Bibliografia

venerdì 28 gennaio 2022

Offerta di denaro e tassi d'interesse in ascesa

 

 

di Alasdair Macleod

L'establishment, compreso lo stato, le banche centrali e la maggior parte degli investitori, sono completamente keynesiani e quest'ultima categoria ha tratto grandi vantaggi negli ultimi decenni. Ma tutto ciò sta per cambiare. Il mondo del sempiterno stimolo keynesiano sta giungendo alla sua inevitabile fine con l'aumento dei prezzi al di fuori del controllo delle autorità. Essendo accecato dalle credenze neokeynesiane, nessuno è preparato per questo fenomeno.

Questo articolo spiega perché i tassi d'interesse saliranno notevolmente in questo nuovo anno. Attinge alle prove della crisi inflazionistica degli anni '70, sottolinea le somiglianze ed il fatto che la svalutazione monetaria oggi è di gran lunga maggiore e più globale rispetto a cinquant'anni fa. Nel Regno Unito la metà dell'attuale tasso d'inflazione monetaria per la metà del tempo – solo per un anno – ha portato il Gilt oltre il 15%. E oggi abbiamo osservatori della FED che possono solo prevedere un tasso sui Fed Funds al massimo al 2%...

Un fattore chiave manderà al macero la narrativa keynesiana, probabilmente sostituita da una tardiva conversione al monetarismo che portò Milton Friedman alla ribalta quando accadde la stessa cosa a metà degli anni Settanta. La consapevolezza che l'inflazione è sempre un fenomeno monetario arriverà troppo tardi affinché i politici possano fermarla.

La situazione è esaminata da vicino in America, soprattutto per il suo debito ed il suo dollaro. Ma i problemi non finiscono qui: i rischi per il sistema globale delle valute fiat e del credito derivanti dal rialzo dei tassi d'interesse e dalle trappole del debito sono seri ovunque.


Introduzione

Chiaramente le prospettive sono per tassi d'interesse in dollari più alti. La FED sta cercando di persuadere i mercati che si tratta di un fenomeno temporaneo e che richiede solo un intervento modesto, mentre l'inflazione, con la quale le autorità intendono l'aumento dei prezzi, sebbene sia inaspettatamente alta, quando le cose torneranno alla normalità tornerà anch'essa a scendere a poco più del 2%. Non c'è bisogno di farsi prendere dal panico e questa visione è ampiamente supportata dall'intero settore degli investimenti.

Sfortunatamente questa narrazione si basa su un pio desiderio piuttosto che sulla realtà. La realtà è che negli ultimi due anni il dollaro è stato drammaticamente svalutato, come mostra inequivocabilmente il seguente grafico.

Da febbraio 2020 M2 è passato da $15.470 miliardi a $ 21.437 miliardi lo scorso novembre, ovvero il 38,6% in soli venti mesi, un tasso d'inflazione medio annuo del 23,2% per quasi due anni. E ciò segue l'incessante espansione ad un ritmo accelerato sin dalla crisi Lehman nel 2008, un aumento inflazionistico del 175% da agosto 2008 a novembre 2021. Se l'IPC è la misura pertinente, allora il suo attuale tasso d'inflazione dei prezzi indicato al 6,8% è solo il inizio delle pressioni al rialzo sui prezzi.

Per ora i mercati stanno ignorando questa realtà, sperando che la FED abbia ancora il controllo, ma possiamo essere certi che presto diventerà evidente che le autorità monetarie hanno un grosso problema per le mani. I tassi d'interesse saranno quindi destinati a livelli significativamente più elevati, non perché vi sia domanda di capitale in un contesto di offerta di risparmio limitata, ma perché chiunque detenga dollari richiederà un compenso per continuare a possederli. Un errore è pensare che con la crescita economica in rallentamento rispetto alla sua ripresa iniziale e con i timori che il mondo possa entrare in recessione, domanda ed offerta torneranno ad un equilibrio ed i prezzi smetteranno di salire.

A parte questi errori, il decennale statunitense, che attualmente sta cedendo l'1,7%, non può continuare a lungo a questi livelli con i prezzi dell'IPC in aumento del 6,8% e oltre. E nei prossimi mesi, con l'aumento dei prezzi alla produzione, dell'energia e dei costi delle materie prime, la pressione per una sostanziale rivalutazione al rialzo dei rendimenti obbligazionari (ovvero un calo catastrofico dei prezzi dei bond) non farà che aumentare.


Flussi degli investimenti internazionali

Questo articolo si preoccupa meno delle implicazioni per i valori degli asset finanziari che di come un tale shock influenzerà la valuta e la fiducia nella politica monetaria. Il dollaro è sovradetenuto da interessi esteri, che con depositi in contanti ed investimenti ora superano i $33.000 miliardi, il 145% dell'attuale PIL statunitense e non troppo lontano dalla stima della Banca dei regolamenti internazionali del debito non finanziario statunitense. Di questa proprietà straniera, quasi $27.000 miliardi sono in titoli a lungo termine e $12.500 miliardi rappresentano azioni statunitensi.

Va tenuto presente che l'interesse estero sulle azioni statunitensi ha in mente solo i profitti: le autorità di regolamentazione potrebbero richiedere agli stranieri di detenere azioni nazionali, ma non esiste tale requisito per le azioni estere. Di conseguenza ci si può aspettare che un rialzo dei tassi d'interesse di un'entità suggerita dalla svalutazione del dollaro inneschi una valanga di vendite all'estero di tutte le classi di asset finanziari. Il fatto che vendano anche il dollaro dipenderà in parte da quanto saranno lasciati salire i tassi d'interesse e in parte dalle opzioni su valute alternative, metalli preziosi e materie prime.

Se mettiamo a confronto gli investimenti esteri con gli asset finanziari in dollari, gli investimenti dei residenti negli Stati Uniti in asset in valuta estera sono di gran lunga inferiori, con solo $651,4 miliardi di depositi in valuta estera ed investimenti a breve termine, un decimo rispetto ai depositi bancari in dollari e proprietà di bond del Tesoro USA. Ma la proprietà degli investitori statunitensi in titoli esteri a lungo termine è di $15.700 miliardi, meno della metà della posizione estera in titoli statunitensi, di cui $12.000 miliardi in azioni. Un mercato ribassista per le azioni statunitensi alimenterà quindi anche la liquidazione delle azioni estere, assicurando che un mercato ribassista azionario negli Stati Uniti diventi veramente globale.

Un altro aspetto da considerare per i detentori stranieri di asset in dollari è la fornitura continua di dollari e credito in dollari. Finora la prospettiva di un'ulteriore svalutazione del dollaro rispetto ad altre valute non si è riflessa sui cambi, perché le altre principali valute devono affrontare esiti simili. Questo potrebbe cambiare: l'euro e lo yen si sono indeboliti in modo significativo di recente con i tassi sui depositi della BCE e della Bank of Japan intrappolati al di sotto dello zero.

L'incapacità dei governi e delle autorità monetarie di sfuggire alla svalutazione monetaria è ciò che alla fine conta, ponendo le basi per l'indebolimento del potere d'acquisto, tassi d'interesse più alti e l'instabilità sistemica. Per ora le prospettive per la valuta di riserva mondiale sono centrali per questi problemi.


M2 rappresenta davvero l'offerta di denaro del dollaro?

A febbraio 2021 la FED ha cambiato le componenti in M1 e M2 e ha iniziato a segnalarle mensilmente anziché settimanalmente. In parole povere, i depositi a risparmio presso le banche sono stati aggiunti a M1, il che ha rappresentato un grande salto nel totale di M1. Gli adeguamenti ai dati precedenti sono stati retrodatati solo da maggio 2020 in poi, rendendolo inutile per confronti con dati precedenti a tale data.

La composizione di M2 è rimasta invariata.

Ci sono due fattori aggiuntivi, che probabilmente dovrebbero essere inclusi in M2. Il primo sono i conti IRA e Keogh presso le banche. Sono esclusi in quanto non prontamente disponibili per la spesa dei consumatori e, se ritirati da una banca, devono essere depositati in un'altra. Ma questo ignora il fatto che fanno parte del denaro in deposito che le banche impiegano per le loro operazioni di credito e che il totale di questi depositi varia. Dovrebbero quindi essere inclusi in qualsiasi definizione dell'offerta di denaro basata sui depositi bancari. L'effetto dell'inclusione di questi saldi è di aumentare M2 di $974 miliardi (novembre 2021).

Il secondo fattore è il trattamento dei pronti contro termine (repo e reverse repo o RRP), che sono strumenti di gestione della liquidità sia tra banche commerciali che tra banche e FED. Non ci occupiamo dei pronti contro termine interbancari, perché non incidono sull'importo complessivo di valuta e credito in circolazione. Ma quando la FED è una controparte, la situazione è diversa.

I lettori potrebbero ricordare la crisi di liquidità nel settembre 2019, quando la FED è intervenuta e ha fornito finanziamenti fornendo pronti contro termine alle banche commerciali. Quando la FED agisce in una transazione repo, acquista asset di alta qualità (di solito bond del Tesoro statunitensi o debito delle agenzie governative) con un accordo per rivenderli a condizioni prestabilite, il che garantirà alla FED un profitto, attualmente fissato ad un tasso annuo dello 0,05%. La banca venditrice utilizza quindi i proventi in contanti per tutta la durata del repo, fino a quando l'operazione non viene completata dalla banca che riacquista la garanzia dalla FED alle condizioni prestabilite, restituendo così il denaro. Poiché queste transazioni sono a breve termine, e di solito forniscono liquidità a livello giornaliero, non ha senso includerle nelle statistiche sull'offerta di denaro.

Un reverse repo è l'altro lato di una transazione repo. Se una banca commerciale ha troppa liquidità in bilancio, può utilizzare un reverse repo per fornirla ad un'altra banca che necessita di liquidità a condizioni redditizie. Ma se la FED è la controparte di una banca o di un'istituzione idonea in un reverse repo, la liquidità viene sottratta alla circolazione generale riducendo l'offerta di denaro a breve termine. Pertanto un aumento del reverse repo book della FED riduce M2 al di sotto di quanto sarebbe altrimenti riportato.

Per la FED repo e reverse repo sono strumenti di gestione della liquidità overnight per consentirle di mantenere il tasso di riferimento entro i limiti stabiliti dall'Open Market Committee. I pronti contro termine vengono implementati per porre un tetto ai tassi d'interesse.

Ma è improbabile che le banche commerciali utilizzino il meccanismo dei reverse repo. L'unico modo in cui una banca sarà incoraggiata ad effettuare un'operazione di reverse repo con la FED è come dealer nel credito. Il rendimento di un RRP deve superare gli utilizzi alternativi della liquidità a disposizione di una banca sul lato dei passivi del suo bilancio. Le banche non intraprenderanno un reverse repo con la FED perché il tasso è fissato allo 0,05%, il quale è inferiore all'interesse pagato sulle riserve in eccesso allo 0,15%.

Ma il 31 dicembre il totale delle operazioni reverse repo della FED si è attestato a $1.905 miliardi (da allora è sceso di $400 miliardi, perché nelle ultime sessioni di trading il rendimento dei bond del Tesoro a 13 settimane è salito allo 0,085%, offrendo un rendimento più alto rispetto a quello offerto dal meccanismo dei reverse repo della FED). Tuttavia i pronti contro termine inversi overnight sono ancora un elemento molto grande. Se le banche commerciali sono disinteressate perché guadagnano di più sulle loro riserve, allora chi sono le controparti della FED? La risposta sono i fondi monetari.

I fondi monetari hanno dovuto affrontare due problemi. Con i tassi d'interesse fissati dalla FED a zero, aumenta il rischio che non siano più in grado di garantire la restituzione del capitale ai loro investitori. Il secondo problema è che le banche commerciali non sono più interessate ad agire come controparti nei mercati monetari assorbendo la liquidità dei fondi monetari. Il problema sono le regole sul rapporto di finanziamento netto di Basilea 3 introdotte il 1° luglio. L'NSFR ha lo scopo di garantire che le banche dispongano di finanziamenti stabili per le loro attività e una banca esposta a grandi depositanti, che potrebbero ritirare i propri depositi con poco o nessun preavviso, ai fini delle regole NSFR non costituisce una fonte stabile di finanziamento. Di conseguenza le banche non sono più interessate ad accettare depositi dai fondi monetari autorizzati a depositare denaro presso di loro attraverso i mercati monetari.

Pertanto tutti i fondi monetari vengono indirizzati verso l'Open Market Trading Desk e guadagnare un misero 0,05% sui propri fondi quando il rendimento dei bond del Tesoro USA a 13 settimane scende verso lo zero. Questa struttura è stata loro aperta specificamente nel marzo 2020, quando la FED ha abbassato il tasso di riferimento allo 0-0,25%. In vista dell'introduzione dell'NSFR nelle normative bancarie statunitensi lo scorso giugno, la struttura di reverse repo del Desk si attestava a pochi miliardi e poi è esplosa fino a $2.000 miliardi la scorsa settimana, in coincidenza con l'introduzione dell'NSFR. E per i fondi monetari limitati alla negoziazione di bond del Tesoro e dei pronti contro termine inversi con la FED, anche i tassi dei bond del Tesoro sono diminuiti. Le conseguenze per le strutture di reverse repo della FED sono illustrate nel seguente grafico.

Ora che le controparti reverse repo della FED sono state identificate, torniamo alla domanda posta sopra: in che modo questo aumento senza precedenti dei pronti contro termine overnight influisce sulla nostra comprensione della quantità di valuta e credito nel sistema?

Non c'è dubbio che, in assenza dell'intervento della FED, il denaro dei fondi monetari collocato presso le banche commerciali verrebbe registrato come parte dell'offerta di denaro basata sui depositi e che, al variare della situazione dei tassi d'interesse, è probabile che si riverserebbe di nuovo in circolazione. I fondi monetari investiti in strumenti del Tesoro USA a breve termine, che sono la maggior parte di essi, si riflettono nei depositi bancari quando vengono spesi dal conto generale del governo.

Pertanto, come i saldi IRA e Keogh, i pronti contro termine inversi della FED distorcono M2 e dovrebbero esservi aggiunti per fornire un quadro più vero della quantità di valuta e credito in circolazione, nonostante le differenze temporali coinvolte. M2 e M2 aggiustato a questi elementi sono mostrati nel grafico di seguito.

M2 così aggiustato sale da $8.300 miliardi del mese in cui è andata in bancarotta la Lehman a quasi $25.000 miliardi di oggi, con un aumento del 200%. Anche il divario tra M2 ufficiale e le nostre cifre aggiustate sale in modo significativo. Nell'introduzione a questo articolo è stato evidenziato che da febbraio 2020 il tasso medio annuo dell'inflazione ufficiale di M2 è stato del 23,2% per venti mesi. Il tasso annuo aggiustato per M2 modificato è salito del 27,7% per lo stesso periodo. Diversamente da quanto si dice, non c'è stato alcun rallentamento della crescita di M2 se opportunamente aggiustato.


Il precedente degli anni '70

Con valuta e credito in aumento a questo ritmo, è solo questione di tempo prima che il governo degli Stati Uniti si ritroverà costi di finanziamento in aumento. Non solo ciò cambierà le prospettive per i suoi piani di spesa, ma c'è il rischio di periodi di interruzione dei finanziamenti. Affidarsi al suo collaudato processo d'asta per i bond potrebbe non essere più saggio.

Vale la pena rivisitare il precedente degli anni '70 per inquadrare meglio le condizioni finanziarie odierne. È stata l'ultima volta che si è verificata una crisi dei finanziamenti legata all'inflazione, ma non fu il governo degli Stati Uniti a soffrire, perché all'epoca aveva disavanzi di bilancio relativamente piccoli rispetto al resto dell'economia: il più grande fu di $74 milioni nel 1976 (rispetto ai $3.131.917 milioni nel 2020, oltre 42.000 volte il disavanzo del 1976!).

Fu il Regno Unito ad avere problemi, ma su scala relativa molto più piccola. La Banca d'Inghilterra, che agisce per il Tesoro del Regno Unito, non fu in grado di finanziare il suo disavanzo di bilancio, il quale raggiunse il picco del 6,9% del PIL nel 1975/76, costringendo l'allora Cancelliere (Denis Healey) a prendere in prestito $3.900 milioni dal FMI per coprire l'intero deficit. A seguito di questo episodio, le restrizioni del FMI sulla spesa pubblica limitarono il deficit di bilancio del Regno Unito a circa il 5% negli anni successivi ed il tasso d'inflazione dei prezzi, che aveva raggiunto il picco del 25% nel 1975, scese all'8,4% nel 1978. Inoltre, nel 1973, c'era stata una crisi combinata di proprietà commerciale e bancaria su una scala mai vista prima nel Regno Unito. E nel mercato ribassista tra il maggio 1972 e la fine del 1974 l'indice azionario FT30 perse oltre il 70%.

Più di ogni altra cosa all'epoca, questo episodio screditava il keynesismo. Per fare un confronto, nel 2020 il rapporto tra deficit e PIL degli Stati Uniti era dell'11,6% e del 10,3% nel 2021, quasi il doppio di quello del Regno Unito al culmine della crisi. Con politiche similmente socialiste che hanno portato ad una crisi della sterlina quarantacinque anni fa, i pericoli per il dollaro, che sono potenzialmente molto maggiori, devono ancora materializzarsi. Ed il FMI non può venire in soccorso degli Stati Uniti, come fece invece per il Regno Unito nel 1976 e la Grecia nel 2010-12.

La Banca d'Inghilterra non disponeva degli strumenti per nascondere la reale portata dell'inflazione monetaria. Repo e reverse repo non sarebbero esistiti nel Regno Unito fino all'inizio degli anni '90. Intenzionalmente o meno, oggi in una certa misura le banche centrali possono torturare i numeri, ma questo non cambia nulla, a parte ingannare i mercati solo per un po' più a lungo.

Nella Gran Bretagna degli anni Settanta, la causa iniziale di una serie di crisi di finanziamento fu che la Banca d'Inghilterra, sotto la pressione dei politici, non accettò le richieste del mercato di tassi d'interesse più elevati. Ciò inviò un messaggio negativo ai detentori stranieri di sterline, indebolendo il tasso di cambio, innescando la vendita di Gilt (le obbligazioni sovrane inglesi) all'estero e sollevando i timori di un'ulteriore inflazione dei prezzi importata.

Nel frattempo la spesa pubblica degenerò rapidamente (come descritto sopra), spingendo in circolazione valuta extra senza che fosse assorbita dall'emissione di debito finanziata con risparmi reali. E poiché la sterlina si indebolì e le cifre dell'offerta di denaro si deteriorarono ad un ritmo crescente, sarebbero stati necessari tassi d'interesse più elevati per convincere le istituzioni d'investimento a sottoscrivere nuove emissioni di Gilt.

Più lungo era il ritardo nell'accettazione della realtà, maggiore sarebbe stato il divario tra le aspettative del mercato e la posizione delle autorità. Solo allora i politici ed i keynesiani nel Tesoro del Regno Unito avrebbero gettato la spugna. La Banca d'Inghilterra aveva quindi l'autorità di finanziare a sua discrezione e schierò quella che divenne nota come la strategia del Grand Old Duke of York. La Banca d'Inghilterra avrebbe lasciato salire i tassi d'interesse ad un livello sufficientemente alto da eliminare dal mercato tutte le aspettative di tassi più elevati, quindi emettere titoli Gilt per assorbire la liquidità degli investimenti repressa prima di incoraggiare i tassi a scendere nuovamente.

La sterlina sarebbe salita, la crisi sarebbe passata e le cifre dell'offerta di denaro si sarebbero corrette. Paul Volcker alla FED fece qualcosa di simile nel giugno 1981 quando lasciò salire il tasso di riferimento fino al 19,1%, tranne per il fatto che l'obiettivo era basato meno sui finanziamenti statali e più sull'abbattimento delle aspettative di inflazione dei prezzi.

Sebbene vengano ignorati, oggi ci sono preoccupanti somiglianze con la posizione della FED. Il disavanzo di bilancio è stato e rimane di gran lunga superiore a quello che costrinse il Regno Unito a ricorrere all'FM. Con un'economia statunitense destinata a risentire del rialzo dei tassi d'interesse, le prospettive non sono di ripresa come previsto dal Congressional Budget Office, ma di un ulteriore deterioramento, cosa che richiederà continui finanziamenti inflazionistici.

La FED è riluttante a riconoscerlo e rischia di perdere il controllo sui tassi d'interesse. È in questo contesto che i pronti contro termine inversi sono venuti in parziale soccorso della FED sopprimendo statisticamente il tasso reale di crescita della valuta e del credito. Tale strategia, però, verrà smobilitata nei prossimi mesi

Un'ulteriore lezione degli anni '70 è stata che iniziarono con il keynesismo in voga e poi venne gradualmente screditato, in particolare sulla scia della crisi del 1976 nel Regno Unito. I monetaristi, come Milton Friedman, acquisirono credibilità e con essa un crescente riconoscimento che "l'inflazione è sempre un fenomeno monetario". Oggi il neokeynesismo appare radicato nelle commissioni adibite alla politica monetaria rispetto ai primi anni Settanta. Possiamo essere ragionevolmente certi che mentre i prezzi, i tassi d'interesse e le quantità di valuta e credito continueranno a crescere, il keynesismo sarà nuovamente screditato e guadagnerà terreno una nuova realizzazione basata sui principi monetaristi.

Quando gli investitori nei Treasury statunitensi inizieranno ad allontanarsi dalle argomentazioni keynesiane e capiranno che il dilemma della FED è in un contesto monetario, non ci possono essere dubbi sul fatto che le aste dei Treasury statunitensi inizieranno ad andare deserte. La risposta della FED sarà cruciale: sarà riluttante a lasciar salire a sufficienza i tassi d'interesse? Quasi certamente la risposta è affermativa, a causa del danno economico alle imprese fortemente indebitate e alle finanze pubbliche.

E nessuno ancora sta contemplando bond del Tesoro USA al 15%, come visto nei Gilt britannici negli anni '70. Il tasso di crescita di M2 negli Stati Uniti è di gran lunga il più alto da quando sono iniziati i tracciamenti, persino maggiore che in qualsiasi momento delle due guerre mondiali e ciò si confronta con un tasso massimo del 13,8% nel febbraio 1976, la metà di quello attuale.


I pericoli del rialzo dei tassi d'interesse

Passiamo ora alle conseguenze del rialzo dei tassi d'interesse sull'offerta di denaro e all'impatto sui finanziamenti pubblici. Fintanto che i tassi dei bond del Tesoro USA rimarranno al di sopra dell'obiettivo minimo sui Fed Funds, i fondi monetari non utilizzeranno più il meccanismo reverse repo della FED. Infatti all'inizio di questa settimana un aumento del rendimento dell'obbligazione a tredici settimane allo 0,085% ha già coinciso con una riduzione di $400 miliardi dei pronti contro termine overnight.

Dal punto di vista dei fondi monetari, il rischio di "mandare in tilt il dollaro" scompare quando il tasso dei Fed Funds si sposta al di sopra dello zero e l'acquisto di bond del Tesoro a breve termine diventa un'alternativa sempre più redditizia. È probabile che questi fondi monetari aumenteranno l'acquisto di tali strumenti finanziari, i quali saranno accreditati sul conto generale del governo federale presso la FED. I fondi guadagnati nel conto generale saranno successivamente prelevati e spesi dal governo federale, finendo poi come depositi bancari che si aggiungeranno a M2.

Con questa fonte di finanziamento a breve termine, c'è il pericolo che il governo federale faccia sempre più affidamento su di essa, rendendo le finanze pubbliche più esposte al rialzo dei tassi d'interesse. E poiché la crescita dei pronti contro termine inversi ha inizialmente rallentato la crescita di M2, il suo successivo rilascio nei depositi mentre il governo federale spende rischierà di accelerarne la crescita in un momento in cui le politiche keynesiane verranno screditate a favore del monetarismo.

Nel marzo 2020 la FED ha accettato di trattare con le controparti dei fondi monetari solo come misura temporanea e garantire che i loro ingenti depositi non affrontassero tassi di deposito negativi mentre il tasso dei Fed Funds era a zero; ma quando i tassi salgono, il problema dei fondi monetari scompare.

Con il rialzo dei tassi d'interesse la FED avrà un problema molto più grande nell'affrontare le ricadute economiche. Siamo tutti d'accordo sul fatto che l'aumento dei tassi d'interesse aumenta l'onere per tutti i mutuatari esposti ai tassi variabili, mentre coloro che hanno tassi fissi si vedono il problema posticipato per la durata dei loro prestiti.


Rialzo dei tassi d'interesse ed aumento del debito pubblico

Secondo la Banca dei regolamenti internazionali, il debito non finanziario totale per gli Stati Uniti si attestava a $35.200 miliardi alla fine del secondo trimestre del 2021 (altre stime sembrano essere più elevate). L'andamento sin dal 2000 è illustrato nel seguente grafico.

Il debito non finanziario è cresciuto a livelli record tra il 2000 e la crisi finanziaria del 2008-2009, destino diverso invece per gli aumenti salariali che sono rimasti stagnanti e sono stati superati dall'aumento dei prezzi. Il rimborso del debito non finanziario totale, la cui espansione aveva portato al fallimento della Lehman, è stato poi differito grazie alle politiche monetarie espansive e successivamente è aumentato drasticamente nel 2020-21 trainato dall'impennata dei disavanzi pubblici. Il costo economico del rialzo dei tassi d'interesse per gli attori non finanziari è indicato dalla sua ampiezza.

L'aumento del debito non finanziario è un problema globale, con quello degli Stati Uniti al 286% rispetto al PIL, quello dell'Eurozona al 284%, quello del Regno Unito al 290%, quello del Giappone al 416,5%, quello della Svizzera al 308% e quello della Cina al 285% (BRI, dati per il 2° trimestre 2021). Lo scatto delle trappole del debito da parte del rialzo dei tassi d'interesse è destinato a destabilizzare l'intera economia globale. Oltre alla FED, le altre banche centrali diventeranno consapevoli della propria situazione e possiamo stare certi che i ministri delle finanze ed i banchieri centrali del G7 cercheranno di coordinare le politiche sui tassi d'interesse, e con questo intendiamo raddoppiarne la loro repressione. La situazione recente per i governi nazionali altamente indebitati è mostrata nella seguente tabella.

Le economie avanzate hanno un rapporto debito/PIL superiore al 100% da almeno dieci anni, una sbornia sin dalla crisi finanziaria del 2008-2009. Da allora la posizione debitoria di alcuni di loro si è deteriorata in modo allarmante.

Nel 2010, in un documento congiunto, gli economisti Carmen Reinhart e Ken Rogoff hanno concluso che: "[...] i livelli di debito pubblico/PIL che superano la soglia del 90% sono associati ad una crescita mediana e media inferiore". In altre parole, tutti i i Paesi nella tabella qui sopra troveranno difficile, se non impossibile, uscire da quei livelli di debito in tempo di pace.

I governi nazionali fortemente indebitati, come Belgio, Grecia, Italia, Portogallo e Giappone, di fronte ad un aumento dei tassi d'interesse globali si ritroveranno in prima linea in una crisi dei finanziamenti e sistemica. E le nazioni dell'Eurozona nella tabella qui sopra destabilizzeranno quasi certamente gli stati membri con una minore esposizione diretta alle trappole del debito.

Solo di recente il presidente francese Macron ed il primo ministro italiano Mario Draghi hanno scritto un articolo congiunto chiedendo "la riforma delle regole fiscali dell'UE". Per "riforma" intendono aumento dei livelli di prestito. In altre parole, avendo raggiunto un rapporto debito pubblico/PIL rispettivamente del 128% e del 174%, ora li vogliono aumentare ulteriormente.

La crisi del debito europeo è già abbastanza dura, ma anche la situazione del Giappone è particolarmente allarmante, con gli obblighi del debito pubblico ulteriormente estesi in una politica di soppressione dei premi di rischio sui prestiti alle imprese e di sovvenzione di un'ampia gamma di beni di consumo con il risultato che oltre il 50% dell'indice dei prezzi al consumo è controllato dallo stato. Con tassi d'interesse intrappolati sotto lo zero, un aumento dei tassi globali è destinato a provocare una crisi valutaria per lo yen.

Anche il sistema bancario giapponese è fortemente indebitato, con livelli di debito in rapporto al PIL per tutte le grandi banche di importanza sistemica oltre il 20X. La Cina ha un livello di debito pubblico molto più basso rispetto al PIL, ma il suo settore privato non finanziario, fortemente indebitato, è di circa $27.000 miliardi e le crepe nel sistema stanno già diventando evidenti con la crisi di Evergrande.


Sommario e conclusione

Sembra inverosimile che il legame tra i cambiamenti nelle quantità di valuta e credito, incarnato dalle statistiche monetarie sui depositi, venga totalmente ignorato dai governi, dalle autorità monetarie e dall'intero sistema degli investimenti. Questo perché nessuno sembra aspettarsi molto di più di un aumento di pochi punti percentuali dei tassi d'interesse globali.

Non dovremmo quindi sorprenderci che l'aumento dei prezzi misurato dall'IPC abbia colto alla sprovvista l'intero establishment. Né dobbiamo sorprenderci che la situazione attuale continui ad essere analizzata attraverso una lente neokeynesiana, quando sappiamo che è proprio questa che ci ha portato alla crisi attuale: trappola del debito non solo per il governo degli Stati Uniti, ma per tutte le altre principali giurisdizioni.

La convinzione keynesiana che la gestione economica e monetaria sia superiore al libero mercato è destinata ad essere screditata dalla realtà. I risparmiatori sono stati costretti ad accettare rendimenti negativi sui loro investimenti obbligazionari, ma non può durare. Quando diventerà chiaro che l'inflazione dei prezzi è solo un indicatore della svalutazione monetaria e che questa svalutazione può solo continuare, suddetti tassi profondamente negativi non saranno più disponibili per sovvenzionare la spesa pubblica dissoluta.

L'entità di una crisi dei tassi d'interesse e del mercato obbligazionario sembra essere gravemente sottovalutata. L'improvvisa comparsa di un'inflazione dei prezzi incontrollata ha portato a fare timidi confronti tra la situazione attuale e gli anni '70, ma finora ci sono poche prove che questi confronti siano presi abbastanza sul serio.

Se lo fossero, gli analisti dovrebbero concludere che gli eventi in comune con gli anni '70, che hanno portato a rendimenti obbligazionari nominali elevati e cedole dei Gilt britannici superiori al 15%, sono potenzialmente molto più destabilizzanti oggi di quanto non fossero allora. Stando così le cose, il mondo è sull'orlo di un mercato ribassista degli asset finanziari alimentato dai prezzi delle obbligazioni globali che si stanno normalizzando a livelli che riflettono il deterioramento reale delle finanze pubbliche. Tutti i valori degli asset finanziari saranno indeboliti da questa rettifica.

È sempre più difficile vedere una via d'uscita da queste difficoltà e la speranza keynesiana che la crescita economica risolva il ​​problema del debito è semplicemente ingenua. Nel 2010 stimati economisti (Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff) hanno concluso che con un rapporto debito pubblico/PIL superiore al 90% diventa estremamente difficile per una nazione uscire dal proprio carico di debiti. Con le economie avanzate che hanno in media un rapporto del 125%, Giappone e Grecia oltre il 200% e alcune nazioni dell'Eurozona oltre il 150%, ci sono trappole del debito quasi ovunque pronte a scattare.

Nelle economie a valuta fiat altamente indebitate ci può essere solo un risultato: una volta che uno cade in crisi, gli altri seguiranno. Aspettatevi poi un'accelerazione del deprezzamento delle valute, cosa che porterà anche alla distruzione della fiducia nel denaro fiat. E con un rapporto debito pubblico/PIL del 125%, gli Stati Uniti con i loro dollari trasmetteranno il rischio a tutte le valute che considerano il dollaro la loro principale valuta di riserva .

Si può solo concludere che con l'inizio del nuovo anno è probabile che l'adeguamento alla realtà sarà più violento di quanto visto negli anni '70.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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