di William L. Anderson & Antony P. Mueller
I politici adorano le loro parole d'ordine e la Casa Bianca di Joe Biden/Partito Democratico le usano più di quanto abbiano fatto Donald Trump e i repubblicani. L'anno scorso il mantra dell'amministrazione Biden era che l'inflazione fosse "transitoria", il che significa che non sarebbe durata a lungo. Da Biden (quando poteva ricordare quali fossero i suoi argomenti di discussione) a Paul Krugman sul New York Times, i fedeli hanno ripetuto la nuova parola d'ordine: "Transitoria".
Poiché la dura realtà ha stabilito che questa inflazione non scomparirà tanto presto invece, abbiamo nuove parole d'ordine dalla casa di Biden e dai suoi alleati politici, addirittura la ridenominazione dell'inflazione stessa. I fedeli non ripetono più diligentemente il termine “transitorio” alla domanda sui prezzi al consumo e alla produzione alle stelle; oggi la sacra scrittura è "l'aumento dei prezzi è colpa di Putin".
Gli americani possono essere certi che l'inflazione sia il risultato di un'alleanza empia tra Vladimir Putin e le compagnie energetiche americane, affermano l'amministrazione Biden e i suoi sostenitori. Come facciamo a saperlo? Dalle più alte autorità della verità, la senatrice Elizabeth Warren e Jerome Powell, presidente della Federal Reserve.
In un recente editoriale per il New York Times, la Warren informa i suoi lettori che tutto ciò che serve per controllare l'inflazione sono alcuni discorsi duri da parte di Biden insieme a un nuovo regime di controllo dei prezzi:
Possiamo anche agire rapidamente per frenare i costi per le famiglie della classe media. A brevissimo termine ciò significa impedire alle aziende di aumentare i prezzi per aumentare i loro profitti. L'aumento dei prezzi è determinato da molti fattori, tra cui il caos nelle supply chain globali e la guerra di Vladimir Putin in Ucraina. Ma quando l'amministratore delegato di Kroger, Rodney McMullen, ha affermato che "un po' di inflazione fa sempre bene nei nostri affari", non sorprende che gli elettori americani non accettino che le aziende trasferiscano i costi per aumentare i propri profitti. Anche il presidente della FED, Jerome Powell, un repubblicano conservatore, ha riconosciuto che le multinazionali aumentano i prezzi semplicemente "perché possono".
Altrove la Warren afferma che la risposta alla riduzione dei prezzi risiede nell'applicazione delle leggi antitrust, facendo eco alla recente affermazione di Joe Biden secondo cui la nostra economia è diventata improvvisamente un covo di monopoli:
Il Congresso dovrebbe approvare leggi per rinvigorire la concorrenza e tre quarti (degli elettori americani) crede fermamente che le compagnie petrolifere e del gas non dovrebbero fare soldi con questa crisi energetica. Rafforzare le autorità di regolamentazione per porre fine alla contraffazione dei prezzi, rompere i monopoli e approvare una tassa sui profitti inaspettati è un buon inizio.
A leggere la Warren si dovrebbe credere che le politiche della Federal Reserve, pompare migliaia di miliardi di dollari direttamente nelle mani dei consumatori per compensare i lockdown e le restrizioni Covid, non abbiano nulla a che fare con ciò che stiamo vedendo ora. Invece si aspetta che crediamo che improvvisamente i capitalisti avidi abbiano iniziato ad aumentare i prezzi perché volevano profitti più alti. Anche se non avevano aumentato i prezzi quando Trump era presidente (anche se Trump stesso era un capitalista avido che non avrebbe esitato ad aumentare i prezzi), hanno deciso di farlo all'improvviso quando un partito ostile ha preso il controllo del governo federale.
È interessante notare che né Biden né la Warren sono disposti a dare la colpa a Powell e persino all'amministrazione Trump, nonostante il fatto che entrambi abbiano svolto un ruolo enorme nel caos inflazionistico che stiamo vivendo attualmente. Hanno scelto, invece, d'incolpare l'impresa privata e chiedere il tipo di controllo dei prezzi che persino Jimmy Carter rifiutò di attuare nonostante i numeri ufficiali dell'inflazione fossero più alti di quelli attuali. Nei tre grafici qui sotto possiamo osservare il colpevole: un enorme picco nell'offerta di denaro sottoscritto dalla FED che si è ingozzata di asset.
Il secondo e il terzo grafico mostrano la crescita del bilancio della FED e si può vedere che, come il picco nella crescita monetaria, il bilancio è esploso durante i lockdown e sta ancora crescendo al punto in cui gli acquisti della FED costituiscono circa il 40% del prodotto interno lordo degli Stati Uniti. Jeff Deist spiega cosa è successo:
In primo luogo, si considerino le due proposte di legge approvate dal Congresso nel 2020 e nel 2021. Esse hanno pompato più di $5.000 miliardi direttamente nell'economia sotto forma di pagamenti alle famiglie, sussidi di disoccupazione, prestiti sui salari dei datori di lavoro, sussidi in contanti alle compagnie aeree (e innumerevoli altri settori) e una miriade di stanziamenti che non avevano nulla a che fare con il Covid. Questo nuovo denaro è stato iniettato direttamente nelle vene dell'economia quotidiana.
In secondo luogo, le catene di approvvigionamento rimangono degradate perché i politici di tutto il mondo non hanno pensato alle conseguenze dei lockdown. L'economia globale profondamente interconnessa non ha un interruttore SPENTO/ACCESO. Risorse inattive e lavoratori inattivi non prendono vita e producono beni e servizi a comando. Malgrado ciò i nostri politici non hanno idea di cosa sia una struttura di produzione, dei suoi elementi temporali o delle devastazioni degli investimenti impropri creati dalla loro decisione di chiudere le attività.
In terzo luogo, il Covid ha permesso alla FED di giustificare l'ennesimo spasmo di politiche monetarie "straordinarie" a partire da marzo 2020. Ciò ha dato ai banchieri centrali una via d'uscita facile, in un certo senso, perché i veri guai erano già all'orizzonte nel settembre 2019. Il mercato dei pronti contro termine, che le banche commerciali utilizzano per il finanziamento a breve termine delle loro operazioni, si è improvvisamente incrinato e ha fatto salire i tassi. Questi parossismi hanno costretto la FED a iniettare miliardi di dollari nella sua struttura di riacquisto "permanente" e a considerare l'ennesimo giro di QE (acquisto di asset) anche dopo aver promesso di ridurre il suo bilancio, ancora gonfio di detriti della crisi del 2007.
Quando si comprende l'entità dell'intervento economico sia della FED che dei governi a tutti i livelli negli ultimi due anni, la vera domanda da porsi non è perché stiamo avendo inflazione, ma piuttosto perché i prezzi non sono aumentati ulteriormente. Inoltre, da settembre 2008 (come risulta dal secondo e terzo grafico), la FED ha intrapreso un'insostenibile abbuffata di acquisti che ha sostenuto i mercati dei mutui, dei pronti contro termine e dei titoli di Stato a lungo termine (operazione Twist).
Bisogna sottolineare che l'economia non può assorbire i dollari che la FED ha riversato in essa. Inoltre, nonostante quello che ci dicono le cosiddette classi dirigenti, infilare dollari nelle mani di persone che hanno perso il lavoro a causa di lockdown e restrizioni alla produzione e pagare altre persone per non lavorare non rappresenta un sostituto perfetto per produrre prodotti reali, beni e servizi.
Anche se Putin dovesse annullare l'invasione dell'Ucraina e accettare di vendere petrolio e gas naturale russi a forti sconti, gli attuali aumenti dei prezzi al consumo negli Stati Uniti rimarrebbero pressoché invariati. Sebbene l'invasione abbia influito sugli attuali prezzi della benzina e del petrolio (e sui prezzi europei del gas naturale), è stata irrilevante nel quadro generale dell'inflazione.
Biden e le classi dirigenti non ammetteranno mai una tale verità, e possiamo essere certi che Krugman, il New York Times, il Washington Post e altri gruppi giornalistici daranno la colpa a Putin, al cambiamento climatico, ai profitti aziendali e a qualsiasi altra cosa incroci le loro strade. Nel frattempo la FED continuerà le sue pratiche insostenibili e tutti gli altri guarderanno l'inflazione erodere i loro beni personali.
Un sistema monetario che consente la creazione di denaro dal nulla è vulnerabile all'espansione e alla contrazione del credito. I periodi di espansione del credito si verificano in genere nell'arco di molti anni e persino decenni, mentre le fasi di contrazione si manifestano come improvvise implosioni. I decisori della politica monetaria tendono a promuovere il prolungamento dell'espansione del credito perché temono la deflazione.
In questo modo le banche centrali impediscono una moderata deflazione monetaria, poiché ciò accadrebbe come conseguenza naturale dell'aumento della produttività. Una politica monetaria antideflazionistica pone le basi per un'impennata dell'inflazione dei prezzi e accresce il rischio di una brusca contrazione dei mercati finanziari.
Cicli del credito
I cicli finanziari possono estendersi per lunghi periodi di tempo. Negli ultimi decenni c'è stata una massiccia espansione del credito globale, spinta da quanto accaduto dagli anni '80, la crisi finanziaria del 2008, la politica pandemica del 2020 e l'attuale politica delle sanzioni in risposta alla guerra in Ucraina.
Il grafico seguente mostra il debito globale totale, il debito pubblico, il debito delle famiglie e il debito delle imprese non finanziarie in percentuale al prodotto interno lordo globale. Calcolato in termini assoluti, il debito globale totale si sta avvicinando rapidamente ai $300.000 miliardi.
Con la fine del legame del dollaro con l'oro negli anni '70, il sistema monetario internazionale ha perso la bussola. Il debito globale in relazione al prodotto interno lordo mondiale è aumentato dal cento per cento, ben oltre il duecentocinquanta per cento. L'attenuazione di questo ciclo del credito è attesa da tempo, tuttavia le principali banche centrali hanno combattuto per diversi decenni contro qualsiasi segno di contrazione del credito.
In Giappone la battaglia contro il consolidamento del credito è iniziata negli anni '90; negli Stati Uniti la lotta contro una presunta minaccia di deflazione è iniziata intorno all'inizio del millennio. Dopo la crisi del debito europeo nel 2010, anche la Banca centrale europea si è unita all'orgia monetaria. Ovviamente i responsabili delle politiche monetarie ignorano il rischio che, non permettendo che si verifichi una moderata contrazione deflazionistica, producano una crisi monetaria. Questo, a sua volta, pone il duplice rischio di un aumento dell'inflazione dei prezzi insieme a un crollo incontrollato dei mercati del credito.
Le banche centrali stanno conducendo una lotta incessante contro la deflazione. Traumatizzate dalla Grande Depressione, i responsabili delle politiche monetarie soffrono della condizione psicopatologica chiamata “apoplitorismosfobia”, la paura della deflazione. La battaglia delle banche centrali contro la deflazione ha creato così tanta liquidità che la precedente tendenza deflazionistica inizia ora a manifestarsi come un'impennata dell'inflazione dei prezzi che nemmeno le statistiche ufficiali possono più nascondere.
Avendo metabolizzato la lezione monetarista sull'origine della Grande Depressione, i banchieri centrali hanno una profonda paura della deflazione dei prezzi, presumendo che un calo del livello generale dei prezzi provocherebbe una contrazione economica. Tuttavia se le banche centrali avessero lasciato in pace il sistema, la deflazione sarebbe avvenuta gradualmente senza troppe turbolenze. Gli attori economici avrebbero avuto abbastanza spazio e tempo per adattarsi. In quanto tale la deflazione non sarebbe solo innocua, ma anche vantaggiosa. Intrappolate dalla loro ossessione per la "stabilizzazione", le banche centrali non hanno permesso all'economia di muoversi lungo il suo percorso naturale. Invece di consentire le fluttuazioni economiche autocorrettive, la politica monetaria ha fabbricato un'espansione artificiale dopo l'altra.
La teoria monetarista afferma che un'economia in crescita avrebbe bisogno di un'offerta di denaro in espansione. Economisti monetaristi come Milton Friedman hanno sostenuto questa idea. Eppure Murray Rothbard ha dimostrato che non c'è bisogno di espandere l'offerta di denaro per fornire più liquidità anche quando l'economia cresce. Se l'offerta di denaro rimane costante e la produttività aumenta, i prezzi scenderanno di conseguenza; questa sarebbe una deflazione benefica. Perché lamentarsi quando i beni diventano meno costosi per i consumatori e i salari reali aumentano? Il punto cruciale è se la deflazione dei prezzi si verifica a causa di guadagni di produttività nell'economia, o in modo brusco come un forte calo della liquidità dovuto a una crisi dei mercati finanziari.
Quando le banche centrali intervengono ed espandono l'offerta di denaro, come è successo con la "politica dei tassi a zero" (ZIRP) o in alcuni casi con la "politica dei tassi negativi" (NIRP), sorgeranno tensioni tra la tendenza naturale del tasso d'interesse a salire e del tasso di interesse monetario che viene mantenuto basso attraverso gli interventi centrali. A causa di questa discrepanza, ci sarà un'ulteriore fonte di domanda per il denaro. Nel tempo questa eccedenza monetaria promuoverà la fragilità finanziaria e porrà le basi per l'inflazione futura dei prezzi.
La massiccia espansione dell'offerta di denaro da parte della Federal Reserve non ha portato immediatamente all'inflazione dei prezzi perché la velocità del denaro ha subito un forte calo sin dal 2008. La tendenza a una velocità al ribasso ha iniziato a fermarsi nel terzo trimestre del 2020 — ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Dato che l'eccedenza monetaria era persistita, i prezzi hanno iniziato a salire immediatamente e l'inflazione ufficiale dei prezzi al consumo ha accelerato al suo ritmo più alto negli ultimi quattro decenni.
Le variazioni dei prezzi relativi non causano l'inflazione dei prezzi
L'aumento dei singoli prezzi, ad esempio del greggio, si manifesta come variazione del prezzo relativo. Un bene specifico diventa più costoso rispetto ad altri prodotti. Solo se vi è un eccesso monetario come risultato di un'espansione del credito, precedente o in corso, tali aumenti dei singoli prezzi si manifesterebbero nel cosiddetto livello dei prezzi come un aumento dell'inflazione generale dei prezzi.
Quando i responsabili delle politiche monetarie manipolano il tasso d'interesse, creano una discrepanza tra la preferenza temporale umana e il tasso d'interesse monetario. Le politiche di stimolo spingono artificialmente il tasso monetario al di sotto del tasso d'interesse naturale, cosa che emergerebbe spontaneamente in un libero mercato se non ci fosse l'intervento della banca centrale. Gli squilibri si verificano nei mercati finanziari allo stesso modo di quando lo stato interviene nel mercato dei beni. I prezzi relativi, quindi, non riflettono più le preferenze dei consumatori e il costo marginale di produzione. Le conseguenze sono interruzioni economiche nella domanda e nell'offerta.
Il sistema monetario possiede un naturale grado di elasticità. Anche se l'offerta di denaro fosse legata a un'offerta fissa o a un gold standard, ci sarebbero espansioni e contrazioni nella spesa macroeconomica e nel reddito nazionale nominale. Con un'offerta di denaro fissa, queste variazioni dell'attività economica avverrebbero principalmente come fluttuazioni e oscillazioni a breve termine e non come fasi prolungate. L'intera idea di stabilizzazione è in contrasto con la necessità che un sistema in movimento oscilli.
Il denaro dovrebbe avere solide basi in modo da prevenire cicli estremi. Con un gold standard, ad esempio, c'è un'elasticità del denaro, anche se lo stock di oro è costante. A questo proposito, l'attuale sistema monetario è disfunzionale.
L'uso del denaro oscillerà naturalmente, anche con un importo quantitativo fisso della sua base. È sbagliato affermare che solo la cosiddetta moneta fiat creata artificialmente offre flessibilità finanziaria. Il punto decisivo è che con un sistema monetario fisso, il grado di deviazione è limitato, mentre nell'attuale sistema monetario fiat non vi è alcuna restrizione.
Conclusione
Un sistema monetario fiat consente alle banche commerciali di mettere in circolazione più denaro di quello che detengono in contanti. Perseguendo con insistenza una politica antideflazionistica, le banche centrali hanno alimentato una continua espansione del credito, prolungando artificialmente il ciclo di espansione del credito. Ciò significa che una contrazione naturale è stata prevenuta. Insieme a un'impennata dell'inflazione dei prezzi, questa linea di politica ha anche aumentato il rischio di un'implosione incontrollata dei mercati del credito. L'attuale scoppio dell'inflazione dei prezzi non arriva per caso o a causa di shock esterni, le sue basi sono state gettate da tempo. Di conseguenza l'ennesima grave crisi finanziaria si profila nuovamente all'orizzonte.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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