mercoledì 27 aprile 2022

Un “cigno nero” inflazionistico sta pressando la FED

 

 

di David Stockman

La pigrizia della stampa finanziaria sembra non avere limiti. Ad esempio, questa "gemma" di giornalismo pretende di spiegare i numeri roventi dell'inflazione dei prezzi.

Davvero le cose stanno così?

Il conteggio dei posti di lavoro non agricoli (linea viola) di 150,921 milioni del luglio 2019 è praticamente identico a quello di marzo 2022 di 150,925 milioni. Per l'esattezza, si tratta di una differenza di 4.000 posti di lavoro in un'economia con una forza lavoro potenziale di oltre 200 milioni.

Nonostante un aumento della popolazione di 4,2 milioni sin da allora, che ha reso il mercato del lavoro leggermente più flessibile, il tasso annuale d'inflazione a marzo 2022 dell'8,55% è 4,7 volte superiore al tasso dell'1,82% del luglio 2019.

Evidentemente l'economia statunitense non è forte, mentre la situazione occupazionale interna – che è appena tornata a malapena allo status quo pre-crisi sanitaria – ha avuto finora un impatto ridicolo sull'accelerazione dei tassi d'inflazione. Invece la forza dell'inflazione è in gran parte importata, a causa dell'impennata dei prezzi globali dell'energia, del cibo e di altre materie prime e del caos nelle supply chain sulla scia di lockdown prima e guerra in Ucraina adesso.

Naturalmente il fatto che l'inflazione in beni e servizi abbia avuto origine nell'economia globale rende il nostro punto di vista sull'inutilità dell'attività bancaria centrale ancora più rilevante. Per iniziare anche solo ad intaccare le cifre riportate sull'IPC nei prossimi trimestri, la FED dovrà martellare i mercati azionari e obbligazionari come mai prima d'ora, dato che questi luoghi sono diventati il ​​suo principale canale di trasmissione della politica monetaria.

L'IPC di marzo si è attestato all'8,5% su base annua, il tasso di aumento più alto dal dicembre 1981. Ma è la composizione di tale cifra a rendere ridicola la reazione di Wall Street sui numeri dell'occupazione, secondo cui "non erano così male come previsto".

L'indice complessivo è stato pesantemente viziato da cibo, energia, materie prime e beni durevoli. Tutte queste componente stanno ora salendo verso un territorio a doppia cifra, eppure sono proprio questi gli elementi – al contrario dei servizi prodotti internamente – su cui la FED ha la minore influenza.

Di conseguenza la presunta lotta all'inflazione da parte della FED sarà ardua, prolungata e senza sosta. Questo perché l'abbassamento dei tassi d'inflazione dipenderà da un prolungato allentamento dei mercati globali sulle materie prime e sulle catene di approvvigionamento, fonti di inflazione ostinate durante i prossimi anni su cui la FED ha un'influenza marginale.

Prendiamo in considerazione, ad esempio, l'esplosione dei prezzi dei generi alimentari. Dopo aver soggiornato nella zona dell'1-3% all'anno per la maggior parte del decennio successivo al 2012, ora sono in forte aumento e sono saliti all'8,8% annuo lo scorso marzo.

Inoltre la linea nera ascendente nel grafico qui sotto ha appena iniziato a salire. Ora è chiaro che la guerra sul bordo del Mar Nero metterà fuori uso più della metà della produzione agricola dell'Ucraina durante l'attuale stagione dei raccolti. Allo stesso modo, i rischi per la spedizione dai porti del Mar Nero di generi alimentari e fertilizzanti sia ucraini che russi, insieme alle sanzioni, avranno un impatto estremamente negativo sulla produzione agricola globale durante l'attuale anno agricolo.

A quanto pare la cosa più vicina alle valli fluviali ucraine sono le valli fluviali dell'Illinois/Iowa/Midwest del Mississippi, ma queste ultime hanno disperatamente bisogno di fertilizzanti necessari per generare 200 staia di mais per acro e simili. L'impennata dei prezzi dei fertilizzanti – fino a 4 volte per alcuni tipi – farà cambiare drasticamente i calcoli degli agricoltori. Cioè, si utilizzeranno molto meno per acro, causando un calo dei rendimenti statunitensi nonostante i campi di grano dell'Illinois siano lontani, molto lontani dai campi di battaglia ucraini.

Di conseguenza è quasi garantito che i prezzi dei generi alimentari raggiungeranno la doppia cifra entro la fine di quest'anno e nel 2023. Infatti è probabile che l'indice dei prezzi dei prodotti alimentari raggiunga un picco vicino a quello raggiunto l'ultima volta nel dicembre 1973 (20% annuo).

Naturalmente questa è una situazione completamente nuova per la FED e le altre banche centrali. Se l'inflazione trainata dai prezzi alimentari non viene affrontata con forza e credibilità, la loro decantata "indipendenza" è sicuramente a serio rischio di fronte ad una rivolta populista.

La storia è simile per i beni durevoli. Dopo 34 trimestri consecutivi di variazione dei prezzi sostanzialmente negativa dovuta alla proliferazione delle supply chain e alla spinta verso costi di produzione e manodopera sempre più bassi, i prezzi dei beni durevoli sono ora violentemente aumentati. Durante il primo trimestre 2022, infatti, l'indice dei beni durevoli è stato del 17,4% più alto rispetto all'anno precedente.

Ancora una volta, non c'è nulla all'orizzonte che suggerisca un radicale recupero in tempi brevi. Infatti qualunque sia la motivazione dei cinesi per il blocco di Shanghai e altrove in questo momento – una ricerca fanatica di zero casi Covid o solo una scusa per inviare un messaggio ai guerrafondai di Washington – il fatto è che le supply chain globali sono gravemente danneggiate.

Ci vorranno probabilmente anni prima che la variazione annua dei beni durevoli torni verso l'obiettivo della FED al 2,00%, per non parlare della corsa negativa che ha mantenuto bassa l'inflazione complessiva per la maggior parte dell'ultimo decennio.

Anche le componenti riguardanti i servizi all'interno dell'IPC non stanno poi messe meglio. Dopo essere cresciuto del 2-3% annuo durante la maggior parte dell'ultimo decennio, l'indice generale dei servizi ha subito una forte accelerazione nell'ultimo anno ed a marzo è salito del 5,1% rispetto all'anno precedente.

Ahimè, anche questa componente sta salendo, perché una delle principali sottocomponenti dei servizi sono gli affitti, sia come misura diretta per 45 milioni di famiglie di affittuari, sia come ingrediente essenziale dell'indice OER per 80 milioni di proprietari di case.

Gli indici annui degli affitti ed OER sono saliti rispettivamente del 4,4% e del 4,5% a marzo. Un aumento sostanzialmente al di sotto della media del 5,1% per tutti i servizi, ma, cosa più importante, è molto in ritardo rispetto all'indice Zillow, che invece è salito del 17% durante l'ultimo mese.

Il fatto è che l'indice del BLS è costruito in modo tale da far sì che i tassi degli affitti riportati siano in ritardo rispetto al mercato del mondo reale, un ritardo fino a sei mesi. Quindi, ancora una volta, questa enorme componente che pesa al 32% sull'IPC spingerà l'indice dei servizi molto più in alto nei prossimi mesi.

Infine c'è la questione dell'energia e delle merci in generale. In breve, a marzo l'indice relativo a tutte le materie prime è arrivato al livello più alto mai registrato.

Proprio così. Rispetto ai precedenti massimi, il dato annuo di marzo 2022 ha fatto segnare un nuovo record.

Variazione annua dell'indice dei prezzi delle commodity:

• 1° trimestre 2022: 14,22%;

• 3° trimestre 2008: 6,68%;

• 1° trimestre 1980: 13,69%;

• 4° trimestre 1974: 12,83%.

Ecco il punto. Tra Russia, Ucraina e Bielorussia si parla della madre geografica dell'energia, dei metalli e delle materie prime agricole. Per motivi che spiegheremo di seguito, è probabile che la guerra in Ucraina non finisca presto, il che significa che tra i punti di strozzatura del Mar Nero, la distruzione dell'attività economica in Ucraina e la sfrenata guerra delle sanzioni contro la Russia non ci sarà alcun ritorno alla normalità e ad un equilibrio tra domanda e offerta per le commodity per molto tempo a venire.

La FED, ovviamente, dirà di non essere responsabile della guerra di Washington/Bruxelles sulle materie prime globali. Ma non importa, l'aumento dei prezzi delle materie prime assicurerà che l'inflazione complessiva rimanga "straordinariamente" elevata per molti trimestri a venire.

Di conseguenza, che gli piaccia o no, gli stampatori di denaro saranno alle corde nel prossimo futuro.

Il cuore dell'eruzione dei prezzi delle materie prime, ovviamente, è l'energia. E in tal caso gli aumenti dei prezzi sono stati così enormi e minacciano di salire ancora di più che non saranno contenuti dall'indice dell'inflazione generale per numerosi trimestri a venire, anche se i loro effetti secondari ricadranno sui prezzi dell'industria, dei trasporti e dei servizi.

A questo proposito, l'aumento di marzo rispetto agli anni precedenti per i tre principali beni energetici utilizzati dalle famiglie era letteralmente fuori scala. La variazione di prezzo rispetto a marzo 2021 è stata la seguente:

• Petrolio: +51,7%;

• Benzina: +48,0%;

• Gas Naturale: +21,7%.

Questo ci porta alla follia dell'ingerenza di Washington nella disputa Russia/Ucraina e della sua sfrenata Guerra delle Sanzioni contro la prima.

Ciò che sta facendo è prolungare una guerra distruttiva che l'Ucraina non può vincere, oltre a perseguire incautamente il suo presunto diritto di determinare cosa succede alle porte della Russia e distruggere il sistema globale di scambi e pagamenti dollarizzato su cui si basa la debole prosperità dell'America.

Washington ora è così coinvolta in questa avventura sbagliata che ha sostanzialmente consegnato le chiavi ai pericolosi pagliacci che guidano il governo di Kiev. Sono stati trasformati nell'incarnazione stessa degli eroi di Churchill, mentre il pozzo nero infinitamente corrotto, autoritario e influenzato dai neonazisti che passa per il governo ucraino è diventato la prima linea nella battaglia per la democrazia e i diritti umani.

Non sorprende, quindi, che i piagnucoloni ucraini richiedano ancora una volta un embargo sul petrolio russo e che i trader sull'energia smettano del tutto di trattare con loro.

Accade quindi che la Russia prebellica esportasse circa 8 milioni di barili di greggio, condensato e raffinati al giorno, una cifra che potrebbe ridursi di 3 milioni al giorno più avanti questa primavera secondo l'IEA e molto di più se l'Europa decidesse di fare harakiri economico e tagliare completamente le esportazioni di petrolio russe.

Inutile dire che nel contesto di un mercato petrolifero globale da 100 milioni di barili, il sistema di approvvigionamento russo è la differenza tra $100 al barile di petrolio e $300 dollari al barile.

Quindi questi pagliacci a Kiev vogliono essenzialmente che il mondo si suicidi economicamente. E questo perché negli ultimi otto anni hanno insistito per entrare a far parte della NATO e condurre una guerra brutale contro la popolazione di lingua russa del Donbas, una schifosa campagna militare che ha provocato la morte di 14.000 civili e che al confronto fa sembrare un'inezia l'attuale numero di vittime civili causato dalla Russia.

Ma non si può tornare indietro. Quando i russi alla fine prenderanno il controllo del Donbas e della sponda settentrionale del Mar Nero, la guerra delle sanzioni di Washington/Bruxelles contro la Russia sarà portata a livelli assurdi, inclusa un'ulteriore interruzione del complesso energetico.

La FED ha visto arrivare tutto ciò?

Ovviamente no.

Ma nel portare il suo bilancio da $900 miliardi a $9.000 miliardi in meno di 14 anni, ha considerato la possibilità di un "cigno nero" nei mercati globali delle materie prime e nelle supply chain?

Ovviamente no.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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