La Scuola Austriaca spiega il fenomeno inflattivo senza cadere nella tautologia mainstream della cosiddetta "inflazione dei prezzi che causa l'inflazione dei prezzi". L'origine della spirale inflazionistica dei prezzi è il pompaggio di denaro che, successivamente, viene canalizzato nell'economia più ampia attraverso i vari canali di trasmissione della politica monetaria del sistema bancario centrale. In modo semplicistico, questo meccanismo è il responsabile di tutti i guai, economici e sociali, che vediamo oggi nel mondo; l'incapacità da parte degli individui di comunicare, dal punto di vista commerciale perché la lingua usata – il denaro fiat – è corrotta e distorta, rappresenta una fonte inesauribile di confusione e nervosismo che propaga un'ansia la cui origine è difficile da inquadrare. Ciò crea, a cascata, incomprensioni, le persone sono fuorviate, la produzione assiste ad una misallocation delle risorse e si diffonde un'agitazione sociale persistente. Inutile dire che questa irrequietezza è stata sfruttata ad arte dai pianificatori sociali per propagandare la narrativa della "emergenza continua" attraverso la quale ottenere maggiori poteri e, soprattutto, esercitare un progressivo controllo capillare sulla società. Al che è stato relativamente facile offrire una "soluzione": focalizzare l'attenzione su un punto in particolare – il sistema bancario centrale che arriva sempre in soccorso – e spacciarlo come via d'uscita dal disagio, sociale ed economico, percepito dalla popolazione in generale. Un trucco degno dei migliori venditori di fumo, perché in questa ipnosi collettiva i fallimenti vengono fatti passare per successi o a limite come un innocuo interludio verso il "sol dell'avvenire".
Non è un azzardo affermare che la maggior parte dei problemi della società, se non tutti, affondano le loro radici nell'economia visto che l'essere umano, essendo proverbialmente un animale sociale, il modo che ha per rapportarsi col prossimo suo pari è attraverso lo scambio. Che siano informazioni, emozioni o altro, le azioni che caratterizzano le interazioni umane hanno inevitabilmente alla base uno scambio e la natura economica di questa necessità è auto-evidente: assioma dell'azione umana. Ovvero, l'azione è la base imprescindibile mediante la quale è possibile dedurre sistematicamente e logicamente l'intero comparto della scienza economica. Mises definì catallattica l'interazione umana che prevedesse lo scambio di beni e servizi, o più in generale, lo scambio stesso come conseguenza di un'azione intenzionale e propositiva. Comprendiamo, quindi, che non possiamo prescindere l'economia quando si trattano temi sociali.
Una volta fissato questo punto è possibile affermare che la risoluzione dei problemi economici è il primo passo per sbrogliare la matassa dei guai sociali e politici. Come si risolvono? Conoscendo l'origine di tali mali economici, la causa primordiale che per prima ha irradiato nella società una fiumana di successive disconnessioni e fratture. Oggi scioccheremo le dita, quindi, cercando di svelare l'ipnosi che continua a tenere sotto scacco la maggior parte della popolazione nascondendole la radice dei loro mali economici/sociali. La storia antecedente al 1971 dimostra senza ombra di dubbio che non è necessario un tasso fisso d'inflazione per "stimolare" la crescita economica, come insistono invece i banchieri centrali di oggi. E ci ricorda anche che non esiste una tendenza innata nel mezzo di scambio a deprezzarsi inesorabilmente. Il mantra dell'inflazione al 2% di oggi è stato costruito da Milton Friedman e del suo discepolo Ben Bernanke: hanno studiato gli anni della depressione dopo il 1929 e hanno concluso che l'inflazione è necessaria per evitare un periodo di "deflazione" simile. Inutile dire che si scordarono di guardare al periodo di 15 anni che precedette la Grande Depressione.
La Federal Reserve aprì i battenti nel 1913 e poco dopo gli USA finirono travolti da uno degli orrori più grandi del secolo scorso: la prima guerra mondiale. Grazie alla sospensione del gold standard, e nell'effettivo la sua morte, il finanziamento di quella carneficina fu possibile. Il denaro fiat, da che mondo è mondo, sarà sempre uno strumento macchiato di sangue, ingiustizie, discriminazioni, soprusi e malvagità. Infatti, nel caso particolare della prima guerra mondiale, i cosiddetti "bond di guerra" vennero attivamente coperti dal sistema bancario centrale, così come l'esplosione di debiti e deficit pubblici. Alla fine della Grande Guerra, il dollaro era stato deprezzato di circa la metà. Il redde rationem per quelle azioni economiche sconsiderate si manifestarono con la depressione degli anni '20, ma diversamente da quello che l'appellativo possa far pensare essa durò solo un anno. La regola aurea dell'interventismo minimo nell'economia da parte della politica era ancora un ricordo fresco nella mente dei policymaker di allora, in special modo del presidente USA Harding, il quale si assicurò che il mercato facesse la sua due diligence e correggesse gli squilibri del recente passato. Questa linea di politica fu quella che permise lo sbocciare dei Ruggenti Anni Venti e del benessere che ne conseguì.
Il problema cruciale, come in ogni altra cosa, fu il precedente. Il cosiddetto giorno dell'infamia fu quello in cui venne proibito "per legge" l'oro come mezzo di scambio – mezzo di comunicazione commerciale – ed il sistema bancario centrale monetizzò attivamente il debito pubblico. Infatti l'Inghilterra, volendo tornare alla parità aurea ma ai tassi pre-bellici, non fece altro che affiggere un gigantesco cartello al neon in cui si diceva agli arbitraggisti di far volare fuori da Londra l'oro e farlo finire a New York. Nel 1925 il capo della BoE, Montagu Norman, si accordò con il capo della FED, Benjamin Strong, affinché quest'ultimo svalutasse il dollaro in modo da alleggerire il fardello della sterlina sui cambi. Gli USA accettarono per ragioni geopolitiche, perché attraverso questa richiesta al limite della disperazione sapevano che accettando avrebbero mostrato al mondo intero il viale del tramonto all'impero inglese.
Venne definito "riequilibrio dei tassi di cambio", in realtà significò gettare i semi della Grande Depressione. Ciò che non viene detto è che la Grande Depressione sarebbe stata molto meno dolorosa e molto più breve se non fosse stato per il New Deal di Roosevelt. Come mostrato dal grafico qui sotto, il dollaro era sulla buona strada per tornare al suo valore del 1914, avendo recuperato circa il 60% della perdita dal minimo del giugno 1920 al momento dell'approvazione del New Deal nel giugno 1933.
Invece il dollaro venne svalutato del 59% all'inizio del 1934 e Roosevelt richiese a tutti i possessori di oro e certificati d'oro di cederli in cambio di obbligazioni del Tesoro USA scoperti, nonostante a quel punto la parte correttiva del ciclo economico – la correzione degli eccessi della prima guerra mondiale – era già finita. Invece Friedman, e poi Bernanke, affibbiarono la colpa della Grande Depressione esattamente a suddetta fase correttiva e fecero riferimento a questo sviluppo positivo con il termine negativo "deflazione", ritenendo che fosse il risultato del fatto che M1 si era fortemente contratto durante i quattro anni successivi al crollo dell'ottobre 1929. In realtà la cosiddetta “deflazione” non fu altro che un tentativo di correggere l'economia dall'inflazione di guerra, un processo che il mondo di allora comprendeva bene.
Il periodo 1929-1933 non ha dimostrato che il capitalismo ha una sorta di desiderio suicida, né che il denaro coperto dall'oro fa scivolare l'economia in una spirale deflazionistica irreversibile. E certamente non c'è bisogno che i banchieri centrali puntino ad un obiettivo del 2,00% affinché l'inflazione dei prezzi on si avvicini troppo allo 0,0% e rischi di far scivolare l'economia nell'abisso. Non c'è alcun abisso: è solo una comoda finzione dei banchieri centrali keynesiani.
ERRORI DI IERI, DISASTRI DI OGGI
Se l'inflazione monetaria è una buona notizia per lo stato, poi quella dei prezzi non lo è. Non necessariamente capisce il processo, ma gli elettori si sentono derubati e a loro non piace. Ecco perché è difficile far quadrare l'inflazione con il capitalismo democratico e consensuale. Spesso ci si ritrova un colpo di stato da parte dei militari... o una "emergenza" che pone fine alla democrazia.
Per essere più chiari, i mercati finanziari – e l'economia stessa – sono diventate creature grottesche dopo oltre 12 anni di assurda politica monetaria da parte del sistema bancario centrale. Ha prestato denaro al di sotto del tasso di aumento dei prezzi per quasi tutto questo tempo e ora non può "normalizzare" la politica monetaria senza un "duro risveglio" dove i prezzi degli asset tornano alla normalità, le aziende con un indebitamento eccessivo falliscono, vagonate di persone perdono il lavoro e la casa, e l'economia dovrà attraverso quel percorso ristoratore che per tutto questo tempo è stato rimandato nel tempo al prezzo di un maggiore dolore economico futuro.
Se l'inflazione monetaria è una buona notizia per lo stato, poi quella dei prezzi non lo è. Ecco perché è difficile far quadrare l'inflazione con il capitalismo. Spesso ci si ritrova un colpo di stato da parte dei militari... o una "emergenza" che pone fine alla democrazia. pic.twitter.com/AacnWDy7fM
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) January 4, 2022
Facciamo un parallelismo visto che non si smette di parlare di "whatever it takes" ancora una volta. Quando nel 2012 venne inaugurato da Draghi allora capo della BCE l'intenzione era quella di ingessare e congelare quanto più possibile il mercato dei capitali attraverso un controllo più serrato dell'offerta di denaro. Sebbene ci fosse la foglia di fico del sistema bancario commerciale, la BCE entrava a tutti gli effetti nel campo della monetizzazione diretta del debito sovrano degli stati membri. Italia in prima linea. Non era niente di particolare, cose già viste e fallite in Giappone e USA, ma i privilegiati, ovvero coloro più vicini alla stampante monetaria, hanno festeggiato perché adesso avrebbero avuto maggiori privilegi. Sin da allora cosa è cambiato? Più giri di LTRO, QE e altri acronimi stupidi stante tutti a significare la stessa cosa: necessità di un maggiore controllo sul mercato dei capitali per indirizzarli artificialmente laddove più gradito da un gruppo ristretto di persone. Il risultato? Se prendiamo come modello l'Italia abbiamo un tessuto industriale sfilacciato, un sistema bancario commerciale cumulativamente più indebitato, mercati dei capitali azzerati e segnalanti prevalentemente il falso (produttività annichilita), un mercato del lavoro al collasso, indebitamento pubblico insostenibile. Non che il resto degli stati europei stia meglio, visto che se prendiamo come riferimento il sistema TARGET2 gli squilibri non hanno fatto altro che salire.
In sintesi, è stato solo un modo per comprare tempo e non è affatto una soluzione ai problemi che si prefiggeva di risolvere. Un fallimento colossale, spacciato come successo dalla propaganda dei media generalisti. Adesso lo stesso modello viene applicato a livello socio-sanitario. Perché? Perché la smania del controllo sui mercati dei capitali si deve spingere oltre, sugli individui stessi, pena il fallimento del castello di carte messo in piedi per sostenere artificialmente lo status quo. È questa la progressione in atto sin dal 2012. Che lo scopo sia il controllo capillare ormai dovrebbe essere chiaro anche ai più ipnotizzati dalla narrativa mainstream. Infatti, anche se volessimo prendere per buona l'affermazione secondo cui i primi due giri di snake oil fossero non sperimentali, il terzo giro non è stato MAI sperimentato. Il modello Draghi è una ricetta per il fallimento; il presunto prestigio di cui gode a livello mainstream è costruito su una narrativa distorta e fallace.
Ma se prima c'erano in gioco "solo" i risparmi delle persone, adesso in prima linea c'è la loro vita.
Ci sono ancora commenti entusiasti là fuori riguardo il presunto successo dell'euro. Ecco un grafico per mostrarvi quanto siano stati "splendidi" i suoi 20 anni: potere d'acquisto. Congratulazioni, cari "rentier", i vostri risparmi sono stati erosi praticamente della metà. pic.twitter.com/UJTjSiNpiz
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) January 4, 2022
CONCLUSIONE
L'inflazione danneggia i risparmiatori, e quindi danneggia l'intera economia che fa affidamento sui risparmi per finanziare una crescita organica e sostenibile, ma aiuta i debitori poiché le loro passività vengono svalutate quando il valore del denaro fiat scende. Chi è il più grande debitore del mondo? Lo stato. E con l'inflazione al 7% negli USA ed al 5% in Europa (in realtà è molto di più, se calcolata onestamente), lo stato sta guadagnando alla grande in base ai rendimenti dei propri decennali: +5% negli USA e +4% in Italia. Con un debito totale di oltre $28.000 miliardi, ciò significa che lo zio Sam sta riducendo i propri oneri di circa $1.400 miliardi ogni anno; per quanto riguarda l'Italia, invece, parliamo di circa €108 miliardi.
Gli smart money stanno scommettendo su un singolo fatto: questo è un meccanismo troppo bello a cui rinunciare nonostante le evidenti implicazioni. Il sistema bancario centrale sopprime i tassi d'interesse acquistando obbligazioni e finché gli acquisti vanno avanti, azioni e obbligazioni vanno alla grande anche se i tassi d'inflazione salgono.
Il valore del debito diminuisce, il valore delle azioni e delle obbligazioni degli insider sale e tutti sono felici. Beh, tutti tranne il 90% della popolazione che paga prezzi al consumo più alti. Ma con l'inflazione in aumento, l'unica cosa sensata da fare per il sistema bancario centrale è lasciar salire i tassi d'interesse, il che farebbe crollare i prezzi delle azioni e delle obbligazioni. In sintesi, il sistema bancario centrale è finito nella trappola "Inflate or die": ha incoraggiato tutti a prendere in prestito a ritmi crescenti, addirittura un recente articolo di Bloomberg diceva ai lettori che dovrebbero emulare gli argentini, ovvero, prendere in prestito il più possibile e liberarsi dei soldi il più rapidamente possibile. Ma voi, cari lettori e lettrici, le implicazioni di questa tesi le conoscete molto bene.
Le famiglie stanno ancora una volta "prendendo capitale" indebitandosi rispetto al valore gonfiato delle loro case; le aziende lo fanno, quasi raddoppiando il loro debito dal 2007. E chi lo fa più di tutti? Ovviamente lo stato. "Inflate or die": così tante persone hanno preso in prestito così tanti soldi che il sistema bancario centrale non può normalizzare i tassi. Le tesi di Friedman sull'inflazione, avallate poi da Bernanke, sono state solo una comoda esca.
Secondo i rapporti trimestrali del BEA, i profitti aziendali statunitensi sono aumentati da $2.254 miliardi nel 2019 a $3.114 miliardi nel terzo trimestre del 2021. Apportando i normali aggiustamenti per deprezzamenti ed inventari, i profitti aziendali "aggiustati" sono aumentati da $2.368 miliardi a $ 2.916 miliardi. Inutile sottolineare che un accesso privilegiato al credito da parte delle grandi aziende permette loro di sfruttare l'Effetto Cantillon sulla scia della svalutazione monetaria. Infatti non sono stupide, tutt'altro: per restare a galla il loro tasso di profitto deve essere superiore al tasso di variazione dell'offerta di denaro. Se consideriamo che nell'ultimo decennio il tasso di variazione di M2 è stato in media del 10%, e solo negli ultimi due anni del 26%, capite benissimo la natura di questa corsa forsennata agli "investimenti".
RispondiEliminaCome? Attraverso la leva finanziaria ed il beneplacito della FED che ha eliminato ogni parvenza di rischio nei mercati degli asset. Ma attenzione, perché se è vero che il rischio è stato cancellato, la misallocation di capitale rimane. Il gioco scriteriato di spingere sull'acceleratore dell'ingegneria finanziaria, tramite stock buyback e LBO, per rincorrere il tasso di variazione dell'offerta di denaro ha un prezzo: sequestro e consumo di capitale che altrimenti sarebbe stato messo a meglio frutto da aziende più allineato col mercato. Il nuovo non rimpiazza il vecchio, la piccola/media impresa viene schiacciata e l'ingessamento del turnover commerciale crea un ambiente economico stagnante (o peggio in declino).
Le dinamiche monetarie dell'inflazione sono tali che l'aumento iniziale del profitto tende progressivamente ad invertirsi. La domanda non continua a superare di gran lunga l'offerta e man mano che i prezzi si aggiustano al rialzo in un intervallo crescente, il potere d'acquisto reale del denaro creato ex novo diminuisce. Man mano che le aspettative di un'inflazione elevata si ampliano o, in alternativa, più agenti economici diventano consapevoli dell'ambiente inflazionistico in cui operano, le imprese in grado inizialmente di aumentare i propri profitti scoprono di essere finite in una spirale di pressione crescente sui propri costi. Inutile dire che questi ultimi saranno scaricati sul resto della società attraverso un corsa per socializzare le perdite (l'abbattimento della piccola/media impresa mediante le norme assurde degli ultimi due anni ne è un esempio).
Questo è un loop alimentato dal denaro fiat e può finire solo col denaro sano ed onesto. Tagliate alla radice la fonte dell'arbitrio e dei privilegi economici abilitati dall'inflazione, e le ingiustizie piramidate nel corso del tempo sull'attuale sistema cadranno una ad una. Non esiste miglior incentivo, quindi, ad usare Bitcoin, esso è l'unica ancora di salvezza per la piccola/media impresa che altrimenti verrà fatta a pezzi.