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lunedì 4 luglio 2022

I mercati sono pacifici, è lo stato a non esserlo

 

 

di Thorsten Polleit

In questo articolo vorrei presentare alcune riflessioni economiche sulla guerra, poiché essa ha afflitto cronicamente la storia umana, in particolare la storia più recente. Nel 1919 l'economista Ludwig von Mises (1881–1973) pubblicò un libro intitolato Nation, State, and Economy, spiegando perché sarebbe potuta scoppiare la prima guerra mondiale.

La risposta di Mises oggi può sorprendere molte persone: la guerra scoppiò a causa dell'allontanamento dall'idea di libero mercato, libero scambio, libertà individuale e uguaglianza davanti alla legge. In breve, fu l'abbandono del liberalismo e l'ascesa dello stato come lo conosciamo oggi che portò alla prima guerra mondiale.

Lo stato moderno è aggressivo, sia internamente che esternamente, e ha anche un incentivo a fare guerre contro altri stati per affermare i propri interessi con la forza. Stato e guerra vanno di pari passo, per così dire, e per spiegarlo più in dettaglio vorrei avanzare alcune considerazioni economiche.

È una verità logica e innegabile che l'essere umano ha obiettivi che cerca di raggiungere impiegando mezzi. Inoltre l'essere umano preferisce più mezzi a meno mezzi e preferisce una soddisfazione immediata dei propri desideri rispetto a una soddisfazione successiva. Come essere razionale, prima o poi si rende conto che la divisione del lavoro è vantaggiosa per lui, poiché aumenta la produzione del suo lavoro. La divisione del lavoro significa che ognuno svolge il lavoro che può fare al costo relativamente più basso.

La divisione del lavoro richiede lo scambio, dopotutto se si organizzano in base alla divisione del lavoro, la maggior parte delle persone non produce più per i propri bisogni diretti, ma quasi tutti producono per i bisogni dei propri simili.

È la divisione del lavoro che unisce le persone, fa sì che comprendano di essere reciprocamente utili nell'affrontare le sfide della vita. Per dirla in modo semplice, l'acquirente di un prodotto è interessato a garantire che il suo produttore abbia successo, altrimenti non può acquistare il bene.

La divisione del lavoro è un fenomeno naturale in un sistema di libero mercato, dove i consumatori sono liberi di richiedere i beni che soddisfano meglio i loro bisogni e i produttori hanno la libertà di offrire volontariamente ai loro simili i beni che richiedono.

Un sistema di libero mercato consente alle persone di tutto il mondo di sviluppare una divisione del lavoro molto fitta e il risultato è una cooperazione permanentemente pacifica e produttiva tra le persone.

Poiché la guerra è del tutto estranea al sistema del libero mercato, le persone che conoscono e sperimentano l'effetto produttivo della divisione del lavoro su scala mondiale non hanno alcun incentivo a impegnarsi in qualcosa di simile, poiché sarebbe contro i loro interessi personali. Ma, sfortunatamente, non esiste un sistema di mercato che sia, o possa essere, veramente libero.

Per molti secoli, soprattutto dall'inizio dei tempi moderni, c'è stato lo stato. Inizialmente c'era uno stato sotto forma di signore feudale e re; poi c'è stato l'imperatore; nel passato più recente c'è stata la repubblica, la dittatura e lo stato democratico moderno.

Potremmo chiederci: cos'è esattamente lo stato? Eventuale risposta: “Lo Stato, siamo tutti noi” oppure “Non possiamo fare a meno dello Stato perché chi costruirebbe strade e scuole, sosterrebbe i bisognosi, assicurerebbe giustizia e sicurezza?”

La logica dell'azione umana porta alla luce un tipo di risposta piuttosto diverso. Da questo punto di vista è ovvio che lo stato (come lo conosciamo oggi) è un monopolio coercitivo del potere, dell'uso della forza. L'economista e filosofo americano, Murray N. Rothbard (1926-1995), definisce lo stato (come lo conosciamo oggi) come il monopolista territoriale e coercitivo con il potere decisionale ultimo su tutti i conflitti nel suo territorio e che si prende anche il diritto di riscuotere le tasse.

Questo tipo di stato non è un'istituzione naturale, non è stato creato volontariamente dalle persone, né potrebbe essere sorto in un sistema di libero mercato, perché in quest'ultimo c'è solo lo scambio volontario, non c'è azione forzata determinata dalla coercizione e dalla violenza.

Il sociologo ed economista tedesco, Franz Oppenheimer (che, per inciso, era il supervisore del dottorato di Ludwig Erhard, il padre dell'economia di mercato tedesca e il secondo cancelliere della Repubblica federale di Germania), disse inequivocabilmente che lo stato è in realtà basato su coercizione e violenza:

Nella sua genesi, ed essenzialmente durante le prime fasi della sua esistenza, è un'istituzione sociale, imposta da un gruppo di uomini vittoriosi su un gruppo sconfitto, con il solo scopo di regolare il dominio del gruppo vittorioso sui vinti e proteggersi dalla rivolta interna e dagli attacchi dall'estero. Teleologicamente, questo dominio non aveva altro scopo che lo sfruttamento economico dei vinti da parte dei vincitori.

Rothbard e Oppenheimer ci informano che lo stato è un'istituzione aggressiva e particolarmente invasiva verso l'interno. La classe dirigente, attraverso l'uso del potere statale, si sforza non solo di mantenere il suo potere sulla classe governata, ma anche di espanderlo attraverso divieti e imposizioni, regolamenti e leggi, tasse più elevate e molto altro.

La ragione di ciò è ovvia: se lo stato ha il monopolio territoriale del potere di decidere in ultima analisi tutti i conflitti nel suo territorio, e se ha anche il potere d'imporre tasse (compresa la tassa sull'inflazione), allora lo stato (le persone che esercitano il suo potere) ne farà un uso sempre maggiore.

La classe dirigente preferisce più mezzi a meno mezzi, e preferisce una soddisfazione immediata dei desideri rispetto a una successiva. In parole povere, lo stato (come lo conosciamo oggi) diventa più grande e più potente nel tempo, mentre cittadini e imprenditori sotto il suo comando sono sempre più vessati e le loro libertà limitate. Tuttavia lo stato non solo diventerà più grande e più potente "internamente", ma anche esternamente non appena avrà un'opportunità per farlo.

Gli stati che si sentono ideologicamente legati tra loro hanno un incentivo a formare un cartello, a eliminare la concorrenza tra di loro. Un esempio di tale cartello è l'Unione Europea, la quale consente agli stati membri di diventare più grandi e più potenti.

Ma se gli stati perseguono interessi diversi e seguono ideologie diverse, hanno un incentivo a costruire ed espandere il proprio potere in modo aggressivo e bellicoso. La storia del mondo è piena di guerre tra stati motivate secondo queste linee.

I grandi stati sono particolarmente aggressivi nei confronti del mondo esterno, perché possono ottenere facilmente i mezzi necessari per perseguire una politica estera aggressiva, come denaro, armi e soldati. Quando i grandi stati seguono ideologie diverse, il pericolo di una guerra tra di loro è molto grande. Un esempio di ciò sono i numerosi conflitti militari, soprattutto sotto forma di guerre per procura, tra gli Stati Uniti e l'ex-Unione Sovietica.

Si può vedere che lo stato moderno è aggressivo in senso economico, quindi i conflitti armati tra stati non sono una tragica coincidenza ma una logica conseguenza. Per inciso, questa è un'intuizione fondamentale che il generale prussiano Carl von Clausewitz formulò nel 1832, dichiarando: "La guerra è una mera continuazione della politica con altri mezzi".

Quindi, se vogliamo prevenire la guerra, come disse Mises, dobbiamo limitare lo stato e quindi porre limiti fermi alla politica e ai politici. Mises scrisse: “Chiunque voglia la pace tra le nazioni deve cercare di limitare lo stato e la sua influenza nel modo più rigoroso”. E dobbiamo anche abbracciare incondizionatamente il concetto di libero mercato, perché esso, e non lo stato, garantisce pace e prosperità alle persone su questo pianeta.

Ci sono solo due modi in cui avviene la cooperazione umana: attraverso mezzi volontari o attraverso la coercizione. Il libero mercato è sinonimo di cooperazione volontaria; la coercizione e la violenza sono i mezzi dello stato.

C'è un punto importante che dobbiamo sottolineare: la legge e la sicurezza sono indispensabili se le persone in una comunità vogliono andare d'accordo in modo pacifico e produttivo. Ma i beni della giustizia e della sicurezza possono, ovviamente, essere forniti anche nell'ambito di un sistema di libero mercato. Non serve un monopolista statale.

L'economia può fare molto per rendere il mondo più pacifico e quindi eticamente e moralmente migliore. Chiunque sa come funziona un sistema di libero mercato, cosa fa, non avrà motivo di chiedere uno stato. Questo ci aiuta a capire perché i piccoli stati e le piccole entità politiche sono più pacifici e prosperi rispetto ai grandi stati e alle grandi entità politiche. Non è un caso che le persone che fanno affidamento su un sistema di libero mercato e si organizzano in piccole unità, sono pacifiche e guadagnano anche il reddito pro capite più alto. Mi vengono in mente Svizzera, Lichtenstein, Monaco, Singapore e Hong Kong.

Chi pensa che la soluzione del conflitto Russia-Ucraina risieda nell'ulteriore riarmo degli stati, nelle sanzioni e nella fine della divisione transfrontaliera del lavoro e del commercio, commette un grave errore. Il problema della guerra non si risolve quando l'aggressore viene sconfitto, ma solo quando le ideologie che portano alla guerra vengono completamente screditate e non piacciono più al popolo.

Il filosofo di Königsberg, Immanuel Kant, scrisse: “La pace deve essere stabilita; non viene da sé”. Aggiungo che la pace arriva quando le persone cooperano volontariamente tra loro in un libero mercato. La pace non è stabilita dallo stato, piuttosto è vero il contrario.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


1 commento:

  1. La catallassi: fare dei nemici, amici.
    Se Hayek fosse letto in tutte le scuole e famiglie, vivremmo in pace e prosperità.

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