Che Austriaci e keynesiani non condividano molti punti di vista sull'economia (o probabilmente su qualsiasi altra cosa) è ovvio, quindi una differenza di opinioni tra i due difficilmente sorprenderebbe qualcuno. Tuttavia è ancora importante sottolineare le differenze tra i due campi, soprattutto in questo momento in cui i keynesiani vanno alla grande a Washington (quando mai se ne sono andati?), soprattutto nell'amministrazione di Joe Biden, e, naturalmente, sulle pagine editoriali del New York Times.
Forse non c'è differenza più grande tra keynesiani e Austriaci delle loro convinzioni sui boom economici. In breve, i keynesiani credono che tutte le politiche dovrebbero promuovere i boom e anche quando si esauriscono lo stato dovrebbe impiegare tutti i mezzi per farlo andare avanti. Gli Austriaci, dall'altra parte, vedono i boom come momenti in cui massicci investimenti sbagliati si accumulano fino a quando l'intero sistema non può più reggere, portando agli inevitabili bust. In breve, i keynesiani affermano che i boom dovrebbero essere l'obiettivo dei policymaker mentre gli Austriaci li vedono come uno spreco, pericolosi e in definitiva distruttivi.
Come notato prima, i keynesiani detengono sicuramente le redini ufficiali del potere statale e sono anche i beniamini dei media generalisti. Janet Yellen, segretario al Tesoro degli Stati Uniti, è keynesiana. Il presidente del Federal Reserve System, Jerome Powell, non è un keynesiano per formazione accademica formale, ma certamente ha operato nel suo ufficio nello spirito di Keynes. E lo sceriffo keynesiano più rumoroso, Paul Krugman, esercita molta influenza dal suo trespolo al NYT. Gli Austriaci non si trovano da nessuna parte nelle alte sfere, né ai piani alti delle grandi aziende e certamente non a Wall Street.
Se il dominio politico e accademico fosse l'arbitro della verità, allora i keynesiani avrebbero ragione e gli Austriaci sarebbero dei sovversivi. I keynesiani hanno i numeri e le voci istituzionali più forti e potenti; gli Austriaci non godono di nessuno di questi vantaggi.
Ciononostante un migliaio di keynesiani che parlano con una sola voce hanno ancora torto sui boom, e nessuno si sbaglia più di Krugman. In un recente articolo, "Chi ha paura del grande e brutto boom", Krugman presenta la visione keynesiana dei boom e conclude che la fine di tutte le politiche economiche dovrebbe essere l'inizio e il sostegno del boom.
C'è sicuramente un boom in corso, anche se la stragrande maggioranza dei repubblicani afferma di credere che l'economia stia peggiorando. Tutte le indicazioni dicono che siamo diretti verso l'anno di crescita più rapida sin dal boom del "Morning in America" del 1983-84. Cosa c'è che non va?
Krugman continua scrivendo che i boom non sono perfetti e talvolta possono portare a "colli di bottiglia" economici (come l'attuale impennata dei prezzi del legname), ma queste cose sono poco più che problemi temporanei rispetto al mondo felice della prosperità per tutti, reso possibile da spese folli e permanenti:
Ma questi colli di bottiglia rappresentano un rischio per la ripresa? Significano che i politici devono tirarsi indietro? No. La lezione degli ultimi 15 anni o giù di lì è che le fluttuazioni a breve termine dei prezzi delle materie prime non vi dicono nulla sull'inflazione futura e che i politici che reagiscono in modo eccessivo a queste fluttuazioni, come la Banca centrale europea che ha rialzato i tassi d'interesse nel bel mezzo di una crisi del debito perché era spaventata dai prezzi delle materie prime, alla fini finiscono sempre per pentirsene.
Quindi, non prestate attenzione all'uomo dietro le quinte. I prezzi delle materie prime fluttuano sempre, boom o non boom, quindi se i prezzi del legname salgono e i mercati immobiliari iniziano ad assomigliare alla bolla immobiliare della metà degli anni 2000, queste sono le naturali conseguenze delle politiche monetarie espansive e dall'aumento della spesa pubblica.
Ma cosa succede se i mercati immobiliari ed i mercati azionari crollano come nel 2007 e nel 2008? Nel 2008 Krugman avanzò il problema di una regolamentazione finanziaria ed economica inadeguata e affermò che Ronald Reagan era responsabile della deregolamentazione che creò il caos.[1]
Dal 2008 e dalla presidenza di Barack Obama, le cose sono cambiate drasticamente. Questa volta non ci sono titoli ipotecari subprime inventati dai geni di Wall Street e il governo federale ha essenzialmente nazionalizzato l'industria dei mutui come risposta al tracollo, cosa che ha incontrato l'approvazione di Krugman. Inoltre le politiche monetarie di soppressione dei tassi d'interesse per alimentare quella stella polare keynesiana nota come domanda aggregata, hanno creato la bolla del mercato azionario e hanno accelerato quel "divario di ricchezza" che Krugman sostiene sia IL principale problema economico che deve affrontare questo Paese.[2]
Quando questo boom finirà (come inevitabilmente accadrà), possiamo stare certi che Krugman incolperà per primo il capitalismo di libero mercato e affermerà che parte del problema è la mancanza di regolamentazione, poiché tutti sanno che dall'avvento della presidenza Ronald Reagan non c'è stata alcuna regolamentazione governativa di nessun mercato. Per Krugman e per i keynesiani sarà la prova che non ci si può fidare dei mercati ed un'ulteriore prova che i prezzi di mercato sono poco più di un complotto dei discendenti intellettuali di Milton Friedman.
Una volta avviato il gioco delle colpe, Krugman e altri keynesiani chiederanno allo stato di impegnarsi in varie politiche – e in particolare nel prendere in prestito e spendere – in modo da riportare la domanda aggregata a livelli elevati ed a tenere alti prezzi che accompagnano tale domanda. Questa non è certo una strategia nuova: le politiche del New Deal di Franklin D. Roosevelt si basavano sulla convinzione che il calo dei prezzi fosse la causa principale della depressione e che lo stato doveva far salire i prezzi dei prodotti agricoli, delle materie prime e del lavoro per raddrizzare la nave economica. Così lo stato cercò di cartellizzare l'intera economia non agricola attraverso il National Industrial Recovery Act e di sostenere i prezzi agricoli attraverso l'Agricultural Adjustment Act, entrambi approvati nel 1933. Nel 2008 Martin Feldstein, il principale consigliere economico del presidente Reagan, suonò la stessa melodia sull'edilizia abitativa, dichiarando sul Wall Street Journal che il principale colpevole del crollo del 2008 era stato il calo dei prezzi delle abitazioni:
Un piano di successo per stabilizzare l'economia statunitense e prevenire una profonda recessione globale deve fare di più che riacquistare il debito deteriorato dalle istituzioni finanziarie. Deve affrontare la causa fondamentale della crisi: la spirale discendente dei prezzi delle case che devasta la ricchezza delle famiglie e distrugge il capitale delle istituzioni finanziarie che detengono mutui e titoli garantiti da ipoteca.
Si potrebbero scrivere volumi sugli errori economici contenuti in questo paragrafo, ma i lettori capiscono il punto. In terra keynesiana non ci sono fondamentali economici, nessuna relazione tra fattori di produzione, solo spesa. Spendendo abbastanza denaro, i policymaker possono mantenere occupati i fattori di produzione a tempo indeterminato; quando compaiono le inevitabili fratture, basta infiocchettarle con una spesa ancora maggiore e lasciare che i bei tempi tornino ancora e ancora.
Gli Austriaci, secondo Krugman, sono pessimi quando si tratta di diagnosticare e analizzare i boom/bust:
La teoria della sbornia (la teoria Austriaca del ciclo economico così definita da Krugman) è perversamente seducente, non perché offre una via d'uscita facile, ma perché non lo fa. Trasforma le oscillazioni sui nostri grafici in un gioco di moralità, una storia di arroganza e rovina. E offre agli aderenti il piacere di dispensare consigli dolorosi con la coscienza pulita, sicuri nella convinzione di non essere senza cuore ma semplicemente pratici. Per quanto potenti possano essere queste seduzioni, bisogna resistere, perché la teoria della sbornia è sbagliata. Le recessioni non sono conseguenze necessarie dei boom. Possono e devono essere combattute, non con l'austerità ma con la liberalità, con politiche che incoraggino le persone a spendere di più, non di meno.
Krugman ha scritto questo passaggio più di vent'anni fa, ma sin da allora non ha cambiato idea. Non sorprende che riduca gli investimenti sbagliati a semplici eufemismi morali, che in realtà sono pericolosi perché gli Austriaci, secondo Krugman, spingono le persone a smettere di spendere in un momento in cui è necessario aumentare la spesa. Insomma, i boom vanno bene, sempre bene. I boom portano prosperità, e tutto ciò che scoraggia la prosperità è male, fine della discussione.
Questa analisi giudica erroneamente sia i boom che i bust, che l'attuale clima politico e accademico tende a premiare piuttosto che punire.[3] Se Krugman crede che i boom siano buoni e debbano essere mantenuti perennemente, allora è ragionevole credere che i bust rasentino l'immorale. Quando questo punto di vista è combinato con il crescente radicalismo di sinistra di Krugman, non è difficile capire la sua inesorabile ostilità nei confronti degli Austriaci e dei loro punti di vista. Quando criticò per la prima volta la teoria Austriaca del ciclo economico nel 1998, la sua opinione era che gli Austriaci si sbagliassero ma si fermò lì. Oggi vuole che i lettori credano che gli Austriaci siano persone malvagie che vogliono che gli altri vivano in povertà e muoiano di fame. Non abbiamo più a che fare con disaccordi intellettuali, ma piuttosto una battaglia titanica tra le Forze del Bene e del Male e Krugman è dalla parte del Bene. Non si può discutere con chi difende il libero mercato e i prezzi di mercato perché, nelle sue parole, "la mendacia è il messaggio".
Nonostante il radicalismo di Krugman, dobbiamo ancora affrontare la sua tesi secondo cui i boom non solo sono desiderabili, ma possono essere sostenuti indefinitamente senza che ne derivino danni all'economia. Questo non vuol dire che un boom sostenuto non contenga fluttuazioni; anche Krugman lo ammette, ma crede anche che lo stato possa apportare modifiche al volo anche nei momenti difficili, cosa che richiede l'elezione di progressisti che la pensino allo stesso modo e che credano che lo stato possa far avverare miracoli economici.
Perché, allora, gli Austriaci sostengono che i boom non possono essere sostenuti? Innanzitutto, e più importante, gli Austriaci sottolineano che le condizioni che creano il boom non sono favorevoli. I boom si verificano quando le autorità monetarie (cioè, il Federal Reserve System o qualche altra banca centrale) mantengono i tassi d'interesse al di sotto dei livelli di mercato espandendo l'offerta di moneta, affinché poi venga espanso il prestito e le imprese possano espandersi a loro volta. Ciò aumenta la domanda di beni capitali (e fattori di produzione associati alla loro creazione) e mette nuovo denaro nelle mani dei dipendenti. Questi ultimi spendono i soldi in beni di consumo, creando nuova domanda per tali prodotti.[4]
Con keynesiani come Krugman, questo processo può andare avanti all'infinito. È vero, alcuni degli investimenti di capitale potrebbero non essere sostenibili, ma ciò può essere spiegato dal fatto che ci sono sempre fluttuazioni aziendali nel corso dell'economia:
Ma poniamoci una domanda apparentemente sciocca: perché gli alti e bassi della domanda di investimenti dovrebbero portare ad alti e bassi nell'economia nel suo insieme? Non dite che è ovvio: sebbene i cicli di investimento siano chiaramente associati a recessioni e riprese in tutta l'economia, una teoria dovrebbe spiegare le correlazioni osservate, non solo presumerle. E infatti la chiave della rivoluzione keynesiana nel pensiero economico, una rivoluzione che ha reso la teoria della sbornia in generale e la teoria Austriaca in particolare obsolete quanto gli epicicli, è stata la comprensione da parte di John Maynard Keynes che il quesito cruciale non era perché la domanda di investimento a volte diminuisce, ma perché tali cali fanno crollare l'intera economia.
Ecco il problema: per una semplice questione di aritmetica, la spesa totale nell'economia è necessariamente uguale al reddito totale (ogni vendita è anche un acquisto e viceversa). Quindi, se le persone decidono di spendere meno in beni di investimento, non significa che debbano decidere di spendere di più in beni di consumo, il che implica che un crollo degli investimenti dovrebbe sempre essere accompagnato da un corrispondente boom dei consumi? E se sì, perché dovrebbe esserci un aumento della disoccupazione?
In altre parole, anche se alcuni investimenti di capitale scendono, non c'è motivo per cui l'economia debba seguire l'esempio. Dopotutto, il denaro non è scomparso, quindi se la spesa viene interrotta per alcuni investimenti di capitale infruttuosi, i consumatori possono semplicemente spendere più soldi altrove. La Croce Keynesiana "dimostra" che la spesa aggregata e il PIL sono identità, quindi non importa se il denaro viene speso in beni capitali o beni di consumo poiché i risultati sono gli stessi.
Allora cosa causa la crisi economica? Krugman ha una risposta facile:
Una recessione si verifica quando, per qualsiasi motivo, gran parte del settore privato cerca di aumentare le proprie riserve di liquidità allo stesso tempo.
In altre parole, gli investimenti sbagliati su larga scala non contano davvero; è invece il consumatore in preda al panico che decide di fronte all'incertezza economica che risparmiare denaro potrebbe essere una buona cosa. Infatti, come osserva Robert Murphy, i tassi di risparmio negli Stati Uniti sono quadruplicati sin dalla fine del 2007 alla metà del 2009 (da circa il 2% all'8%) e ciò sembrerebbe validare la causalità di Krugman. Ma non è così.
Per contrastare la tesi di Krugman, torno agli Austriaci ma non a Rothbard. Mi rivolgo invece a Carl Menger, il “fondatore” della scuola Austriaca, il quale inizia il capitolo di apertura del suo Principles of Economics con:
Tutte le cose sono soggette alla legge di causa ed effetto. Questo grande principio non conosce eccezioni e cercheremmo invano nell'ambito dell'esperienza un esempio contrario.
Sebbene queste parole non sembrino confutare nulla, osservate meglio. L'analisi Austriaca è monocausale, cioè c'è una causa e un effetto. La teoria di Krugman (presumo che creda che la sua teoria sia la "scienza") solleva una domanda interessante: perché i consumatori improvvisamente tagliano le loro spese e iniziano a risparmiare? Krugman non risponde mai.
Una ragione ovvia è che i consumatori sono innervositi dalla crisi economica, ma se le affermazioni di Krugman sulla rottura del boom sono corrette, allora i consumatori non avrebbero motivo logico di essere nervosi. Forse Krugman potrebbe affermare che quegli ignobili Austriaci hanno ingannato tutti facendogli credere che i boom alimentati dal credito siano insostenibili, quindi quando qualcuno va in bancarotta o qualche altro indicatore economico punta verso il basso, la gente va nel panico e gli Austriaci li spingono a risparmiare.
Ma perché i consumatori non ricominciano a spendere non appena qualcuno a Washington dà l'equivalente del segnale "luce verde"? Dopotutto, il paradigma keynesiano domina in politica, nei media e nell'istruzione superiore. L'idea che gli Austriaci interpretino il ruolo di Emmanuel Goldstein è un po' inverosimile, dato che non hanno una grande piattaforma mediatica o politica. Il modo in cui gli Austriaci possono spaventare un'intera popolazione facendole sabotare l'economia aumentando i propri risparmi pecca della causalità mengeriana.
Quando osservano l'aumento dei risparmi, gli Austriaci chiedono: perché c'è un improvviso aumento dei risparmi? Infatti, se guardiamo al tasso di risparmio personale degli Stati Uniti negli ultimi sessant'anni, vediamo che ad un certo punto è salito nella maggior parte delle recessioni, ma anche durante le riprese economiche, quindi non c'è modo di trarre inferenza causale che passa dalla crescita dei risparmi personali ad una recessione.
La visione monocausale ci porterebbe altrove. Nel mondo di Krugman, le persone iniziano irrazionalmente a risparmiare, facendo finire l'economia in una spirale discendente, e poi ci vuole lo stato, guidato da brillanti tecnocrati come Krugman, affinché spenda e riporti l'economia in carreggiata. Per gli Austriaci l'idea di persone che improvvisamente si precipitano a risparmiare senza una ragione è insensata. Inoltre, contrariamente a Krugman, risparmiare denaro non è una risposta irrazionale ad un cambiamento percepito nell'economia. Le persone non risparmiano a caso; risparmiano per poter spendere in futuro, sia per un acquisto importante, sia per periodi in cui i loro redditi sono inferiori a quelli attuali. In breve, l'evidenza mostra che le persone cambiano rapidamente le proprie abitudini di risparmio in risposta ad una crisi; non è quindi il risparmio a creare la crisi.
Krugman sostiene che anche gli investimenti sbagliati su larga scala non hanno alcun effetto complessivo:
Perché se il problema è che collettivamente le persone vogliono detenere più denaro di quello in circolazione, perché non aumentare semplicemente l'offerta di denaro? Potreste dirmi che non è così semplice, che durante il boom precedente gli imprenditori hanno intrapreso investimenti sbagliati e le banche hanno accumulato crediti inesigibili. Bene, bene. Eliminate i cattivi investimenti e cancellate i crediti inesigibili. Perché questo dovrebbe richiedere che una capacità produttiva perfettamente buona sia lasciata inattiva?
La teoria della sbornia, quindi, si rivela intellettualmente incoerente; nessuno è riuscito a spiegare perché i cattivi investimenti in passato richiedano la disoccupazione di buoni lavoratori nel presente. Eppure la teoria ha un potente fascino emotivo. Di solito questo appello è più forte per i conservatori, che non sopportano l'idea che un'azione positiva da parte degli stati (per non parlare della stampa di denaro) possa essere una buona idea.
Altrove poi afferma:
La sua storia assomiglia poco a ciò che accade effettivamente in una recessione, quando ogni settore, non solo il settore degli investimenti, normalmente si contrae.
Le sue affermazioni mostrano ignoranza in due aree: la teoria del capitale e gli eventi reali del ciclo economico. Rothbard corregge gli errori di Krugman, prima sottolineando che la crisi è caratterizzata da quello che egli definisce un "cluster di errori (imprenditoriali)", e poi osservando che i bust non colpiscono tutti i settori allo stesso modo:
È risaputo che le industrie dei beni strumentali fluttuano più ampiamente di quelle dei beni di consumo. Le industrie dei beni strumentali, in particolare le industrie che forniscono materie prime, costruzioni e attrezzature ad altre industrie, si espandono molto di più durante il boom e sono colpite molto più duramente durante la depressione.
Questo è importante, poiché la crisi non arriva perché le persone smettono di spendere e quindi tutti i settori si riducono di conseguenza. È probabile che i beni strumentali e le industrie correlate abbiano il maggior numero di investimenti sbagliati, quindi è logico che verrebbero colpiti più duramente dalla crisi.
Krugman pone un punto interessante: se il problema è solo il capitale mal investito, perché i lavoratori non possono tornare rapidamente al lavoro in settori meno colpiti? Infatti questo era spesso ciò che accadeva nei precedenti cicli economici. Thomas Woods scrive della recessione del 1920-1921, la quale fu grave e breve:
La situazione economica nel 1920 era triste. In quell'anno la disoccupazione era passata dal 4% a quasi il 12% e il PIL era diminuito del 17%. Non c'è da stupirsi, quindi, che il Segretario al Commercio Herbert Hoover, falsamente caratterizzato come sostenitore dell'economia del laissez-faire, avesse esortato il presidente Harding a prendere in considerazione una serie di interventi per dare una svolta all'economia. Hoover venne ignorato.
Invece di uno "stimolo fiscale", Harding tagliò il budget del governo federale quasi della metà tra il 1920 e il 1922. Il resto dell'approccio di Harding era ugualmente laissez-faire: la pressione fiscale venne ridotta per tutti i gruppi di reddito ed il debito pubblico venne ridotto di un terzo.
L'attività della Federal Reserve, inoltre, era appena percettibile. Come afferma uno storico dell'economia: "Nonostante la gravità della contrazione, la FED non si è mossa per usare i suoi poteri per invertire l'offerta di moneta e combattere la contrazione". Alla fine dell'estate del 1921 erano già visibili i segni di ripresa. L'anno successivo la disoccupazione scese al 6,7% e nel 1923 era solo al 2,4%.
In altre parole, contrariamente a quanto dice Krugman, non c'è stato alcun intervento, nessuna stampa di denaro, nessun programma di lavoro, niente che Krugman sostiene sia vitale per portare la ripresa economica. Inoltre ci si rende conto che quella depressione avvenne all'indomani della prima guerra mondiale, quando il boom della spesa bellica si contrasse rapidamente e ad accompagnare il ritorno di milioni di soldati ci fu l'influenza spagnola che uccise 500.000 americani (quando la popolazione degli Stati Uniti era di 104 milioni, meno di un terzo della popolazione odierna). Tuttavia l'economia si riprese rapidamente quando si passò dalla produzione di beni di guerra trainata dall'inflazione ad una produzione commisurata alle esigenze del dopoguerra.
Gli Austriaci non mettono in discussione i boom, perché non amano la prosperità o perché hanno difetti di carattere; gli Austriaci capiscono che i boom implicano linee d'investimento in aree di produzione che non possono essere sostenute, anche quando lo stato vi immette ancora più soldi. Ciò che Krugman definisce "capacità produttiva perfettamente buona", in realtà è capitale mal investito che è inattivo per una ragione.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Note
[1] Non sorprende che Krugman abbia torto anche sulla storia della deregolamentazione, ma come disse Bluto Blutarsky, secndo cui "i tedeschi bombardarono Pearl Harbor", non possiamo interrompere qualcuno quando sta facendo qualcosa.
[2] Krugman crede che possiamo creare sia bolle azionarie che poi alleviarne i risultati attraverso una massiccia tassazione sulla ricchezza e sul reddito, poiché entrambe sono forme di stimolo economico che incoraggiano la spesa e scoraggiano il presunto "accaparramento" da parte dei ricchi.
[3] Robert Murphy entra nei dettagli sugli errori di Krugman in questo articolo, vale la pena di leggerlo.
[4] Il miglior resoconto della teoria Austriaca si trova in America's Great Depression di Murray N. Rothbard, visto che nella prima metà del libro viene spiegata la teoria del ciclo economico. Magari Rothbard fosse vissuto abbastanza a lungo da rispondere alle missive di Krugman.
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Il mercato azionario dovrebbe essere un luogo in cui gli investitori scambiano azioni di attività redditizie, accrescendo quindi la ricchezza generale. Nessuno sa quanto vale ogni azione, così il mercato “scopre” il prezzo e cambia man mano che emergono nuove informazioni. Negli Stati Uniti i prezzi sono espressi in dollari e la Federal Reserve ha manomesso il valore del dollaro per molti anni. Negli ultimi 12 mesi, in particolare, ha gonfiato la base monetaria del 78%; la maggior parte di quella liquidità è rimasta principalmente nei mercati degli asset. Senza contare che anche i programmi di stimolo del governo hanno incentivato le persone a buttare parte dei fondi nel mercato azionario.
RispondiEliminaE oggi, come vediamo dal primo grafico, il mercato azionario è diventato folle, alimentato da manie di grandezza a causa di denaro fasullo, tassi d'interesse fasulli e prezzi fasulli. Quell'utile meccanismo di scoperta dei prezzi è diventato ormai un gioco al rialzo scriteriato in cui le società zombi possono vivere un giorno in più. Ma cosa ribolle sotto la superficie tra inflazione "transitoria" ed un pattern di compressione del VIX esplosivo?
Che l'intero mercato si sta preparando ad un finale coi botti...
Ormai su tutti i media finanziari non si fa altro che vedere la stessa paccottiglia ideologica: l'inflazione dei prezzi è "transitoria", ma al contempo ci si straccia le vesti per le carenze di materie prime. Tante analisi, ma nessuna che abbia un senso coerente con la realtà dei fatti. Negli ultimi 12 mesi il bilancio della BCE è cresciuto di quasi del 75%; stessa percentuale la ritroviamo nella FED. Queste sono le fondamenta, potremmo dire, e l'edificio che viene costruito sopra di esse (l'aumento dei prezzi che ne deriva) dipende da quanto gli attori di mercato vogliono prendere in prestito e spendere.
RispondiEliminaPiù in generale, è lo stato che trasforma l'inflazione monetaria del sistema bancario centrale in un disastro inflazionistico a livello economico. È il più grande mutuatario e spendaccione al mondo. Soprattutto in questo momento storico stanno spendendo molto di più di quanto possano ricavare da entrate fiscali o risparmi degli attori di mercato. Ecco perché il sistema bancario centrale continua a stampare denaro: rifornire di "liquidità" gli stati affinché poi possano spendere.
Questo nuovo denaro è ancora più fasullo di quello stampato in precedenza, durante i periodi di "moderazione" monetaria. È una pretesa sul tempo e sulle risorse reali. Sembra quasi una manna dal cielo visto che nessuno ha dovuto guadagnarselo o risparmiarlo. Ma niente viene dal niente: tempo e beni reali, a differenza del denaro fasullo, sono scarsi. Pertanto quando lo stato dà ad alcune persone denaro fasullo, consente loro di prendere beni e servizi reali da altre persone. L'imbroglio dello stato consiste nel prendere da alcuni e dare ad altri; e quando la banca centrale "stampa" denaro, è solo un mezzo per mascherare tale furto.
I beneficiari raramente usano il denaro per costruire nuove fabbriche o fornire nuovi servizi. Non aggiungono niente alla ricchezza reale del Paese; anzi la sottraggono, la spendono, la consumano e tale spesa fa salire i prezzi. Data la gigantesca mole che ha assunto l'interventismo monetario, non c'è transitorietà che tenga.
Troppe aziende, famiglie e lo stato stesso dipendono dalla stampa di denaro. Troppi economisti, investitori e politici hanno dimenticato come funziona l'inflazione. Pensano ingenuamente che "stimoli" l'economia, ma non capiscono, o non vogliono capire, che l'inflazione odierna è strutturale non ciclica. E oggi i costi per metter un freno alle politiche folli del sistema bancario centrale sono troppo alti.
RispondiEliminaDurante il loro ultimo incontro con l'inflazione dei prezzi al consumo a doppia cifra, gli USA avevano un debito di circa $1.000 miliardi; adesso è salito di quasi 30 volte tanto. Non si può frenare la loro stampa di denaro: Inflate or die.
Anche se con alcuni giorni di ritardo, complimenti per il compleanno del blog, e per il magnifico lavoro svolto, soprattutto nell'epoca del pensiero unico keynasiano, che ha portato al disastro attuale, scaricando comunque la colpa alla casuale e guarda caso, opportuna pandemia da covid. Gli adoratori delle teorie del massone Keynes, parlano di inflazione temporanea, ma se fosse calcolata senza manipolazioni, negli Usa e non solo, sarebbe già superiore al 10%, a livelli di iperinflazione. Anche nel caso delle materie prime, arrivano puntuali le giustificazioni: i prezzi sono saliti alle stelle per la speculazione e per la forte richiesta cinese, guai ad accennare al fatto che ci siano seri problemi di estrazione, di lavorazione e di trasporti, settori minati da crisi finanziarie. Capitolo a parte meriterebbero terre rare, litio e altri metalli, quelli essenziali per la famosa transizione demenziale del sistema (sperano sempre in qualche colpo di stato qua e là). Il sistema ha bisogno di falsificare e nascondere l'evidenza, e in questo media e accademici da tv sono molto impegnati, a costo di rasentare il ridicolo, ma tanto in pochi per ora se ne accorgono, le masse sono troppo impegnate a disquisire sulle vaccinazioni.
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