Bibliografia

martedì 22 febbraio 2022

L'inflazione del Giappone è nascosta dietro i sussidi del sistema bancario centrale

 

 

di Taiki Murai & Gunther Schnabl

Mentre i tassi dell'inflazione negli Stati Uniti e in Europa sono aumentati vertiginosamente nel corso del 2021, l'inflazione dei prezzi al consumo in Giappone si è attestata allo 0,1% ad ottobre 2021 (Grafico 1). Inoltre l'inflazione dei prezzi alla produzione in Giappone dell'8% è rimasta molto indietro rispetto a Stati Uniti ed Europa. Un'inflazione estremamente bassa in Giappone persiste da più di trent'anni, nonostante una politica monetaria estremamente espansiva e un debito pubblico in crescita. Ci sono tre ragioni per il "miracolo dell'inflazione" in Giappone.

In primo luogo, le aziende giapponesi sono state in grado di mantenere bassi i prezzi perché i costi del capitale e del lavoro sono diminuiti in modo significativo dallo scoppio della bolla finanziaria all'inizio degli anni '90. La prolungata politica monetaria accomodante della Banca del Giappone ha abbassato il tasso d'interesse medio sui prestiti alle imprese dal 7,5% nel 1991 allo 0,75% di recente. Le garanzie sui prestiti pubblici hanno ridotto i premi di rischio sui prestiti. A differenza dell'area Euro, le società giapponesi non devono pagare interessi negativi sui loro depositi presso le banche.

Fonte: Eurostat; Ministero degli Affari Interni e delle Comunicazioni del Giappone; Ufficio di Statistiche sul Lavoro; Ufficio britannico di statistica nazionale.

Inoltre la crisi permanente del Giappone ha indebolito il potere contrattuale dei dipendenti. I sindacati erano disposti a scendere a compromessi nelle trattative salariali per prevenire la disoccupazione. La percentuale di lavoratori precari (soprattutto giovani, donne e pensionati), che lavorano senza legami sindacali, è aumentata dal 20% nel 1990 al 37% nel 2020. Dalla crisi finanziaria giapponese del 1998, i livelli salariali del settore privato sono diminuiti di 12%.

In secondo luogo, il governo giapponese ha mantenuto bassi i prezzi di molti beni attraverso la generosa fornitura di sussidi ad un'ampia gamma di industrie. Secondo le stime della Washington International Trade Association, oltre il 40% del reddito degli agricoltori giapponesi proviene dal governo centrale. Gli aiuti generosi ai coltivatori di riso ne hanno contribuito al calo sostanziale dei prezzi. Inoltre vengono sovvenzionati grano, soia, grano saraceno e colza (usati anche come mangimi per animali). Il cibo rappresenta il 26% dell'indice dei prezzi al consumo.

Altri sussidi rilevanti possono essere trovati nel trasporto ferroviario, che svolge un ruolo vitale in un Giappone densamente popolato. I prezzi dei trasporti pubblici sono rimasti stabili per lungo tempo, così come i prezzi per l'istruzione, poiché gli aiuti del governo hanno abbassato le tasse scolastiche e universitarie sin dal 2009. La domanda di automobili è stata ripetutamente stimolata dai sussidi, più di recente per i veicoli elettrici, in modo che i prezzi delle auto rimanessero sostanzialmente costanti sin dal 1990. I contributi statali al sistema sanitario in rapida crescita hanno smorzato l'aumento dei prezzi dell'assistenza sanitaria. I prezzi di acqua ed elettricità, che sono controllati dal governo centrale, sono aumentati solo moderatamente. In risposta al recente forte aumento dei prezzi della benzina, il ministro dell'industria giapponese Koichi Hagiuda ha annunciato sussidi per i grossisti del settore.

Nel complesso, almeno il 50% dell'indice dei prezzi al consumo è controllato dal governo centrale, il che si riflette nella crescita significativa della spesa pubblica per i sussidi (Grafico 2). Secondo le nostre stime, dal 1990 i sussidi sono cresciuti in media di circa il 3,5% all'anno. La crescita è stata particolarmente forte negli anni della crisi. Nel 2020 i sussidi del governo centrale e locale (esclusi i sussidi per il sistema pensionistico e la previdenza sociale) hanno raggiunto il picco a circa ¥78.000 miliardi (circa €600 miliardi), ovvero circa il 15% del prodotto interno lordo.

In terzo luogo, mantenendo i tassi d'interesse a lungo termine ben al di sotto di quelli degli Stati Uniti, la Banca del Giappone ha mantenuto deflussi di capitali persistenti dal Giappone pari ad una media annua di $127 miliardi sin dal 1990. Se questa enorme quantità di capitale fosse rimasta nel Paese e se fosse stata spesa sul mercato interno, l'inflazione sarebbe stata probabilmente molto più alta. Un aumento dei prezzi degli immobili, ad esempio, avrebbe spinto verso l'alto i costi delle case, i quali sono rimasti sostanzialmente costanti sin dalla seconda metà degli anni '90.

Fonte: Ministero delle Finanze giapponese. Le stime escludono i sussidi per il sistema pensionistico, la spesa sociale ed i soccorsi in caso di calamità.

Pertanto il governo centrale è stato in grado di mantenere bassa l'inflazione solo perché la Banca del Giappone ha fornito sostegno acquistando titoli di stato. Poiché le sovvenzioni dirette e indirette finanziate dalla banca centrale hanno contribuito a mantenere l'inflazione al di sotto dell'obiettivo ufficiale del 2%, la Banca del Giappone ha giustificato i propri acquisti di titoli di stato rendendo possibili maggiori sovvenzioni governative. Lo svantaggio è che il debito pubblico del Giappone come quota del prodotto interno lordo è aumentato dal 67% nel 1990 al 266% nel 2020, con la Banca del Giappone che detiene circa la metà dei titoli di stato in circolazione. 

Il modello giapponese di controllo nascosto dell'inflazione attraverso una stretta collaborazione tra governo centrale e banca centrale potrebbe presto essere adottato in Europa, dove alcuni Paesi come Spagna e Francia hanno già lanciato sussidi energetici in risposta all'aumento dei prezzi dell'energia. Tuttavia questa inflazione nascosta non impedisce la perdita di potere d'acquisto, la quale è ampiamente attribuita all'inflazione dei prezzi al consumo.

In Giappone, la perdita di potere d'acquisto si è concretizzata nella diminuzione dei salari nominali, nella mancanza di interessi sui risparmi e nella fuga di capitali. Ulteriori rischi per il declino del benessere economico sono emersi dalla zombificazione delle società giapponesi, come riflesso nel calo dei livelli di produttività a causa della politica monetaria persistentemente espansiva della Banca del Giappone. Pertanto il modello giapponese di controllo nascosto dell'inflazione non sarebbe una saggia politica economica per domare un'elevata inflazione che si può attualmente osservare in Europa e negli Stati Uniti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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