Bibliografia

mercoledì 27 ottobre 2021

Il gravoso problema dei finanziamenti

 

 

di Alasdair Macleod

Questo articolo esamina le problematiche dei finanziamento della FED nel nuovo anno fiscale degli Stati Uniti, iniziato il primo ottobre.

Esistono tre categorie di acquirenti per il debito federale degli Stati Uniti: il settore privato finanziario e non finanziario, gli stranieri e la FED. Le banche del settore finanziario hanno una capacità limitata di espandere il credito bancario ed i consumatori americani sono incoraggiati a spendere, non a risparmiare. Fatta eccezione per alcuni governi, gli stranieri stanno già riducendo la loro quota di debito federale. Questo lascia la FED, ma essa si è impegnata a ridurre il quantitative easing e non si può pensare che monetizzi direttamente il debito pubblico.

Questo è un aspetto del problema, un altro è l'imminente aumento dei tassi d'interesse, correlato a un'inflazione dei prezzi non transitoria e galoppante. Finanziare qualsiasi debito a termine in un contesto di tassi d'interesse in rialzo sarà considerevolmente più difficile rispetto a quando la tendenza di fondo era quella di un calo dei rendimenti. C'è il rischio aggiuntivo che gli stranieri sovraccarichi di dollari ed asset finanziari denominati in dollari abbiano maggiori probabilità di diventare venditori.

Non solo gli stranieri sono sovraccarichi di dollari ed asset finanziari, ma con i rendimenti obbligazionari in aumento ed i prezzi delle azioni in calo, gli stranieri per i quali la sovraesposizione ai dollari è una posizione speculativa che va male, senza dubbio liquideranno asset e dollari. Se non acquistano le proprie valute nazionali, accumuleranno materie prime, metalli preziosi e criptovalute come copertura.

La FED si troverà di fronte ad una cattiva scelta: proteggere i valori degli asset finanziari e non il dollaro, o proteggere il dollaro indipendentemente dalle conseguenze per i valori degli asset finanziari. E il deficit del governo federale deve essere finanziato. Il probabile compromesso di questi obiettivi contrastanti porta al rischio di non riuscire a raggiungerne nessuno.

Altre grandi banche centrali affrontano un dilemma simile. Finanziare i disavanzi pubblici in aumento sta per diventare considerevolmente più difficile ovunque.


Introduzione

Il grafico qui sopra mostra la liquidità in eccesso nell'economia statunitense che viene assorbita dalla FED attraverso i reverse repo (RRP). Con un reverse repo, la FED presta garanzie collaterali (in questo caso i titoli del Tesoro USA dal proprio bilancio) a controparti qualificate in cambio di fondi overnight, i quali vengono ritirati dalla circolazione. Alla scorsa notte (6 ottobre), gli RRP totali si sono attestati a $1.451 miliardi, essendo l'eccesso di liquidità nel sistema finanziario con tassi d'interesse fissati dal tasso RRP allo 0,05%. In parole povere, se la FED non si offrisse di togliere questa liquidità dalla circolazione, i tassi overnight del mercato monetario in dollari diventerebbero negativi.

Il grafico va dal 31 dicembre 2019 per coprire il periodo dell'abbassamento a zero dei tassi di riferimento da parte della FED e l'inizio del quantitative easing a $120 miliardi ogni mese: sono stati annunciati rispettivamente il 19 e il 23 marzo 2020. A parte il breve picco degli RRP in quel momento, che era prevedibile quando il mercato si è adattato ai nuovi tassi a zero, gli RRP sono rimasti sostanzialmente a zero per un anno intero, iniziando solo un aumento sostenuto lo scorso marzo.

Gran parte della liquidità in eccesso assorbita dagli RRP deriva dalla spesa pubblica non immediatamente compensata dalla vendita di obbligazioni. Il grafico seguente mostra come ciò si rifletta nel conto generale del governo USA presso la FED. Il saldo del Tesoro degli Stati Uniti presso la FED rappresenta denaro non in circolazione. Si tratta quindi di inflazione monetaria latente, che viene rilasciata nell'economia man mano che viene spesa. Da marzo 2021 il saldo su questo conto è diminuito di circa $800 miliardi, mentre i pronti contro termine attivi sono aumentati di circa $1.400 miliardi, lasciando ancora da assorbire un consistente saldo di liquidità derivante da altri fattori, il più significativo dei quali è probabile che sia l'infiltrazione nell'economia più ampia da parte del quantitative easing (oltre $2.000 miliardi finora e ancora in aumento).

Il Tesoro degli Stati Uniti ha prelevato sul suo conto generale perché aveva accumulato saldi grazie al finanziamento obbligazionario in eccesso rispetto alla sua spesa prima del lockdown. E il suo tetto del debito si stava avvicinando, il quale è attualmente in fase di rinegoziazione. Ma questa è solo una parte della storia, con il deficit federale che ha raggiunto i $3.000 miliardi nell'anno fiscale appena concluso.

Si tratta di un'enorme quantità di "stimolo fiscale" e, chiaramente, il settore privato sta avendo difficoltà ad assorbirlo tutto. L'entità di questo deficit, a parte i massimali del debito, è destinato ad aumentare sotto l'amministrazione Biden. Se l'economia statunitense sta già annegando nei dollari, è probabile che peggiori.

Supponendo che i negoziati sul tetto del debito aumentino il limite di prestito del Tesoro USA, il deficit di base per il nuovo anno fiscale sarà di altri $3.000 miliardi. Gli ottimisti nel governo federale hanno cercato una ripresa economica per aumentare le entrate fiscali e ridurre questo deficit, insieme ad aumenti fiscali selettivi per consentire al governo federale di investire ulteriori fondi di capitale nelle fatiscenti infrastrutture nazionali. Una valutazione più realistica è che l'interruzione imprevista dell'offerta di quasi tutti i beni e l'aumento dei costi di produzione stanno consumando quella ripresa, la quale ora sta vacillando. E sta aumentando i costi per la spesa pubblica obbligatoria al di sopra delle ipotesi più recenti. È sempre più difficile vedere come il deficit di bilancio non aumenterà al di sopra di quella linea di base di $3.000 miliardi.

Questo articolo esamina i problemi di finanziamento nel nuovo anno fiscale a seguito della prevista risoluzione del problema del tetto del debito. I problemi principali sono la sua portata, come sarà finanziato e l'impatto dell'inflazione dei prezzi ed il suo effetto sui tassi d'interesse.


Valutare la portata del problema dei finanziamenti

Ci sono tre fonti distinte per il finanziamento statale: la FED, gli investitori stranieri ed il settore privato, che comprende imprese finanziarie e non. Il grafico seguente mostra come è progredita la proprietà di azioni del Tesoro USA in queste categorie negli ultimi dieci anni e la somma di queste fonti di finanziamento fino alla metà dell'ultimo anno fiscale statunitense (31 marzo 2021). In tal periodo il debito totale del Tesoro USA è più che raddoppiato, arrivando a quasi $30.000 miliardi.

È probabile che il finanziamento di un'ulteriore espansione del debito a questi livelli rappresenti una sfida significativa. Inizialmente la FED può liberare fondi riducendo il livello degli RRP, alcuni dei quali verranno assorbiti direttamente o indirettamente dal Tesoro USA, ma dopo diventerà più problematico.

Dal 2011 le disponibilità della FED del debito del Tesoro USA sono aumentate dall'11% al 19% del totale; allo stesso tempo la proporzione del debito del Tesoro USA totale posseduto da investitori stranieri è scesa dal 32% al 24% oggi, e ora potrebbero essere riluttanti ad aumentare nuovamente la propria quota, nonostante i continui deficit commerciali; gli investitori nel settore privato, la cui quota sul totale è al 57%, è pressoché invariata rispetto a dieci anni fa, potendo espandere la propria proprietà solo aumentando i propri risparmi e attraverso l'espansione del credito bancario. Ma con i bilanci bancari che non hanno spazio per un'ulteriore espansione del credito ed i consumatori inclini a spendere piuttosto che a risparmiare, è difficile prevedere che anche questo rapporto aumenti sufficientemente.

Chiaramente la FED è stata determinante nel colmare il deficit di finanziamento, ma ora ha affermato che intende ridurre i suoi acquisti di obbligazioni. A meno che non intervengano investitori stranieri, la FED non sarà in grado di fare tapering. Ci si può aspettare che la liquidità in eccesso attualmente riflessa negli RRP venga assorbita principalmente dall'espansione del finanziamento di bond del Tesoro e di obbligazioni del Tesoro a breve scadenza, che potrebbe comprare un periodo di finanziamento di tre o quattro mesi e non consentire l'emissione di obbligazioni a più lungo termine. Ma dopo ciò, la FED potrebbe non essere in grado di ridurre il QE.


Problemi coi finanziamenti dall'estero

Sebbene non possiamo essere al corrente delle riunioni bimestrali dei banchieri centrali presso la Banca dei regolamenti internazionali e in altri forum, possiamo essere certi che esiste un livello di cooperazione di politica monetaria tra le principali banche centrali più elevato di quanto ammesso pubblicamente. Su questioni come la politica dei tassi d'interesse è importante che ci sia un certo grado di cooperazione, altrimenti potrebbe esserci instabilità sui cambi. E per sostenere la svalutazione del dollaro, potrebbe essere necessario prendere in considerazione accordi politici tra importanti banche centrali estere.

Questo perché il ruolo del dollaro come valuta di riserva conferisce al governo degli Stati Uniti e alle sue banche non solo un vantaggio di signoraggio sul popolo americano, ma anche sui detentori di dollari all'estero. L'offerta di denaro M1 in dollari è attualmente di $19.700 miliardi, circa il 50% della massa monetaria globale M1. Pertanto l'Effetto Cantillon a livello mondiale va a vantaggio del governo degli Stati Uniti, il quale sottrae ricchezza reale non solo dagli americani ma anche da nazioni straniere. Ciò è particolarmente svantaggioso per qualsiasi altro governo nazionale che, seguendo politiche monetarie più sane, non espande il proprio stock di denaro ad un ritmo simile mentre è costretto a utilizzare i dollari per le transazioni internazionali.

Garantire la svalutazione monetaria a livello globale è quindi una ragione convincente alla base della cooperazione monetaria tra gli stati. Concordando linee permanenti di scambio con cinque principali banche centrali (la BCE, la Banca del Giappone, la Banca d'Inghilterra, la Banca del Canada e la Banca nazionale svizzera), sono spinti a sostenere un accordo inflazionistico globale che garantisca che lo stock di dollari possa essere ampliato senza conseguenze sui cambi.

Sulla scia della massiccia espansione monetaria del 19 marzo 2020, la FED, per mantenere le altre banche centrali all'interno degli accordi di swap temporanei, li ha estesi ad altre nove banche centrali.[1] Notevole è stata l'assenza di quelle banche centrali i cui governi sono membri e associati dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, che avranno scoperto che le loro disponibilità in dollari ed asset finanziari (principalmente titoli del Tesoro statunitensi) sono state svalutate senza consultazione o compensazione.

Non sorprende quindi che i governi esteri al di fuori delle linee di swap permanenti siano sempre più riluttanti ad aumentare le loro disponibilità di dollari e titoli del Tesoro USA. Escludendo selettivamente le principali nazioni come la Cina dagli accordi di swap, la FED sta perseguendo un'agenda politica attraverso la sua valuta. L'accettabilità internazionale del dollaro viene in tal modo indebolita nel momento in cui il Tesoro degli Stati Uniti sta diventando sempre più disperato per flussi di capitali in entrata e finanziare i propri deficit di bilancio.

Anche includendo i governi alleati, tutti gli stranieri stanno ora riducendo la loro esposizione ai depositi bancari in dollari USA (-12,9% tra il 1° gennaio 2020 e fine luglio 2021) e ai bond del Tesoro USA (-20,7% nello stesso periodo). L'unico motivo per detenere asset di lungo termine è l'aspettativa di guadagni speculativi.

La situazione per i titoli del Tesoro USA a più lungo termine non è incoraggiante. L'elenco dei "principali detentori stranieri" dei titoli del Tesoro USA a più lunga scadenza mostra Giappone e Cina in cima, che possiedono insieme il 31,5% di tutti i titoli del Tesoro USA di proprietà straniera. Il rapporto di cooperazione del Giappone con la FED è stato confermato dal fatto che esso ha aumentato le sue partecipazioni in titoli del Tesoro USA, ma solo dell'1,3% all'anno a luglio 2021, mentre Cina e Hong Kong, che tra loro detengono un importo simile al Giappone, hanno ridotto le loro del 3%. La capacità del Tesoro degli Stati Uniti di trovare acquirenti stranieri diversi dai centri finanziari offshore e dalle nazioni produttrici di petrolio sembra quindi estremamente limitata.

Dovremmo anche notare che il totale degli asset finanziari e della liquidità in dollari detenuti dagli stranieri ammonta già a $32.780 miliardi, circa una volta e mezzo il PIL degli Stati Uniti, pericolosamente alto sotto ogni aspetto. Questo totale e la sua ripartizione sono mostrati nella seguente tabella.

Se i residenti stranieri dovessero aumentare le loro partecipazioni in titoli del Tesoro USA, è probabile che a sottoscriverli siano le banche centrali estere sulla lista permanente della linea di swap. Oltre ad essere ovviamente una mossa inflazionistica, tale azione ha limiti pratici senza un'azione reciproca da parte della FED. Ma un pericolo molto maggiore per i finanziamenti del governo federale deriva dalla liquidazione in dollari del debito esistente e delle partecipazioni, specialmente se i tassi d'interesse iniziano a salire, tenendo presente che per qualsiasi detentore straniero di dollari senza una ragione strategica, tale esposizione è di natura speculativa.

Cosa compreranno gli stranieri quando venderanno i loro dollari? I governi senza un imperativo strategico possono preferire, al margine, adeguare le proprie riserve estere a favore delle altre principali valute e dell'oro. Ma delle passività totali mostrate nel primo grafico, le istituzioni pubbliche detengono solo $4.284 miliardi di titoli del Tesoro USA a lungo e breve termine rispetto al totale di $7.200 miliardi mostrato nel secondo grafico. I rimanenti $3.000 miliardi sono di proprietà di investitori stranieri nel settore privato.

Escludendo la Cina ed i $1.300 miliardi di Hong Kong, il debito del Tesoro statunitense detenuto da governi stranieri è inferiore al 10% di tutte le partecipazioni estere in titoli e contanti in dollari. Ciò che è detenuto da attori nel settore privato straniero, quindi, conta molto di più, tenendo presente che può essere classificato come "speculativo", essendo una valuta estera che imprime rischio contabile ai bilanci e ai portafogli di investimento. Se i tassi d'interesse saliranno a causa dell'inflazione dei prezzi non transitoria, ciò porterà a significative perdite di investimento e quindi alla vendita di quei dollari, innescando un diffuso rimpatrio dei fondi globali. Un aumento globale dei rendimenti obbligazionari e il calo dei valori azionari costringeranno anche le vendite di titoli esteri da parte degli investitori statunitensi. Ma con gli investitori statunitensi meno esposti alle valute estere nelle banche corrispondenti e con un livello significativamente inferiore di esposizione agli investimenti esteri, i flussi netti di capitale risulterebbero a svantaggio del dollaro.

È probabile che alcuni dei proventi di suddetta liquidazione dei dollari portino all'accumulo di materie prime e, a margine, metalli preziosi, facendone salire i prezzi. La soppressione a lungo termine dei prezzi dei metalli preziosi giungerebbe al capolinea.


Problemi interni per la FED

Ovviamente il finanziamento del disavanzo pubblico non sarà più supportato da acquisti esteri di titoli del Tesoro USA in un momento in cui i disavanzi commerciali rimangono ostinatamente elevati. Ciò pone l'accento sul finanziamento da parte della FED e sugli acquirenti interni del debito pubblico. Ma come affermato in precedenza, il settore privato dovrà ridurre i propri consumi per aumentare i propri risparmi. In alternativa, le banche che hanno una capacità limitata per farlo dovranno espandere il credito per acquistare titoli del Tesoro USA, il che non solo è inflazionistico, ma devia l'espansione del credito dal settore privato.

I consumatori stanno andando nella direzione opposta rispetto all'aumento del risparmio, spingendo sui consumi. Ciò è dovuto in parte al ritorno al rapporto pre-Covid tra consumi e risparmio, in parte ad uno spostamento verso i beni, fenomeno spinto sempre di più da aspettative di prezzi più elevati. Con le dita incrociate, quest'ultimo viene etichettato come temporaneo dai banchieri centrali e dai politici, conseguenza di squilibri dovuti a disfunzioni logistiche. Ma più a lungo persiste, più questo punto di vista si rivelerà essere un pio desiderio.

L'aumento dei prezzi dell'energia e dei beni essenziali, notoriamente sottostimati nelle statistiche dell'IPC, sta emergendo come la principale preoccupazione. Finora pochi commentatori accettano che siano l'inevitabile conseguenza di una precedente svalutazione monetaria. C'è un rischio crescente che quando i consumatori si renderanno conto che l'aumento dei prezzi non è solo un fenomeno a breve termine e temporaneo, acquisteranno sempre più i beni di cui potrebbero aver bisogno in futuro invece di acquistarli quando saranno necessari. Ciò altererà il rapporto tra liquidità e merci, aumentando i prezzi dei beni misurati nella valuta svalutata. E finché i consumatori si aspettano che i prezzi continuino a salire, è un processo destinato ad accelerare fino a quando non capiranno che devono disfarsi completamente della valuta fiat.

È questo processo che indebolisce la credibilità di una valuta fiat e prima che si trasformi in una disfatta totale, può essere contrastato solo con un rialzo dei tassi d'interesse sufficiente a fermarlo, nonché limitando rigorosamente la crescita dello stock di denaro. E anche così potrebbe essere necessaria una qualche forma di convertibilità in oro per ripristinare la fiducia della popolazione.

Questa, l'unica cura per l'instabilità della valuta fiat, è troppo radicale per essere contemplata dall'establishment ed è una crisi che si intensifica finché non viene adeguatamente affrontata. L'aumento dei tassi d'interesse mette in luce tutti gli investimenti sbagliati che sono cresciuti e sono persistiti mentre essi erano stati soppressi sin dagli anni '80 in poi.

Lo shock dei fallimenti aziendali dovuti all'aumento dei tassi d'interesse avrà un certo impatto sulla valuta fiat, soprattutto quando diventerà ovvio che gli aumenti iniziali dei tassi d'interesse saranno seguiti da altri ancora. È importante sottolineare che la fornitura di beni essenziali verrà ulteriormente compromessa da fallimenti aziendali invece di essere alleviata dal miglioramento della logistica. E la domanda dei consumatori si sposterà ancora di più a favore dell'essenziale nella vita e lontano dal lusso e dalla spesa inessenziale. I poveri risulteranno particolarmente svantaggiati e le classi medie inizieranno a soffrire economicamente.

I crescenti problemi economici del settore privato indeboliranno ulteriormente le finanze pubbliche. La disoccupazione aumenterà e le entrate fiscali crolleranno, aggiungendosi al deficit di bilancio e quindi alle esigenze di finanziamento del governo federale. I costi obbligatori aumenteranno più di quanto preventivato e gli interessi passivi, attualmente circa $400 miliardi, aggiungeranno ancora più benzina al deficit.

Oggi, in tutte le principali valute fiat, viene messo in discussione il controllo sui tassi d'interesse da parte delle banche centrali. Come la FED, anche altre importanti banche centrali insistono sul fatto che l'aumento dei prezzi è temporaneo, mentre i mercati iniziano a sospettare che la realtà sia diversa. Tutte le prove empiriche e le teorie sul denaro e sul credito ci urlano contro che il controllo statale sui tassi d'interesse, dapprima eroso, è stato perso.


Le conseguenze per i mercati ed i costi di finanziamento del governo federale

Vi sono prove crescenti che l'accelerazione dell'espansione monetaria negli ultimi anni stia alimentando una crisi del potere d'acquisto per le principali valute fiat. Il Covid e le interruzioni logistiche, insieme alla mancanza di scorte dovuta ai processi di produzione, hanno senza dubbio peggiorato notevolmente la situazione, ma nella storia dell'accelerazione dell'inflazione ci sono sempre stati sviluppi economici inaspettati. Il cambiamento delle priorità dei consumatori espone debolezze finora impreviste, quindi sarebbe un errore dissociare questi problemi dalle svalutazioni monetarie.

Tutto ciò sta portando ad una situazione che confonde gli economisti statalisti, i quali tendono a pensare in modo unidimensionale alle relazioni tra prezzi e prospettive economiche. Per loro l'aumento dei prezzi è solo un sintomo dell'aumento della domanda e finché quest'ultima rimane sotto controllo ed è coerente con la piena occupazione, il loro obiettivo politico è soddisfatto. Non capiscono l'aumento dei prezzi in un'economia in crisi.

L'inflazione è di origine monetaria ed è la distruzione del potere d'acquisto della valuta che si evidenzia nell'aumento dei prezzi. E quando la popolazione vede i prezzi dei beni necessari aumentare ad un ritmo maggiore, comincia a sbarazzarsi della valuta; lungi dallo stimolare la produzione ed il consumo, gli alti tassi di inflazione monetaria agiscono come un onere gravoso. La politica monetaria deve ora affrontare la duplice sfida dell'aumento dei prezzi e dell'aumento dei tassi d'interesse mentre l'economia crolla. Quando le banche centrali si aspettano di abbassare i tassi d'interesse, saranno invece costrette a rialzarli; quando la spesa in deficit viene impiegata per stimolare l'economia, dovrà invece essere ridotta.

Proprio nel momento in cui contano di più, i rendimenti obbligazionari saliranno lungo tutte le maturazioni ed i valori del mercato azionario saranno indeboliti dal cambiamento delle relazioni di rendimento.

Il calo dei valori degli asset finanziari diventerà una conseguenza della precedente inflazione monetaria, cosa che indebolirà il potere d'acquisto del denaro. La FED, la Bank of England, la Bank of Japan e la BCE hanno agito insieme per far fronte ai deficit di bilancio dei rispettivi governi, finanziandoli nel modo più economico possibile sopprimendo i tassi d'interesse. Il fatto che abbiano agito insieme ha finora nascosto le conseguenze ai mercati obbligazionari, i cui partecipanti confrontano solo un mercato dei titoli di stato con un altro invece di valutare i rischi obbligazionari in base ai propri meriti. E attraverso la regolamentazione, le banche sono state obbligate a considerare gli investimenti in titoli di stato come privi di rischio ai fini della controparte.

Tutto questo sta per cambiare con la svolta dell'andamento dei tassi d'interesse. La politica monetaria avrà due opzioni di base da valutare: sostenere il potere d'acquisto del denaro fiat rialzando i tassi d'interesse, o sostenere i mercati finanziari sopprimendolo. Se questi ultimi saranno ritenuti più importanti della valuta, molto probabilmente richiederà un maggiore quantitative easing da parte della FED, non meno. Detto in altro modo, entrambe le banche centrali perseguiranno l'attuale politica di mantenimento della fiducia interna e degli elevati valori degli asset finanziari, lasciando andare la valuta. In alternativa, possono mirare a sostenere le loro valute ed essere pronti a presiedere un crollo dei valori degli asset finanziari e ad accettarne le conseguenze a catena.

È una scelta ardua, con entrambe le opzioni che probabilmente falliranno nel loro obiettivo. La fine della strada statalista neokeynesiana, iniziata lodando i meriti della spesa in deficit, è in vista. L'economia matematica e la teoria statale della moneta stanno per essere mostrate per quello che sono: un desiderio irrealizzabile. Essendo la valuta fiat più distribuita, è probabile che il dollaro aprirà la strada a tutte le altre, seguito servilmente dalla Bank of England, dalla Bank of Japan e dalla BCE. E tutti i loro governi, dipendenti dal debito, dovranno affrontare difficoltà di finanziamento impreviste.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Reserve Bank of Australia, Banco Central do Brasil, Danmarks Nationalbank, Bank of Korea, Banco de Mexico, Monetary Authority of Singapore e Sveriges Riksbank, tutti per un massimo di $60 miliardi ciascuno.

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1 commento:

  1. Evergrande ha preso in prestito denaro ad un tasso irreale, reso artificialmente basso dall'inondazione di dollari riversatosi sul globo. Ha usato quei soldi per comprare cose reali: cemento, acciaio e manodopera, intascando anche soldi veri quando vendeva o affittava le sue proprietà. Bisogna sapere che Evergrande è enorme, il più grande sviluppatore nel più grande mercato immobiliare del mondo: la Cina. Fuorviata dai tassi d'interesse manipolati al ribasso e dalla domanda apparentemente inesauribile, Evergrande è anche profondamente indebitata: oltre $300 miliardi di passività.

    Oggi ha dovuto pagare $45 milioni per saldare cedole scadute (praticamente piovuti dal cielo visto che solo ieri i bond dell'azienda erano trattati ad uno sconto dell'80%, qualcuno a quanto pare le vuole bene ma, sono pronto a scommettere, non in Cina), ciononostante ne ha altri cinque da effettuare entro la fine dell'anno. Attenzione, però, perché Evergrande non è un caso isolato: diversi importanti sviluppatori – Fantasia Holdings, China Properties Group, Modern Land China e Sinic Holdings – sono andati in bancarotta questo mese e altri seguiranno nel futuro prossimo.

    Tianji Holding (una sussidiaria di Evergrande) deve pagare $83 milioni in cedole in scadenza il 6 novembre e nel complesso il settore immobiliare cinese dovrà saldare $84 miliardi di debiti nei prossimi cinque trimestri. Insomma, le bombe ad orologeria finanziaria stanno iniziando ad esplodere una dietro l'altra, ma ciò che conta, è sempre bene ricordarlo, è il processo alla base che ormai ha raggiunto livelli insostenibili. Gli inneschi che fanno crollare il castello di carte sono sempre la parte meno rilevante di questa storia.

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