In un recente articolo per il New York Times, il keynesiano più famoso del mondo, Paul Krugman, ha attaccato la teoria Austriaca del ciclo economico (ABCT). Oltre a ripetere la sua affermazione decennale secondo cui l'ABCT soffre di una contraddizione interna, così come la sua accusa che gli Austriaci abbiano diagnosticato erroneamente la crisi finanziaria del 2008, nel suo ultimo pezzo Krugman ha sostenuto che la pandemia del 2020 è stata davvero uno "shock da riallocazione" in base alle tesi Austriache. Eppure anche qui, sostiene Krugman, la prescrizione Austriaca del laissez-faire è assolutamente sbagliata: come dovrebbe presumibilmente dimostrare un nuovo paper presentato alla conferenza monetaria di Jackson Hole, abbiamo bisogno di soldi facili dalla FED per riorganizzare il lavoro senza causare disoccupazione inutile.
Non sorprenderà i lettori di questo blog apprendere che non sono affatto d'accordo con l'articolo di Krugman. Fa alcune osservazioni casuali che inducono in errore i suoi lettori sulla storia degli anni '30, ma, cosa più grave, fraintende ciò che effettivamente dice l'ABCT. Questa confusione lo porta a rifiutare la visione Austriaca sdoganandola come illogica, quando in realtà è perfettamente coerente e spiega i dati meglio di un approccio keynesiano.
La storia difettosa di Krugman
Krugman inizia la sua discussione sulla teoria Austriaca facendo riferimento alla sua collocazione negli anni '30:
L'idea che ci fosse una battaglia intellettuale titanica negli anni '30 tra Hayek e John Maynard Keynes è fondamentalmente una fan fiction; le opinioni di Hayek sulla Grande Depressione non ottennero molta trazione intellettuale all'epoca, e la sua fama arrivò in seguito, con la pubblicazione del suo trattato politico del 1944 "The Road to Serfdom".
Krugman sta già inventando cose (come ho scritto altrove, quando Krugman usa il termine "fondamentalmente", ciò che intende è "questa affermazione è letteralmente falsa"). Anche se lo scontro potrebbe non aver coinvolto testi rap, Hayek era davvero il principale rivale di Keynes nei primi anni '30. Come spiega Bruce Caldwell:
Nel 1929 [Lionel] Robbins aveva iniziato quello che sarebbe diventato il suo lungo incarico come capo del dipartimento di economia presso la London School of Economics (LSE). Robbins invitò Hayek a Londra nel gennaio 1931 e il mese successivo il giovane austriaco tenne una serie di conferenze sul ciclo economico. Le lezioni furono pubblicate nello stesso anno (con un'esauriente prefazione di Robbins) con il titolo, Prezzi e produzione. Le lezioni di Hayek, sebbene a volte opache, suscitarono molto scalpore. Nell'autunno del 1931, Hayek era stato nominato Tooke Professor of Economic Science and Statistics all'Università di Londra. Aveva trentadue anni.
Sir John Hicks rimase alla LSE dal 1926 al 1935 e ricorda bene l'impatto dell'arrivo di Hayek. Infatti divide il proprio soggiorno all'Università di Londra in un periodo pre-hayekiano e uno hayekiano [...]. Nel suo articolo, "La storia di Hayek", Hicks riflette sull'importanza dei primi lavori di Hayek:
«Quando verrà scritta la storia definitiva dell'analisi economica negli anni Trenta, un protagonista del dramma (era un bel dramma) sarà il professor Hayek. Gli scritti economici di Hayek – non mi interessa il suo lavoro successivo in teoria politica e sociologia – sono quasi sconosciuti allo studente moderno; si ricorda appena che c'è stato un tempo in cui le nuove teorie di Hayek erano le principali rivali delle nuove teorie di Keynes. Chi era nel giusto, Keynes o Hayek?»
Ludwig Lachmann scrive dell'"ingresso trionfale sul palcoscenico londinese di Hayek con le sue lezioni sui prezzi e la produzione" e ricorda che quando lui (Lachmann) arrivò alla LSE due anni dopo, "tutti gli economisti importanti erano hayekiani" [...].
È innegabilmente vero che agli occhi della professione economica, Hayek abbia perso il dibattito con Keynes ma Krugman ha torto a sostenere che Hayek fosse un attore minore noto solo per i suoi scritti politici.
Krugman semplifica eccessivamente la teoria Austriaca del ciclo economico
Dopo aver minimizzato la sua importanza all'epoca, Krugman ammette che c'era un'analisi Austriaca della Grande Depressione, e la riassume in questo modo:
Tuttavia c'era un'analisi Austriaca identificabile della Depressione, condivisa da Hayek e altri economisti, tra cui Joseph Schumpeter. Laddove Keynes sosteneva che la Depressione fosse stata causata da un calo generale della domanda, Hayek e Schumpeter sostenevano che stavamo guardando alle inevitabili difficoltà di adattamento alle conseguenze di un boom. A loro avviso, l'eccessivo ottimismo aveva portato all'allocazione di troppo lavoro e altre risorse alla produzione di beni di investimento, e una depressione era solo il modo dell'economia per riportare quelle risorse al loro posto. (grassetto aggiunto)
Nell'estratto sopra, Krugman fa un sottile ma importante errore nella spiegazione Austriaca del ciclo boom/bust. Krugman infatti sta imputando che l'ABCT sia una teoria di investimenti eccessivi in beni strumentali e carenza d'investimenti in beni di consumo.[1]
Invece l'ABCT, specialmente negli scritti di Mises, è descritta più propriamente come teoria degli investimento sbagliati tra i vari tipi di beni capitali insieme ad un consumo eccessivo.
È questa semplice confusione alla base della maggior parte delle obiezioni errate sull'ABCT che manda fuori strada i suoi critici. Nel Quarterly Journal of Austrian Economics del 2012, Joe Salerno cita ampiamente questi critici (tra cui Krugman) e poi chiarisce:
Se i critici avessero studiato seriamente le fonti originali in cui è esposta l'ABCT, avrebbero appreso che non si tratta affatto di una teoria degli "investimenti in eccesso". Infatti Mises, Rothbard e, in modo un po' meno enfatico, Hayek hanno sostenuto esplicitamente che il "consumo eccessivo" e gli "investimenti sbagliati" erano le caratteristiche essenziali del boom inflazionistico. A loro avviso la divergenza tra il prestito ed i tassi d'interesse naturali causata dall'espansione del credito bancario, falsifica sistematicamente i calcoli monetari degli imprenditori che scelgono tra progetti d'investimento di diversa durata e in fasi diverse della produzione rispetto ai consumatori. Ma ciò distorce anche i calcoli di reddito e ricchezza, e quindi le scelte di consumo/risparmio dei destinatari di salari, affitti, profitti e plusvalenze. In altre parole, mentre il tasso di prestito artificialmente ridotto incoraggia le imprese a sopravvalutare la disponibilità presente e futura di risorse investibili ed a investire male nell'allungamento della struttura della produzione, allo stesso tempo induce in errore le famiglie ad una valutazione falsamente ottimistica del loro reddito reale e del loro patrimonio netto che stimola i consumi e deprime il risparmio. (grassetto aggiunto)
Nel resto dell'attuale articolo continuerò a citare il recente articolo di Krugman e poi mostrerò perché la sua confusione iniziale sull'ABCT è alla base di tutti i suoi problemi. Ma giusto per ripeterlo: Krugman vede l'ABCT come una semplice teoria degli investimenti eccessivi nei beni capitali e carenza di investimenti nei beni di consumo (come fanno altri critici dell'ABCT). Ma in realtà la teoria misesiana dice che l'espansione del credito porta a tassi d'interesse artificialmente bassi, che a loro volta fanno sì che gli imprenditori investano nelle linee produttive sbagliate e inducono i consumatori a credere di essere più ricchi di quanto non siano in realtà e quindi a consumare troppo. Vediamo come questa confusione porta Krugman fuori strada.
Krugman dice che l'ABCT ha problemi teorici ed empirici
Tornando alla sua recente rubrica, di seguito riportiamo due delle obiezioni di lunga data di Krugman sull'ABCT, vale a dire che fallisce sia a livello teorico che empirico:
[Il punto di vista di Hayek/Schumpeter] aveva problemi logici: se il trasferimento di risorse dai beni d'investimento causa disoccupazione di massa, perché non è successa la stessa cosa quando le risorse venivano trasferite dentro e fuori da altre industrie? Era anche in contrasto con l'esperienza: durante la Depressione e, del resto[,] dopo la crisi del 2008, c'era un eccesso di capacità e disoccupazione in quasi tutti i settori – viscosità in alcuni e carenze in altri.
Nella citazione sopra, il "problema logico" di Krugman con l'ABCT deriva dalla sua comprensione superficiale della teoria. Sì, se Mises avesse sostenuto che il periodo del boom è semplicemente un cambio di preferenze in un modo, mentre il crollo è un ritorno – un po' come i consumatori che decidono di provare la Mountain Dew per alcuni anni, solo per poi tornare alla Coca – allora sarebbe strano associare il primo cambiamento alla prosperità e il secondo alla privazione.
Per questo Salerno ha posto enfasi sul consumo eccessivo durante il periodo del boom, quando gli individui credono falsamente di essere più ricchi di quanto non siano in realtà. Il boom è insostenibile in termini fisici: i membri della società non risparmiano abbastanza dal reddito totale per completare tutti i processi di produzione a lungo termine avviati durante il boom. Armati di credito a basso costo, gli imprenditori usano le iniezioni di nuovo denaro per invitare i lavoratori ad allontanarsi dai loro posti di lavoro originali e ad entrare in nuove linee di produzione. Ciò comporta necessariamente salari (reali) più elevati e quindi induce una sensazione di "bei tempi".
Ma quando la realtà torna a riaffermarsi, in genere quando le banche si tirano indietro e smettono di iniettare nuovo credito nel sistema, molti imprenditori realizzano che i loro progetti devono essere chiusi. Licenziano i lavoratori ed interrompono i loro acquisti di altri fattori produttivi. Salari e altri prezzi devono calare (almeno in termini reali) per riflettere la nuova realtà. È doloroso essere licenziati: i lavoratori sono più poveri di quanto pensassero e devono cercare un nuovo lavoro che paghi bene quanto quello durante il periodo del boom.
Per un'esposizione sistematica della narrativa Austriaca, che mostri come sia logicamente coerente e possa spiegare l'asimmetria tra boom e bust, si veda il mio "articolo sul sushi" del 2008 (che molti lettori mi hanno detto che è uno dei loro preferiti). Lo stesso Krugman ha elogiato il mio articolo all'epoca, e smise di dire che l'ABCT avesse problemi logici limitandosi ad affermare che non si adattava ai dati.
I vincoli di spazio mi impediscono di ripetere qui gli argomenti proposti allora, ma sulla questione della validità empirica, ancora una volta gli Austriaci trionfano sui keynesiani. In questo articolo ho riassunto alcuni dei "test" che Krugman aveva provato per confutare la spiegazione Austriaca della bolla immobiliare e della crisi del 2008. Come abbiamo scoperto, usando le regole di Krugman per i test, la spiegazione Austriaca aveva più senso; ad esempio, il calo percentuale dell'occupazione è stato maggiore nelle costruzioni che nel settore manifatturiero e maggiore nei beni durevoli rispetto ai beni non durevoli, e la disoccupazione era più alta negli stati che hanno avuto le maggiori oscillazioni dei prezzi delle case. Questi risultati sono riscontrabili in base ad un approccio "riaggiustamento settoriale" di stampo Austriaco, in contrapposizione ad un approccio keynesiano in cui "tutti si fanno prendere dal panico e smettono di spendere".
Esilarante: Krugman risolve il “problema logico” quando giustifica l'inflazione
Prima di chiudere il presente articolo, voglio sottolineare un aspetto esilarante dell'ultimo commento di Krugman. La notizia specifica per la sua discussione sull'ABCT è stata un documento formale presentato da economisti d'élite alla conferenza di Jackson Hole della Federal Reserve, tenutasi ad agosto. Ecco il riassunto del documento offerto da Krugman e la sua rilevanza per gli Austriaci:
Sebbene non si senta molto sull'economia Austriaca in questi giorni, la pandemia ha davvero prodotto uno shock di riallocazione in stile Austriaco, con la domanda per alcune cose in aumento mentre la domanda per altre crollata [...].
Quindi stiamo finalmente avendo il tipo di crisi economica che persone come Hayek e Schumpeter credevano erroneamente che stavamo attraversando negli anni '30. Questo significa che dovremmo seguire i consigli che ci diedero allora?
No.
Questo è il messaggio di un documento di Veronica Guerrieri, Guido Lorenzoni, Ludwig Straub e Iván Werning che è stato preparato per l'incontro di Jackson Hole di quest'anno [...]. Guerrieri et al. non menzionano mai esplicitamente gli Austriaci, ma il loro documento può comunque essere interpretato come una confutazione delle loro prescrizioni di politica.
Hayek e Schumpeter erano fermamente contrari a qualsiasi tentativo di combattere la Grande Depressione con stimoli monetari e fiscali. Hayek criticò l'uso di "stimoli artificiali", insistendo sul fatto che dovevamo invece "lasciare al tempo di effettuare una cura permanente attraverso il lento processo di adattamento della struttura della produzione" [...].
Ma queste conclusioni non sono logiche anche se si accetta la loro analisi errata di cosa fosse la Depressione. Perché la necessità di spostare i lavoratori fuori da un settore dovrebbe portare alla disoccupazione? Perché non dovrebbe portare semplicemente a salari più bassi?
La risposta in pratica è la rigidità dei salari nominali verso il basso: i datori di lavoro sono riluttanti a tagliare i salari, a causa degli effetti sul morale dei lavoratori [...].
Guerrieri et al. sostengono, con un modello formale a sostegno, che la risposta ottimale ad uno shock di riallocazione è una politica monetaria molto espansiva che provochi un picco temporaneo dell'inflazione. I lavoratori avrebbero ancora un incentivo a cambiare lavoro, perché i salari reali diminuirebbero nei loro vecchi posti di lavoro ma aumenterebbero altrove. Ma non dovrebbe esserci disoccupazione su larga scala [...].
[...] Ora che abbiamo finalmente avuto lo shock che gli economisti Austriaci continuavano ad immaginare, possiamo vedere come continuino a dare pessimi consigli.
E nel caso ve lo stiate chiedendo, la FED, accettando l'inflazione transitoria, lo sta facendo nel modo giusto. (grassetto aggiunto)
Per riassumere, il nuovo articolo di Guerrieri et al. sostiene che se accomodati da un'esplosione di inflazione, possiamo trasferire i lavoratori da un settore all'altro senza la necessità di una disoccupazione su larga scala. Tuttavia se la FED non inflaziona, allora la necessità di lavoratori da riallocare porterà a disoccupazione su larga scala.
Il lettore vede l'ironia? Questa asimmetria è stata per decenni la principale obiezione di Krugman ("problema logico") all'ABCT. Non importa quante volte gli Austriaci glielo abbiano spiegato, non riesce proprio a capire che l'inflazione monetaria potrebbe spostare i lavoratori senza causare un'impennata iniziale della disoccupazione.
Tuttavia quando si invoca lo stesso identico meccanismo per giustificare l'inflazione, piuttosto che per condannarla, come fanno gli Austriaci, allora all'improvviso Krugman è in grado di capire il processo. Gli incentivi contano davvero.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
____________________________________________________________________________________
Note
[1] Un altro problema è che Krugman afferma che Hayek pensava che l'investimento in eccesso nel periodo del boom fosse dovuto ad un "eccessivo ottimismo", quando in realtà Hayek incolpò gli errori d'investimento sulla distorsione dei tassi d'interesse causata dall'espansione del credito. Infatti è per questo che il libro di Hayek sull'ABCT si chiama Prezzi e produzione, non ottimismo e produzione.
____________________________________________________________________________________
Nessun commento:
Posta un commento