Di recente c'è stato un dibattito in Germania sulla costituzionalità di un ulteriore indebitamento pubblico da €60 miliardi. Il prestito è dibattuto perché la Germania ha un freno all'indebitamento costituzionale ed esso limita la possibilità del governo di indebitarsi spingendolo verso un pareggio di bilancio in tempi normali. In tempi di emergenza, invece, il freno all'indebitamento prevede eccezioni e maggiori disavanzi, non sorprende quindi che siano state emesse enormi quantità di debiti per far fronte alla crisi sanitaria.
Il governo tedesco prevede di presentare un disegno di legge che trasferisce un'autorizzazione di prestito da €60 miliardi dallo scorso anno fiscale ad un fondo speciale chiamato "Fondo per l'energia ed il clima". La motivazione per giustificare la costituzionalità del piano è puramente keynesiana: lo stato deve investire o fornire sussidi per attivare investimenti privati sulla scia della crisi sanitaria. La spesa deve stimolare l'economia. In questo modo guadagni e posti di lavoro devono essere salvati o assicurati, e se deve esserci un piano di stimolo keynesiano per superare la crisi sanitaria, perché non spendere i soldi delle tasse in "progetti verdi"? Quindi è spesa verde per far fronte ad un'emergenza.
Investimenti statali per far fronte alla crisi sanitaria
Discutiamo della giustificazione keynesiana per aggirare il freno all'indebitamento tedesco. Nel caso del presente disegno di legge, la spesa pubblica aggiuntiva è finanziata da un debito maggiore di €60 miliardi. La Banca centrale europea ed il sistema bancario europeo con ogni probabilità monetizzeranno questo debito (ossia, l'offerta di denaro aumenterà). Il nuovo potere d'acquisto consentirà al governo tedesco di beneficiare dei fattori di produzione e di utilizzarli per progetti sul clima. Questi fattori di produzione assorbiti dal governo tedesco non saranno quindi più disponibili per progetti alternativi. In altre parole, un potere d'acquisto di €60 miliardi sarà ritirato dalla società e non sarà più disponibile per i progetti del settore privato.
I €60 miliardi di spesa aggiuntiva fanno salire i prezzi dei fattori di produzione e questi ultimi diventeranno più costosi di quanto sarebbero stati senza la spesa pubblica aggiuntiva. Ciò aumenterà i costi per le aziende private, le quali dovranno pagare salari più elevati, prezzi dell'energia più alti e altri costi. Progetti che sarebbero stati redditizi con minori costi per energia, salari ed altri input non lo saranno più a causa dei €60 miliardi di spesa pubblica aggiuntiva.
Di conseguenza ci saranno più progetti desiderati dallo stato e meno progetti nel settore privato. I beneficiari diretti sono le imprese favorite dal sussidio statale, i perdenti sono quegli imprenditori che non possono più realizzare i loro progetti a causa dei costi più elevati e dei clienti che perderanno. I progetti visibili sostenuti dalla sovvenzione statale sono compensati da progetti non visibili: i progetti climatici sovvenzionati saranno visibili, i progetti impediti rimarranno sconosciuti.
Ancora più importante, la spesa pubblica aggiuntiva non aiuterà le aziende che hanno riscontrato difficoltà durante la crisi sanitaria. Immaginate un proprietario di un ristorante che ha perso vendite a causa dei passaporti vaccinali e altre restrizioni. Non gli giova affatto che qualche progetto sul clima venga sovvenzionato, ciò di cui ha bisogno è l'abolizione di tutte le restrizioni. Oppure immaginate un'azienda che ha problemi a livello di supply chain. I microchip non arrivano perché non vengono caricati sui container nei porti cinesi e tale azienda non beneficia nemmeno di sovvenzioni per progetti ecologici. Al contrario, quando questi nuovi progetti verdi decolleranno è probabile che richiederanno anche gli stessi fattori di produzione di cui l'azienda in difficoltà ha bisogno, come i microchip. I colli di bottiglia non faranno che aumentare, come anche il prezzo dei fattori di produzione di cui ha bisogno suddetta azienda.
Dal punto di vista economico, non c'è alcuna connessione tra la spesa pubblica aggiuntiva ed il superamento delle conseguenze economiche dell'emergenza sanitaria. Lungi dall'attivare investimenti privati sostenibili, gli investimenti pubblici e le sovvenzioni li scoraggiano aumentando i costi per le imprese. Invece di essere utilizzate in progetti privati desiderati dai consumatori, le risorse economiche vengono utilizzate in progetti desiderati e protetti dallo stato. Per raggiungere l'obiettivo del disegno di legge e mettere rapidamente la Germania su un percorso di crescita sostenibile, sarebbe più appropriato ridurre la spesa pubblica e le tasse. Ciò libererebbe risorse economiche affinché vengano utilizzate dal settore privato, che invece attualmente sono dirottate dallo stato.
Inoltre sarebbe utile una liberalizzazione globale, una deregolamentazione di vasta portata renderebbe possibili progetti che attualmente sono impediti da restrizioni e fornirebbe un forte impulso alla ripresa. La semplice fine delle restrizioni legate alla crisi sanitaria aiuterebbe a rilanciare la crescita senza debiti di emergenza.
Gestione delle risorse da parte dello stato e preferenze dei consumatori
Si potrebbe sostenere che è importante che lo stato decida quali progetti siano intrapresi con i fattori di produzione disponibili e quali industrie prosperano e quali no. Ciò implica che i consumatori non possano più decidere sull'uso delle risorse (pari a €60 miliardi), come invece accadrebbe in un'economia di mercato. In un'economia di mercato, gli imprenditori cercano di anticipare i bisogni più urgenti dei consumatori e di allocare le proprie risorse di conseguenza; competono con i loro rivali per distribuire al meglio le risorse e soddisfare le esigenze dei consumatori, per produrre prodotti sempre migliori a prezzi sempre più bassi. Se ci riescono, vengono ricompensati con profitti; se falliscono, subiscono perdite.
Il modello di pianificazione centrale, al contrario, coinvolge politici e burocrati che decidono come utilizzare le risorse e quali progetti vale la pena implementare. Questo porta a problemi di incentivi e di informazioni: politici e burocrati non hanno incentivi per agire in modo efficiente nell'interesse dei consumatori, non rischiano il proprio capitale per realizzare profitti ed evitare perdite, ma usano i soldi dei contribuenti. I politici hanno in mente le prossime elezioni, sono isolati dalla concorrenza del mercato che costringe gli imprenditori ad innovare ed economizzare.
Oltre al problema legato agli incentivi, pesa ancora di più il problema della conoscenza o del calcolo economico. Tra gli infiniti progetti concepibili che potrebbero essere intrapresi con le risorse disponibili, dovrebbero essere selezionati quelli che sono più urgenti o importanti per i cittadini. La concorrenza è un processo di scoperta che produce dinamicamente questa conoscenza; al contrario, i politici decidono la questione dei progetti più importanti (“progetti verdi” in questo caso) secondo le loro preferenze, arbitrariamente. Secondo Friedrich A. von Hayek, la convinzione che lo stato sappia meglio dove investire può essere descritta come una presunzione fatale.
Implicazioni per la crisi del debito sovrano e l'euro
È vero che tutti gli stati membri dell'UE, molti in misura maggiore della Germania, emettono nuovo debito, il quale viene acquistato e monetizzato dalla Banca centrale europea. Poiché nel processo di ridistribuzione monetaria intraeuropea lo stato che contrae meno debiti rispetto agli altri è svantaggiato, si potrebbe pensare che ora sia il turno della Germania di indebitarsi.
Tuttavia è responsabilità della Germania dare il buon esempio. Nell'Eurozona l'avversione della Germania per l'inflazione ed il deficit ha messo un freno alle politiche fiscali di altri stati. Certo, il freno tedesco a volte ha avuto più successo, a volte meno, ma è sempre stato lì. Se il freno tedesco ai disavanzi pubblici dell'Eurozona viene rimosso, se la stessa Germania usa trucchi contabili per aggirare le regole di politica fiscale, si impegna attivamente in una corsa al debito e perde la sua autorità, c'è il rischio che non ci sarà più alcun limite alla spesa pubblica, ai disavanzi pubblici e all'inflazione nell'Eurozona.
L'opzione tedesca di uscita dall'euro, se non esplicita, almeno implicita, ha disciplinato gli stati membri del sud, mantenendoli entro certi limiti, e quindi, paradossalmente, ha consentito la coesione dell'area Euro. Affinché questa modesta disciplina continui, un'opzione di uscita per la Germania dall'area Euro deve rimanere credibile e può rimanere tale solo se la Germania dimostra di aver aderito alle regole di politica fiscale e di aver ridotto al minimo i disavanzi, mentre gli altri stati no. La Germania potrebbe quindi giustificare l'abbandono dell'euro con il desiderio di avere una valuta più stabile di quella attuale. Se, invece, la Germania segue l'esempio di tutti gli altri creando €60 miliardi in nuovo debito ed unendosi alla corsa al debito, allora il ragionamento sopraccitato smette di funzionare e la porta si chiude.
Conclusione
L'aumento della spesa pubblica tedesca non allevierà le conseguenze economiche della crisi sanitaria, come invece affermano gli economisti keynesiani. Al contrario, ridurrà le risorse disponibili per iniziative private degne di essere perseguite. Inoltre contribuirà alla corsa al debito nell'Eurozona, mettendo a repentaglio il futuro della valuta comune. Invece di impegnarsi in piani di stimolo e debiti, il governo tedesco dovrebbe ridurre le tasse e la spesa e abolire le restrizioni per favorire la crescita economica.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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