Bibliografia

venerdì 4 marzo 2022

La roadmap verso la prossima recessione

 

 

di Francesco Simoncelli

Nel mio ultimo libro, La fine delle fallacie economiche, ho adottato un approccio metodologico che ho definito "approccio Bastiat": ciò che si vede non è tanto importante quanto ciò che non si vede. Ovvero, le analisi economiche devono andare oltre i sillogismi più immediati e sondare invece quelle conseguenze che scaturiscono da ragionamenti più omnicomprensivi. Bastiat usava l'esempio della cosiddetta "finestra rotta" per veicolare suddetta metodologia: cosa ci perdiamo se ci lasciamo andare a degli istinti presumibilmente buoni ma fattualmente sbagliati? Nel suo esempio, la distruzione, sebbene portasse sollievo nel breve termine, rappresentava uno spreco di capitale limitato e scarso per ricreare qualcosa che già esisteva e si è volontariamente rotto. Ancor più grave sarebbe una giustificazione di questa distruzione. Dato il mondo di scarsità in cui viviamo, è cruciale effettuare un calcolo economico in accordo con i segnali di mercato al fine di allocare quanto più correttamente possibile le risorse di capitale inerti ed umane. Un altro esempio per capire meglio questo concetto lo ritroviamo sul giornale Il Mattino, il quale ci informa che esiste un asteroide pieno d'oro in grado di rendere "ricchi" ogni abitante della Terra. Tale considerazione è quella più immediata... ma cosa "non si vede"? Ecco un concetto chiave: la ricchezza reale non è costituita da quanto denaro si possiede, ma dalla facilità con cui si accede a beni e servizi.

Ad esempio, in Venezuela sono tutti "ricchi" di denaro, ma nonostante tutti quei soldi è arduo per la maggior parte delle persone accedere a beni e servizi. Ciò sarebbe vero anche se tutti avessero oro: l'oggetto che facilita uno scambio non è il fine dello scambio, ma solo un mezzo. La catallattica ci informa che lo scambio rappresenta la necessità di ogni attore di mercato che vi partecipa di migliorare le proprie condizioni di partenza, cercando di staccare un accordo "win-win" con l'altra parte in gioco. Più questi scambi sono lasciati ad una risoluzione pacifica e volontaria, più il bacino della ricchezza reale si espande e più è facile per gli attori di mercato accedere ad una quantità crescente di beni e servizi. Non è il denaro, quindi, che stimola questa crescita bensì il desiderio degli individui di lenire stati di insoddisfazione ricorrenti. La mutevolezza di tali desideri incarna l'impossibilità di una pianificazione centrale di risolverli attraverso piani dettati in maniera top-down, ma al contempo la rete spontanea di scambi che avvengono in una società (bottom-up) garantisce un percorso sano ed onesto verso la prosperità. Tali ordini spontanei, come teorizzava Menger, rappresentano i grimaldelli dell'umanità nei confronti di un maggiore benessere.

Possiamo definirlo il "miracolo del mercato", come diceva anche Leonard Read, il quale attraverso il saggio magistrale I, the Pencil riuscì a trasmettere questa saggezza in modo semplice ed intuitivo. Suddetto ordine spontaneo, qualora subisce interferenze esterne da parte di gruppi di comando/controllo, tende a trovare la strada per tornare ad un percorso sostenibile (proprio perché è desiderio degli individui soddisfare le proprie esigenze); più le interferenze salgono, più l'ordine spontaneo dell'economia di mercato impiega forze contrastanti per ritornare "in carreggiata". Ad oggi, le interferenze dei gruppi di comando/controllo si sono spinte a livelli inverosimili solo 2 anni fa, figurarsi dieci anni fa, e l'inflazione dei prezzi che stiamo sperimentando è la conseguenza di un intenso interventismo centrale nei mercati affinché fossero spinti ad andare dove desideravano suddetti gruppi di comando/controllo. L'artificialità di questo movimento, producendo dapprima accordi "win-lose", è arrivata a creare infine accordi "lose-lose". Fermatevi un attimo a pensare: davvero possiamo parlare di boom economico, o "locomotiva italiana" ad esempio, quando gli standard di vita sono flessi verso il basso da anni, quando coloro sotto la soglia della povertà aumentano, quando l'uso di droghe è pervasivo, quando i disturbi psicologici sono pervasivi, quando l'aspettativa di vita diminuisce, quando i tassi di natalità sono al palo? Questi sono tutti tratti distintivi di una depressione economica, una depressione economica inflazionistica.[1]

L'inflazione dei prezzi è un danno sia per poveri che per ricchi: i primi vedono diminuire il potere d'acquisto del denaro; i secondi vedono diminuire l'offerta di beni. Questo significa che i beni "comuni" di ieri, oggi diventano lussi, con conseguente riduzione della libertà. Questo schiacciamento della società finisce per inghiottire strani sempre più crescenti delle classi sociali, peggiorando ovviamente le condizioni di quelle già inghiottite nel processo. La cosiddetta unaffordability di una serie di beni importanti (es. casa, automobile, viaggi, ecc.) fa progressivamente regredire nella povertà quelle persone che fino a poco tempo prima riuscivano a vivere una vita decente e questo, a sua volta, andrà inevitabilmente ad intaccare anche gli strati più alti della società: la produzione viene man mano decurtata ed il capitale disponibile viene man mano sprecato mediante segnali economici fasulli.

E anche qui l'esempio del Venezuela è calzante: mercato azionario ai massimi, mercato immobiliare ai massimi, PIL nominale ai massimi, ciononostante l'economia è un disastro. Questo perché anche se gli asset, finanziari o immobiliari, salgono, nel momento in cui i prezzi in generale salgono più velocemente, quel guadagno iniziale va a perdersi. E questo senza contare la crescita stagnante dei salari.


ANCHE UN EVENTUALE “QUANTITATIVE TIGHTENING” NON FERMERÀ L'INFLAZIONE DEI PREZZI

L'inflazione dei prezzi è tradizionalmente associata ad un disordine economico. Quando i sovrani sovrani entravano in guerra con denaro che non avevano, dipendevano dalla creazione artificiale dello stesso per coprire i loro costi, infatti durante la lunga guerra tra la Gran Bretagna e la Francia i costi bellici del governo britannico crebbero in modo esponenziale. L'economia inglese era nel caos, con il 70% del debito finanziato dalla Banca d'Inghilterra. Quando gli Austriaci sostengono che la nazionalizzazione della Banca d'Inghilterra avvenne proprio allo scopo di assistere il governo, conferendogli così il controllo di uno dei pilastri più importanti della vita economica, non si sbagliano. E poi successe qualcosa di strano nel bel mezzo della Grande Depressione: La teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e del denaro di John Maynard Keynes fornì da quel momento in poi agli stati sia la legittimità di espandere il proprio controllo sugli affari economici, sia lo strumento. Poi, negli anni '70, l'inflazione dei prezzi salì a livelli ingiustificabili anche dai più fervidi sostenitori dell'interventismo. La stagflazione dimostrò ciò che gli economisti classici avevano sempre sostenuto: non è possibile generare ricchezza e prosperità creando denaro artificialmente ed incatenando il mercato.

Una crisi unica, nata dal disordine politico e sfociata in una stagnazione economica, è ora diventata una crisi economica/finanziaria senza fine, qualcosa che abbiamo interiorizzato e che abbiamo ritenuto normale. Il ruolo delle banche centrali di tutto il mondo si è evoluto dalla "salvaguardia dell'economia" alla "gestione dell'economia", distorcendo radicalmente il funzionamento del mercato nel processo. Il risultato è stato che il bilancio complessivo delle principali banche centrali del mondo è salito ad un incredibile $31.000 miliardi, con la BCE che guida il convoglio a circa $10.000 miliardi. Ora, però, pare che la FED voglia iniziare un percorso di normalizzazione dei tassi.[2] Ma la storia del QE, e quindi anche del QT, è piuttosto breve. A parte una breve sperimentazione giapponese all'inizio degli anni 2000, le prove dei loro effetti reali provengono dal periodo 2008-2019. I tentativi iniziali di Bernanke nell'invertire il QE sono stati ripetutamente sospesi e, dato il livello attuale del bilancio della FED, se si procedesse al ritmo impostato allora da Bernanke ci vorrebbe un decennio per sgonfiarlo adeguatamente, compromettendo così la capacità della FED di rispondere alla prossima inevitabile crisi. Dall'altra parte, muoversi velocemente rischierebbe di far scoppiare la cosiddetta "Everything Bubble". Con l'indice S&P trattato a ben trentasei volte i suoi utili ed i prezzi delle case secondo l'indice Case-Shiller quasi il 67% più alti rispetto al record del 2006, la possibilità di un cosiddetto hard landing non può essere esclusa.

Infine, anche se non è chiaro se l'inversione del QE da parte della FED farà qualcosa per ridurre l'inflazione dei prezzi, il QT potrebbe nuovamente coincidere con suo continuo rialzo se le aspettative future continueranno ad essere elevate ed i rendimenti compressi. Mentre il QT sconquasserà i mercati finanziari e azionari, è altamente improbabile che da solo riesca a smorzare l'inflazione dei prezzi.

Insomma la FED è all'angolo, in trappola.


LA TRAPPOLA “INFLATE OR DIE”

Durante l'ultima riunione del FOMC lo scorso dicembre è stato deciso di ridurre il tasso d'incremento del bilancio della FED ed iniziare, per quanto possibile, un rialzo dei tassi di riferimento. La volontà sarebbe quella, in un prossimo futuro, di vendere gli asset detenuti dalla banca centrale americana, ma per il momento ci dobbiamo "accontentare" di questo. Prima di questa decisione la FED stava aumentando il proprio bilancio a $120 miliardi al mese, e poiché  ha acquistato molti titoli di stato il denaro che ha creato è stato speso dal governo federale ed è stato canalizzato direttamente nell'economia più ampia, gonfiando M1 e M2. Il conseguente aumento dei numeri dell'IPC è stata una conseguenza inevitabile. Non solo, ma se osserviamo stime indipendenti dell'inflazione dei prezzi, possiamo notare che la realtà ha già scatenato la doppia cifra. Sebbene già lo scorso novembre Powell & Co. avessero parlato di tapering, lo scorso dicembre e gennaio la FED non ha per niente ridotto il proprio bilancio. Tra il 1° dicembre ed il 29 dicembre il bilancio della FED è cresciuto di $107 miliardi; tra il 29 dicembre ed il 19 gennaio il bilancio della FED è stato ampliato di $110,4 miliardi.

La FED non ha molto spazio per lasciar salire i tassi. Ora il tasso di riferimento (FFR) è allo 0,15%.[3] Il livello più alto raggiunto dall'FFR nell'ultimo ciclo di rialzi (2015-2018) è stato del 2,4%. Dopo le turbolenze nei mercati azionari statunitensi nel 2018, a settembre 2019 è scoppiata una crisi nel mercato dei pronti contro termine e la FED è tornata ad iniettare liquidità. La FED aveva iniziato a lasciar salire i tassi a dicembre 2015, ma poi è tornata a sopprimerli nel 2019; ha iniziato a ridurre il proprio bilancio alla fine del 2017, ma è tornata ad espanderlo a settembre 2019. La FED non è stata in grado di ridurre il proprio bilancio e lasciar salire i tassi in precedenza, pertanto l'economia statunitense non riuscirà a sostenere entrambe le linee di politica neanche adesso. A maggior ragione non riuscirà a sostenerle visto che il debito federale ha raggiunto la sbalorditiva soglia dei $30.000 miliardi ed il mercato azionario è cresciuto ancora di più sulla scia del nuovo allentamento monetario/fiscale post-crisi sanitaria. Inoltre le banche commerciali stanno facendo registrare nuovamente perdite non realizzate. Un aumento (diminuzione) del valore degli asset che una banca ha nel proprio bilancio rappresenta un guadagno (perdita) non realizzato che si verificherebbe se suddetti fossero venduti. Una delle misure che la FED adotta spesso per convertire le perdite non realizzate in guadagni non realizzati è quella di abbassare l'FFR.

Il grafico qui sopra mostra quanto sia fragile il sistema, considerando che la FED sta a malapena rallentando il suo QE e le banche stanno già affrontando perdite non realizzate. La FED è quindi all'angolo: non ha molto spazio per lasciar salire i tassi senza grandi complicazioni nel mercato finanziario e nell'economia. Anche se alla fine riuscirà ad affrontare un tapering o addirittura un tightening, non andrà più lontano di quanto ha fatto nell'ultimo ciclo di rialzi dei tassi (2015-2018) e contrazione del bilancio (2017-19).

Come la FED, anche la BCE è all'angolo ed in trappola. Diversamente dalla banca centrale americana, quella europea non ha mai parlato finora né di tapering né di tightening, ma anzi ha cercato di gettare fumo negli occhi attraverso la parola "flessibilità". Ovvero, nel caso in cui ci fosse bisogno di un intervento d'emergenza dovuto a difficoltà economiche/finanziarie registrate da uno stato membro, la BCE sarebbe pronta ad intervenire incrementando il PEPP. L'altro programma di acquisto asset, l'APP, continua col pilota automatico ad un ritmo di €40 miliardi al mese, per poi essere eventualmente ridotto fino a €20 miliardi/mese entro la fine di quest'anno.

Sin dal 2015 la BCE non ha ridotto il proprio bilancio e, sin dal 2014, ha tenuto i tassi d'interesse molto vicini allo 0% (e al di sotto nel caso del tasso sui depositi). La Lagarde non ha molto spazio per lasciar salire i tassi senza causare grandi complicazioni nei mercati finanziario e nell'economia più ampia. Inoltre i suoi acquisti di asset, principalmente di titoli di stato della zona Euro, sono ciò che tengono artificialmente bassi gli spread creditizi sovrani e, per estensione, i costi di finanziamento dei deficit pubblici. I rapporti debito pubblico/PIL di Italia e Grecia sono, rispettivamente, il 155,3% ed il 200,7%, molto al di sopra del 69,4% della Germania. Questa enorme differenza riflette il rischio più elevato delle obbligazioni italiane e greche (rispetto alle obbligazioni tedesche). La semplice comunicazione di un effettivo rialzo dei tassi e di una diminuzione degli acquisti di asset farà sì che gli investitori tengano conto di questo rischio ed i rendimenti sui titoli di stato greci ed italiani schizzerà alle stelle, visto che gran parte della loro domanda è sostenuta dalla BCE.

Inutile dire, quindi, che è la BCE che ha tenuto artificialmente bassi i rendimenti su queste obbligazioni, di conseguenza non ha molto spazio per lasciar salire i tassi e/o ridurre/cessare i suoi acquisti mensili di asset. Paesi come Portogallo, Spagna, Italia e Grecia dipendono molto da questa politica monetaria e non ci sono incentivi affinché questi stati riducano la loro spesa pubblica ed il loro indebitamento da far diminuire gli interessi sulle loro obbligazioni senza l'intervento della BCE.[4]

Il sistema bancario centrale, quindi, si trova di fronte a un bivio: in una direzione le azioni crollano a causa del rialzo dei tassi, nell'altra le valute fiat vengono distrutte mentre si tenta inutilmente di sostenere il debito pubblico di governi fiscalmente irresponsabili.


CBDC ED AGENDA “GREEN”: DEMOLIZIONE CONTROLLATA

E qui sta il bello, e la tragedia, di tutta questa storia: non c'è una via d'uscita facile per nessuno. I politici finiranno la scuse e le poche che hanno ancora avranno vita breve. Per anni politici e banchieri centrali si sono affidati alla politica monetaria per cercare di placare all'infinito i loro elettori con promesse di grandezza ed eccessi, mentre hanno tirato i fili di un sistema che socializza le perdite e privatizza i profitti per i privilegiati. La politica monetaria ha funzionato magnificamente per i pianificatori centrali negli ultimi decenni, portando ad un divario tra la classe inferiore e quella superiore sia a livello economico che sociale. Ciò ha consentito ai pianificatori centrali di eludere la responsabilità di 50 anni di lamentele e disgrazie, indicando il mercato azionario per cercare di convincere la popolazione che le cose non andavano così male come sembrava.

Ma questa volta le cose sono decisamente tanto brutte come sembrano e lo capiscono in tanti. Proprio per questo la narrativa del comando/controllo sta cercando di tirare fuori dal cappello nuove giustificazioni per cercare di operare una demolizione quanto più controllata dello status quo. Perdere adesso il controllo significherebbe perderlo anche successivamente quando ci sarà da ricostruire. Due di queste giustificazioni sono le valute digitali delle banche centrali (CBDC) e l'agenda green.

Una CBDC è una forma digitale di valuta fiat, diversa dai saldi nei tradizionali conti di riserva. È uno strumento di pagamento digitale, denominato nell'unità di conto nazionale ed è una passività diretta del sistema bancario centrale. Possiede due funzioni separate: uno scopo generale, o funzione di vendita al dettaglio, per cui una CBDC è un'alternativa al denaro contante e ai depositi bancari commerciali; una funzione all'ingrosso da utilizzare tra gli intermediari finanziari, che incorpora i saldi transfrontalieri. Le CBDC offrono alle banche centrali il potenziale per aumentare i loro controlli su come viene utilizzato il denaro, controllando non solo i mercati e le economie, ma anche gli individui e le imprese. Infatti, dato il desiderio di controllo di tutte le banche centrali per ridurre al minimo le transazioni criminali e l'evasione fiscale, è decisamente improbabile che venga preservato l'anonimato. E per qualsiasi giurisdizione in cui la libertà personale potrebbe ancora essere considerata importante, c'è sempre il richiamo della conformità internazionale per garantire che, in nome della prevenzione delle frodi internazionali e dell'evasione fiscale, la libertà personale debba passare in secondo piano. Inutile sottolineare, quindi, che a libertà personale ed il libero mercato saranno ulteriormente soppressi attraverso la loro introduzione visto che si legheranno a doppio filo con l'identità digitale.

Inoltre una CBDC farebbe diventare realtà il sogno di Gesell di una valuta con "detonatore incorporato". Infatti implementando una CBDC con una data di scadenza oltre la quale diventa inutile, ciò consentirebbe ad una banca centrale di accelerare la spesa in conto capitale, l'espansione dell'occupazione, o la domanda dei consumatori nei settori da essa favoriti, come l'energia verde, o altri settori ritenuti degni di promozione e protezione statale. L'applicazione selettiva di tassi d'interesse positivi e negativi sulle CBDC renderebbe ancor più artificiali gli investimenti di capitale e la gestione economica e questa, sicuramente, è una possibilità che entusiasma (e non poco) i pianificatori centrali affinché possano continuare a tener salda la loro presa sulla fiducia della popolazione. Nel corso del tempo è emerso chiaramente che il mezzo principale con cui gli stati prendono e mantengono il controllo è attraverso il denaro. Le armi aiutano, anche l'autorità, ma alla fine è il controllo del denaro che tiene le persone in schiavitù.

Poi c'è la cosiddetta agenda green. L'ossessione per una riduzione delle emissioni di CO2 è una politica deliberata di distruzione economica. Dopo la spinta agli investimenti in combustibili non fossili, finanziati ovviamente da una maggiore spesa pubblica, i costi imposti alla popolazione per sostituire gas e petrolio con pompe di calore sono a dir poco proibitivi. Infatti tali investimenti sono solo possibili mediante la distruzione e la ricostruzione di aree residenziali e commerciali esistenti. L'energia disponibile dipenderà eccessivamente da fonti eoliche e pannelli solari inaffidabili e la fornitura disponibile dovrà far fronte a richieste di rete molto maggiori di quelle di oggi. I keynesiani che consigliano i vati governi credono che demolizione/ricostruzione secondo nuovi standard ecologici stimolino l'attività economica, come hanno predicato sin dalla ricostruzione post-seconda guerra mondiale. E qui ritorna l'approccio metodologico di Bastiat con cui ho aperto questo saggio: non viene preso in considerazione l'uso alternativo delle risorse economiche. La sostituzione ecologica della logistica dei trasporti, alimentata per oltre il 95% da diesel, è una distruzione della capacità efficiente ed attuale che poi deve essere sostituita da un trasporto elettrico la cui fonte di energia deve essere condivisa con tutte le altre richieste di energia.

L'unica soluzione possibile al problema creato dall'attivismo sul cambiamento climatico riguarda il rapido sviluppo dell'energia nucleare (al torio), e mentre si attende tale sviluppo, ripristinare il carbone e potenziare il gas. Cina e India stanno aumentando le loro forniture alimentate a carbone, garantendosi un vantaggio significativo in termini di prezzo dell'energia rispetto all'Occidente. E anche se hanno firmato per ridurre la loro dipendenza dal carbone, è una promessa che si perde in un futuro indefinito. Solo per motivi energetici, le nazioni europee stanno scambiando il proprio status economico con le nazioni emergenti, in modo che quando queste ultime saranno completamente emerse, l'Europa avrà lo status di terzo mondo.

Qualunque sia il merito del dibattito sul cambiamento climatico, è un tema che non deve essere confuso con l'economia. Nell'entusiasmo per l'eliminazione dei combustibili fossili e delle fonti di energia primarie ed affidabili, le prospettive per l'economia in generale sono di un declino accelerato. E come non aspettarsi, quindi, che lo stato, fautore di questa demolizione, non si erga dalle macerie come salvatore e proprietario di un piano per "ripartire"? Inutile dire che il biglietto per far parte di questo piano è accettare il suo autoritarismo incalzante. Questa è una lezione fondamentale: le narrative funzionali ad un autoritarismo progressivo le riconoscete dalle dissonanze cognitive.

La prossima narrativa funzionale alla crescita ipertrofico dello stato e della pianificazione centrale è quella legata alla cosiddetta agenda "green". Apprendete ciò che è "reale adesso", per non vederlo scomparire dopo e subire un lavaggio del cervello.


IL GRAN FINALE

Ma, arrivati a questo punto, la domanda che molto probabilmente aleggia nella testa dei lettori è: come andrà a finire questa storia? Il seguente report di Brian Hirschmann di Hirschmann Capital ci può offrire una risposta:

Sin dal 1800 51 Paesi su 52 con debito pubblico lordo superiore al 130% sono andati in default a causa di ristrutturazioni, svalutazioni, inflazione elevata o totale insolvenza.
Il debito pubblico negli Stati Uniti è arrivato al 130% del PIL nel 2020, ma non passerà molto tempo prima che raggiunga il 140%. E poi? Facciamo un piccolo calcolo: tassi "normali" (al netto dell'inflazione) sarebbero di circa il 3%. Con un'inflazione al 7% ciò significa che il tasso nominale dovrebbe essere di circa il 10%. C'è un modo per rifinanziare gli $86.000 miliardi di debito pubblico/privato americani al 10%? No. Significherebbe pagamenti del servizio del debito per oltre un terzo del PIL. In un'economia di mercato, i livelli di debito si autoregolano: man mano che le persone prendono in prestito sempre di più, i tassi d'interesse salgono. Ciò non accade quando la FED acquista attivamente debito, abbassando i tassi d'interesse, e stampa denaro.

E ora, con così tanto debito, se la FED cerca di tornare a tassi normali, farà crollare l'intero baraccone. Anche piccoli aumenti del tasso di riferimento al netto dell'inflazione, diciamo da -6% attualmente a -5%, causeranno una corsa impazzita sui mercati finanziari. Non è un caso che la scorsa settimana, dopo le notizie provenienti dal fronte orientale, le borse abbiano fatto registrare discese importanti. Per la guerra? No, per l'avvicinarsi del presunto primo rialzo dei tassi da parte della FED. Infatti sono poi rimbalzate sulle notizie della guerra perché sperano che questo evento farà cambiare idea a Powell riguardo un prossimo rialzo dei tassi.

Come abbiamo visto in questo saggio, gli Stati Uniti sono intrappolati: da un lato un debito da quasi $90.000 miliardi e dall'altro il pressante rialzo dei tassi d'interesse. La necessità di "normalizzare" e fare i conti con i suoi debiti prima che peggiorino ed i clientes che perderebbero migliaia e migliaia di miliardi di dollari e non vogliono. In altre parole, come diceva Oliver Hardy a Stan Laurel: "Ecco un altro bel pasticcio in cui ci hai messo". Quindi cosa potrebbe succedere? Hirschmann ci ha illustrato le possibilità: ristrutturazione, svalutazione, iperinflazione o totale insolvenza. Poi aggiunge:

Se le banche centrali potessero sempre mantenere bassi i tassi d'interesse, nessun governo andrebbe mai in default. Eppure, solo nel 2020, Argentina, Ecuador e Libano sono falliti nonostante i migliori sforzi [delle banche centrali]. Anche le [banche centrali] dei Paesi ricchi sono state spesso sopraffatte (ad esempio: la grande inflazione statunitense del 1965-82, il salvataggio del Regno Unito nel 1976 da parte dell'FMI, la crisi islandese del 2008-11 ed il crollo dell'ancoraggio della valuta svizzera nel 2015). Peggio ancora, il debito pubblico è attualmente a livelli pericolosi anche in altre grandi economie, tra cui Brasile, Cina, Giappone, Regno Unito e zona Euro. Inoltre la BOJ e la BCE, tra le altre principali banche centrali, stanno eseguendo operazioni di carry trade sconsiderate, simili a quelle della FED. Pertanto una crisi del debito pubblico in un Paese potrebbe facilmente innescare una crisi del debito pubblico globale e che farebbe scoppiare le bolle in Cina, nelle azioni statunitensi e negli immobili statunitensi
I fuochi d'artificio, quindi, sono carichi e pronti per essere sparati. Assicuratevi di guardarli a debita distanza.


LA FORZA CONTRASTANTE PIÙ FORTE FINORA GENERATA DALL'ECONOMIA DI MERCATO: BITCOIN

Nell'ultimo decennio le persone hanno iniziato a studiare i contorni di questa gigantesca truffa. Grazie alla popolarità di Bitcoin, molti che altrimenti non se ne sarebbero stati interessati hanno invece iniziato a capire come funziona il sistema bancario centrale. Bitcoin ha istruito un'intera generazione di investitori sulle insidie della politica monetaria moderna.

E infatti il cambiamento di paradigma introdotto da Satoshi altro non è che un cambiamento di paradigma sociale: le persone stanno cambiando. Il rumore sul prezzo è solo un cosiddetto side show. Mentre in Occidente è visto principalmente come un asset d'investimento, altre parti del mondo sono già più avanti sull'iperbole del Lindy Effect mostrandoci i veri casi d'uso di Bitcoin. In Paesi come Venezuela, Argentina, El Salvador, Libano, Nigeria, ecc., Bitcoin è un sinonimo di inclusione finanziaria. Infatti i mercati emergenti dimostrano che Bitcoin ha il potere di collegare i cosiddetti unbanked ed underbanked all'ecosistema finanziario globale; forniscono un solido esempio per l'Occidente, mostrandoci come Bitcoin possa ridurre la disuguaglianza di ricchezza e risolvere alcune delle più grandi sfide finanziarie del mondo.

Nel 2021 il 18% degli adulti americani ricadeva nella categoria unbanked e underbanked. I primi, spesso provenienti da comunità molto povere, non hanno nemmeno accesso ad un conto bancario di base, mentre i secondi sono esclusi dai servizi bancari in base al reddito o alla mancanza di istruzione. Bitcoin cambia questo stato di cose, offrendo una soluzione ai milioni di dimenticati dal sistema finanziario di oggi. La sua natura peer-to-peer offre un'alternativa reale e sostenibile alla finanza tradizionale, offrendo tra l'altro una nuova possibilità di opportunità economiche. Non commettiamo l'errore di accostarlo ai sistemi finanziari tradizionali, di confonderlo con un mondo decadente ed obsoleto la cui data di scadenza sta arrivando per le varie nazioni della Terra. L'Occidente, dopo aver predato il resto del mondo attraverso il sistema monetario fiat, si sta avvicinando a rapidi passi verso la fine della strada. Tale destinazione gli farà sperimentare qualcosa che i mercati emergenti hanno sperimentato per molto tempo, ma che gli occidentali "non conoscono". La prossima recessione, come abbiamo visto ampiamente in questo articolo, porterà parecchi nodi al pettine cogliendo di sorpresa coloro che erano impreparati a tale evento poiché comodi nell'illusione: "Ma qui da noi non potrà mai succedere!" Bitcoin non è un asset d'investimento qualunque, un'alternativa al denaro fiat, o solo una riserva di valore; Bitcoin è un chiaro voto contro la truffa ed il ripudio di quello status quo che vorrebbe riciclarsi nuovamente in un sistema che porterebbe avanti il vecchio.

Bitcoin può essere descritto come un'idra ed è anche una metafora appropriata visto che, nel momento in cui salta fuori una notizia negativa, il prezzo ne risente (come se una sua testa venisse mozzata), ma poi viene assorbita e metabolizzata (spuntano due nuove teste). L'idea di Satoshi era esattamente quella di superare quelle barriere analogiche che impedivano ad asset fisici di scavalcare il potere che lo stato esercitava sulle persone e sulle cose. Ma più di tutto, il potere che lo stato esercitava sulla mentalità degli individui: perché trovare alternative se rivolgersi allo stato significa risolvere problemi finanziari e di altra natura? La presunta inevitabilità di questo apparato ha impedito agli individui di emanciparsene, come se fosse utopico pensare di poterne fare a meno. Da due anni a questa parte anche i più illusi si devono ricredere. Non solo, ma si è appreso che un mondo senza di esso è possibile... persino auspicabile. E Bitcoin ha rappresentato non solo un innesco a livello monetario, ma qualcosa che è andato al di là instillando un'idea di libertà che sembrava praticamente persa nel tempo. Un esempio in merito è quello del presidente di El Salvador.

Bitcoin rappresenta quello strumento attraverso il quale la prevaricazione asfissiante dell'apparato statale può essere ridimensionata (e io credo addirittura spazzata via). Esistono mezzi attraverso i quali bypassare KYC e centralismi vari e quindi sfuggire ai controlli dittatoriali che i burocrati con "piani migliori" dei loro predecessori vorrebbero attuare. Il protocollo Bitcoin è il miglior strumento per ridicolizzare ed abbattere, pezzo dopo pezzo, l'apparato di tirannia che sin dal XX secolo è cresciuto in modo progressivo e pervasivo.


CONCLUSIONE

Il processo di mercato è un processo di coordinamento in cui l'ordine emerge spontaneamente dalle interazioni volontarie di milioni di attori di mercato che perseguono ciascuno il proprio interesse. I prezzi, in tale processo, agiscono come segnali di coordinamento e trasmettono informazioni importanti sui dati economici che sono sparsi tra milioni di persone. Il ruolo che i prezzi giocano nel coordinare le azioni sul mercato è stato uno dei temi principali discussi da F. A. Hayek sul perché la pianificazione centrale non potrebbe mai allocare le risorse in modo efficace.

Poiché le banche centrali, nel loro tentativo di dettare il corso dell'economia sulla base delle rispettive tendenze politiche, gonfiano l'economia con la liquidità, ciò porta a distorsioni dei prezzi nella struttura della produzione. Ma l'aumento dei prezzi in sé non è il problema: in un mercato ben funzionante, esso ha un ruolo specifico. Quando un elemento diventa scarso sul mercato, invia un segnale ai consumatori (affinché lo risparmino) ed ai produttori (affinché impieghino le proprie risorse per aumentarne l'offerta e realizzare profitti aggiuntivi fino a quando questi ultimi non verranno riportati alla normalità). È l'aumento dei prezzi creato artificialmente che distrugge il meccanismo di allocazione dei mercati. Infatti esso è una tassa riscossa sui consumatori che riduce il potere d'acquisto dei loro soldi; indirizza erroneamente l'impiego delle risorse portando i produttori a fare scelte inefficienti e ad allocare le risorse in modo errato; indebolisce la fiducia di tutte le parti nel meccanismo di trasmissione dei prezzi. Le banche centrali, nei loro sforzi per gestire e dettare il corso degli affari, distorcono il ruolo dei prezzi. Il funzionamento dei mercati in un tale stato di cose può essere immaginato come una strada trafficata senza segnali stradali. Un caos infinito ed incalzante, una trappola mortale per tutti coloro che hanno avuto la presunzione di conoscenza di poter dirigere organicamente i mercati attraverso un grado di interventismo progressivamente distorcente. E adesso i nodi stanno venendo al pettine, soprattutto per la FED.

Tra il 1985 e il 1990 la FED lasciò salire i tassi di 325 punti base e nel frattempo l'indice S&P 500 salì del 45%, prima che il ciclo di rialzo abbattesse economie emergenti come il Messico e stati come la California. Poi la FED invertì la rotta. Tra il 1993 e il 2000 lasciò salire i tassi di 325 punti base ed il mercato azionario nel frattempo balzò del 225%, prima che scoppiasse la recessione dei primi anni 2000. Poi la FED invertì la rotta. Dal 2003 al 2007 la FED lasciò i tassi di 375 punti base ed il mercato nel frattempo crebbe del 30%, prima che il ciclo di rialzo portasse lo scoppio della bolla immobiliare. Poi la FED invertì la rotta. Tra il 2015 ed il 2020 i tassi sono saliti di 200 punti base e nel frattempo il mercato è salito del 65%, prima che la FED invertisse la rotta dopo una leggera correzione del mercato.

La storia ci mostra che le banche centrali si preoccupano di più degli asset finanziari di quanto che dell'inflazione dei prezzi al consumo. All'inizio del 2016 l'indice S&P500 affrontò una correzione dell'11,3% e la FED lasciò salire i tassi solo una volta quell'anno nonostante avesse annunciato altri quattro rialzi. A dicembre 2018 il mercato azionario statunitense scese del 9% ed a gennaio 2019 di un altro 3,5%. Subito dopo la FED annunciò l'interruzione del suo ciclo di rialzo dei tassi.

Ad oggi, sebbene sia stato annunciato un nuovo ciclo di rialzi dei tassi, ancora non è stato attuato. Nel caso in cui venisse perseguito lo spazio di manovra è alquanto limitato: 150 punti base. Ma invertirà la rotta se le azioni scenderanno "abbastanza". Negli ultimi 30 anni è diventata progressivamente più aggressiva nella difesa dei mercati, proprio perché i suoi interventi li hanno corrotti sempre più. E sulla scia di queste distorsioni s'è messa da sola al collo il cappio della trappola "Inflate or die".

Occhio adesso alla curva dei rendimenti adesso, soprattutto al rapporto tra il decennale ed il biennale statunitense: negli ultimi 70 anni un'inversione di questa curva ha sempre aperto la porta ad una recessione. Come si vede dai grafici qui sotto, questo rapporto è stato un ottimo elemento per prevedere l'arrivo di una recessione. Ancora non c'è un'inversione, ma si sta appiattendo. E sempre se la storia è una guida, un'inversione di suddetta curva per 3 mesi significa l'arrivo di una recessione dagli 8 ai 19 mesi dopo. Il problema con la prossima recessione è semplicemente uno: dato l'ammontare di distorsioni ed interventi per tenere in piedi a tutti i costi un ambiente economico in semi-boom, la gravità della stessa è temuta a più livelli per il grado di correzioni che avrebbe in serbo. Inutile dire, quindi, che rappresenterebbe la pietra tombale sugli spasmodici tentativi dello status quo di tenere insieme con il nastro isolante una bagnarola che fa acqua da tutte le parti e la fine della plausibilità che fornisce propellente alla spinta statale del comando/controllo.


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Note

[1] Una depressione economica non necessariamente richiede prezzi in discesa per essere tale. Basti pensare, ad esempio, al Venezuela. In termini nominali il suo PIL è continuato a crescere nonostante il Paese sia nel bel mezzo di una crisi economica pesantissima.

[2] Questo non significa automaticamente una riduzione del bilancio della banca centrale, al più un rallentamento dello stesso. Per chiarire i termini: con "tapering" si intende un graduale rallentamento degli acquisti di asset; con "tightening" si intende vendita degli asset sul bilancio della banca centrale.

[3] Lo scorso luglio il tasso d'interesse sui saldi di riserva (IORB) ha sostituito il tasso d'interesse sulle riserve in eccesso (IOER) (l'interesse che le banche ricevono dalla FED sulle riserve in eccesso che detenevano presso di essa e che era il tasso utilizzato, sin dal 2008, per influenzare il federal fund rate, FFR) ed il tasso d'interesse sulle riserve obbligatorie (IORR) (l'interesse sulle riserve che le banche sono tenute a detenere presso la FED).

[4] Al limite ridurranno molto gradualmente il loro indebitamento, come ha fatto il Portogallo dal 2016 al 2019, salvo poi tornare a farlo salire vertiginosamente nel 2020.

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4 commenti:

  1. Bitcoin mi piace ma mi domando, se i governi che sono sempre più autoritari, decidessero di bloccare a livello di rete la possibilità di usarli ce la farebbero secondo Lei?

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    1. Salve Anonimo.
      Come sottolineava anche l'articolo di ieri, c'hanno già ripetutamente provato Cina, India e Corea del Sud ma il successo non è stato il risultato. Quello che possono fare gli stati è mettere paletti nel momento in cui le persone fanno cash out passando da exchange centralizzati. Finché rimangono in un ambiente crypto ed effettuano scambi con settlement le criptovalute, c'è molto poco che possono fare (se non niente). Possono accanirsi su alcuni individui prominenti, come accaduto al webmaster di Silk Road, e punirne uno per educarne dieci in chiaro stile nazista, ma altro non possono fare. La rete P2P di Bitcoin combatte efficacemente le prevaricazioni violente dello stato proprio perché ogni nodo rappresenta un'unità a sé stante. Inoltre ricordiamoci che Internet, o quello che vediamo, è solo l'1% di quello che in realtà è possibile sfruttare. Questo significa anche che le possibilità di organizzarsi si moltiplicano.

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  2. Una domanda da neofita ma è per avere chiari i concetti: stampare denaro genera automaticamente inflazione di una certa moneta E la svaluta contemporaneamente? Ho letto più di una volta che in seguito a svalutazione, un'economia può riprendere a crescere bene e in modo sano: immagino che questo avvenga se il valore della valuta viene a quel punto legato a un valore con una buona salabilità (come le valute nazionali ai tempi del Gold Standard) e non nuovamente inflazionato.

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    1. Salve Fra. Bisogna sottolineare un punto in questo contesto, perché altrimenti si cade nella tautologia mainstream secondo cui "l'aumento dei prezzi è causato dall'aumento dei prezzi". Con inflazione si intende l'atto stesso di creare denaro dal nulla; l'effetto di questo atto è definito inflazione dei prezzi. Affinché l'inflazione si tramuti in inflazione dei prezzi è necessario un certo periodo di tempo che intercorre tra la creazione iniziale di denaro fiat ed il suo fluire all'interno dell'economia più ampia. Da notare, comunque, che l'inflazione non genera automaticamente inflazione dei prezzi, questo perché, a parità di condizioni, l'offerta di beni in generale potrebbe crescere più velocemente oppure la domanda di saldi di cassa potrebbe superare la nuova offerta di denaro. In questi casi la svalutazione iniziale verrebbe pareggiata, se non invertita, da suddetti fattori.

      In un'economia di mercato tali forze si bilanciano in modo efficiente e rapido; in un'economia sbilanciata verso il socialismo, invece, queste forze vengono costantemente ostacolate e di conseguenza danno vita a mismatch che devono essere puliti pena un dolore economico più acuto all'aumentare di tal ritardo nella correzione.

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