina 13 dell'attuale aggiornamento e, sebbene rappresenti un esercizio di window dressing, espone il perenne credo keynesiano delle autorità. Anzi, fino a un certo punto in realtà. Sì perché nonostante il contesto recessivo, tasse e pressione fiscale sono aumentati. Non solo, ma per il prossimo anno si prevede che addirittura le entrate fiscali aumentino... a fronte di una pressione fiscale in diminuzione! Le magie del PIL nominale.
RispondiEliminaLa parte puramente keynesiana della NADEF è, inutile dirlo, la voce "spesa pubblica" la quale non farà che crescere nei prossimi anni. Inutile dirlo, essa è un onere sul settore produttivo della società perché oltre a sottrarre risorse economiche preziose che sarebbero messe a miglior frutto da chi sa operare un calcolo economico in accordo coi mercati, si porta dietro la necessità di essere coperta: o attraverso tassazione incrementale, oppure attraverso deficit incrementali. Quindi se tra l'anno scorso e quest'anno è stato possibile diminuire il deficit aumentando la pressione fiscale, va da sé che i prossimi anni, stando a quanto ci racconta la NADEF, se si prevede un calo del deficit non si può prevedere altresì un calo della pressione fiscale. Questa contraddizione è presto spiegata: la spesa pubblica in costante aumento non potenzia la scelta, la libertà e la prosperità economica, è una lenta e progressiva nazionalizzazione dell'economia.