Bibliografia

martedì 19 aprile 2022

La mendace macchina della propaganda dell'apparato statale

 

 

di David Stockman

Tutto inizia con $813 miliardi, il bilancio della difesa nazionale di Biden per l'anno fiscale 2023. Questa cifra è così grottescamente grande che rappresenta la fonte del fervore di guerra, della russofobia e della vasta disinformazione sgorganti dalla macchina da guerra di Washington e dei suoi ausiliari nei media generalisti.

Il fatto è che mai prima d'ora nella storia dell'umanità risorse economiche di questa portata sono state riversate sul complesso militare-industriale, di conseguenza ci sono letteralmente centinaia di migliaia di dipendenti governativi in ​​uniforme, appaltatori e consulenti privati ​​che operano entro i confini della Beltway e nei suoi nodi periferici e che hanno un interesse prioritario affinché questo treno fiscale continui a correre. Così facendo, eccellono nell'inventare, pubblicizzare e mentire sulle minacce alla sicurezza nazionale che giustificano un budget della "difesa" di queste dimensioni sbalorditive.

Infatti c'è così tanta ciccia che il bilancio della difesa degli Stati Uniti fa praticamente gola a tutti. Infinite sacche di denaro per la ricerca e lo studio finiscono per finanziare i think tank, le ONG ed i consulenti che, a loro volta, si occupano di alimentare una massiccia sindrome da esagerazione delle minacce. E lo fanno giorno dopo giorno, concentrandosi su una serie di teatri in continua apparizione in tutto il pianeta.

Basta ricordare i numeri del bilancio della difesa al culmine della Guerra Fredda, quando l'Unione Sovietica era al culmine della sua potenza industriale ed in quel momento il presidente Eisenhower pronunciò il suo famoso discorso d'addio avvertendo dei pericoli del potere incontrollato nel complesso militare-industriale. Il budget di allora era di $52 miliardi, ed il più grande generale che abbia mai occupato lo Studio Ovale lo riteneva più che adeguato per provvedere alla sicurezza della nazione.

In dollari equivalenti del 2021 si traduce in $370 miliardi, il che significa che il budget di Biden è 2,2 volte più grande in termini reali. E, sempre in dollari costanti, gli $813 miliardi di Biden sono:

2 volte il budget per la difesa di Nixon nell'anno fiscale 1972 ($398 miliardi), nonostante egli fosse un falco della guerra;

2,2 volte il budget per la difesa di Jimmy Carter ($370 miliardi), dove non ci fu nessuna invasione sovietica nonostante le chiacchiere dei repubblicani riguardi ad una presunta "debolezza";

1,33 volte il massiccio rafforzamento della difesa di Ronald Reagan che raggiunse il picco nel 1986 a $610 miliardi nell'infallibile ricerca della vittoria finale sull'Impero del Male (nota: quest'ultimo è crollato a causa del comunismo, non del budget della difesa di Reagan);

1,54 volte l'ultimo budget per la difesa della Guerra Fredda di $545 miliardi nel 1990, che avrebbe dovuto essere il punto di partenza per la smobilitazione e la smilitarizzazione della politica estera americana dopo la Guerra Fredda.

Nel 1991 la spaventosa Unione Sovietica era stata gettata nella pattumiera della storia. Allo stesso modo, all'inizio degli anni '90 Deng Xiaoping decise di sostituire lo slogan di Mao, secondo cui il potere deriva dalla canna di una pistola, con uno nuovo: il governo del partito comunista sarebbe stato facilitato da una stampante monetaria fumante e da una baldoria di costruzioni ed esportazioni alimentate dal debito.

Naturalmente ciò significava che non c'era più potenza industriale sulla Terra che potesse plausibilmente minacciare la patria americana: non la Russia sovietica, la quale era economicamente debole e fondamentalmente lo è ancora; e nemmeno la grande macchina di esportazione della Cina, perché nessun governante razionale sceglierebbe di bombardare ed invadere i clienti i cui acquisti mantengono la loro gente occupata/felice ed i comunisti al potere.

Tuttavia la macchina da guerra statunitense non avrebbe accettato una semplice dipartita. Clinton avrebbe potuto condurre il mondo al disarmo globale, ma nel 1996 aveva così paura dei falchi repubblicani che andò esattamente nella direzione opposta: l'espansione verso est della NATO, trasformando la Russia in un paria e ora ha portato il mondo sull'orlo dell'Armageddon nucleare.

Di conseguenza non ci fu una smobilitazione radicale di quella che ora era una macchina militare ridondante della Guerra Fredda. Nell'ultimo budget di Clinton la spesa reale per la difesa ammontava a $460 miliardi, o il 25% in più rispetto al budget di Ike per la guerra fredda del 1961, quando avrebbe dovuto essere la metà di quel livello date le minacce trascurabili alla patria americana allora esistenti.

Il complesso militare-industriale stava solo aspettando il suo tempo, in attesa di un cambiamento nella leadership della Casa Bianca e della possibilità di lanciare una nuova esagerata "minaccia" alla sicurezza nazionale che ripristinasse la spesa per la difesa ai picchi dell'era Reagan e oltre.

Quel desiderio divenne realtà con Bush il Giovane ed il suo miserabile gruppo di guerrafondai neocon. Quando le guerre afghane ed irachene erano in pieno svolgimento e l'idea di una smobilitazione post-guerra fredda era stata completamente sepolta, il budget della difesa di George W. Bush era esploso a $840 miliardi nell'anno fiscale 2021.

Era l'83% in più rispetto al budget in uscita di Clinton in dollari costanti ed era così strabordante che Washington fu praticamente trasformata in una capitale di guerra permanente. I dollari disponibili per finanziare il gioco minacce-inflazione – a cominciare dalla demonizzazione di Putin dopo il 2007 quando osò tracciare alcune linee rosse vicino ai propri confini alla Conferenza sulla sicurezza europea di quell'anno – erano a dir poco infiniti.

Gli anni di Bush ed il massiccio aumento della spesa per la difesa che li ha accompagnati hanno portato all'eutanasia della modesta resistenza al cosiddetto Warfare State rinato invece durante i primi giorni dell'invasione dell'Iraq.

Di conseguenza l'amministrazione Obama, che decenni prima sarebbe stata piena di attivisti per la pace, ha puntato tutto sulla guerra. Anche dopo che l'occupazione espansiva e costosa dell'Iraq era stata annullata, il budget di Obama pesava $668 miliardi, o il 181% in più rispetto a quello di Eisenhower.

E, naturalmente, Trump ha terminato il lavoro, riportando la spesa reale per la difesa a $750 miliardi nel suo budget finale. Mentre Donald aveva mosso correttamente le labbra sull'ovvia obsolescenza della NATO e della fallimentare campagna di guerra infinita dell'America, i veri governanti di Washington non ne avevano ancora avuto abbastanza. Accarezzando Trump con nuovi giocattoli da guerra, sono diventati grassi e felici come non mai.

Quindi la domanda si ripresenta: per quale motivo gli Stati Uniti hanno bisogno di un budget per la difesa più grande dei 10 più grandi budget per la difesa successivi sul pianeta Terra, tra amici e nemici presi insieme?

Risposta: nessuno!

Le vere minacce alla sicurezza e alla protezione della patria americana non sono maggiori oggi di quanto non fossero alla fine della guerra fredda negli anni '90.

Dopotutto il PIL USA/NATO combinato è di $43.000 miliardi ed i budget combinati per la difesa sono di $1.200 miliardi. Il temibile nemico del momento, la Russia, ha un PIL di appena il 3,4% ($1.460 miliardi) rispetto al totale USA/NATO ed un budget per la difesa ($67 miliardi) che è solo il 5,5% rispetto a USA/NATO.

Allo stesso modo, il nemico successivo in linea, la Cina, ha un PIL di $14.700 miliardi ed un budget per la difesa di $230 miliardi. Ma nessuna di queste cifre, che sono rispettivamente il 34% ed il 19% rispetto al totale USA/NATO, equivale ad una infima minaccia che dovrebbero implicare.

Questo perché l'economia cinese è sepolta sotto $50.000 miliardi di debito interno ed estero e quindi difficilmente sopravviverebbe un anno senza i $2.600 miliardi di entrate annuali delle esportazioni che mantengono in vita il suo massiccio schema di Ponzi. Per parafrasare il presidente che andò a Pechino nel 1972, la Cina è essenzialmente una versione indebitata del “gigante pietoso e indifeso” di Nixon; non ha la libertà economica per fare la guerra all'Occidente, anche se avesse i mezzi militari, cosa che sicuramente non ha.

Tuttavia se le minacce reali sono inesistenti, quelle false abbondano. E questo ci riporta all'argomento del momento: l'implacabile truffa che è diventata la guerra in Ucraina. È un fatto che i guerrafondai a Washington siano bisognosi di infinite narrazioni su "minacce esistenziali" in grado di evocare e/o trasmettere pura finzione quando serve.

Ad esempio, la narrativa in corso sui media generalisti è che l'offensiva russa è stata bloccata e smussata dai valorosi sforzi dell'esercito ucraino e dalla coraggiosa determinazione della popolazione civile; e che alla fine potranno prevalere se Washington e Bruxelles avranno la saggezza e la forza d'animo per aumentare le scorte di armi e la Guerra delle Sanzioni fino a quando Putin non si arrenderà e se ne andrà a casa con la sua (diabolica?) coda tra le gambe.

Questa è una sciocchezza, ovviamente. Il fatto è che l'esercito ucraino è stato decimato e frammentato, allo stremo in termini di carburante, munizioni, ricambi, comunicazioni e rinforzi.

Così, secondo i dati di Mosca che non sono stati confutati da Washington:

• 123 dei 152 caccia dell'Ucraina erano stati distrutti, così come 77 dei suoi 149 elicotteri e 152 dei suoi 180 sistemi di difesa aerea a lungo e medio raggio;

• Attualmente le forze aeree ucraine ed il sistema di difesa aerea sono stati quasi completamente distrutti. Le forze navali del Paese hanno cessato di esistere;

• Sedici principali aeroporti militari da cui sono state effettuati attacchi da parte dell'aviazione ucraina sono stati distrutti o resi inutilizzabili;

• Sono state distrutte trentanove basi di stoccaggio e arsenali che contenevano fino al 70% di tutte le scorte di equipaggiamento militare, materiale e carburante, oltre a oltre 1,54 milioni di tonnellate di munizioni;

• Tutte le 24 formazioni delle forze di terra esistenti prima dell'inizio dell'operazione hanno subito perdite significative. L'Ucraina non ha più riserve organizzate;

• All'inizio della guerra le forze armate dell'Ucraina, insieme alla Guardia nazionale, contavano 260.200 mila militari. Dopo un mese dall'inizio delle ostilità le loro perdite ammontano a circa 30.000 persone, di cui oltre 14.000 morti e circa 16.000 feriti;

• Dei 2.416 carri armati e altri veicoli corazzati da combattimento il 24 febbraio, 1.587 unità (65%) sono state distrutte;

• 636 unità su 1.509 cannoni e mortai di artiglieria da campo sono andate perdute, oltre a 163 su 535 MLRS;

• 148 dei 180 sistemi di difesa aerea S-300 e Buk M1 sono stati eliminati, insieme a 117 dei 300 radar per vari scopi.

Lungi da noi sapere se l'inventario di Mosca sui danni alle forze armate ucraine sia affidabile, ma il silenzio del Pentagono, del portavoce della NATO e del governo ucraino è assordante. Supponiamo, quindi, che i numeri qui sopra siano raddoppiati: stiamo parlando di un esercito che è stato essenzialmente spazzato via dal campo di battaglia.

Inoltre ci sono molte prove circostanziali per convalidare quest'ultima affermazione. Si consideri, ad esempio, il presunto fallimento russo a Kiev, simboleggiato dal convoglio "lungo 40 miglia" di carri armati, veicoli corazzati e artiglieria pesante che è sceso dalla Bielorussia a nord e ha raggiunto la periferia di Kiev nei primi giorni del guerra e poi si diceva che fosse in stallo, perso e soffrisse per una serie di problemi di rifornimento, coordinamento e morale.

Se agli ucraini fossero rimaste risorse militari sostanziali, questo convoglio senza fine sarebbe stato un boccone irrinunciabile per l'attacco di aerei ucraini, elicotteri, artiglieria, mortai pesanti, missili da crociera, unità di fanteria mordi e fuggi, ecc. Ma a nostra conoscenza non esiste un video o una serie di foto satellitari che dimostrino tali attacchi, principalmente perché l'esercito ucraino non era in grado di sferrarne nessuno.

Invece quello che è successo è stata una classica manovra di guerra da parte della Russia. Non solo ha circondato gran parte di Kiev senza incontrare una seria resistenza in rotta verso la capitale, ma poi è tornata in modalità stazionaria perché quella era la strategia scelta, non la prova di un fallimento.

Dovrebbe essere ovvio per chiunque non sia soggetto alla propaganda "Putin = Hitler = conquistatore di terre" che l'accerchiamento di Kiev era una tattica diversiva progettata per dissuadere l'Ucraina dall'inviare rinforzi nel Donbas. È lì che si combattono le vere battaglie per il territorio.

Infatti a parte la manciata di milizie neonaziste e mercenari stranieri che combattono battaglie campali contro le forze russe nel Donbas, la tanto decantata "resistenza" non si trova da nessuna parte nel resto dell'Ucraina.

Quindi, nel bene e nel male, la Russia sta raggiungendo i suoi veri obiettivi di guerra: liberare le repubbliche del Donbas, rafforzare le sue pretese sulla Crimea e rendere il resto dell'Ucraina incapace di ospitare future minacce alla sua sicurezza.

A questo proposito, ecco i confini nel Donbas che saranno presto completamente liberati, quando le posizioni dei battaglioni Azov ivi accerchiate saranno definitivamente liquidate.

Ancora più importante, l'ampia distorsione della situazione sul campo di battaglia è la prova che la macchina da guerra di Washington è diventata un nastro trasportatore di falsità anche per ciò che rimane del governo di Zelensky a Kiev. Come ha giustamente fatto notare Patrick Lawrence:

C'è la storia del "Fantasma di Kiev", un eroico pilota di caccia che si è scoperto derivare da un videogioco. Ci sono gli eroi di Snake Island, 13 soldati ucraini che hanno resistito fino alla morte sul Mar Nero, tranne per il fatto che si sono arresi, anche se non prima che Zelensky avesse assegnato loro medaglie d'onore postume che non erano postume.

C'è il reparto maternità che i russi avrebbero bombardato a Mariupol. E poi il teatro, e poi la scuola d'arte. Tutti pieni di cittadini accalcati che l'aviazione russa aveva preso di mira cinicamente perché "questo è un genocidio", come il sempre intemperante Zelensky non esita ad affermare.

Tutto questo è stato riportato come dato di fatto dal Times e da altri importanti quotidiani e, ovviamente, dalle maggiori emittenti televisive. Ci sono state immagini, ci sono stati dei video, tutti molto persuasivi a prima vista.

E poi, mentre aumentano le prove che questi incidenti sono stati messi in scena come propaganda per incastrare i russi ed attirare le forze della NATO direttamente nella guerra, scende un silenzio degno di una cappella cattolica. Non leggiamo più del reparto maternità che si è rivelato essere una base Azov improvvisata, o del teatro, dove i cittadini venivano ammassati, fotografati con coperte logore e mandati via. Idem la scuola d'arte: niente più su questa notizia da quando i rapporti iniziali hanno cominciato a crollare. Nessun conteggio dei cadaveri, nessuna menzione del fatto che i jet russi non hanno sorvolato Mariupol nei giorni in questione.

E questo ci porta, ovviamente, all'ultimo e più grande assalto propagandistico di Kiev: i presunti crimini di guerra a Bucha.

Si tratta di un sobborgo di 35.000 anime a poche miglia a nord di Kiev ed una delle città che le forze russe hanno iniziato ad evacuare il 29 marzo mentre procedevano i colloqui di pace ad Istanbul. Il 30 marzo le forze russe erano sparite ed il giorno successivo, il 31 marzo, il sindaco della città, Anatoly Fedoruk, ha celebrato la liberazione della città con un discorso ai suoi cittadini.

Non ha menzionato nulla di spiacevole per le strade, i cortili o gli spazi pubblici di Bucha.

Due giorni dopo, il 2 aprile, un'unità speciale della polizia nazionale ucraina si è schierata a Bucha; e poi durante la notte il posto è diventato un inferno, con i corpi nelle strade (410, secondo l'ufficio del procuratore generale a Kiev). Tutto questo era presumibilmente la prova di atrocità: persone legate ed uccise a bruciapelo.

Il fatto più sospetto, tuttavia, era che durante il periodo di quattro settimane di occupazione dell'esercito russo, i cittadini locali avevano preso ad indossare bracciali bianchi per evidenziare la loro non affiliazione all'esercito ucraino, o perlomeno non nutrivano intenzioni ostili nei confronti dell'esercito russo. Inutile dire che agli occhi dell'esercito ucraino, allora assente, erano diventati collaboratori.

Non sorprende, quindi, che molti dei cadaveri scoperti di recente nei video indossassero bracciali bianchi. Infatti, prima che emergessero le notizie sulle uccisioni di massa, la polizia ucraina aveva annunciato che stava effettuando un'operazione in città per "ripulire l'area dai sabotatori e dai complici delle truppe russe".

Inutile dire che in un solo giorno Washington, Londra e Parigi hanno alzato grida di indignazione. Nessuna richiesta per un'indagine imparziale, ispezioni forensi, o cose del genere; nessuno ha chiesto perché i cadaveri lasciati in strada per cinque giorni sembrassero ancora freschi, o perché i parenti dei morti li avevano lasciati lì fino all'arrivo dell'unità di comando di Kiev.

Anche il Pentagono, con tutta la sua massiccia intelligence satellitare, che sicuramente era concentrata come un falco sui dintorni di Kiev, ha rifiutato di avallare una narrazione che è emersa dall'oggi al domani.

Alla fine, la storia di Bucha è sicuramente l'ultima goccia. In tutto il territorio della NATO vengono sfornate nuove sanzioni ed i diplomatici russi vengono cacciati dalle capitali nazionali. E tutto si basa su una narrativa a dir poco sospetta, piena di buchi, ma ritenuta credibile solo perché proferita dalla macchina della propaganda di Zelensky e poi enormemente amplificata dalla macchina da guerra infinitamente menzognera di Washington.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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