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mercoledì 21 dicembre 2022

Il blocco statunitense contro la Cina nell'industria dei chip sta avendo conseguenze impreviste

 

 

di Mihai Macovei

Le guerre commerciali e tecnologiche degli Stati Uniti contro la Cina sono continuate anche durante la presidenza Biden, la quale ha intensificato i controlli sulle esportazioni relative al settore della tecnologia. Gli Stati Uniti vogliono tagliare l'accesso della Cina ai semiconduttori avanzati e alle attrezzature utilizzate per fabbricarli al fine d'impedirne l'uso per scopi militari. Le restrizioni seguono il CHIPS and Science Act, approvato nell'agosto 2022, che eroga $52 miliardi in sussidi all'industria statunitense dei chip e concede oltre $200 miliardi in ulteriori finanziamenti per ricerca e sviluppo (R&S).

Il presunto scopo delle mosse protezionistiche statunitensi è quello di rafforzare la “sicurezza nazionale”, strategia che individua nella Cina il principale sfidante degli Stati Uniti. Il presidente Biden ha sottolineato che quello attuale è un "decennio decisivo" nella rivalità contro la Cina e gli USA, quindi, devono preservare un vantaggio competitivo a lungo termine. Tuttavia un'analisi più approfondita mostra che la politica degli Stati Uniti è intesa a contenere il progresso tecnologico ed economico complessivo della Cina; le intenzioni del governo degli Stati Uniti sono quelle di allontanarsi ulteriormente dalle soluzioni di libero mercato per rafforzare la sua economia, cosa che riduce il benessere economico e alimenta il rischio di uno scontro militare nel futuro prossimo.


Gli Stati Uniti dominano le catene del valore dei semiconduttori

Le opinioni allarmistiche secondo cui l'industria statunitense dei semiconduttori ha bisogno di sussidi e protezione commerciale non sono supportate dai fatti. Gli Stati Uniti sono rimasti il ​​leader mondiale nel mercato dei semiconduttori, con quasi il 50% delle vendite annuali dalla fine degli anni '90, nonostante un graduale calo della loro quota di produzione di chip (Grafico 1). La cosa più importante è che la produzione rappresenta meno di un quinto della catena di produzione dei semiconduttori e gli Stati Uniti dominano l'estremità superiore della catena di forniture complessiva.

Grafico 1: Quote di mercato mondiali nell'industria dei semiconduttori, 2020. Fonte: Associazione dell'industria dei semiconduttori

Gli Stati Uniti sono riusciti a controllare l'intero mercato dei semiconduttori perché si sono specializzati in attività ad alta intensità di ricerca e sviluppo, come la progettazione di chip e la produzione di apparecchiature di produzione. Al contrario, i concorrenti asiatici degli Stati Uniti si concentrano principalmente sulle fasi ad alta intensità di capitale e manodopera nella catena del valore, come la fornitura di materie prime e la produzione, l'assemblaggio, il collaudo e l'imballaggio dei chip (Grafico 2).

Grafico 2: Valore aggiunto dei semiconduttori per attività e regione nel 2019 (%). Fonte: Associazione dell'industria dei semiconduttori

Circa il 75% della capacità produttiva totale mondiale di semiconduttori si trova ora in Asia, principalmente negli alleati degli Stati Uniti come Taiwan, Corea e Giappone. Ma oltre il 40% della capacità dei produttori di semiconduttori statunitensi, che rappresenta un non trascurabile 12% della produzione mondiale, si trova ancora in patria. Inoltre, controllando l'estremità superiore della catena di approvvigionamento del valore, gli Stati Uniti potrebbero facilmente creare ulteriore capacità produttiva, se necessario. Mentre il mercato mondiale dei chip è aumentato di quasi cinque volte negli ultimi due decenni fino a raggiungere una cifra stimata di $630 miliardi quest'anno, le società statunitensi hanno scalato la catena del valore investendo massicciamente in ricerca e sviluppo. Le aziende americane hanno speso circa $44 miliardi in ricerca e sviluppo nel 2020, più in percentuale delle vendite rispetto all'industria dei semiconduttori di qualsiasi altro Paese (Grafico 3). In base a questi parametri, il settore dei chip statunitense non è sicuramente una "industria nascente" che potrebbe probabilmente aver bisogno di protezione dalla concorrenza estera.

Grafico 3: Spese in R&S per semiconduttori, 2019 (% vendite per Paese). Fonte: Associazione dell'industria dei semiconduttori


La politica industriale non rafforza la competitività

La politica industriale è tradizionalmente giustificata dalla tesi della cosiddetta “industria neonata” secondo cui industrie o società nazionali “strategiche” di nuova costituzione potrebbero aver bisogno di protezione fino a quando non saranno in grado di mettersi al passo con i rivali all'estero più efficienti. I critici della politica industriale sottolineano che non si può sapere in anticipo se un particolare settore sarà redditizio o meno. Se le banche, i mercati dei capitali e gli imprenditori nazionali e stranieri non possono selezionare gli investimenti più promettenti, perché i funzionari governativi e i politici dovrebbero essere in grado di fare meglio? Anche questi ultimi non sono onniscienti e si assumono rischi imprenditoriali, ma con i soldi degli altri. Ciò invita a una minore responsabilità, a linee di politica sconsiderate e alla ricerca di rendite.

L'esperienza storica con la politica industriale è in gran parte deludente negli Stati Uniti ed è stata piena di "prestazioni inferiori e superamento dei costi". Innumerevoli fallimenti della politica industriale si riscontrano anche in America Latina, Regno Unito, Europa e India, mentre i “successi” di Paesi come Giappone, Taiwan, Singapore e Corea del Sud sembrano sono esagerati. Diversi studi mostrano che l'impressionante crescita economica delle nazioni asiatiche non è stata trainata dalla politica industriale, anzi potrebbe esserne stata effettivamente rallentata. Ad esempio, oltre l'80% dei sussidi di bilancio in Giappone è andato all'agricoltura, alla silvicoltura e alla pesca durante il 1955-80 e molto poco è finito nella ricerca e sviluppo. Inoltre la protezione delle importazioni ha diminuito la crescita settoriale della produttività totale sia in Giappone che in Corea, perché ha reso più costosi gli input intermedi e ha ridotto la concorrenza interna.

L'enigma della politica industriale alla fine si riduce alla possibilità che lo stato possa impegnarsi con successo nella pianificazione economica centrale. Il comprovato fallimento della pianificazione economica socialista su larga scala suggerisce che anche la pianificazione parziale di pochi settori industriali, o aziende, non andrà molto meglio. Quello che è certo è che la politica industriale ridistribuisce i benefici dalle aziende produttive a quelle meno efficienti, il che non rappresenta affatto un ottimo paretiano.

Nel caso dei semiconduttori il governo degli Stati Uniti sta costringendo il resto dell'economia statunitense a sovvenzionare un settore già altamente redditizio per intraprendere attività a basso valore aggiunto. Questo trasferimento di risorse è stato ovviamente ben accolto dall'industria dei semiconduttori, che tuttavia ha avuto una reazione difensiva al successivo annuncio di controlli sulle esportazioni in Cina. Le aziende statunitensi hanno capito che molto probabilmente ciò avrebbe danneggiato i loro profitti e la loro capacità d'innovare e mantenere una leadership mondiale a lungo termine.


Il progresso tecnologico della Cina è accelerato

Gli Stati Uniti non hanno bisogno di misure protezionistiche per migliorare la propria sicurezza nazionale, perché controllano già le tecnologie dei semiconduttori più avanzate al mondo. Ma il governo degli Stati Uniti spera di trarre vantaggio indirettamente limitando l'accesso dell'esercito cinese ai chip di fascia alta e contenere il progresso tecnologico della Cina in generale.

L'esperienza dimostra che sia la Cina che altri Paesi emergenti sono in grado di fare di tutto per fornire tecnologie avanzate ai propri militari. La Cina è riuscita a costruire aerei da combattimento avanzati mentre fatica ancora a sviluppare gli aerei civili. Nonostante sia stato sottoposto a pesanti sanzioni internazionali per molti anni, l'Iran ha prodotto droni da combattimento performanti utilizzando la tecnologia occidentale, mentre la Corea del Nord ha continuato i suoi test sui missili balistici nucleari e intercontinentali. Anche le restrizioni internazionali possono essere aggirate, come dimostrato dall'elusione delle sanzioni al settore petrolifero da parte dell'Iran o dalle compagnie cinesi che aggirano le sanzioni statunitensi al settore della tecnologia.

La Cina può inventare soluzioni tecniche per superare il blocco dei chip, anche se i processi di produzione commerciale possono essere meno efficienti e più costosi. Ad esempio, la principale fonderia di chip della Cina, SMIC, può produrre solo chip di quattordici nanometri su larga scala, staccando i leader nel settore di circa cinque anni. Sebbene soggetta a sanzioni statunitensi e bloccata dall'acquisizione di macchine avanzate per la produzione di chip EUV sin dal 2020, SMIC si è innovata nella produzione di chip avanzati a sette nanometri utilizzando la tecnologia precedente. Huawei, il colosso cinese delle telecomunicazioni, ha lottato per salvare la sua attività di apparecchiature mobili e 5G innovando nel "packaging avanzato" dei chip per aumentarne le prestazioni.

È improbabile che le restrizioni degli Stati Uniti all'esportazione impediscano alla Cina di costruire le sue forze armate e il loro vero scopo rimane un contenimento generale della Cina. Gli alti funzionari statunitensi non sono stati timidi nei loro sforzi per mantenere "il maggior margine di vantaggio possibile" nel settore della tecnologia, perché il progresso della Cina nelle capacità di produzione e innovazione ha subito un'accelerazione. Le aziende cinesi sono diventate molto competitive nell'elettronica di consumo e leader di mercato nelle apparecchiature per l'energia rinnovabile, come il solare fotovoltaico, le turbine eoliche e le batterie ad alta capacità, utilizzate anche per produrre veicoli elettrici. La Cina è ora sia il principale leader mondiale per i veicoli elettrici sia il più grande produttore di veicoli elettrici con un progresso tecnologico sempre più autoctono. Al momento la Cina rimane fortemente dipendente dall'Occidente solo in due settori principali: i semiconduttori e l'aviazione civile.

È comprensibile che il rapido recupero della Cina abbia sconvolto l'establishment politico statunitense, ma credere che la protezione industriale e le restrizioni commerciali siano la soluzione rappresenta un grave errore intellettuale. Il progresso economico e tecnologico della Cina ha avuto luogo contemporaneamente in tanti domini diversi, cosa che non avrebbe potuto essere il risultato di una ridistribuzione forzata delle risorse dai settori produttivi a quelli meno produttivi. È piuttosto il risultato di società nazionali ed estere che traggono vantaggio da un ambiente commerciale più amichevole e da mercati dinamici. Non è un caso che una moltitudine di aziende occidentali continui a fare affidamento sulla Cina, nonostante la sua dannosa politica zero-Covid e gli sforzi di disaccoppiamento dei governi occidentali.


Conclusione

Gli interventi del governo statunitense nel mercato dei semiconduttori non sono solo dannosi per l'industria stessa e per il benessere dei consumatori, ma mostrano anche che i leader americani hanno perso la fiducia nel potere dei mercati di guidare il successo economico. Questo può essere molto pericoloso perché, come spiegato da George Reisman, solo la concorrenza del libero mercato aumenta la produttività del lavoro e i benefici della divisione internazionale del lavoro, mentre la restrizione degli scambi internazionali molto spesso contribuisce a guerre future.

Se politiche economiche sbagliate indeboliscono la posizione competitiva degli Stati Uniti e le ambizioni egemoniche mondiali, i leader statunitensi potrebbero essere sempre più tentati di trasformare il confronto commerciale e tecnologico con la Cina in uno politico e militare. E se la Cina vede le sue opportunità economiche e i suoi interessi strategici gravemente danneggiati, potrebbe anche diventare più belligerante. Un rischio così grave per la pace mondiale, la prosperità e la libertà individuale non dovrebbe essere preso alla leggera.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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