Il grafico qui sotto sottolinea il motivo per cui la caccia alle streghe sulla CO2 è una minaccia mortale per la prosperità futura ed il benessere umano. Vale a dire, anche dopo decenni di promozione dell'energia verde ed ingenti sussidi statali, le rinnovabili hanno rappresentato solo il 5% del consumo globale di energia primaria nel 2019 perché:
• sono ancora molto poco competitive (costo elevato) rispetto all'energia fossile, nucleare e idroelettrica;
• in realtà non arrivano nemmeno alla quota del 5% riflessa nel grafico in termini di capacità di fornire lavoro all'economia, a causa dell'intermittenza dell'energia eolica e solare e del fatto che per convenzione i punteggi governativi calcolano l'energia elettrica fornita da fonti rinnovabili agli utenti finali per tenere conto delle perdite di trasmissione e distribuzione nella rete elettrica.
Al contrario, la quota dell'84% attribuita a petrolio, gas naturale e carbone è in realtà molto più ampia in termini pratici se guardiamo al futuro. Questo perché la maggior parte delle principali fonti idroelettriche sono state sfruttate molto tempo fa e quindi non sono una fonte significativa di crescita. Negli ultimi 10 anni, ad esempio, la produzione di energia idroelettrica degli Stati Uniti è aumentata solo da 275 miliardi di KWh a 288 miliardi di KWh, o di appena lo 0,24% all'anno.
Allo stesso modo, la capacità nucleare al di fuori della Cina ha smesso di crescere decenni fa a causa della massiccia resistenza politica e normativa. La Germania, ad esempio, sta chiudendo le sue ultime centrali nucleari da una flotta che una volta generava 170.000 GWh all'anno (2000) e che ora sta generando solo 75.000 GWh, con un obiettivo zero entro il 2030. Anche negli Stati Uniti l'energia nucleare rimane al palo, con una produzione annua che è passata da 754 miliardi di KWh nel 2000 a soli 809 miliardi di KWh nel 2019.
Oltre a ciò, i talebani del clima non stanno parlando di una graduale sostituzione di solare ed eolico per le tre fonti fossili di energia primaria, poiché gli impianti esistenti raggiungeranno la fine della loro vita utile nei prossimi 50 anni. Al contrario, gli obiettivi di emissioni nette di CO2 pari a zero per il 2050 richiederanno il massiccio pensionamento anticipato e lo smantellamento di centrali elettriche perfettamente funzionanti e decine di milioni di veicoli con motore a combustione interna.
La prospettiva di sostituire l'energia verde alla capacità esistente di combustibili fossili nei prossimi decenni è il vero bandolo della matassa. Ma per cogliere l'intera portata della calamità imminente è necessario ricordare che la contabilità keynesiana del PIL ne offusca il costo economico reale, abbassandolo artificialmente.
A differenza della contabilità aziendale, la contabilità del PIL si basa esclusivamente sulla spesa, senza alcun riguardo per i cambiamenti di bilancio come l'onere contabile per lo smantellamento di una centrale elettrica a carbone perfettamente efficiente e funzionale. In tal caso, il proprietario prenderebbe un addebito per il valore del bene sprecato, ma tale addebito, che rappresenta una perdita del patrimonio netto aziendale e quindi della ricchezza sociale, non verrebbe mai visualizzato nei conti del PIL.
Infatti la contabilità keynesiana del PIL è solo l'iterazione moderna della famosa "fallacia della finestra rotta" di Frederic Bastiat. La spesa in conto capitale lorda viene aggiunta al totale del PIL senza compensazione per deprezzamento e cancellazione di attività. Ecco perché i talebani del clima applaudono i presunti benefici alla crescita economica e gli aumenti dei posti di lavoro derivanti dagli investimenti verdi: non contano tutte le risorse sprecate ed i posti di lavoro persi chiudendo le miniere di carbone efficienti o gli impianti a combustibili fossili .
Né stiamo parlando di piccole quantità. Per avvicinarsi anche solo al ridicolo obiettivo del COP26, ovvero zero emissioni nette entro il 2050, decine di miliardi di centrali elettriche a combustibili fossili, unità di riscaldamento, impianti di lavorazione chimica e veicoli con motore a combustione interna dovrebbero essere smantellati e messi fuori servizio prima che la loro vita economica utile venga raggiunta.
Ad esempio, nonostante l'infinita propaganda di Washington sull'energia verde e decine di miliardi di sussidi all'anno, inclusi doni di oltre $2 miliardi all'anno ai ricchi acquirenti di veicoli Tesla, il consumo di combustibili fossili nel settore dell'energia elettrica, l'unico settore dove l'energia verde ha anche lasciato un segno, non è affatto sceso.
Quello che è successo, invece, è che tra il 2000 e il 2019, la produzione di carbone e petrolio negli Stati Uniti è scesa da 2090 miliardi di KWh a 1004 miliardi di KWh, o del 52%, ma questo calo è stato quasi compensato da un enorme balzo del gas naturale. In particolare la produzione di gas naturale, da 601 miliardi di KWh nel 2000, è salita a 1586 miliardi di KWh nel 2019, con un aumento del 164%.
Di conseguenza l'ago della generazione globale basata sui fossili non si è mosso, passando da 2691 miliardi di KWh nel 2000 a 2590 miliardi di KWh nel 2019. Quindi si ripresenta la domanda: come questi imbecilli si aspettano di arrivare a zero emissioni di CO2 quando negli ultimi 19 anni il tasso di produzione da combustibili fossili è diminuito di un banale -0,20% annuo?
Inoltre, come abbiamo suggerito sopra per quanto riguarda gli equilibri globali, non c'è alcun motivo per aspettarsi uno spostamento materiale della produzione di energia fossile verso il nucleare o l'energia idroelettrica. Combinati questi due settori hanno prodotto 1097 miliardi di KWh nel 2019, ma semmai è probabile che la produzione diminuisca nei prossimi decenni.
Nel caso dei 288 miliardi di KWh di produzione idroelettrica dell'anno scorso, tutti i fiumi degli Stati Uniti che potevano essere sfruttati sono stati sfruttati, o almeno quelli che gli ambientalisti hanno permesso di sfruttare. Ma è nel settore dell'energia nucleare dove si stanno addensando grosse nuvole nere.
Il fatto è che l'ultimo reattore nucleare commissionato negli Stati Uniti è stato nel 2016 per Tennessee Watts Bar Unit 2, compagno del Watts Bar Unit 1 commissionato nel lontano 1996.
Proprio così. Nell'ultimo quarto di secolo sono stati commissionati un totale di due impianti nucleari. Ciò significa che il totale della nazione, 94 reattori nucleari commerciali operativi in 56 centrali nucleari in 28 stati, sono vecchi come il cucco, con una media di 25-40 anni e diretti verso la disattivazione.
A meno che non ci sia un'inversione politica rispetto all'energia nucleare, gli 809 miliardi di KWh generati nel 2019, che hanno rappresentato quasi il 20% della produzione totale di servizi pubblici, si ridurranno più velocemente di quanto i nuovi impianti possano essere concessi in licenza, costruiti e resi operativi, un processo che in genere richiede ben più di un decennio.
Certo, c'è anche la biomassa e la produzione geotermica, ma neanche questi due non sono andati da nessuna parte. La produzione totale è stata di 72 miliardi di KWh nel 2019, un piccolo calo rispetto ai 75 miliardi di KWh dell'anno 2000.
Infine c'è la questione della crescita. Anche al tiepido livello di crescita del PIL durante l'ultimo decennio, e nonostante i continui miglioramenti nell'efficienza dell'uso dell'energia elettrica, la produzione totale di energia è passata da 3951 miliardi di KWh nel 2009 a 4127 miliardi di KWh nel 2019, rappresentando un modesto tasso di crescita annuo dello 0,44%.
Inoltre una continuazione di quel modesto trend di crescita, aumento minimo compatibile con un continuo e lento aumento del PIL reale, comporterebbe un fabbisogno di potenza totale di 4427 miliardi di KWh entro il 2035, o 300 miliardi di KWh in più rispetto ai livelli attuali.
Quindi ecco il punto: la produzione totale di energia solare ed eolica nel 2019 è stata di soli 367 miliardi di KWh, o l'8,9% della produzione totale delle varie utenze, quindi ci sarà bisogno dell'82% dell'attuale cosiddetta produzione di energia verde solo per stare dietro alla crescita prevista del sistema. E questo per non parlare della sostituzione della produzione nucleare che rischia di diminuire a causa dell'obsolescenza o, cosa più importante, dello spostamento di alcuni dei 2590 miliardi di KWh di produzione fossile ancora nella rete elettrica nazionale.
Ripetiamolo: a meno che non venga smorzata una grande parte di quei 2590 miliardi di KWh di capacità, l'idea di zero emissioni nette di CO2 è un sogno irrealizzabile.
Allo stesso tempo, ci vorrebbero migliaia di miliardi in sussidi statali per portare gli attuali 367 miliardi di KWh di produzione di energia verde fino alla metà del fabbisogno energetico entro il 2035, il quale dovrebbe superare i 2200 KWh. E questo semplicemente non accadrà in un lasso di tempo così ristretto.
E questa non è nemmeno la metà della storia. La produzione di energia verde, e in particolare l'eolico, che nel 2019 ha prodotto 4 volte più energia rispetto al solare (295 miliardi di KWh contro 72 miliardi di KWh), è altamente intermittente in base ai modelli stagionali e alla forza del vento giornaliera. A livello nazionale, le prestazioni degli impianti eolici tendono ad essere più elevate durante la primavera e più basse durante la metà e la fine dell'estate, mentre le prestazioni durante l'inverno (da novembre a febbraio) sono intorno alla media annuale. Tuttavia questo modello può variare considerevolmente tra le regioni, principalmente in base alle condizioni atmosferiche e geografiche locali.
Di conseguenza il fattore di capacità di un impianto eolico, una misura dell'effettiva produzione di energia dell'impianto come percentuale della sua capacità massima, è strettamente correlato alla risorsa eolica disponibile o alla velocità media del vento. Ad esempio, nel New England, il fattore di capacità mediano di gennaio è di circa il 32%, ben al di sopra della mediana annuale, mentre il fattore di capacità di luglio è più vicino al 14%, molto al di sotto della mediana annuale.
In una parola, per ottenere la stessa resa e affidabilità degli impianti a gas o carbone, le centrali elettriche verdi devono essere drasticamente sovradimensionate sia in termini di capacità massima di produzione che di unità di accumulo di riserva. Come mostrato di seguito, per la maggior parte delle regioni del Paese i fattori di capacità eolica mensile mediana variano solo tra il 25% ed il 35%.
Inutile dire che fattori di bassa capacità significano costi complessivi elevati per l'energia elettrica fornita alla rete. Gli analisti usano un concetto chiamato LCOE (costo livellato dell'energia): il valore attuale del costo totale durante la vita di un impianto diviso per la quantità cumulativa di elettricità generata durante la sua vita.
L'utilizzo di questa misura complessiva, a sua volta, consente di stimare il “costo imposto” sulla rete a causa dei bassi fattori di carico e dell'inaffidabilità dell'energia eolica e solare. Rispetto ad un LCOE di $36 per megawattora di capacità per un impianto a gas a ciclo combinato, il costo imposto per l'eolico è di $24 per megawattora e per il solare $21 per megawattora. E per di più ci sono costi in conto capitale molto più alti per gli impianti eolici e solari.
Di conseguenza il costo del finanziamento della crescita della produzione di energia più lo spostamento di quantità sostanziali di produzione fossile sarebbe sbalorditivo. Il recente studio dettagliato dell'Institute for Energy Research mostra i calcoli LCOE per le varie fonti di combustibili:
LCOE per megawattora di capacità:
• Gas naturale a ciclo combinato: $36
• Nucleare: $33
• Idro: $38
• Carbone: $41
• Eolico onshore: $85
• Fotovoltaico solare: $89
• Eolico offshore: $132
Questi differenziali tra fonti di energia convenzionali e verdi sono chiaramente sconcertanti e contraddicono la costante propaganda dei talebani del clima, i quali affermano falsamente che il solare e l'eolico sono più economici delle fonti di energia esistenti.
Ma come amplieremo nel segmento finale (Parte #5), lo scenario reale è molto più ostile di quanto suggerirebbero anche questi differenziali di costo. Questo perché la seconda parte dell'agenda verde è convertire l'efficiente flotta nazionale di 285 milioni di veicoli con motore a combustione interna in alimentazione a batteria elettrica ed i 70 milioni di case riscaldate a gas naturale e petrolio in elettricità verde.
Ciò non farà altro che rendere più estreme le oscillazioni della domanda di energia sulla rete, persino violente, proprio mentre l'affidabilità di un settore dei servizi pubblici ad energia verde diminuisce drasticamente.
Un Armageddon verde è esattamente dove ci stiamo dirigendo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
👉 Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2021/11/green-armageddon-parte-1.html
👉 Qui il link alla Seconda Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2021/12/green-armageddon-parte-2.html
👉 Qui il link alla Terza Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2021/12/green-armageddon-parte-3.html
👉 Qui il link alla Quinta Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2021/12/green-armageddon-parte-5.html
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