Bibliografia

venerdì 2 settembre 2022

Quanto è realistica la strategia di targeting del PIL?

 

 

di Alasdair Macleod

Il fallimento della Banca d'Inghilterra nel contenere l'inflazione dei prezzi al consumo è diventato un argomento di dibattito molto caldo in un momento di cambiamento di premiership. Si pensa che Liz Truss riuscirà a mettere una pezza a questo fallimento se sarà eletta Primo Ministro.

Si dice che prenderà in considerazione la possibilità di modificare il mandato della BoE di prendere come riferimento la crescita del PIL nominale, che a differenzia dall'obiettivo d'inflazione significa avere un occhio sia sul PIL nominale che sui prezzi al consumo. I sostenitori del targeting del PIL pensano che sia più facile raggiungere questo obiettivo e lasciare che l'inflazione si occupi di sé stessa. Sebbene questo dibattito sia attualmente limitato al Regno Unito, non sorprendetevi se emergerà anche altrove.

Gli errori dietro questa linea di pensiero sono fatali. Non solo un'istituzione che non è riuscita a gestire l'inflazione dovrebbe invece gestire con (presunto) successo i risultati del PIL, ma vi sono prove che la Banca d'Inghilterra non sia a conoscenza di cosa rappresenti effettivamente il PIL.

Oltre ai fallimenti istituzionali, questo articolo spiega perché il targeting del PIL è destinato a fallire.


Introduzione

Si dice che Liz Truss, che sembra sempre più probabile che diventi il prossimo Primo Ministro, stia valutando la possibilità di cambiare il mandato della Banca d'Inghilterra dal target dell'inflazione al target della crescita del PIL nominale.

Il PIL non rappresenta la crescita economica, come erroneamente affermato da quasi tutti gli economisti e media generalisti, ma crescita del credito bancario speso per quegli elementi inclusi nell'indice dei prezzi al consumo. Se si potesse gestirlo efficacemente, dalla sola teoria monetaria ne conseguirebbe un maggiore controllo sul livello generale dei prezzi piuttosto che la necessità di controllare sia la crescita economica, rappresentata dalla piena occupazione, sia a un tasso d'inflazione al 2%.

Ci sono due condizioni necessarie per soddisfare il concetto: l'effettiva capacità di gestire il PIL nominale e la validità della teoria monetaria su cui si basa questo obiettivo. Il targeting del PIL presuppone che si possa indirizzare le banche ad abbandonare i fattori che guidano un ciclo del credito bancario. Poiché i cambiamenti nel credito bancario derivano dall'interazione tra i cambiamenti nella domanda di credito e la psicologia della stessa coorte bancaria che alterna l'avidità di profitto e la paura delle perdite, in pratica il targeting del PIL è praticamente impossibile.

Inoltre il PIL è solo una parte dell'economia, il resto, verso cui fluisce anche il credito bancario, sono flussi in attività, sia finanziarie che non finanziarie. Il targeting del PIL richiederebbe la nazionalizzazione del sistema bancario e il totale controllo statale sull'allocazione del credito. Ma ciò porterebbe con sé una miriade di altre difficoltà, racchiuse nel fallimento del comunismo.

La seconda condizione è la rilevanza della teoria monetaria nel determinare il rapporto tra la quantità di credito e il livello generale dei prezzi. Sappiamo tutti che se si aumenta la quantità di qualcosa ne si diluisce l'effetto e ciò che avviene meccanicamente deve valere anche per denaro, valuta e credito. Ma qui non stiamo parlando di qualcosa di fisico, come il rapporto tra candeggina e acqua, e l'effetto biocida. Quando si parla di economia, c'è una considerazione umana prevalente. Ad esempio, tra il 1944 e il 1971 con l'accordo di Bretton Woods si ebbe un aumento sostanziale della quantità di denaro in dollari e credito: il denaro ufficiale, cioè le monete d'oro e d'argento, non circolava affatto. Tuttavia, in tali condizioni, i prezzi in dollari rimasero notevolmente stabili.

Quando gli americani optarono per l'instabilità della propria valuta abbandonando il suo tenue legame con l'oro, i prezzi dell'oro sono rimasti relativamente stabili e il dollaro ha adottato un'allarmante instabilità dei prezzi. Il grafico seguente illustra il punto con i prezzi del petrolio, ma lo si potrebbe fare prendendo come esempio anche altre materie prime.

Questo non vuol dire che il petrolio, valutato in oro, non abbia mantenuto una certa volatilità dopo Bretton Woods, ma le prove sono evidenti: il monetarismo non è la risposta alla relazione tra credito bancario e prezzi nel lungo termine.

Finora non abbiamo nemmeno iniziato a considerare il meccanismo attraverso il quale si potrebbe gestire il controllo sul PIL. L'intenzione alla base del targeting del PIL è quella di dare alla Banca d'Inghilterra un nuovo mandato piuttosto che eliminarlo, ma la BoE ha già miseramente fallito nel controllare l'inflazione dei prezzi e darle un nuovo mandato non cambierà il risultato.

Gli unici strumenti della BoE sono l'impostazione dei tassi d'interesse e, negli ultimi anni, l'acquisto e la vendita di bond sovrani inglesi; venderli finora è stato solo in teoria.


Spesa pubblica e PIL

Durante la crisi sanitaria, la spesa pubblica del Regno Unito è salita alle stelle a circa il 50% del PIL, anche se da allora è scesa a una cifra stimata del 43% nell'anno fiscale in corso (fino al 5 aprile 2023). La metà è rappresentata da spese del governo e quando si prende di mira il PIL è estremamente importante decidere come trattare con questa parte della spesa pubblica.

Gli economisti mainstream sostengono che la spesa pubblica è importante in termini economici e che la crescita del PIL debba includerla, ma essendo imposte le tasse esse riducono i consumi dei consumatori sostituendoli con servizi non richiesti volontariamente. La spesa pubblica è un onere per l'attività economica complessiva e una gestione economica di successo consiste nel concentrarsi sul settore privato eliminando il più possibile l'ingerenza dello stato. Invece il modo più semplice per rafforzare il PIL è che lo stato aumenti la spesa finanziata attraverso l'inflazione.

Questo porta a una divergenza d'interessi. Mentre i due candidati alla carica di Primo Ministro stanno avanzando proposte per ridurre la presenza dello stato nell'economia totale, la riduzione del PIL che ciò comporta indebolirà la strategia di targeting del PIL. Questo punto deve essere spiegato a una coorte scettica di economisti e commentatori dell'establishment.

Inoltre il nuovo Primo Ministro deve essere pronto a imporre tagli alla spesa su un gabinetto di ministri i cui obiettivi predefiniti sono il mantenimento dei fondi per i vari dipartimenti statali. La maggior parte dei primi ministri conservatori è stata nominata per il proprio zelo nel voler ridurre spese e burocrazia, ma ci sarà pure una ragione se non ci riescono mai.

Inoltre anche gli economisti di organizzazioni sovranazionali come l'FMI e l'OCSE non fanno distinzione tra il PIL rappresentato dallo stato e quello rappresentato dal settore privato. In altre parole, suddetti economisti devono essere confutati così come quelli negli establishment nazionali.

Nell'attuale contesto economico, ridurre la spesa pubblica non sarà un compito semplice. Oltre ai ministeri ad alta spesa come quello della salute, dell'istruzione e della difesa che richiedono sempre fondi maggiori, c'è il problema dell'inflazione dei prezzi che porta ai disordini dei dipendenti nel settore pubblico. È probabile che la popolazione simpatizzi con medici, infermieri e insegnanti i cui stipendi stanno rapidamente perdendo potere d'acquisto. Anzi, vediamo già richieste di fare qualcosa riguardo i prezzi dell'energia, con i media generalisti per niente solidali con le difficoltà inflitte ai poveri da politiche monetarie e geopolitiche irresponsabili, ma anche fermamente convinti che sia responsabilità dello stato metterci una pezza.

La Gran Bretagna sta entrando in una recessione con tassi d'interesse più elevati e quindi rendimenti obbligazionari e interessi sul debito più alti. Il governo inglese deve affrontare aumenti di spesa per il credito, i servizi sociali, l'assistenza sociale e le pensioni. La lezione dell'ultima contrazione del ciclo del credito bancario ha mostrato che la spesa pubblica in percentuale del PIL è passata dal 36% nel 2006/07 al 40,8% nel 2010/11. Con questa contrazione del credito che minaccia di essere significativamente più dirompente dell'ultima, la quota del PIL rappresentata dallo stato potrebbe facilmente superare il 50% nel prossimo anno fiscale.

Sia al Tesoro inglese che alla Banca d'Inghilterra sembrano ignoranti riguardo l'esistenza del ciclo del credito bancario. Formulare una linea di politica, quindi, sia che si tratti d'inflazione dei prezzi al consumo o del PIL, senza questa conoscenza di base, è a dir poco da irresponsabili. Contro tutte queste difficoltà, il targeting del PIL come mezzo di gestione dell'economia quasi certamente fallirà.


Perché la politica dei tassi d'interesse è fallimentare

L'assunto neokeynesiano adottato dalle banche centrali è che i tassi d'interesse rappresentano il "prezzo" del denaro attraverso il quale la domanda può essere "gestita". Ciò è in contrasto con la teoria della preferenza temporale, la quale postula che i tassi d'interesse riflettono lo sconto applicato al valore corrente del denaro per la perdita del suo possesso, fino al suo eventuale ritorno. Fattori aggiuntivi alla perdita del suo utilizzo sono il rischio che non possa essere restituito e le variazioni nel suo potere d'acquisto.

Dopo l'aumento del tasso sui prestiti della scorsa settimana all'1,75%, Andrew Bailey, il governatore della BoE, ha dichiarato che l'inflazione dei prezzi al consumo potrebbe raggiungere il 13,3% entro la fine dell'anno. Se ciò è vero, il tasso di prestito overnight della BoE è troppo basso. Ma anche questa è una metrica sbagliata, dopotutto la valuta, sotto forma di banconote che come il denaro overnight è una passività della BoE, non rende nulla. I tassi da considerare per il confronto delle preferenze temporali sono i rendimenti delle obbligazioni sovrane, lungo la curva dei rendimenti. I bond inglesi a un anno rendono il 2,06%. Ignorando il rischio di controparte e la perdita di possesso che ne consegue, dovrebbe risultare più vicino al 13%, essendo il tasso di variazione dell'IPC atteso dalla BoE.

Se solo fosse così semplice... ma possiamo affermare con sicurezza che i rendimenti dei bond inglesi dovrebbero essere significativamente più alti di quelli attuali. Il fatto che siano così repressi e tuttavia l'economia non sembri in piena espansione è un triste atto d'accusa alla politica monetaria. La correlazione tra i tassi d'interesse, in quanto regolatori della domanda di credito, e il mercato del credito è inesistente e ciò è confermato dal seguente grafico.

I tassi d'interesse non possono essere il "prezzo" del denaro, altrimenti le loro variazioni overnight genererebbero i cambiamenti direzionali opposti nell'offerta di denaro. Pertanto i tassi d'interesse possono riflettere solo la preferenza temporale. Avendo distorto i tassi d'interesse alla ricerca della linea di politica sbagliata, non solo essi falliranno come strumento per gestire il PIL, ma per le stesse ragioni continueranno a non riuscire a controllare i prezzi al consumo.


Anche la gestione dell'economia attraverso il mercato obbligazionario è fallimentare

Oltre ai tassi d'interesse, l'altro principale strumento di politica monetaria è il quantitative easing e il tightening. Acquistando obbligazioni sovrane, la Banca d'Inghilterra inietta valuta sotto forma di credito bancario nei portafogli dei venditori, principalmente fondi pensione e compagnie assicurative. L'intenzione è che questo credito venga trasferito ad altre parti quando il credito viene poi reinvestito. Si tratta di un meccanismo di sostegno inflazionistico ai mercati.

Le banche centrali non solo vedono il quantitative easing come un mezzo per stimolare la fiducia nei mercati finanziari, ma abbassano i costi di finanziamento per i loro governi. E sopprimendo i rendimenti lungo la curva, lo vedono anche come un mezzo di ulteriore stimolo una volta che i tassi d'interesse avranno raggiunto il loro limite inferiore.

I policymaker si aspettano di essere in grado di regolare la crescita del PIL mediante operazioni nel mercato delle obbligazioni sovrane, acquistandole quando il PIL deve essere aumentato e vendendole quando supera l'obiettivo. Ma poiché gli asset finanziari sono esclusi dalle misure del PIL e dell'IPC, qualsiasi variazione del credito bancario totale derivante dalle operazioni di mercato della BoE influirà solo indirettamente su queste metriche.

La Banca d'Inghilterra ha acquistato un totale di £895 miliardi in obbligazioni sovrane lo scorso anno, poi ha avviato un quantitative tightening consentendo alle sue partecipazioni di maturare, nonché vendendo quantità minori di obbligazioni societarie acquistate come parte del QE post-Lehman. E lo scorso maggio la BoE ha chiesto al proprio personale di lavorare su una strategia di vendita concreta di alcuni dei Gilt in suo possesso.

Tutto il QE viene trasmesso attraverso il credito bancario e al suo apice rappresentava oltre il 25% di M3. Il targeting del PIL, e la maggior parte degli analisti concorda sul fatto che quest'ultimo stia iniziando a scendere, richiederebbe l'abbandono del quantitative tightening e la reintroduzione del QE al suo posto.


La recessione incalzante

Comprendere che il PIL è solo la somma totale del credito bancario distribuito in articoli di consumo idonei, ci spiega perché il PIL nel Regno Unito si stia già contraendo in alcune categorie di prestito, come i settori manifatturiero, all'ingrosso e al dettaglio. I bilanci delle banche sono molto indebitati, in parte a causa dell'impatto sui margini di prestito dei tassi d'interesse soppressi e in parte a causa del debito contratto dalle imprese a causa dei lockdown. La soppressione dei tassi d'interesse inizia a svanire e l'epidemia Covid è passata, pertanto per i banchieri le attuali prospettive economiche sono sempre più terribili e, a meno che non agiscano rapidamente per ridurre la loro esposizione a un'economia in contrazione, i loro azionisti rischiano di essere spazzati via.

Non c'è dubbio che il ciclo dei prestiti bancari stia rallentando e anche se il Comitato di politica monetaria della BoE prevede un aumento del 13,3% dei prezzi al consumo, analisti finanziari indipendenti parlano di recessione e l'aumento dei prezzi sta rapidamente scendendo a livelli più moderati. Inoltre i rendimenti dei bond inglesi sono scesi di recente, con il rendimento del decennale che è sceso dal 2,67% a fine giugno all'1,96% attuale. Nelle ultime settimane il calo dei rendimenti dei titoli di stato è stato un fenomeno globale, cosa che riflette l'attuale calo dei prezzi del petrolio e delle materie prime.

A un certo livello, stiamo assistendo al ripetersi del discredito dell'economia keynesiana e forse della rinascita del monetarismo come già accaduto negli anni '70. Ma finora il Comitato di politica monetaria nei suoi verbali menziona di rado, se non mai, l'offerta di denaro. Questa è una grave omissione, perché il PIL, al di fuori del settore finanziario, non è inferiore al credito bancario e quest'ultimo, in una forma o nell'altra, costituisce il 97% del credito totale del Regno Unito, il resto sono banconote.


Contrazione del PIL o recessione: lo stesso fenomeno con nomi diversi

La contrazione del credito bancario arriva in un momento in cui i bilanci bancari sono i più indebitati nella storia. Con i tassi d'interesse in aumento, le banche ridurranno la loro esposizione ai prestiti sia ai settori finanziari che non finanziari per paura di subire perdite. Non solo ci sarà una crescente pressione sulle banche e su coloro a cui hanno prestato per liquidare asset finanziari, ma è probabile che il crescente livello di fallimenti aziendali applichi ulteriori pressioni ad una contrazione del credito bancario.

Per fare alcune stime molto approssimative dell'effetto sul PIL del Regno Unito, immaginiamo per un momento che non ci sia una crisi bancaria, uno shock esogeno o endogeno. Riportare a livelli più conservativi il rapporto tra credito bancario e capitale sociale richiede una contrazione del credito bancario compresa tra un terzo e la metà. Ciò porterebbe il rapporto tra patrimonio medio e patrimonio netto per una G-SIB britannica a un valore più normale tra sette e dieci volte. La riduzione del credito sarebbe suddivisa tra credito per operazioni estere, attività finanziarie (compresi i mutui) e la parte di economia nazionale interessata. Il PIL risente direttamente della contrazione del credito dall'economia domestica, con effetti a catena per le altre due categorie. Ciò comporterebbe una contrazione iniziale del PIL nominale compresa tra il dieci e il quindici percento, senza eventuali ricadute della contrazione del credito sui mercati finanziari e sui mutui.

Anche nell'ultima flessione del credito durante e dopo la crisi della Lehman, il PIL nominale del Regno Unito non si è contratto così tanto: solo del due o tre percento, come mostrato nel grafico sopra. Indubbiamente sarebbe stata maggiore se non fosse stato per l'intervento della Banca d'Inghilterra attraverso il suo primo giro di QE, ma questo è stato solo un effetto iniziale.

Dalla metà degli anni ottanta, la crescente cartolarizzazione e finanziarizzazione dell'economia britannica ha portato le banche a fare affidamento più di quanto non facessero in passato sui valori degli asset finanziari per le loro attività in bilancio e per le garanzie fornite a fronte dei prestiti. L'aumento dei rendimenti obbligazionari indebolirà questi valori, costringendo le banche a continuare a ritirare il credito. Non c'è dubbio che la Banca d'Inghilterra dovrà ricorrere al QE su una scala molto più ampia di quanto visto finora e solo per fermare la contrazione del PIL.

Queste condizioni sono globali e quasi certamente porteranno a una crisi bancaria, se non originata nel Regno Unito probabilmente nell'Eurosistema o in Giappone, dove l'indebitamento delle banche d'importanza sistemica è al massimo storico. Ma in quanto centro finanziario internazionale non statunitense, Londra e le sue banche finiranno nell'occhio del ciclone e pertanto ci saranno due difficoltà politiche che la Banca d'Inghilterra dovrà affrontare. La prima sarà come rafforzare il PIL nominale, mentre per la seconda c'è poca scelta: la BoE deve essere pronta a salvare l'intero sistema bancario britannico.

È qui che i modelli keynesiani e monetaristi sono particolarmente sbagliati nelle loro ipotesi di risultati meccanici. Nella loro interpretazione dello stallo del PIL, i keynesiani presumono che il calo della domanda dei consumatori porterà a un calo dei prezzi al consumo, cosa che secondo loro deve essere evitata a tutti i costi con un nuovo stimolo. I monetaristi esprimono lo stesso concetto parlando però di contrazione del credito bancario, per loro misurato in offerta di denaro. Il loro rimedio è favorire l'espansione monetaria a un ritmo moderato per compensare la deflazione. Entrambi gli argomenti portano a previsioni di tassi d'interesse in calo, concludendo che rialzarli ora è un errore.

In entrambi gli approcci manca l'elemento umano.

I prezzi non sono collegati meccanicamente a valuta e credito, un fatto ampiamente dimostrato nel grafico sopra: durante gli accordi di Bretton Woods i prezzi erano stabili nonostante la massiccia espansione del credito sin dal dopoguerra. Dopo Bretton Woods sono state le valute fiat a diventare instabili piuttosto che le materie prime, in assenza dell'oro a copertura del dollaro.

Con il potere d'acquisto delle valute fiat già in calo, la sostituzione del credito del sistema bancario commerciale con il credito originato dal sistema bancario centrale sarà giudicata dai mercati come una rinnovata accelerazione della svalutazione monetaria. La fiducia della popolazione nelle valute fiat quasi certamente diminuirà ulteriormente e assisteremo ad aumenti dei prezzi in qualsiasi cosa, dalle materie prime ai beni di consumo. Riflettendo la preferenza temporale, anche i tassi d'interesse e i rendimenti obbligazionari saliranno ulteriormente, sconfessando le tesi keynesiane e monetariste.

Il precedente storico è il disastro di John Law, il proto-keynesiano che rovinò la Francia con la sua bolla Mississippi. Quando uno schema che utilizza il credito in valuta fiat per favorire una bolla finanziaria fallisce, è la valuta che viene demolita. Le banche centrali hanno seguito una copia carbone dello schema di Law sin dal crollo della bolla dot-com, se non prima.

È sempre più difficile vedere come questo risultato possa essere evitato oggi. Oltre alle difficoltà di controllare i livelli del PIL, ci sono crescenti pressioni sia sull'energia che sulle forniture alimentari, le quali minacciano di impoverire non solo gli inglesi. I ministri del governo inglese saranno costretti a rispondere, il che porterà inevitabilmente a una maggiore spesa pubblica in deficit.


Conclusione

I tentativi di spostare i paletti della Banca d'Inghilterra, dalla gestione dell'inflazione al PIL nominale, mostrano una mancanza di comprensione del motivo per cui la BoE ha fallito in modo nel controllare l'inflazione. Si tratta di errori di policy, condivisi anche dalle altre principali banche centrali e sanciti dal pensiero di gruppo.

Dalla lettura dei verbali delle sue riunioni, risulta chiaro che il Comitato di politica monetaria non comprende il credito. Raramente, se non mai, menziona le tendenze nell'offerta di denaro come un fattore che ne contribuisce alla perdita del potere d'acquisto. Non è esagerato affermare che il Comitato non riesce a capire che l'aumento dei prezzi è la manifestazione del potere d'acquisto in calo della valuta.

Ma soprattutto, la BoE non comprende la relazione tra offerta di denaro più ampia e PIL, né comprende che ci sia un ciclo del credito bancario, e nelle condizioni attuali che il rapporto tra patrimonio bancario e patrimonio netto è fuori scala. Le conseguenze dell'aumento dei tassi d'interesse, che sono sfuggiti al controllo repressivo della BoE, porteranno sicuramente a una riduzione del credito bancario e a una rapida escalation dei rischi sistemici per le controparti britanniche nell'Eurosistema e giapponesi, entrambe con un rapporto tra asset/equity, in media, di venti volte.

Il problema di fondo che la BoE deve affrontare è che il lungo periodo di finanziarizzazione dell'economia britannica, originato dal big bang londinese nella metà degli anni '80, è terminato. Tutti i commenti degli economisti mainstream non riescono a riconoscere questo cambiamento e le relative implicazioni. I fattori della domanda di credito che hanno contribuito a sostenere il potere d'acquisto della sterlina, insieme a quello delle altre principali valute fiat, non trovano più applicazione. Invece suddetti economisti persistono con le loro manie keynesiane del passato; economisti, strateghi degli investimenti e gestori degli investimenti vivono nella speranza che l'inflazione scompaia e che gli aumenti dei tassi d'interesse finiscano non molto al di sopra dei livelli attuali prima di tornare a scendere. La speranza non può essere la base per prevedere i risultati economici.

Queste stesse persone sarebbero quelle che gestiscono e osservano i tentativi di raggiungere i risultati del PIL. Non avendo rispettato il loro obiettivo per quanto riguarda l'inflazione, non ci sono prove che avrebbero più successo se i loro paletti fossero spostati. Il fallimento è che la gestione statale dei risultati si limita a rinviare e accumulare problemi per il futuro.

La soluzione è dimenticare il targeting del PIL. Molto meglio riformare il rapporto tra istituzioni dello stato e mercati, il che significa imepdire del tutto alla BoE di gestire i risultati economici.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


1 commento:

  1. L'inflazione è la crescita dell'offerta di denaro e questo punto ancora fa fatica a permeare la mente della maggior parte delle persone. Per non parlare del fatto che si fa ancora più fatica a comprendere la relazione coi prezzi. La trasmissione del cambiamento nell'offerta di denaro ha un certo ritardo temporale. L'aumento generale dei prezzi è causato dall'aumento dell'offerta di denaro e il danno che la maggior parte delle persone attribuisce all'aumento dei prezzi è infatti dovuto all'aumento dell'offerta di denaro. Di conseguenza quelle misure che mirano a contrastare l'inflazione, senza identificare di cosa si tratta, non fanno altro che peggiorare le cose. Il picco nell'offerta di denaro c'è stato tra gennaio e febbraio, quindi gli effetti sui prezzi devono ancora manifestarsi nella loro interezza.

    Non solo, ma secondo il mainstream se un aumento dell'offerta di denaro è accompagnato dall'aumento della produzione di beni, allora non c'è aumento dei prezzi generali. Questo è un errore, poiché l'inflazione c'è già stata (l'offerta di denaro è aumentata) e questo aumento non può essere annullato da un corrispondente aumento della produzione di beni e servizi. Se si verifica un aumento dell'offerta di denaro per un determinato stock di beni, ciò significa che più unità monetarie verranno scambiate con un determinato stock di beni, a parità di tutte le altre condizioni. Il potere d'acquisto del denaro diminuirà man mano che i prezzi dei beni saliranno (più denaro per unità di beni). Il problema fondamentale dell'inflazione è che mette in moto il ciclo boom/bust, indipendentemente dall'aumento dell'offerta di beni. L'effetto, l'inflazione dei prezzi, è il processo attraverso il quale le forze di mercato tentato di riequilibrare le cose indirizzando le scelte degli individui verso processi realmente sostenibili e impediscono ulteriormente l'accesso al bacino della ricchezza reale a tutte quelle realtà che hanno goduto della manna fornita dall'aumento artificiale dell'offerta di denaro.

    L'inflazione dei prezzi in Europa, quindi, non ha smesso di salire, almeno non finché l'aumento dell'offerta di denaro non sarà completamente sterilizzato.

    RispondiElimina