Prima la BCE con il TPI, poi la Banca d'Inghilterra con l'annuncio che per 13 giorni avrebbe acquistato bond sovrani per "stabilizzare" la curva dei rendimenti e in generale la strategia disperata della Banca del Giappone di controllare capillarmente la curva dei rendimenti stessa. Con la fine dell'era del grande coordinamento delle banche centrali, i nodi vengono al pettine e scopriamo i veri malati terminali. Ma soprattutto apprendiamo una grande verità, nascosta abilmente tramite anni di bugie, illusioni e gergo tecnico/accademico: le banche centrali sono inutili e dannose. Con la fine della cosiddetta "FED put", abbiamo scoperto che in realtà essa serviva a salvaguardare non tanto i mercati interni, bensì un imperialismo economico/finanziario mondiale attraverso l'inflazionismo del dollaro. La Cina, in quanto fabbrica del mondo, ha aiutato in questo compito. Ma la storia si ripete perché gli errori si ripetono, in questo caso economici. Infatti così come accadde con le politiche "Guns and butter" di Lyndon Johnson, le quali portarono alle crisi degli anni '70 e all'abbandono definitivo del gold standard, le politiche di coordinamento tra banche centrali hanno portato al disastro "made in denaro fiat" di oggi. Il lassismo monetario sfoggiato dalla FED, soprattutto nell'era Obama, non era solo una linea di politica atta a massimizzare l'influenza di Washington all'estero ma anche un tentativo di autodistruzione dell'essenza degli Stati Uniti.
Non pensate ai confini nazionali come qualcosa di sacro ed evidente. Il mondo è pesantemente influenzato da bande criminali sovranazionali che, al pari dei mafiosi, stringono accordi con altre bande criminali per portare a termine determinati obiettivi. Il WEF, ad esempio, è una di queste bande criminali ed è innegabile la sua infiltrazione all'interno dei vari governi mondiali (la parte di facciata). L'obiettivo di questa masnada di criminali è quella di assicurare una potenziale via d'uscita ai pianificatori centrali dopo l'enorme distorsione dei mercati che hanno provocato sulla scia dell'esuberanza alimentata dal denaro fiat. In poche parole, saccheggiare il saccheggiabile e ricostruire la società secondo linee guida incentrate sul controllo capillare, in modo da non delegittimare la pianificazione centrale dell'economia. Per fare ciò "tutti" dovevano essere d'accordo, tutte le bande criminali dovevano essere d'accordo. Nel momento in cui il mercato dell'eurodollaro è stato prosciugato dalle azioni della FED, è stato chiaro che alcune bande "hanno disertato" il piano originale, poiché consce del fatto che stava avvenendo una scalata ai danni degli Stati Uniti, ad esempio, attraverso i salvataggi indiretti del sistema bancario europeo attraverso l'indicizzazione dei debiti mondiale al LIBOR.
Questo è il motivo per cui è stato eletto Trump, per cui era inviso a Bruxelles/Europa e, da quando alcune delle grandi banche commerciali hanno rifiutato di accettare nei mercati pronti contro termine statunitensi paccottiglia finanziaria cartolarizzata europea, sono state avviati i piani per dare il via al Grande Reset. Il problema di fondo è che quello del denaro fiat è il più grande schema di Ponzi mai ideato nella storia economica, i cui ideatori non sono altri che coloro che infestano gli istituti noti come banche centrali per conto dello stato. Un'associazione a delinquere ben strutturata, potremmo dire. I confini nazionali, in questo senso, servono solo a rendere legittimo e giustificabile il saccheggio ai danni di un determinato gruppo di persone, abbindolato attraverso patriottismo e identificazione nazionale. Una parte degli Stati Uniti s'è defilata, annunciando che avrebbe preferito invece rimettere in ordine i propri conti dopo anni e anni d'interventismo monetario che non solo hanno causato dissesti economici pervasivi, ma hanno anche sfilacciato il tessuto sociale di conseguenza. L'introduzione dell'indicizzazione SOFR aveva esattamente questo scopo: la FED avrebbe badato solo ai propri affari. Inutile dire che la BCE, la BoE, la BoJ e tutte le altre principali sono andate nel panico. Perché? Perché consapevoli d'aver vissuto al di sopra dei propri mezzi per troppo tempo e sarebbe arrivato l'inevitabile redde rationem.
Da un lato, quindi, abbiamo gli Stati Uniti (esclusi i neocon) che si avviano verso una maggiore decentralizzazione, sia a livello economico/finanziario che sociale (es. Texas e Florida), dall'altro abbiamo un' Europa che sta cadendo a pezzi sotto i colpi delle proprie contraddizioni e della fine che fanno tutti gli esperimenti di pianificazione centrale. La campana a morto dell'UE era già suonata con la Brexit, ma la Germania che si defila dalle decisioni (o per meglio dire non decisioni di Bruxelles, tra l'altro strategia attivamente perseguita questa) riguardo il tema energetico è l'ennesimo chiodo nella bara. Anche l'Italia potrebbe schivare il proiettile d'argento, guardando al nord Africa e al Medio Oriente, ma il suo attaccamento a Bruxelles/Francia è ciò che la porterà a fondo. Poi c'è il blocco euroasiatico formato dai BRICS, i quali vogliono essere l'araldo della multipolarità al posto dell'unipolarità che ha regnato sin dalla fine della seconda guerra mondiale. Intendono portare a compimento questo piano attraverso l'introduzione di una nuova valuta di settlement internazionale in grado di rivaleggiare col dollaro.
Il famigerato "lungo termine", tanto schernito da Keynes a suo tempo e successivamente dai suoi seguaci, è infine arrivato e con esso il prezzo da pagare per le tante sconsideratezze compiute. Il dollaro attualmente rimane ancora la valute di riferimento per questioni storiche, in grado di garantirsi la sopravvivenza perché le altre sono in condizioni peggiori. La scommessa dello Zio Sam è quella di rimettere ordine nei propri conti sfruttando la morte delle valute concorrenti; in casi estremi c'è sempre Bitcoin... perché altrimenti gli Stati Uniti sono stati soffici a riguardo? Inutile dirlo, gli americani rimangono sempre coloro che riescono a salvarsi per il rotto della cuffia, perché influenzati dall'illuminismo scozzese in passato e quindi più propensi a ricercare soluzioni di libero mercato. Invece, come ho decritto nel Capitolo 12 del mio libro, gran parte dell'Europa è stata influenzata dall'illuminismo francese e quindi più propensa a ricercare soluzioni socialiste (quindi peggiorare la situazione). Cambia il grado di dolore economico da sopportare, ma l'esito sarà sempre lo stesso: il sistema bancario centrale e il denaro fiat hanno raggiunto la loro data di scadenza.
DENARO SANO/ONESTO & DENARO MALSANO/DISONESTO
Quanto sarebbe stata meglio la società, dal punto di vista dell'individuo, se avesse potuto utilizzare denaro sano/onesto come mezzo di scambio e riserva di valore? Sano/onesto significa fiducia che lo strumento usato sosterrà il suo potere d'acquisto a lungo termine. Questa fiducia deriva dal fatto che il denaro ha un solido sistema di ancoraggio che impedisce alla sua offerta di virare costantemente sopra (o sotto) la domanda. Sta di fatto che coloro che usano denaro sano/onesto non sono esenti da periodi (brevi o medi) durante i quali i prezzi di beni e servizi salgono o scendono in modo diseguale e repentino, alimentati da fattori quali ristrettezze/saturazioni, recessioni, riprese e battute d'arresto nella crescita della produttività. A lungo termine, però, questi episodi tenderebbero a stabilizzarsi. Dal punto di vista dell'individuo, una moneta che oscilla nel potere d'acquisto secondo il ritmo naturale descritto è migliore di una in cui chi la emette è deciso a stabilizzarne il valore reale a dispetto di questo ritmo fisiologico, scopo che è comunque destinato a fallire.
Manipolare/intervenire/aggiustare il sopraccitato ritmo naturale alimenta l'inflazione degli asset e la conseguente correzione, oltre a paralizzare anche la proverbiale "mano invisibile" delle forze di mercato che guida la distribuzione della spesa nel tempo. Ad esempio, i prezzi bassi durante una recessione, insieme alle aspettative di una ripresa dei prezzi più avanti, stimolano gli individui e le imprese ad anticipare la spesa, attenuando la debolezza economica nel presente. I prezzi elevati durante un periodo di grave carenza di risorse, insieme alle aspettative di prezzi più bassi, incoraggiano gli individui a differire la spesa, alleviando così la ristrettezza nel presente. Il sistema di ancoraggio è essenziale affinché una qualsiasi forma di denaro possa fornire servizi di alta qualità in termini di riserva di valore.
Nell'attuale sistema monetario fiat, invece, il sistema bancario centrale crea la forma di denaro e ne determina l'offerta. Nel caso dell'oro, la base monetaria per tutti i Paesi con un gold standard sarebbe costituita da scorte di metallo giallo estratte sotto forma di lingotti e monete. Se per l'oro il vincolo deriva dalla geologia e dall'economia mineraria, per il denaro fiat deriva dalla "buona volontà" dei banchieri centrali. Sappiamo benissimo che fine abbia fatto la regola suggerita da Friedman riguardo la crescita annuale dell'offerta di denaro in un sistema puramente fiat. Ancora meglio funziona Bitcoin, il cui ancoraggio non è solo nell'elettricità usata dal mining, ma anche dalla crittografia e dall'inflessibilità della matematica.
UN CASO DI STUDIO: LA BANCA D'INGHILTERRA
Da un lato abbiamo la Federal Reserve che dichiara indipendenza dal resto della carovana di banche centrali, ritirando infine la possibilità per tutte le altre di venire salvate indirettamente sfruttando la credibilità e affidabilità (residua) del dollaro, e dall'altro abbiamo il denaro fiat che nel lungo termine fa emergere le proprie criticità in accordo con la Legge dei rendimenti marginali decrescenti. Inutile dire che questi sono i limiti manifesti di un sistema che si fonda sul monopolio coercitivo, la violenza e il furto per restare a galla, di conseguenza la sua insostenibilità è solo una questione di tempo prima che emerga prorompente. In realtà, basta la logica e la deduzione di un metodo d'indagine coerente, come quello prasseologico ad esempio, per capirlo ex ante senza vaglio empirico; ma, si sa, gli economisti mainstream, che traggono vantaggio da tal sistema essendo anch'essi un ingranaggio dello stesso e sfruttandolo a proprio vantaggio, e quindi parassitando il bacino dei risparmi reali, necessiteranno del proverbiale vaglio empirico. Non esiste esempio migliore, a tal proposito, delle recenti piroette sfoggiate dalla Banca d'Inghilterra.
Per quanto potesse essere inizialmente sembrata caparbia la BoE, col suo audace rialzo dei tassi, il fatto che si sia fermata d'improvviso a causa di un dissesto fragoroso del mercato obbligazionario sovrano della nazione ci ricorda due cose: l'impotenza di una banca centrale di fronte alle forze di mercato e la pervasività degli errori economici che si sono accumulati, in particolar modo, dal 2008 fino a oggi. Così come l'Europa, anche l'Inghilterra ha vissuto al di sopra dei propri mezzi per molto tempo sfruttando il mercato degli eurodollari. Il recente crollo verticale della sterlina mostra il vero valore di una moneta fiat che è sopravvissuta fino a questo momento solo grazie al tempo (altrui) preso in prestito. Inoltre nessuna delle analisi della Banca d'Inghilterra prende in considerazione il ciclo del credito bancario, la causa principale dell'instabilità economica. Il ciclo economico, alimentato dal ciclo del credito bancario, è ciò che spinse Keynes e altri a inventare la macroeconomia come strumento per gestirne le conseguenze. Non si è tenuto conto delle effettive cause dei crolli periodici: un po' quei dottori che credevano che il salasso fosse l'unica cura per una vasta gamma di malattie, Keynes e i suoi seguaci non riuscirono a discernere le vere cause dietro i bust, quando la diagnosi corretta era già stata presentata da Hayek (l'eccesso artificiale di credito porta inevitabilmente a un boom artificiale e la sua correzione è il bust).
Invece d'identificare il problema, l'evoluzione dell'econometria ha allontanato gli economisti da una diagnosi corretta. Il prodotto interno lordo è stato inventato per quantificare l'economia, ed è certamente utile per uno stato che cerca di determinare il potenziale fiscale del suo elettorato, ma questo è tutto. Usarlo per la gestione dell'economia è un errore grossolano, perché non misura affatto il progresso economico. Inoltre i keynesiani commettono l'errore di pensare che una flessione del PIL nominale sia alimentata dai consumatori che ritardano le proprie spese; questo è il motivo per cui associano una recessione al calo dei prezzi. L'errore è non capire che tutte le transazioni del PIL sono regolate attraverso il credito bancario ed è la contrazione di quest'ultimo, attraverso la scomparsa dei depositi, che porta al ridimensionamento del PIL. La soluzione è in primo luogo evitare un'espansione artificiale del credito bancario.
Sopprimendo i tassi d'interesse a zero o sottozero, le banche centrali hanno aggiunto benzina a un incendio finanziario senza precedenti. Ora che i tassi d'interesse reali sono inesorabilmente in aumento, poiché seguono il Paradosso di Gibson il quale dimostra la futilità della politica monetaria nel lungo termine, possiamo aspettarci che la contrazione del credito bancario, e quindi il crollo del PIL, sia ancora più marcata rispetto ai cicli precedenti. In previsione di questa calamità sistemica, i valori contabili di molte banche d'importanza sistemica globale (GSIB) sono il classico canarino nella miniera. Nel Regno Unito il price-to-book di Barclay è del 38%, quello di HSBC del 53% e quello di Standard Chartered del 34%. I loro bilanci sono ingolfati a livelli senza precedenti: quasi 20 volte per Barclays e 15 volte sia per HSBC che per Standard Chartered. Per tornare a livelli più normali di leva finanziaria, per queste banche e per le banche nazionali del Regno Unito (Lloyds, NatWest ecc.), è necessario che il credito bancario si contragga fino a un terzo. E mentre questo accade, quasi certamente la risposta della Banca d'Inghilterra sarà quella d'intervenire come ha fatto di recente col mercato obbligazionario inglese. Inutile dire che l'effetto sul potere d'acquisto della sterlina è destinato a indebolirla ulteriormente sia sui cambi (come stiamo già vedendo) sia nella mente degli inglesi che la usano quotidianamente.
Questi errori continueranno a essere commessi dalla Banca d'Inghilterra nel tentativo di gestire la crisi emergente, proprio perché, insieme alle sue controparti in Europa e Giappone, ignora il rischio sistemico (lo stesso rischio che nel 2007 avrebbe portato alla contrazione del credito sulla scia della crisi Lehman e che la Banca d'Inghilterra non aveva visto arrivare).
Basilea 3 si concentra principalmente sulla liquidità bancaria, tenendo meno conto delle responsabilità commerciali dei direttori bancari. Oltre a imporre che il capitale di classe 1 (patrimonio netto e utili non distribuiti) non siano inferiori al 3% degli attivi, e fintanto che si presta attenzione alla minimizzazione delle attività ponderate per il rischio, le banche possono usare la leva per indebitare i loro bilanci fino a trenta volte. La loro risposta ai tassi d'interesse a zero e negativi è stata quella di supportare la propria redditività facendo leva sui loro bilanci secondo le regole di Basilea: la media GSIB nell'Eurozona, in Inghilterra e in Giappone, dove i tassi negativi erano e sono presenti tuttora, ora supera le venti volte. Questi rapporti sono altamente redditizi durante le fasi di boom, ma quando i tassi d'interesse iniziano a salire e le prospettive economiche peggiorano, ecco che spuntano perdite sostanziali in grado di spazzare via il capitale di classe 1. Questo è ciò che spinge i direttori delle banche a contrarre i prestiti il più velocemente possibile.
Sul lato delle passività di una banca, oltre al capitale proprio e agli utili non distribuiti, ci sono i prestiti (principalmente sotto forma di fondi dei depositanti). Quando le banche commerciali contraggono il credito totale, lo fanno richiamando prestiti e vendendo asset finanziari. Proprio come i depositi sono originariamente creati attraverso un processo di espansione del bilancio, la contrazione dello stesso inverte il processo. I vari M si contraggono di conseguenza e meno credito è disponibile per le transazioni economiche, facendo infine contrarre anche il PIL nominale. Le banche altamente indebitate possono ritrovarsi rapidamente insolventi per quanto riguarda le loro perdite rispetto al patrimonio netto di bilancio e queste condizioni sono quelle cui stiamo assistendo ora, non solo per le GSIB britanniche, ma ancor di più per le loro controparti in Europa e Giappone. Essendo però il centro di compensazione internazionale per le banche commerciali, Londra è più esposta a bancarotte sistemiche. Un dovere primario per la Banca d'Inghilterra è impedire che ciò accada, ma poiché il quantitative easing ha portato a un aumento delle riserve bancarie, se le GSIB non venissero salvate suddette riserve sarebbero "richiamate" dai liquidatori delle banche fallite. Poiché le bancarotte sistemiche sono un problema crescente e Londra è il centro di compensazione soprattutto per le banche europee, i tassi d'interesse in ascesa rischiano di far crollare l'intero sistema bancario britannico ed europeo... che attualmente sono stati salvati dal rinnovato intervento monetario della Banca d'Inghilterra.
LE CONSEGUENZE
La catena di Sant'Antonio di salvataggi va dalla BCE che ha inaugurato il TPI specificamente per l'Italia e il suo comparto obbligazionario morente, la Banca del Giappone occupata a impedire attivamente che il suo mercato obbligazionario sovrano imploda e la Banca d'Inghilterra con l'arduo compito di tenere entrambi in piedi con il nastro isolante. Senza contare che il problema dei CLO è ancora presente, soprattutto se si considera il fatto che i crediti deteriorati del sistema bancario commerciale italiano sono stati dichiarati in bonis dal regolatore bancario, cartolarizzati e venduti in tranche attraverso il TARGET2 europeo ad altri istituti finanziari alla spasmodica ricerca di rendimenti decenti per i loro saldi di bilancio di fine anno (soprattutto fondi pensione e fondi di assicurazioni). Queste banche centrali ormai navigano a vista, accecate da una nebbia impenetrabile di loro stessa fattura e altamente sensibili a cedere al panico/disperazione.
Tale incertezza si ripercuote inevitabilmente sul tessuto sociale/industriale, costretto a dover inserire nei loro calcoli i capricci di un gruppo irresponsabile e sconsiderato d'individui che presume di sapere meglio del resto del mercato come andranno le cose. La burocrazia, in accordo con la Legge di Parkinson, si espande in rapporto al tempo che è necessario per conformarsi con essa. E questa espansione non è reversibile. Perché? Politicamente suicida, perché significherebbe perdere bacini di voti che altrimenti non supporterebbero l'attuale status quo. Al tempo stesso, però, suddetta espansione è intrinsecamente distruttiva. Perché? Fiscalmente suicida, perché significa espandere la spesa pubblica e il suo effetto crowding out nell'ambiente economico. In questo senso il moltiplicatore keynesiano è una ricetta per la bancarotta perché sequestrare risorse scarse e consegnarle nelle mani di un'istituzione incapace di operare un calcolo economico in accordo con le forze di mercato, conduce a una crisi fiscale.
A tal proposito è propedeutico il caso della neo-eletta Truss a guida dell'Inghilterra che, non solo ha fatto marcia indietro riguardo i tagli delle tasse (future, non quelle già approvate), ma non ha minimamente parlato di taglio della spesa pubblica. Infatti la sua intenzione era quella di fare eco alle manovre fiscali attuate dalla Thatcher negli anni '80, ignorando che il bilancio pubblico, sin da allora, è profondamente cambiato. Infatti allora la spesa pubblica era ancora una frazione di quella odierna, per non parlare della spesa in deficit, garantendo uno spazio di manovra migliore e senza importunare troppo il settore privato. Inutile dire che questi atteggiamenti "soft" sono stati quelli che hanno aperto le porte a quelli "hard" di oggi, ma questa è la vera essenza della democrazia di oggi: generare consensi durante il proprio mandato, ignorare il dissesto economico/finanziario che si genera nel frattempo, intascare la buonuscita e lasciare la patata bollente al prossimo truffatore di turno. Gli errori economici, in questo modo, diventano strutturali e lavorano, in modo esponenziale, per essere corretti.
Possiamo essere certi di questo esito perché siamo certi della natura umana e del fatto che essa debba agire per lenire il passaggio dalla stato di quiete a uno d'insoddisfazione. L'azione prevede l'interazione con un proprio simile affinché ci metta in contatto con quell'oggetto, o servizio, in grado di "cancellare" la nostra insoddisfazione e riportarci a uno stato di quiete. Il caos fiscale e monetario cui assistiamo oggi non è altro che il disaccoppiamento tra desideri degli individui e forze di mercato distorte, una pressione che monta affinché i primi vengano soddisfatti nonostante le autorità dicano si debba andare nella direzione opposta. È sostanzialmente questa la spinta che sta alla base della Legge dei rendimenti marginali decrescenti.
Ogni unità aggiuntiva di debito inizialmente crea un ritorno nettamente positivo, fino a quanto tale ritorno non pareggia la quantità di debito aggiunta e infine il rapporto diventa negativo. Questo significa che ogni unità aggiuntiva di debito erode una o più unità di PIL. In sintesi, ogni intervento aggiuntivo all'interno dell'ambiente di mercato diventa distruttivo.
Livelli di debito più elevati in percentuale del PIL sono stati resi possibili da tassi d'interesse sempre più bassi e quantità crescenti di attività improduttive. I banchieri centrali se la sono cavata con politiche monetarie negligenti, perché l'inflazione non era un problema. La globalizzazione del commercio ha consentito il flusso di beni a basso costo, di conseguenza le banche centrali hanno condotto politiche monetarie accomodanti con poca paura di alimentarla. Un tale contesto era favorevole a valutazioni degli asset elevate. Il problema, come descritto poco sopra, è che una situazione del genere si disconnette progressivamente dall'economia reale sottostante, dove quest'ultima spinge per andare da un lato mentre l'illusione di economia finanziaria alimentata dalle banche centrali spinge da un altro. Inutile dire che alcuni settori industriali riceveranno più attenzioni genuine e reali da parte degli attori di mercato, mentre altri no e dovranno perennemente cercare il finanziamento artificiale per restare a galla. Inutile dire che un tale assetto sottrae artificialmente risorse economiche scarse da attività che vorrebbero essere premiate dagli attori di mercato a vantaggio di quelle invece che sono reputate senza valore. Ciò risulta in un'inflazione dei prezzi in alcuni settori e una deflazione in altri. Di conseguenza livelli più elevati d'inflazione si accompagnano a tassi d'interesse più elevati e questi ultimi sono estremamente gravosi per le economie con livelli di debito in crescita. Un tale contesto è quindi sfavorevole per le valutazioni elevate e la forte performance dei prezzi degli asset.
La disconnessione dei mercati finanziari dall'attività economica sottostante è evidente nel grafico qui sotto. Dal picco del 2007, i successivi cicli d'interventismo monetario hanno portato a un aumento cumulativo del 219% per il mercato azionario; di contro la crescita economica reale è cresciuta solo del 28%, poiché i ricavi aziendali sono aumentati solo del 67%. In altre parole, i prezzi delle azioni sono aumentati quasi 8 volte in più rispetto all'economia e 3,2 volte i ricavi aziendali.
E questo ci porta all'esito della Legge dei rendimenti marginali decrescenti che, palesandosi inizialmente a livello interno di ogni Paese che indugia nell'azzardo morale, poi si espande anche all'esterno: deglobalizzazione. Sebbene questo processo fosse già in atto sulla scia dei quantitative easing degli ultimi 13 anni, i lockdown l'hanno accelerato considerevolmente attraverso la devastazione delle catene di approvvigionamento. Finché i mismatch nella struttura dell'allocazione del capitale non saranno riassorbiti, possiamo aspettarci un'inflazione dei prezzi che, a sbuffi, continuerà a salire. A tal proposito uno degli ultimi documenti rilasciati da Zoltan Pozsar aggiunge maggiori dettagli al processo di deglobalizzazione attualmente in atto. Inutile dire che esso è un processo che impoverisce quelle società che lo subiscono. I prodotti economici provenienti dalla Cina non sono così economici come una volta, inoltre le carenze legate ai lockdown hanno chiarito che l'Occidente è estremamente dipendente dalle nazioni "ostili" per i beni essenziali, inclusi alcuni prodotti tecnologici e farmaceutici. Secondo il Council for Foreign Relations: "Circa l'80% dei componenti di base utilizzati nei farmaci statunitensi, noti come ingredienti farmaceutici attivi (API), provengano dalla Cina e dall'India". Il recente disegno di legge sulla riduzione dell'inflazione mira a riportare la produzione di semiconduttori e altri beni essenziali negli Stati Uniti, e da un punto di vista strategico il rimpatrio di alcuni settori industriali può essere intelligente e necessario, tuttavia manodopera più costosa, tasse più elevate e normative più severe lo rendono altamente oneroso.
Prima che la Russia invadesse l'Ucraina, forniva all'Europa circa il 40% del suo gas naturale e oltre il 50% del suo carbone ed entrambi questi elementi contribuiscono a generare circa il 30% della produzione di elettricità europea. L'Europa, e la Germania in particolare, risentiranno dell'effetto della riduzione dell'offerta russa questo inverno, ma i costi energetici più elevati non saranno limitati all'Europa. Infatti la Germania limiterà la sua produzione, soprattutto nel ramo industriale chimico e farmaceutico, i quali rappresentano circa il 15% del suo consumo totale di gas. Secondo la Reuters: "L'industria chimica tedesca ha già fatto tutto il possibile per preservare l'uso del gas, ha affermato martedì l'associazione chimica VCI, avvertendo che gli unici passi rimasti sarebbero ridurre o abbandonare del tutto la produzione". La Germania è il terzo esportatore mondiale di prodotti chimici, se taglia la produzione l'inflazione dei prezzi dei prodotti chimici interesserà tutte le nazioni; a loro volta saliranno anche i prezzi di molti prodotti che utilizzano queste sostanze chimiche.
Anche se la Russia dovesse fare ammenda e si ritirasse dall'Ucraina, l'Europa dovrà cercare nuovi Paesi da cui dipendere per l'energia. Questi hanno costi maggiori. In quanto tale, anche i beni che produce devono avere prezzi più elevati.
La deglobalizzazione rappresenterà, quindi, un propellente per inflazione dei prezzi, proprio come la globalizzazione ha determinato una disinflazione. In un tale contesto le banche centrali si contenderanno gli eventi geopolitici inflazionistici e ciò significa che stiamo uscendo da un mondo in cui le banche centrali "gestivano" il lato della domanda. La filosofia alla base della loro nascita ed evoluzione prevedeva strumenti che fossero efficaci, almeno nel breve termine, a influenzare la domanda, oltre a dare l'impressione agli sprovveduti che esse sapevano cosa stessero facendo; non hanno strumenti invece per influenzare il lato dell'offerta. Siamo potenzialmente sull'orlo di enormi cambiamenti.
INVERSIONE DI MARCIA?
Quest'ultimo punto su domanda/offerta è stato anche sottolineato lo scorso agosto a Jackson Hole dallo stesso Powell, il quale ha il compito d'invertire un decennio di stimoli artificiali targati Bernanke/Yellen (eterodiretti dalla cricca di Davos). Il debito degli Stati Uniti è una questione scottante, perché la nazione ha di fronte una pesante decisione fiscale da prendere nei prossimi mesi e anni. La situazione non è irrisolvibile, ma non sarà nemmeno facile superarla. Siamo, come minimo, entrati in una recessione globale, nonché una crisi del debito sovrano in Occidente e in alcuni mercati emergenti. La Turchia è già esplosa. Tuttavia gli Stati Uniti sono ancora un attore importante nel sistema finanziario globale e la Federal Reserve la più potente di queste istituzioni. Comprendere il ruolo della FED è fondamentale, l'unica tra le altre banche centrali che in qualche modo può avere almeno una possibilità di riparare ciò che è stato rotto e il patetico appello dell'ONU per esortare le banche centrali a smettere di rialzare i tassi lo dimostra. Il messaggio era: "Perché nessuno pensa ai bambini e agli accattoni? FED, intervieni, salva il mondo!".
È chiaro che Jerome Powell sta agendo solo per quanto riguarda le esigenze degli Stati Uniti. Per la prima volta in decenni il mondo deve fare i conti con l'idea che la FED non lo salverà ora che è nei guai. Il medio termine sarà un periodo di estrema forza del dollaro. Infatti dopo il 2008 il mondo si è caricato di debiti denominati in dollari perché era economico indebitarsi con tal divisa; ora, però, tale decisione presenta il conto amaro. I mercati emergenti e persino quelli sviluppati come il Regno Unito, l'Europa e la Cina sono vulnerabili al deflusso di dollari.
Tal contesto mette ai ferri corti la FED e il Congresso, ma pone anche le basi per un cambiamento politico dopo novembre. Se il Congresso vorrà continuare a spendere oltre le proprie possibilità, gli Stati Uniti entreranno in un ciclo inflazionistico molto brutto che la FED non sarà in grado di contenere. Nel breve e medio termine, il dolore per gran parte del mondo sarà intenso, compresi gli Stati Uniti. Gran parte della disinflazione in alcuni settori dell'economia, a causa della politica dei tassi a zero, sarà compensata dall'afflusso di capitali da coloro che in passato hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità grazie alla debolezza del dollaro. I principali beneficiari sono stati l'Europa e i suoi sistemi di welfare e pensionistico, destinati adesso all'implosione come dimostrato dal Regno Unito nella sezione precedente di questo articolo, e la Cina con il suo massiccio surplus commerciale con gli Stati Uniti.
I vincitori saranno coloro che producono ed esportano materie prime. Gli asset gonfiati attraverso il credito facile, come titoli di stato, azioni, immobili e beni di consumo di fascia medio-alta, si sgonfieranno; i prezzi delle materie prime, il principale motore dell'inflazione odierna, continueranno a salire: petrolio, gas, oro, metalli, cibo, ecc.
In breve, il denaro facile dell'era post-2008 ha alimentato i boom azionari, obbligazionari e immobiliari e che ora sono entrati nella fase di bust, sopprimendo di contro gli investimenti in materie prime. Con il passaggio alla fase di bust del ciclo del credito, tale dinamica s'invertirà. Gli Stati Uniti hanno molti debiti che devono essere rinnovati nel 2023 e dovranno esserlo a tassi più elevati. La FED probabilmente fermerà il rialzo dei tassi nel primo trimestre per aiutare, ma un rallentamento della spesa pubblica senza il concomitante allentamento delle normative per liberare il flusso di capitali manterrà l'economia statunitense incerta per tutto il 2023 malgrado l'afflusso di capitali dall'estero. Anche con una vittoria dei repubblicani a novembre, la battaglia per il futuro sarà intensa e ciò significa recessione, paralisi politica, prezzi elevati dell'energia e del cibo, limitate possibilità di occupazione, congelamento dei capitali mentre l'economia risolverà lentamente la brutta situazione in cui si trova attualmente.
CONCLUSIONE
Sui siti web delle varie banche centrali campeggia quello che sarà il loro epitaffio: "Qui giace il sistema bancario centrale, aspirante preservatore del valore del denaro e di una stabilità dei prezzi". Esse affermano che quando l'IPC aumenta a causa di un aumento dell'offerta di denaro, il denaro mantiene il suo valore (prezzo), ma se l'IPC aumenta è logico che il valore dell'unità marginale di denaro diminuisca. La stabilità dei prezzi è definita dalla maggior parte delle banche centrali come un aumento dell'IPC di circa il 2% all'anno. Tuttavia i prezzi di vari beni e servizi non aumentano in modo uniforme quando l'offerta di denaro viene gonfiata. Ciechi al fatto che l'uso di qualsiasi bene sia soggettivo, la maggior parte dei Paesi, poi, non include le case nell'IPC poiché le considera come beni capitali. Le banche centrali confondono il valore con i prezzi e il prezzo del denaro con il prezzo dell'IPC. Non sorprende che le banche centrali siano create sulla base di una teoria economica errata. Il prezzo è un rapporto di cambio corrente tra beni e/o servizi e denaro scambiato, Carl Menger lo spiegò brillantemente nel suo libro Principles of Economics.così come il ruolo che ha il valore soggettivo all'interno dell'ambiente economico.
In sintesi, le banche centrali preservano il valore del denaro fiat costringendo le persone a non utilizzare alcuna alternativa. Se le persone riflettessero su questo punto, apprezzerebbero il denaro che sale di prezzo nel tempo o quello che diminuisce di prezzo? Prendete in considerazione i prezzi (approssimativi) di queste merci negli ultimi cento anni: il prezzo (potere d'acquisto) del dollaro è sceso del 94,34%, quello della corona svedese del 96,61%, quello del dollaro canadese del 94,05%, quello della sterlina britannica del 97,08%. Nello stesso arco di tempo il prezzo spot dell'argento è salito del 3033% e il prezzo spot dell'oro è salito dell'8591%. Va notato che i prezzi dell'oro e dell'argento aumentano a causa dell'inflazione monetaria, così come qualsiasi altra merce. Tuttavia, in termini di misurazione dell'IPC, i due metalli fungono da "copertura contro l'inflazione". I metalli preziosi sono stati apprezzati per migliaia di anni per i loro vantaggi monetari, la bellezza e gli scopi industriali; il denaro fiat è "apprezzato" perché è l'unica opzione legale come forma di denaro e perché la maggior parte delle persone non comprende l'economia di base.
Inutile dire che l'era Volcker ha dimostrato che la "stagflazione" è una bestia testarda una volta che si insinua nella struttura dei prezzi dell'economia. Ecco perché la dichiarazione della Pepsi la settimana scorsa dovrebbe essere un monito per il futuro. Il gigante delle bevande analcoliche ha dichiarato di prevedere una crescita dei ricavi del 12% per il 2022... sulla scia di un aumento del 17% del prezzo medio su tutti i suoi prodotti!
In breve, la stagflazione è già qui. Dal momento che le banche centrali saranno "impegnate" a domare il lato dei prezzi dell'equazione, anche se la produzione reale vacilla per mesi e anni a venire, dubito seriamente che la contrazione economica sarà descritta nei libri di storia come una “lieve recessione”.
Così com'è crollato, anche a livello ufficiale, il mito della Curva di Phillips, crollerà anche quello riguardante l'equazione dello scambio e il suo corollario legato alla velocità del denaro. Il seguente grafico dice tutto: nonostante il parametro più basso di sempre, l'inflazione dei prezzi è ai massimi storici. Mises aveva ragione perché Say aveva ragione: il denaro è sempre di qualcuno, non "circola", per questo è primario il mezzo di pagamento (beni) e secondario il mezzo di scambio (denaro). Una deformazione artificiale della struttura di produzione e dei relativi segnali informativi (prezzi) distrugge la capacità degli individui di accumulare ricchezza reale e di conseguenza generare potere d'acquisto, mostrando l'utilità reale del denaro scoperto: zero.
RispondiEliminaI prezzi sono il risultato di scopi diversi e quindi di una diversa importanza che gli attori di mercato attribuiscono ai mezzi. Il fatto che la cosiddetta velocità sia 3 o qualsiasi altro numero non ha nulla a che fare con i prezzi e il potere d'acquisto del denaro in quanto tale. Sono le azioni propositive degli individui a determinare i prezzi delle merci e non la velocità del denaro.