di Alasdair Macleod
I sostenitori del denaro sano e onesto attribuiscono gran parte della colpa dell'inflazione al credito bancario. Eliminate la creazione di credito bancario, dicono, e scomparirà il ciclo distruttivo di boom/bust. Ma questa soluzione è pratica ed è il vero problema dell'inflazione?
Può essere un fatto scomodo, ma i prezzi delle materie prime si dimostrano molto più volatili in un sistema monetario fiat rispetto a uno sano/onesto.
Comprendere il credito bancario ha una rilevanza più cruciale che mai, dato che questo ciclo di espansione sembra volgere al termine e il mondo fiat si avvia verso una contrazione. Questo articolo descrive in dettaglio come viene creato il credito bancario, come si è evoluto e il suo ruolo nel favorire il progresso economico. Consideriamo l'alternativa delle banche di deposito, la loro storia e la loro praticità come sostituto del sistema bancario come lo conosciamo oggi.
Dobbiamo essere chiari sul fatto che esiste una differenza tra i cicli del credito bancario, che possono essere tollerati fintanto che sono moderati, e l'inflazione della valuta indotta dallo stato, che invece può portare a una perdita permanente del potere d'acquisto della valuta fiat.
Su questo tema gli economisti keynesiani e Austriaci sono fondamentalmente in disaccordo. La conclusione di questo articolo è che il credito bancario è economicamente vantaggioso, una forza trainante per il progresso economico, ma è l'intervento statale, in una forma o nell'altra, che lo ha reso inutilmente distruttivo.
Il credito bancario è fondamentale per il nostro sistema monetario
"Il denaro è l'oro e nient'altro; tutto il resto è credito". Queste parole furono pronunciate da John Pierpont Morgan nella sua testimonianza davanti al Congresso nel 1912, ma è il credito che ci interessa oggi. Ufficialmente si presenta in due forme: ci sono le banconote e sono una passività di chi le emette, comparendo nel bilancio di una banca centrale in quanto tali; e poi c'è il credito bancario, la passività delle banche commerciali sotto forma di depositi dei clienti, assegni o conti correnti. Ufficiosamente esiste anche il sistema bancario ombra e ulteriori crediti che non vengono registrati tra individui.
Il credito tra gli individui è un importante fattore economico. Un padre potrebbe dire a suo figlio, o sua figlia, che gli finanzierà l'università; questo è credito. Un negozio potrebbe offrire una linea di credito a clienti stimati, consentendo loro di pagare mensilmente o addirittura trimestralmente, anziché al momento della spesa. I grossisti offrono ai rivenditori la possibilità di pagare le merci un mese dopo la consegna, o anche di più; questo è credito. Gli esempi nella nostra vita quotidiana sono numerosi e questi accordi informali, o non bancari, sono una parte importante della società, ungendo le ruote delle relazioni personali e commerciali. Tutto questo non viene registrato nelle statistiche monetarie. Data l'ubiquità del credito, sarebbe giusto vietare del tutto alle banche di creare credito a vantaggio dell'ambiente commerciale?
L'intera economia ruota attorno al credito. In conformità con la Legge di Gresham, le persone accumulano monete d'oro e spendono valuta e depositi. La moneta d'oro non circola, nemmeno con un gold standard, perché le persone si rendono conto che è denaro superiore alle banconote e ai depositi di denaro. L'oro serve solo come supporto al credito: banconote e conti di deposito.
Finora possiamo essere d'accordo che c'è poco di controverso in queste affermazioni. Quando approfondiamo il tema, però, ecco che sorgono i disaccordi. L'oro non dovrebbe più far parte di un sistema monetario moderno, sostengono i neo-keynesiani e la maggior parte dei monetaristi. L'espansione del credito è la fonte dei nostri problemi, sostengono altri, in particolare gli Austriaci.
La tradizione Austriaca è esemplificata dagli scritti di Ludwig von Mises e Friedrich von Hayek. Mises osservò gli effetti dell'inflazione in Europa dopo la prima guerra mondiale, e in particolare nella sua nativa Austria. Capì perché la corona crollò e conosceva il rimedio. Da allora scrisse molto sul ciclo economico, o commerciale, indubbiamente causato da un ciclo di espansione del credito bancario e successiva contrazione. Ma in tutti i suoi scritti, che raggiungono collettivamente oltre 7.000 pagine, menziona poco il "credito bancario". Ho contato solo diciannove riferimenti, alcuni dei quali sono nei riepiloghi e note a piè di pagina.
Tipica la sua conferenza al Congresso di Vienna alla Camera di Commercio Internazionale del maggio 1933, quando affermò che “la causa del deprezzamento del tasso di cambio è sempre da ricercarsi nell'inflazione, e l'unico rimedio per combatterla è una restrizione dei mezzi fiduciari e del credito bancario”. Mises, ovviamente, aveva ragione, ma da nessuna parte nei suoi commenti, per quanto possa vedere, raccomanda un divieto totale del credito bancario; solo il suo contenimento.
Hayek ideò un triangolo per illustrare ai suoi studenti le conseguenze di un abbassamento artificiale dei tassi d'interesse, la conseguenza dell'espansione del credito. Ancora una volta, è logico per i seguaci di questi grandi uomini concludere che il credito debba essere bandito se si vuole preservare il potere d'acquisto del denaro. Ma dobbiamo riconoscere che un crollo monetario dovuto a una continua e accelerata svalutazione, come quello che afflisse l'Austria nel 1922, è una questione completamente diversa da un ciclo del credito bancario.
Lo scopo di questo articolo è vedere se è possibile vietare il credito bancario. La tempistica è propizia, dal momento che siamo sull'orlo dell'ennesimo crollo indotto dal sistema bancario centrale, questa volta di una proporzione tale da minacciare il futuro dell'attività bancaria stessa. Se l'espansione del credito bancario ha un ruolo economico giustificabile, la sua sostituzione potrebbe risultare una cattiva scelta, in particolare se lo stato prende l'iniziativa e crea un sistema bancario diverso. Se lo dovesse fare, possiamo essere sicuri che sarebbe progettato per servire lo stato più che l'economia produttiva.
Esiste un'alternativa pratica al credito bancario?
I neo-Austriaci hanno avanzato una proposta semplice: la fine del credito bancario con la divisione delle varie banche in banche di deposito (le quali agirebbero come custodi e i depositi rimarrebbero di proprietà dei depositanti) e banche finanziarie (le quali distribuirebbero i risparmi a quelle imprese che necessitano di capitale d'investimento). Il mondo si libererebbe dal credito bancario e da tutti i problemi che ha creato.
Prima di affrontare l'argomento vero e proprio, dovremmo chiederci se questo è il vero problema. Cicli di espansione e contrazione del credito bancario esistono da quando abbiamo prove statistiche, eppure siamo ancora qui e abbiamo un tenore di vita migliore rispetto ai nostri antenati. Il grafico seguente mostra le conseguenze per il potere d'acquisto della sterlina con un gold standard: la sovrana d'oro nel Regno Unito, dove il circolante era dominato dal credito bancario.
Con un ritardo temporale, l'effetto sui prezzi da parte delle variazioni del credito bancario nell'ambito di un gold standard portò a fluttuazioni significative nel livello generale dei prezzi, conseguenza dell'espansione e della successiva contrazione del credito bancario: boom/bust. Il periodo di tempo in cui i banchieri sembrano dimenticare le conseguenze di un'eccessiva espansione del credito è di circa dieci anni, una periodicità che vale ancora oggi.
Nel diciannovesimo secolo la politica economica era sostanzialmente quella di farsi gli affari propri e di lasciare che gli eventi facessero il loro corso. È interessante notare che queste fluttuazioni diminuirono nel corso del secolo, durante il quale la tendenza di fondo del credito bancario si ampliò notevolmente grazie alla ricchezza collettiva, al commercio e al progresso tecnologico. La crescente sofisticatezza finanziaria dei mercati del credito stava avendo un effetto benefico, in particolare in seguito al Bank Charter Act del 1844 che nella sua formulazione ometteva di riconoscere il potenziale del credito bancario di destabilizzare la valuta coperta dall'oro.
Pertanto è lecito porsi una domanda: le fluttuazioni del credito bancario sono il male come ritengono i neo-Austriaci? Potrebbe essere che il male più grande siano gli sforzi delle banche centrali d'intervenire: quei tentativi di gestire la domanda di credito bancario attraverso la manipolazione dei tassi d'interesse dalla fine degli anni '20 in poi? Se sì, allora la soluzione preferita dai neo-Austriaci non è un rimedio così urgente, ma questo ha comunque portato molti di loro a raccomandare le banche di deposito in sostituzione alle banche che si occupano di credito.
Il problema con le banche di deposito
La praticità di vietare il credito bancario raramente viene presa in considerazione. Sotto forma sia di banconote che di depositi, è il 100% del circolante e le banconote emesse dalla Banca d'Inghilterra rappresentano meno del 3% del totale, il resto è finanziato dal credito bancario. Negli Stati Uniti le banconote della Federal Reserve rappresentano il 10% del totale, con quantità significative che circolano al di fuori degli Stati Uniti. Pertanto uno spostamento verso banche che agirebbero come custodi eliminerebbe quasi tutto il circolante e ciò significherebbe un crollo del PIL, che non è “l'economia” come erroneamente supposto, bensì il totale delle operazioni registrate nel credito. Nessun credito, nessuna transazione.
In passato le banche vennero costruite sul deposito a Venezia, Amsterdam e Norimberga tra gli altri posti. Piccoli di per sé, questi luoghi erano i centri del commercio estero e circolavano grandi quantità di monete straniere di ogni tipo e denominazione, per lo più usurate e tagliate. Per rimediare all'inconveniente, le autorità di quelle città istituirono banche di deposito in cui i mercanti versavano monete da ogni parte. I conti dei commercianti venivano accreditati con i proventi dei lingotti valutati in base al peso e i depositanti avevano il diritto di ritirare nuova moneta su richiesta.
Tali banche dichiaravano di conservare nei loro caveau tutte le monete e i lingotti depositati, ma convertiti in monete standard. I commercianti con conti in queste banche dovevano pagare i costi di custodia. Una comodità era sostituita da un altro inconveniente. E nonostante la santità della loro missione senza scopo di lucro, le banche di deposito di Venezia e di Amsterdam alla fine anticiparono ingenti somme ai rispettivi governi che infine le portarono alla rovina.
Le lezioni del passato sono chiare: le banche di deposito hanno svolto una funzione specifica che oggi non è richiesta. Al giorno d'oggi il conio delle monete di metallo è una funzione della Zecca e possono essere conservate in cassette di sicurezza. Non abbiamo monete tagliate e anche se dovesse essere reintrodotto un gold standard, le monete circolerebbero di rado. La perdita degli interessi sul credito e i costi amministrativi sostenuti dai depositanti renderebbero le banche di deposito una proposta poco attraente.
Le banche di deposito non sono banche nel vero significato della parola, sono amministratori o custodi. E in assenza di credito bancario, accumulerebbero banconote e, in misura minore, monete metalliche. Le banconote sono crediti della banca centrale, indipendentemente dal fatto che siano scambiabili o meno con monete d'oro. Se gli istituti di deposito dovessero essere autorizzati come banche, forse potrebbero digitalizzare il processo, supportate da un conto presso la banca centrale invece di immagazzinare banconote.
Le banche di deposito non porrebbero quindi rimedio all'inflazione delle banconote, che probabilmente si espanderebbe enormemente per soddisfare l'assenza di credito bancario. E se la soluzione è depositare banconote su cui firmare assegni, allora questo equivale ad avere un conto bancario presso una banca centrale.
Non è questo ciò per cui sta lavorando la Banca dei Regolamenti Internazionali, con le valute digitali delle banche centrali? Un mondo senza banche commerciali? Il capitale del deposito bancario senza convertibilità in metallo è l'equivalente di una banca centrale che opera come banca di deposito in un ambiente monetario fiat. In sostanza, è la strada verso le valute digitali delle banche centrali.
Ma torniamo al concetto di deposito. Per quanto riguarda la distribuzione del risparmio, la cui origine non è il credito bancario, bisogna considerare l'effetto sui tassi d'interesse, ovvero il costo dell'indebitamento per le imprese che cercano di produrre beni e servizi. Non vi può essere dubbio che la forte contrazione del circolante dovuta all'assenza di credito bancario farebbe notevolmente salire i tassi d'interesse. Per dimostrare il perché, possiamo osservare come i tassi d'interesse siano cambiati quando la circolazione del credito è aumentata in un gold standard.
Prima dell'importazione di oro e argento dal Nuovo Mondo, le leggi sull'usura consentivano un tasso d'interesse comune in tutta Europa del 10% o più. Nel corso del XVI e XVII secolo, l'aumento della quantità di metallo permise un aumento degli scambi. Per fornire servizi associati, si svilupparono le strutture bancarie necessarie, in particolare dagli orafi londinesi a metà del diciassettesimo secolo. E con la moderna contabilità, in particolare il sistema della partita doppia, nacque la capacità degli orafi e successivamente delle banche di ampliare la quantità di credito offerta alla propria clientela. Questa espansione del credito significava che con l'espansione del commercio, aumentava anche il credito per facilitarlo. L'aumento delle quantità di credito comportava un calo del livello base dei tassi d'interesse, che a metà dell'Ottocento si attestò intorno al 3%.
Sebbene l'intero sistema creditizio fosse ancorato ai metalli (argento seguito prevalentemente dall'oro), l'espansione a lungo termine del credito bancario non riuscì a indebolirne il potere d'acquisto e non lo indebolì nemmeno il calo del livello dell'interesse di base. Il problema erano le fluttuazioni del tasso di espansione, non il credito stesso. Il credito bancario è infatti indispensabile. Non c'è dubbio che la contrazione del circolante farebbe salire i tassi d'interesse almeno ai livelli che esistevano prima degli orafi londinesi. Per evitare ciò, le banche centrali aumenterebbero l'emissione di banconote o porterebbero avanti le proprie valute digitali per compensare la perdita del credito bancario. La svalutazione della valuta non farebbe altro che accelerare.
L'importanza del credito per il commercio
In parole povere, l'evoluzione di beni o merci in genere progredisce verso il consumo attraverso le seguenti mani:
- Il coltivatore, il minatore, o l'importatore
- Il produttore
- Il grossista
- Il rivenditore
- Il cliente, o il consumatore
La catena delle classificazioni delle attività che producono beni per il consumatore non viene saldata fino a quando il consumatore non paga. Di conseguenza, in assenza di credito, queste imprese devono possedere i mezzi per pagarne i costi. Inoltre, ad ogni fase del processo, l'importo del capitale necessario per coprire i costi aumenta con il valore del prodotto. In pratica, pochissimi soggetti in questa catena hanno il capitale a disposizione per portarla avanti. Le nuove imprese vengono svantaggiate, poiché hanno ancora meno probabilità di avere il capitale richiesto in anticipo. Sarebbe catastrofico per qualsiasi economia che il commercio fosse così limitato.
Ci sono due soluzioni. La prima è che il coltivatore, il minatore, o l'importatore facciano credito al produttore e poi lui faccia lo stesso nei confronti del grossista e così via. Ma queste parti dovrebbero comunque possedere denaro sufficiente per coprire i propri costi, perché è improbabile che i loro fornitori considerino di anticipare crediti extra sui valori delle transazioni. I dipendenti, in particolare, vorranno essere pagati regolarmente e ben prima che il loro datore di lavoro abbia disponibilità di cassa. A parte i termini contrattuali che stabiliscono la scadenza del pagamento, questa soluzione di per sé non è pratica.
La seconda soluzione è disporre di linee di credito formali. Storicamente esistevano sotto forma di finanza commerciale, cambiali e accesso al credito bancario. Il denaro, in quanto tale, non viene mai utilizzato. Tutto il commercio è regolato tramite il credito.
Il pagamento del prodotto finale da parte del cliente viene soddisfatto mediante banconote o prelevando dai propri depositi in banca. Le banconote stanno diminuendo d'importanza, quindi il credito bancario è quello più gettonato. Il cliente ottiene questo credito attraverso i suoi guadagni come dipendente, o dai profitti della sua attività, pagatigli tramite trasferimento di credito bancario dal suo datore di lavoro o dai suoi clienti. Anche i dividendi e gli interessi sui suoi risparmi gli vengono pagati in credito bancario.
La teoria bancaria
Per capire come nasce il credito bancario è necessaria una comprensione dei meccanismi bancari. Le banche sono commercianti di credito: prendono credito e creano credito. Supponiamo che i clienti di un banchiere abbiano $1.000.000 sui loro conti. Questo denaro, o valuta, diventa di proprietà della banca. Il banchiere accredita la cifra sui conti dei clienti e, in termini legali, crea diritti di azione contro sé stesso che danno ai suoi clienti il diritto di richiedere indietro somme equivalenti in qualsiasi momento lo desiderino. Il suo bilancio quindi si presenta così:
Alcuni depositanti potrebbero voler prelevare fondi, per i quali il banchiere manterrà una riserva di contanti. Ma altri potrebbero voler aggiungere qualcosa ai propri conti e ancora più depositanti potrebbero aprirne di nuovi. In tempi normali, e tranquilli, l'esperienza di lunga data ha dimostrato che i saldi dei depositi dei clienti variano poco di giorno in giorno durante il normale svolgimento dell'attività. La vecchia regola pratica dell'epoca degli orafi londinesi era che i saldi dei depositi giornalieri variavano poco più di un trentaseiesimo del totale.
Per semplicità diremo che il banchiere trattiene un cuscinetto in contanti di $100.000. Questo gli lascia $900.000 da scambiare e con cui realizzare un profitto. Si suppone comunemente che un banchiere impieghi tale somma per concedere prestiti ai mutuatari. Non è corretto. Egli sosterrà invece che i $900.000 supporteranno passività diverse volte tale ammontare in credito. Il modo più semplice per illustrare il meccanismo è presumere che il banchiere acquisti cambiali commerciali. Supponiamo che le acquisti sul mercato a un tasso di sconto del quattro per cento; supponiamo inoltre che ne acquisti $5.000.000 al costo di $4.800.000. I suoi libri saranno quindi così:
Un banchiere compra cambiali commerciali, concede prestiti, investe anche in titoli finanziari con il proprio credito. Il saldo di $200.000 è di sua proprietà, o profitto. Con questo processo non ha guadagnato il 4% sui $900.000, ma il 4% sui $5.000.000 di cambiali che ha acquistato.
In pratica il mercato della commercial paper è molto liquido e non è necessario mantenerlo fino alla scadenza. Nel nostro esempio è necessaria una liquidità notevolmente inferiore per i prelievi sui depositi. E se la banca concede prestiti ai clienti invece di acquistare asset finanziari, ci si può aspettare che i margini siano maggiori.
Quindi, per sua natura, una banca è un commerciante di credito, emettendolo e riapgandolo a vista. E il credito della banca circola come se fosse denaro. Pertanto una banca non è, come si pensa, un'attività per prendere in prestito e concedere prestiti. È una fabbrica di credito. È letteralmente una licenza per stampare l'equivalente del denaro sotto forma di credito.
Il credito, non l'oro, ci ha dato la rivoluzione industriale
L'età d'oro dello sviluppo industriale venne raggiunta in un momento di adozione diffusa del gold standard. La Gran Bretagna lo adottò nel 1817 fino al 1914. Anche se l'argento era lo standard più diffuso, le prime monete d'oro in Inghilterra vennero emesse durante il regno di Edoardo VI, nel 1553. Il silver standard venne fissato da Guglielmo il Conquistatore nell'XI secolo.
Per molti secoli dopo la conquista, l'Inghilterra fu una potenza feudale e militare con una popolazione agricola. Le sue leggi erano quasi interamente feudali, relative al possesso della terra. I mercanti e il commercio erano tenuti in scarsa considerazione e il diritto commerciale non esisteva. Alla fine, durante il regno di Carlo II, gli uomini iniziarono a dedicarsi maggiormente all'industria e al commercio, e ciò fu possibile grazie allo sviluppo dell'attività bancaria.
L'invenzione del credito bancario emerse con gli orafi londinesi a metà del XVII secolo. Dall'immagazzinamento di lingotti, monete e oggetti di valore nacque un'attività redditizia per cui l'orafo avrebbe acquistato i beni di un depositante in cambio di una nota di credito (un diritto di azione contro sé stesso) rimborsabile a richiesta e la promessa che l'orafo avrebbe pagato il 6% d'interesse. L'orafo acquistava a credito lingotti e monete, che ha poi utilizzava per acquistare credito commerciale, che a quel tempo aveva un rendimento del 10%. Negoziando il proprio credito, scoprì presto che se questo era accettabile sul mercato, era in grado di acquistare multipli di cambiali a sconto: cambiali finanziarie, cambiali reali e cambiali di accomodamento che scadevano a brevi intervalli, consentendo così agli orafi di soddisfare i crediti dei depositanti e realizzare un profitto. Ciò consentì ai commercianti di trovare un mercato in cui avrebbero potuto convertire immediatamente in denaro le loro cambiali rimborsabili in una data futura.
La disponibilità di questo tipo di ambiente finanziario migliorò gli affari dei mercanti, che a loro volta migliorarono il commercio in generale. Certo, quando questa espansione della speculazione finanziata dal credito invece del commercio portava alla crisi, bolle come quella inglese South Sea nel 1720 erano un'ovvia conseguenza. Ma il credito bancario finanziò anche la rivoluzione industriale, dai canali alle ferrovie, permettendo alla Gran Bretagna di dominare il trasporto marittimo mondiale: oltre l'80% delle navi a galla prima della prima guerra mondiale erano costruite nei cantieri navali britannici. Portò questa piccola nazione a sviluppare l'economia più potente e avanzata mai vista. E l'oro non fu il catalizzatore, rimase in secondo piano a sostenere l'intero sistema creditizio.
Le origini dello scoperto di conto corrente
C'è una fonte poco conosciuta di creazione di credito bancario che è stata di grande vantaggio per il commercio, un meccanismo implementato dalle banche scozzesi. Espandendo il credito bancario dal finanziamento del commercio mediante l'acquisto di cambiali, l'accesso al credito per l'attività imprenditoriale è diventato la base di gran parte delle attività bancarie odierne.
La Bank of Scotland è stata fondata nel 1695 con poteri di emissione illimitati. Ha emesso solo banconote nei seguenti tagli: £100, £50, £10 e £5. Va tenuto presente che nella valuta odierna, £100 di allora equivalgono a £36.000 di oggi. Chiaramente il piano della Bank of Scotland era di servire e promuovere clienti commerciali in linea con il settore bancario a Londra, che era diretto principalmente a trattare in cambiali commerciali. La banca centrale scozzese non emise banconote da £1 fino al 1704.
Il suo monopolio si esaurì nel 1727 e quindi fu costituita una rivale, la Royal Bank of Scotland. Il problema allora era che, con l'economia commercialmente poco sviluppata, non c'erano abbastanza cambiali commerciali disponibili in Scozia per soddisfare entrambe le banche. Fu la Royal Bank a trovare una soluzione.
Ricevute sufficienti garanzie, accettò di anticipare una linea di credito d'importo limitato a favore di persone affidabili e rispettabili. Questi crediti in contanti erano conti di prelievo creati a favore di una persona che non li ripagava in denaro, gestendoli quindi come un conto ordinario; invece di percepire gli interessi sul saldo gli venivano addebitati gli interessi. Nel bilancio della banca un prestito in contanti era iscritto come attivo, bilanciato da un deposito che rappresentava l'importo disponibile per il prelievo.
Ciò rappresentò il precursore del moderno prestito bancario, in contrapposizione al sistema bancario che a Londra a quel tempo ruotava attorno alle cambiali commerciali.
I prestiti in contanti venivano concessi in due modi diversi: per aiutare i privati negli affari e per promuovere l'agricoltura e la formazione di attività commerciali di ogni tipo. I terreni agricoli erano sottosviluppati per mancanza di capitale, ma ciò che ci interessa particolarmente sono i prestiti a privati nel mondo degli affari.
Le banche limitavano i loro anticipi tra £100 e £1.000 (l'equivalente odierno di circa £36.000 e £360.000). Non era richiesta alcuna garanzia, a parte i giudizi da parte di quelle persone che avevano familiarità con il mutuatario. Questi "cautelatori", come erano conosciuti nella legge scozzese, avrebbero tenuto d'occhio come venivano investiti i fondi, avrebbero sempre avuto il diritto di ispezionare il conto del mutuatario presso la banca e avrebbero avuto l'autorità d'intervenire in qualsiasi momento. In un'audizione della Commissioni della Camera dei Comuni nel 1826, quasi un secolo dopo che la Royal Bank of Scotland aveva creato i prestiti in contanti, un testimone citò il caso di una modesta banca di campagna che offriva servizi di credito in contanti: in ventuno anni aveva concesso in prestito £90.000.000 e subì perdite solo di £1.200.
Prima dell'esistenza di banche che offrivano prestiti in contanti, la Scozia era un Paese arretrato la cui gente era più impiegata nel furto di bestiame e nella guerra con i vicini che nell'agricoltura pacifica. Soprattutto c'era mancanza di denaro e si viveva un'esistenza di sussistenza. La creazione del sistema di credito in contanti, insieme alla circolazione delle banconote della Bank of Scotland e della Royal Bank, accettate come se fossero denaro, portò a enormi progressi. Quando il sistema di credito in contanti si affermò, venne ampliato per finanziare progetti più grandi: il canale Forth and Clyde venne costruito su un credito in contanti di £40.000 concesso dalla Royal Bank; ferrovie, banchine e porti, strade, persino edifici pubblici vennero finanziati da prestiti in contanti.
Come uno dei tanti esempi, Henry Menteith servì due volte come Lord Provost di Glasgow e successivamente membro del Parlamento per Linlithgow. Iniziò l'attività come mercante-tessitore con un modesto credito in contanti; nel 1826 Menteith impiegava 4.000 tra uomini e donne.
L'illuminismo scozzese del diciottesimo secolo, che ci ha regalato David Hume, Adam Smith, Robert Burns e tutti i molti altri luminari, deve la sua esistenza alla trasformazione della Scozia da una nazione arretrata grazie ai prestiti in contanti. In soli cinquant'anni, la Scozia progredì commercialmente come nazione più di quanto avesse fatto in tutta la sua storia.
Il successo dei prestiti in contanti, e la più ampia adozione del loro equivalente da parte di istituti di credito e altre organizzazioni in Inghilterra e Galles, divenne non solo la base di alcune notevoli fortune, ma anche la base su cui prosperarono molte imprese più modeste. Non c'è dubbio che l'evoluzione del credito bancario sia stata vantaggiosa, non solo per la Scozia, ma per il Regno Unito in generale. E l'adozione globale del diritto bancario inglese ha trasmesso i benefici anche ad altre nazioni.
Sono i cicli destabilizzanti di espansione e contrazione del credito bancario il problema, non l'esistenza del credito bancario in sé, che è indiscutibilmente un beneficio pubblico.
Credito bancario nell'ambiente finanziario odierno
Chiaramente il credito bancario ha svolto un ruolo fondamentale nel progresso economico, traghettando le isole britanniche dal feudalesimo alla società industriale. Lo stesso vale per tutte le altre economie europee e anche per quelle nordamericane.
Nonostante l'evidente ciclo di espansione e contrazione del credito, che ha portato a successivi boom/bust e alla conseguente inflazione/deflazione dei prezzi, il mondo è un posto di gran lunga migliore grazie al credito bancario. Questo è certamente il caso in cui l'espansione di quest'ultimo ci fornisce i mezzi per il progresso economico, al contrario della speculazione. Non c'è dubbio che l'espansione del credito bancario abbia alimentato la bolla South Sea trecento anni fa e che sia stato usata da John Law per gonfiare la sua bolla Mississippi.
La bolla South Sea differiva da quella Mississippi per un aspetto importante: era figlia delle banche commerciali, principalmente la Sword Blade Company che operava come istituzione promotrice nel settore privato. John Law colluse con il duca d'Orléans, principe reggente per il giovane Luigi XV; la bolla Mississippi era essenzialmente un progetto statale, con Law che trasformò la sua banca in un prototipo di banca centrale. Essendo di origine non statale e con la Banca d'Inghilterra non coinvolta, la bolla South Sea non trascinò a fondo anche la valuta; la bolla Mississippi sì invece.
Ecco perché è importante tracciare un confine tra la creazione ciclica di credito bancario e la creazione di credito come conseguenza della politica statale. Il primo è sempre autocorrettivo, mentre il secondo potrebbe non esserlo.
Negli ultimi decenni l'espansione del credito bancario ha avuto più cose in comune con l'impresa del Mississippi di John Law che con la bolla britannica South Sea. Come atto deliberato delle politiche statali e del sistema bancario centrale, l'espansione del credito bancario si è sempre più concentrata sul finanziamento della speculazione finanziaria anziché sulla produzione industriale. Dirette dalla legislazione in materia, dalle politiche monetarie e dalla regolamentazione bancaria, le banche commerciali hanno alimentato una bolla mondiale. Alimentate dalle politiche monetarie delle banche centrali, sono state complici dell'esperienza di John Law, ma su scala globale, piuttosto che una ripetizione della bolla South Sea.
Proprio come la bolla Mississippi abbattè la lira di John Law, l'attuale bolla minaccia di abbattere intere valute sostenute da nient'altro che la fiducia della popolazione in esse.
La responsabilità è più della gestione dei mercati da parte delle banche centrali che delle stesse banche commerciali. Storicamente, all'inizio del ciclo del credito bancario, il rapporto tra gli attivi di bilancio di una banca e i fondi degli azionisti si avvicinava a dieci, o forse dodici volte. Nell'Eurozona e in Giappone le banche d'importanza sistemica mondiale (G-SIB) hanno ora rapporti di leva finanziaria di venti o più volte. Osservando tutte le G-SIB nelle diverse giurisdizioni, vediamo che più i tassi d'interesse sono stati soppressi dal sistema bancario centrale, maggiore è stata la leva finanziaria.
Il motivo non è difficile da dedurre. I tassi negativi nell'Eurozona e in Giappone hanno costretto le banche ad aumentare la loro leva finanziaria per sostenere la redditività, perché i loro margini di prestito sono stati gravemente compressi. Il fenomeno è stato aggravato dalla regolamentazione bancaria, la quale riconosce lo status di risk free al debito pubblico, disincentivando le banche dal concedere prestiti alle imprese commerciali sulla base del presunto rischio. Inoltre da nessuna parte nella normativa di Basilea si intravede un tentativo di limitare il rapporto tra patrimonio e capitale proprio, concentrandosi invece sulla liquidità di bilancio.
Gli errori nella regolamentazione bancaria sono sostanziali. Invece di lasciare che i banchieri gestiscano le proprie attività come meglio credono e sopprimendo i tassi d'interesse nell'interesse del finanziamento della spesa pubblica, l'incombente crisi del credito bancario e la sua probabile portata senza precedenti sono state causate sostanzialmente dall'intervento statale.
Il ruolo dell'oro
Abbiamo visto che il gold standard britannico nel diciannovesimo secolo non fermò l'inflazione dei prezzi, ma ha sempre permesso una completa correzione degli errori commessi. Infatti in un secolo di espansione del credito bancario il risultato netto non è stato affatto un'inflazione al livello generale dei prezzi. Nonostante l'espansione del credito bancario attraverso i suoi cicli nel tempo, il motivo per cui un gold standard conferisce stabilità al potere d'acquisto di una valuta merita ulteriori commenti.
Abbiamo visto che i cicli del credito bancario influiscono prevedibilmente sui prezzi. Finché c'è fiducia della popolazione nella valuta, il suo potere d'acquisto varierà inversamente al variare della quantità di valuta e credito. Ciò che viene escluso è una situazione in cui la popolazione inizia a considerare la valuta non solo come il valore oggettivo nelle transazioni, ma soggettivamente in relazione al denaro sano/onesto. Finché una valuta è basata su un gold standard, questo non è un problema. Ma in assenza di un'ancora credibile, la soggettività di una valuta viene inevitabilmente esposta. Il seguente grafico, che mostra il prezzo del petrolio in dollari, sterline, euro e oro, illustra bene il punto.
Dal 1950 il prezzo del petrolio in oro è sceso del 30% in settantadue anni. La volatilità è stata insignificante rispetto a quella del prezzo del petrolio misurato nelle tre principali valute fiat. Non c'è dubbio che se fossero state ancorate a un gold standard, la volatilità del prezzo del petrolio in queste valute sarebbe stata minima. Grafici simili riguardanti un'ampia gamma di materie prime raccontano la stessa storia.
Dal grafico qui sopra, possiamo vedere che prima della fine di Bretton Woods nel 1971, c'era pochissima volatilità nei prezzi del petrolio. Anche se il legame tra dollari e oro era alquanto tenue, è stato sufficiente a stabilizzare il prezzo del petrolio in dollari, sterline e marco tedesco (il proxy dell'euro prima che quest'ultimo lo sostituisse). Ciò si concluse con l'introduzione del petrodollaro nel 1973.
L'unica interpretazione valida di questo grafico è che dopo la fine di Bretton Woods la volatilità non è stata più nel prezzo del petrolio, ma nelle valute fiat stesse. Inoltre la volatilità che c'è stata nel prezzo del petrolio in oro è probabilmente in parte attribuibile a perturbazioni provenienti dalle valute fiat e da tentativi deliberati di volta in volta di sopprimere il prezzo dell'oro. Nonostante l'interferenza nel prezzo dell'oro, le valute fiat non agiscono come dovrebbero nelle relazioni di prezzo.
Si spiega anche un'argomentazione di von Mises sul perché il monetarismo non riesce a cogliere la relazione tra i cambiamenti nella quantità di una valuta e il loro effetto sui prezzi. Mises ha sostenuto che i monetaristi ignoravano una forza potenzialmente più potente in suddetta relazione: i cambiamenti nel livello generale della valuta e della liquidità creditizia detenuta dalla popolazione rispetto alla proprietà di beni e servizi. Per illustrare il punto, se la popolazione in generale decide in massa di ridurre al minimo la propria proprietà di valuta e credito scambiandoli con beni, ciò ridurrà il potere d'acquisto della valuta praticamente a zero perché viene rifiutata da chi la usa.
Finché una valuta è sostenuta in modo credibile dall'oro, ciò non accadrà. Il caso peggiore è che la popolazione venda sostituti dell'oro e compri oro, testando la credibilità dello standard. Ma è un pericolo mortale per qualsiasi valuta fiat se la popolazione decide di rifiutarla. Questa è una forza molto più potente nel rapporto tra una valuta fiat e il suo potere d'acquisto di quella espressa dalla teoria quantitativa della moneta. Dopo il 1973 le variazioni nell'accettazione della propria valuta nazionale da parte della popolazione spiegano la volatilità vista nel grafico sopra; l'implicazione è che le valute fiat sono molto più instabili di quanto generalmente riconosciuto.
Stando così le cose, le conseguenze inflazionistiche delle fluttuazioni del credito bancario sono un problema relativamente minore. E confrontando i grafici finora presentati, le fluttuazioni dei prezzi nell'Inghilterra del diciannovesimo secolo erano minori rispetto a quelle viste sin dalla fine di Bretton Woods.
Risolvere il problema del credito bancario
È molto difficile fare a meno del credito bancario. E nelle circostanze attuali, questo è tacitamente ammesso da coloro che bramano un sistema di deposito bancario, in cui le banche fungano solamente da custodi; parlano invece di un reset del sistema, probabilmente dopo una crisi che ha risvegliato tutti noi di fronte ai mali del credito bancario. Mi auguro che i lettori capiscano perché l'assenza di credito, bancario o altro, è praticamente impossibile e indesiderabile. Infatti se fossero circolati solo l'oro e i suoi sostituti, ad esclusione del credito bancario, la discesa dei tassi d'interesse dal livello dell'epoca degli orafi londinesi non sarebbe mai accaduta, a causa della carenza di circolante. E questo presumendo anche che il potere d'acquisto del denaro si fosse conservato.
Sono queste considerazioni che mi hanno portato a credere che anche dopo la tanto decantata crisi finanziaria incalzante, il credito bancario continuerà ad esistere. Dopotutto, si tratta di una forma di credito più organizzata rispetto agli accordi alternativi ad hoc tra individui. Ma le banche dovrebbero essere su un piano simile a quelle che danno garanzie personali.
Di conseguenza, in un reset post-crisi, la responsabilità limitata per le banche e i loro azionisti dovrebbe essere revocata, il che quasi certamente limiterebbe il rapporto di leva finanziaria tra gli attivi rispetto al patrimonio netto, invertirebbe la tendenza delle banche per azioni a diventare sempre più grandi e dovrebbe portare a un sistema bancario più frammentato, meno concentrato sulla creazione di credito per attività puramente finanziarie. Un sistema bancario solido, più in linea con il sistema di credito in contanti scozzese e modernizzato per l'ambiente odierno, oltre a direzionare il credito bancario per un uso produttivo, sarebbe un'alternativa di gran lunga migliore e più pratica alla soluzione neo-Austriaca, che invece vorrebbe eliminare del tutto il credito bancario.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/