Il mio intervento di oggi conterrà una serie di parti: il mio obiettivo sarà offrire una panoramica molto breve della mia esperienza come difensore dell'idea di libertà in Spagna e nel mondo. A tal fine dovrò tornare indietro di oltre vent'anni alla mia nomina alla Cattedra universitaria di Economia politica presso l'Universidad Rey Juan Carlos di Madrid. All'epoca, nel dipartimento era in corso un dibattito su chi sarebbe stato il responsabile dell'insegnamento di Introduzione all'economia, un corso che in qualche modo era stato inserito nel programma di studio di quegli studenti che si preparavano ad una laurea in comunicazioni audiovisive. Nessun professore di economia voleva insegnare comunicazione audiovisiva – neanche per un solo semestre – agli studenti, ma io mi feci avanti e dissi: "Sono il presidente del dipartimento ed insegnerò a quegli studenti, ma chi viene formato in quel programma?” Mi venne risposto che il programma aveva formato esperti in comunicazioni audiovisive – futuri produttori televisivi, sceneggiatori, registi, specialisti di marketing, ecc. – e quindi presi un impegno: "Insegnerò economia a quegli studenti!"
Infatti quella potrebbe essere stata una delle decisioni più importanti della mia vita accademica, perché quel corso ha avuto un enorme impatto sulla prima classe di studenti, e poi sulla seconda, e così via... Arrivò un momento in cui i miei studenti nel programma di comunicazione audiovisiva mi chiesero: “Professor Huerta de Soto, le dispiacerebbe se registrassimo le sue lezioni? Riteniamo importante che siano liberamente accessibili e sappiamo come fare; è la nostra area di competenza”. Nel frattempo uno dei miei colleghi, il professor Gabriel Calzada, allora presidente dell'Istituto Juan de Mariana, vide che questo progetto era importante e trovò qualcuno che, con grande dedizione ed impegno e con gli strumenti tecnologici più avanzati allora disponibili, registrasse tutte le mie quarantacinque lezioni di novanta minuti nell'anno scolastico 2009-2010. Quella persona era Fernando Díaz Villanueva: non immagina quanto io gli sia grato per il suo impegno e per essere diventato il mio assistente didattico durante il corso. Ricordo ancora con affetto i minuti e le ore che abbiamo trascorso insieme per la registrazione di quelle lezioni.
Come ho detto prima, questa è stata una delle migliori decisioni che ho preso nella mia vita. Tenete presente che le lezioni non pongono alcun problema di protezione dei dati, poiché sono registrate dal fondo dell'aula e quindi sono visibili solo il retro della testa degli studenti (potete vederli di persona se li guardate: sono disponibili su YouTube). C'erano circa settanta studenti all'anno e da quando abbiamo reso il corso liberamente accessibile su diverse reti, settemila studenti all'anno hanno iniziato a seguirlo. Cento volte più di quanti erano fisicamente presenti ad ogni lezione. Ma la storia non finisce qui. Dobbiamo renderci conto di quanto sia difficile e noioso seguire una lezione di novanta minuti sullo schermo di un computer. Per questo un altro dei miei colleghi, un astrofisico sivigliano di nome José Manuel González González, mi fece la seguente proposta: “Professore, suggerisco di modificare le sue lezioni e di suddividerle in segmenti da dieci a quindici minuti ciascuno. Li modificherò e ogni volta che fornirà un esempio, sovrapporrò i punti principali sullo schermo. Modificherò quei brevi video in modo che invece di un video di novanta minuti, avrà cinque o sei video più brevi per ciascuna delle sue lezioni”. Ci pensai molto; non era una decisione facile da prendere. Una cosa era pubblicare un video di classe continuo di novanta minuti, un'altra era dividerlo in piccoli pezzi che poi sarebbero stati resi pubblici e avrebbero potuto essere presi fuori contesto, poiché uno spettatore non sapeva cosa era stato detto prima dell'inizio di ogni breve video, né cosa sarebbe stato detto dopo. Ma José Manuel González González mi presentò diverse proposte e alla fine presi la mia decisione: accettai. Poi provvedette al montaggio ed alla scomposizione in 270 video delle quarantacinque lezioni registrate, liberamente accessibili sia sul suo sito web (www.anarcocapitalista.com), sia sui diversi social, principalmente YouTube. Con mia grande sorpresa, questo cambiamento avrebbe comprotato un aumento esponenziale del numero di persone che avrebbe seguito il mio corso. Non c'erano più solo settemila follower all'anno, come quando abbiamo reso disponibili per la prima volta i video delle lezioni, ma oltre settantamila – un aumento di dieci volte.
Infatti alcuni dei video hanno ricevuto ancora molte più visualizzazioni. Ad esempio, quello sugli effetti economici dei “Prezzi massimi” è stato visto fino ad oggi da 305.931 persone ed il numero aumenta ogni giorno. C'è un video intitolato “La caduta (distruzione) dell'impero romano”, in cui spiego che l'impero romano non è caduto perché sono arrivati i barbari. Invece marciva dall'interno ed i barbari, che avevano sempre esercitato pressioni sui confini dell'impero, ne occuparono semplicemente i resti e furono persino ricevuti a braccia aperte da molti cittadini, stufi dell'interventismo statale, della regolamentazione opprimente del governo centralista di Roma e – soprattutto – del carico fiscale che esso imponeva loro. Fino a ieri il mio video sulla caduta dell'Impero Romano era stato visto da 596.424 persone, più di mezzo milione, quanto basta per riempire lo stadio del Camp Nou quasi sei volte. Altri video di lezione includono: “Critica alla teoria dello sfruttamento”, con 132.979 visualizzazioni; “”a grande bugia dei 'guadagni sociali'”, con 144.000 visualizzazioni; “Perché gli intellettuali odiano il capitalismo?” con 236.000 visualizzazioni, in cui mi affido principalmente al saggio di Bertrand de Jouvenel. C'è anche la lezione finale extracurriculare “Dieci consigli su come avere successo nella vita”, con 409.510 visualizzazioni fino ad oggi.
Questo corso, che segue il mio programma e che insegno ogni anno da oltre vent'anni presso l'Universidad Rey Juan Carlos, prevedeva la pubblicazione di una guida allo studio. Con l'aiuto di José Manuel González González l'abbiamo pubblicata (tramite Unión Editorial). È disponibile sia online che su carta e funge da manuale per seguire il corso. Francamente non avrei mai pensato che un corso di economia tenuto nelle aule dell'Universidad Rey Juan Carlos avrebbe suscitato un tale interesse.
Il mio obiettivo è non sfinirmi a tenere conferenze: preferisco che le persone studino le mie lezioni ed i miei libri. Tuttavia ho accettato, in media, uno o due inviti a lezione all'anno. Quello che ho fatto è stato approfondire la mia esperienza con i video delle lezioni ed insistere affinché venissero registrate per renderle liberamente accessibili a tutti. Toccherò ora l'impatto che hanno avuto, dal momento che ho tenuto cinquanta o sessanta conferenze in tutto il mondo, e sono state tutte registrate e, grazie alle nuove tecnologie, sono disponibili al pubblico. Inizierò con un discorso che ricordo con molto affetto, dato nell'auditorium principale della Fondazione San Pablo CEU (ora Fondazione dell'Università San Pablo CEU), ed il tema era la crisi e la critica al socialismo. Ricordo che l'auditorium era completamente pieno. In prima fila sedeva l'intera dirigenza del Partito Popolare e cominciai a criticarli come l'incarnazione della socialdemocrazia più tiepida. Questo video è già stato visto da 145.000 persone e le visualizzazioni aumentano ogni giorno. C'è anche la conferenza tenuta presso la Fondazione Rafael del Pino ed intitolata “Crisi finanziaria, riforma bancaria e futuro del capitalismo”. Il discorso era estremamente attuale all'epoca, perché avevamo appena subito le conseguenze della grave stagflazione che ha colpito tutte le economie occidentali a partire dal 2008. Poche settimane dopo, l'ho pronunciato in inglese quando la London School of Economics mi invitò a tenere un discorso la “Lezione commemorativa di Hayek” ed è stata vista oltre 200.000 volte fino ad oggi.
Inoltre, sotto ogni video, c'è una sezione commenti con centinaia o migliaia di commenti delle persone che guardano le lezioni. Sarebbe umanamente impossibile per me leggerli tutti, ma toccherò uno dei più popolari: la chiamata a nominarmi ministro delle finanze in Venezuela, perché quello che dico nella lezione sui prezzi massimi descrive esattamente ciò che le persone stanno soffrendo in quel Paese. Naturalmente l'ultima cosa che farei in vita mia, per ovvie ragioni, sarebbe accettare la carica di ministro delle finanze ovunque (soprattutto in Venezuela). Potrei citare anche la lezione più recente intitolata “Anti-Deflationist Paranoia”, con 82.452 visualizzazioni, in cui critico fortemente Mario Draghi, la Banca Centrale Europea e tutti gli esperti che sono per l'inflazione e contro “l'austericidio” (il termine che hanno coniato per attaccare le persone con dei principi). Tutto ciò che è stato ottenuto con politiche monetarie totalmente permissive, tassi d'interesse a zero o negativi e l'eccessivo acquisto di debito sovrano e persino societario è stato paralizzare tutte le riforme di cui l'Unione Europea aveva disperatamente bisogno, nipponizzando le nostre economie e gettando le basi per un'inflazione shock che adesso stiamo cominciando a provare. Proprio questa mattina è stato reso pubblico che l'inflazione in Spagna è salita al 6,5% e continuerà a crescere. La mia conferenza su “La giapponesizzazione dell'Unione Europea” è stata vista da 59.859 persone fino ad oggi.
Infine, poiché mi sono molto cari, citerò il ciclo di conferenze che ho tenuto nel tentativo di spiegare che il liberalismo classico, come progetto, è finito. I liberali, o meglio gli amanti della libertà, non possono continuare a dire le stesse cose di 150 anni fa. Il liberalismo classico ha fallito nei suoi obiettivi ed è destinato ad essere assorbito dall'unica posizione coerente con la natura umana: l'anarchia della proprietà privata, il capitalismo libertario o l'anarcocapitalismo. Ho sviluppato questo argomento in tre conferenze: “Liberalismo classico contro anarcocapitalismo”, tenuta anche in un auditorium principale e organizzato da Students for Liberty; “Libertà, politica e anarchia nella Spagna del ventunesimo secolo”, tenuta alla Fondazione Rafael del Pino; e la più recente, forse la più rivoluzionaria, “Anarchia, Dio e Papa Francesco, ” che, peraltro, è stata oggetto di ogni sorta di dibattito a Roma. Queste tre conferenze sono state viste da oltre 300.000 persone e, se qualcuno di voi è interessato a guardarle, vi consiglio di iniziare con “Anarchia, Dio e Papa Francesco”, se non altro perché, in essa, cito il grande anarchico spagnolo Melchor Rodríguez Almagro, il famoso “Angelo Rosso”.
Questo ci porta al mio battesimo del fuoco come produttore cinematografico e all'inizio della mia lunga e fruttuosa collaborazione con Juan José Mercado. Ho fatto il mio primo passo con un cortometraggio che mira a spiegare la Teoria Austriaca dei cicli economici in modo visivo, attraente e comprensibile. Oltre 91.000 persone hanno visto il documentario. Poi abbiamo deciso di produrne altri due, questa volta con metodi molto più professionali, con un budget di diverse decine di migliaia di euro ciascuno ed invitando altri esperti ad entrare nel vivo delle questioni fondamentali che volevamo sollevare. Il nostro obiettivo era che questi documentari fossero liberamente accessibili ed uno strumento educativo per gli studenti universitari e anche che venissero proiettati sui diversi canali televisivi e su piattaforme come Amazon, Netflix, Movistar, ecc. E così abbiamo terminato la nostra prima grande produzione intitolata Frode: la ragione dietro la Grande Recessione in collaborazione con l'Istituto Juan de Mariana. Il documentario dura più di un'ora, ma abbiamo realizzato una versione leggermente più breve di quarantacinque minuti, che è stata trasmessa alla stazione televisiva Telemadrid ed è stata vista su YouTube da più di 90.000 persone. L'anno successivo ho proposto il progetto di un'altra sceneggiatura a Juan José Mercado e, sotto la sua direzione, abbiamo completato il documentario In difesa dell'euro, in cui difendiamo l'euro tedesco, il vero euro così come è stato creato sulla base del Trattato di Maastricht, e non l'euro che è stato corrotto, adulterato e rovinato da Draghi. Tutte queste produzioni, ovviamente, sono state realizzate sotto l'etichetta Amagifilms (amagi significa "libertà" in caldeo) e sotto la direzione e sceneggiatura mia e di Juan José Mercado.
E poi arriviamo al 2019, l'anno prima della pandemia, quando ho iniziato a pensare ad un nuovo progetto. Ho cominciato a vedere la necessità di produrre una docuserie, una serie di documentari volti a fornire una critica allo stato sociale. Volevo presentare argomentazioni facilmente comprensibili, mostrare chiaramente la grave situazione in cui ci troviamo e proporre soluzioni fattibili per sfuggire alla nostra attuale situazione. Un qualcosa senza precedenti. Quello che ci va più vicino potrebbe forse essere la serie Free to Choose, realizzata negli anni '80 e trasmessa in molte emittenti televisive di tutto il mondo. La serie era presentata da una personalità unica: Milton Friedman, il principale rappresentante della Chicago School. Vorrei dare alla nuova serie di documentari tratti distintivi rispetto a Free to Choose. In primo luogo, piuttosto che difendere il capitalismo, che era l'obiettivo di Milton Friedman, credo che la migliore difesa sia un buon attacco. Invece di difendere il capitalismo, voglio attaccare lo stato sociale; questa è la prima caratteristica che desidero apportare alla nuova serie di documentari che andrò a produrre. Quali sono le contraddizioni insite nel welfare state? Perché è insostenibile? Che male fa alla società? Voglio attaccare lo stato sociale. La seconda caratteristica distintiva che desidero dare alla mia serie è la seguente: piuttosto che far ruotare attorno ad una singola figura che funge da presentatore, inviteremo esperti rinomati su ciascuno degli argomenti. La terza caratteristica è che la serie non sarà meramente critica o distruttiva. Vogliamo dargli un focus costruttivo.
Mi prefiguro quattro episodi. Logicamente sarebbero tre episodi incentrati su ognuna delle componenti essenziali del welfare state: pensioni, istruzione ed assistenza sanitaria. A questi tre episodi ne aggiungerei un quarto dedicato ad un argomento di grande attualità: il cambiamento climatico. L'episodio sulle pensioni è già completo e oggi, 29 novembre 2021, verrà proiettato pubblicamente per la prima volta. Attualmente stiamo lavorando al secondo episodio, che tratterà del cambiamento climatico e ci affideremo a degli scienziati: il cambiamento climatico è realtà, ma una parte significativa di esso deriva da cause naturali. E sebbene gli esseri umani abbiano indubbiamente un'influenza, è molto più modesta di quanto alcuni vorrebbero farci credere. È in atto una manipolazione diffusa ed eccessivamente costosa, ed è ciò che vogliamo esporre nella docuserie. La nostra società ha raggiunto un vicolo cieco, proprio come ha fatto con le pensioni. Naturalmente la soluzione principale è il mercato. Se qualcosa caratterizza il mercato ed il sistema capitalista, è la loro grande flessibilità nell'adattarsi al cambiamento, ed il futuro sarà nostro se permettiamo all'economia di mercato di adattarsi piuttosto che aspettarci che lo stato intervenga, come sempre, attraverso la coercizione, la violenza, la Gazzetta Ufficiale, le tasse, i sussidi, ecc. Questo è il nostro progetto e l'obiettivo è fare un documentario ogni anno. Se tutto va bene, se Dio vuole, alla fine del 2022 lo presenteremo sul cambiamento climatico. E nel 2023 il piano è di concentrarsi sull'istruzione: il danno che lo stato arreca all'istruzione e spiegare perché tutte le diverse amministrazioni si battono per ottenerne il controllo. Il motivo è ovvio: imporre i propri slogan alla società e fare il lavaggio del cervello ai cittadini. L'unica via d'uscita è restituire la responsabilità dell'istruzione alla società civile, ai genitori e alle famiglie.
Ho deciso di lasciare per ultimo il documentario dedicato alla sanità, per una ragione ovvia: desidero far passare più tempo possibile dopo l'attuale crisi sanitaria, poiché inevitabilmente distorcerebbe qualsiasi analisi in questo ambito. Tuttavia possiamo facilmente discernere il contenuto. Dobbiamo ricordare che due milioni e mezzo di spagnoli hanno la possibilità di scegliere tra assistenza sanitaria pubblica e privata. Parlo di dipendenti pubblici (di cui io sono uno) e ogni anno oltre l'80% sceglie l'assistenza sanitaria privata. Perché non estendere questa libera scelta a tutti i cittadini spagnoli? Questo è tutto ciò che dirò per ora sulla questione principale che sarà trattata in dettaglio nell'episodio finale della serie.
Infine parlerò un po' del documentario che presentiamo oggi, dedicato alla crisi del sistema pensionistico. Questo argomento mi è molto caro. Nel 1983 sono stato insignito del Premio Re Juan Carlos per l'Economia da Sua Maestà il Re proprio per il mio lavoro sulla crisi della previdenza sociale ed il ruolo dei piani pensionistici privati nella sua riforma. Fu allora che entrai in contatto per la prima volta con José Antonio Herce e, a dire il vero, gli eventi si sono svolti esattamente come nel nostro copione; tutto è successo proprio come avevamo previsto quarant'anni fa. L'ho spiegato anno dopo anno nella mia classe all'università. Inoltre, nel settembre del 2018, sono stato invitato alla Summer University ad El Escorial, presso l'Universidad Reina Cristina, per fare una lezione che riassumesse la crisi della previdenza sociale ed il ruolo dei piani pensionistici nella sua riforma; nel documentario di oggi troverete un riassunto aggiornato di tutte le mie idee. Si intitola “Ni justicia, ni social: La crisis del sistema de pensiones” ed è disponibile su YouTube, dove è stato visto fino ad oggi da oltre 66.000 persone. Abbiamo fatto una trascrizione letterale delle mie parole in questa conferenza e, in forma embrionale, è diventata la sceneggiatura del documentario sulle pensioni che presenteremo oggi. Juan José Mercado ha usato questa trascrizione come base per l'interessante sceneggiatura finale che ha preparato oggi.
Sebbene io sia disposto a finanziare individualmente il costo di ciascuno di questi documentari, cerco sempre di vedere se ci sono persone o istituzioni interessate a partecipare al progetto, e devo ringraziare Francisco García Paramés (il cosiddetto Warren Buffett spagnolo) per aver deciso di coprire, attraverso il suo istituto Value School, il 50% del costo del documentario sulle pensioni. Inoltre produrremo una versione in inglese, in modo che possa essere visualizzata in tutto il mondo. Ancora una volta, ringrazio Value School per la loro partecipazione e per aver collaborato organizzando eventi per aumentare l'impatto del documentario e li incoraggio a partecipare anche ai prossimi progetti.
Ora sta a voi: in primo luogo, decidere se siamo riusciti ad offrire nel documentario una spiegazione alla crisi del sistema pensionistico; secondo (e questo è uno dei tratti distintivi del documentario rispetto a Free to Choose), valutare le diverse osservazioni degli esperti prescelti; e terzo, valutare la nostra proposta per sfuggire ad una situazione difficile, dando a tutti la libertà di scegliere se rimanere o lasciare il sistema pensionistico pubblico. Detto questo, è chiaro che, per sostenere gli attuali pensionati, il sistema dovrebbe continuare a versare una quota molto ampia del denaro che ora riceve in contributi. Se permettiamo agli spagnoli di scegliere liberamente di lasciare il sistema pubblico, non sappiamo se la maggioranza se ne andrà, com'è avvenuto invece nei Paesi che hanno adottato questa soluzione in passato. Se ciò dovesse accadere, il passaggio potrebbe avvenire in una generazione – cioè circa venticinque anni – fino a quando gli attuali pensionati non avranno vissuto la loro vita. È anche possibile che, in questo momento, l'idea non abbia tanto successo, e se solo alcune persone – le più giovani – decidessero di lasciare il sistema pubblico, il passaggio richiederebbe due generazioni. In ogni caso, permettiamo ai cittadini di prendere liberamente posizione e di indicare fino a che punto sono disposti a fare lo sforzo che, senza dubbio, è il nostro biglietto per uscire da questo pasticcio. Quando questa opzione è stata offerta nel Regno Unito, in Cile ed in altri Paesi, la maggior parte delle persone ha scelto di stipulare un contratto: oltre il 90% è fuggito dal sistema, sebbene fosse autorizzato a prelevare solo il 10% dei contributi che avevano versato nel sistema pubblico (pari al 37% dei salari tra lavoratori ed aziende). Il 27% ha continuato ad usare il sistema pubblico per pagare le pensioni degli attuali pensionati. Ovviamente con l'avanzare della transizione, il 10% non è un risparmio sufficiente ed è necessario aumentare gradualmente l'importo risparmiato. Così, ad esempio, è inutile dire che il sistema è stato un fallimento in Cile perché le pensioni sono molto basse. In Cile è stato commesso un gravissimo errore: quando Allende era al potere, i cileni contribuivano con il 40% del loro salario alle pensioni, ma anche una volta completata la transizione al sistema basato sulla capitalizzazione, continuavano a pagare solo il 10% e le pensioni basate su quell'ammontare di risparmio erano ovviamente piccole. Perlomeno avrebbero dovuto aumentare gradualmente al 20 o 30% del salario i risparmi destinati alla capitalizzazione, nel qual caso le pensioni in Cile sarebbero due, tre o quattro volte quelle attuali e nessuno avrebbe potuto sostenere che il sistema fosse “fallito”. Hanno risparmiato troppo poco e poi piangono lacrime di coccodrillo. Il messaggio che vogliamo mandare con questi documentari è molto importante e abbiamo un'enorme responsabilità nel portare a termine questo compito di sensibilizzazione ed istruzione di tutti i cittadini.
Devo concludere con una precisazione. Come produttore del documentario, non ho resistito alla tentazione di tracciare un collegamento tra due temi apparentemente estranei – la crisi delle pensioni e la crisi finanziaria – perché uno dei miei ambiti di ricerca accademica preferiti è quello del sistema finanziario. Forse il mio libro più noto è Money, Bank Credit, and Economic Cycles, tradotto e pubblicato in ventuno Paesi diversi. In questo libro spiego come il sistema capitalista sia incompatibile con il sistema finanziario come lo conosciamo oggi; in altre parole, con un sistema bancario che opera con un rapporto di riserva frazionaria e che, quindi, è in grado di creare denaro dal nulla e prestarlo, distorcendo il sistema di allocazione delle risorse e provocando cicli ricorrenti di boom, bust, crisi finanziaria e recessione economica. L'unica via d'uscita è tornare ai principi generali dei diritti di proprietà che un sistema capitalista sano richiede per funzionare e, nella sfera del denaro, questi principi richiedono che le banche mantengano un coefficiente di riserva del 100% rispetto ai depositi a vista ed ai loro equivalenti. Potrebbe essere molto da digerire tutto in una volta, ma è perfettamente spiegato nel Capitolo 9 del sopraccitato libro. Per inciso, un disegno di legge è stato presentato al parlamento britannico che proponeva di ripristinare il Peel's Act e richiedere alle banche private di conservare una riserva del 100% ed il mio lavoro è stato espressamente citato come ispiratore di tale riforma.
Uno dei sottoprodotti interessanti di questa proposta – oltre ad evitare bolle, crisi e recessioni ricorrenti e reintrodurre stabilità nel sistema finanziario – è che verrebbero liberati gran parte degli attivi che attualmente figurano nei bilanci delle banche come garanzia per i loro depositi a vista. Propongo che quegli asset vengano utilizzati per finanziare il passaggio da un sistema a ripartizione ad uno basato sulla capitalizzazione, risolvendo così la crisi pensionistica. Alla fine del documentario vedremo come collego due sfere apparentemente non correlate – crisi finanziaria e sistema pensionistico – e che, se si attuasse la riforma finanziaria di cui l'economia di mercato ha bisogno, avremmo la possibilità di compiere, tutto in una volta e gratuitamente, il passaggio da un sistema pensionistico a ripartizione ad uno basato sulla capitalizzazione.
Infine vorrei concludere osservando che tutto questo sforzo è solo l'ennesimo capitolo della lotta senza fine degli esseri umani per difendere la propria libertà contro l'oppressione, la coercizione e la servitù dello stato. Non dobbiamo mai vacillare, ma dobbiamo riprendere la nostra lotta ogni giorno, generazione dopo generazione, ancora e ancora, con rinnovato ottimismo ed entusiasmo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Il Prof. De Soto è veramente un Grande. Molte delle sue fantastiche "lezioni", tradotte e offerte in rete da Francesco Carbone oltre dieci anni fa, sono state per me fonte di rivelazione e ispirazione.
RispondiEliminaPersonalmente, lo reputo alla stregua di persone del calibro del compianto Gary Kilgore North e di Nigel Farage; sono uomini in grado di lasciare il segno e che non saranno dimenticati facilmente.
In questo articolo è impossibile non cogliere l'ampiezza di vedute, la qualità e lo spessore del Dr. Huerta De Soto.
Non ero a conoscenza dei dettagli riguardo al suo percorso lavorativo ultra ventennale, ne del suo mirabile operato in termini di divulgazione del sapere in forma multimediale "strutturata".
Colgo quindi l'occasione, con questo commento, per ringraziare il titolare del blog per avere pubblicato questo articolo.
A rileggersi presto, grazie ancora, saluti.
Antonio Pani
"[...] Ancora più importante è riflettere su questo punto nel contesto italiano, considerando tutte le politiche possibili, dall’aumento dell’età pensionabile a una diminuzione degli assegni sopra una certa soglia di reddito." (Fonte)
RispondiEliminaQuale preferireste delle due? Dove bisognerebbe fissare la soglia dell'età pensionabile? A 60, 70, 75 anni? Far lavorare più a lungo i ricchi in modo che i meno ricchi possano divertirsi fino a 60 anni? Che divertimento dev'essere organizzare la vita degli altri, milioni di loro. Dire loro quando dovrebbero lavorare e quando dovrebbero andare in pensione...
Ma il pensionamento non dovrebbe essere un affare esclusivamente personale? Ovviamente! Oggi i sistemi pensionistici sono collettivizzati e obbligatori. E ora che sono diventati difficili da finanziare, possiamo aspettarci di vedere più tagli, più compromessi e più proposte idiote. I bilanci degli stati sono limitati, quindi se si vuole andare in pensione a 62 anni, ad esempio, si dovrebbe rinunciare ad altri grandi programmi statali: "investimenti" green, il welfare, le armi, la guerra, ecc.
Potendo scegliere, il cittadino comune sceglierebbe senza alcun dubbio la pensione e le prestazioni mediche. Ma, peccato per lui, non dirige il governo; la classe dirigente sì invece. E dal momento che quest'ultima incamera introiti da clientelismo, welfare e guerra, saranno gli ultimi a essere eventualmente tagliati. Le pensioni, invece, potranno essere tranquillamente tagliate.