Bibliografia

lunedì 3 maggio 2021

Perché la manipolazione dei tassi d'interesse fallisce sempre

 

 

di Alasdair Macleod

Questo articolo spiega perché il tentativo di ottenere risultati economici manipolando i tassi d'interesse fallisce sempre. La base delle teorie monetarie interventiste ignora le scoperte dei primi pensatori di libero mercato, in particolare Say, Turgot e Böhm-Bawerk.

Ignora anche il Paradosso di Gibson, il quale demolisce la teoria secondo cui la manipolazione dei tassi d'interesse controlla l'inflazione dei prezzi. L'intera base della regolamentazione bancaria presume che le banche commerciali siano solo intermediari tra depositanti e mutuatari, ma tal modello di attività bancaria non riesce ad affrontare il semplice fatto che le banche creano credito dal nulla e che i depositi sono di proprietà delle banche e non dei loro clienti.

Il processo di creazione del credito è qui descritto ed è notevolmente diverso da quello comunemente presunto. Le variazioni del livello del credito bancario non hanno nulla a che fare con i tassi d'interesse, tranne forse in extremis.

Non sorprende, quindi, che i pianificatori centrali commettano errori critici e scopriamo anche che la coorte di banche statunitensi sta ora riducendo il credito bancario per l'economia non finanziaria, il che renderà impossibile alle imprese fornire prodotti sufficienti per soddisfare la domanda dei consumatori prevista. Seguiranno prezzi al consumo molto più elevati di quelli attualmente scontati sui mercati finanziari.

Di conseguenza i rendimenti obbligazionari dovrebbero aumentare molto di più, segnando la fine della bolla finanziaria globale e il fallimento del sistema a valuta fiat.


Introduzione

Deve essere un mistero per i banchieri centrali che la riduzione dei tassi d'interesse a zero non abbia stimolato l'economia come previsto. È anche una sorpresa per la stragrande maggioranza degli economisti e dei commentatori finanziari. Parte del problema è l'abitudine moderna di prendere le statistiche ufficiali come Vangelo, un'altra è non capire cosa rappresentano veramente le singole statistiche. Infine ci sono le linee di frattura nella macroeconomia neo-keynesiana e alla radice di ciò c'è la teoria dei prezzi del costo di produzione.

Per l'establishment accademico, l'interesse è un costo, che insieme ad altri costi più un margine di profitto è la base per fissare i prezzi al consumo. Ridurre i costi, si sostiene, e con i prezzi destinati ad aumentare del 2% all'anno, c'è un forte incentivo per le imprese ad investire nella produzione. Vediamo la teoria del costo dei prezzi riflessa nei regolamenti statali e anche nella spesa pubblica, cosa che costringe tutti a pagare prezzi di monopolio.

L'errore ha una lunga storia, a partire da Adam Smith e proseguendo con Marx, con la teoria dei prezzi legati al costo del lavoro. Ma c'erano già i primi dissidenti, come l'economista francese Jean-Baptiste Say (1767-1832), che sui prezzi scrisse: "Soggetti all'influenza delle facoltà, dei bisogni e dei desideri dell'umanità, non sono suscettibili di alcun apprezzamento e non possono, quindi, fornire alcun dato per calcoli assoluti". In altre parole, l'idea che i prezzi siano semplicemente una questione di base del costo maggiorato è sbagliata. Per quanto riguarda gli interessi, fu un altro dei primi economisti francesi, Turgot (1727-1781), che diede al rapporto con il capitale il suo giusto contesto. Capì che l'imprenditore capitalista necessita di capitale per finanziare la produzione; pagare salari e altri costi prima di poter vendere qualsiasi cosa. Era il capitale che doveva essere accumulato dai risparmi, per i quali doveva essere pagato un rendimento sotto forma di tasso d'interesse.

Turgot fu il primo economista dell'epoca della prima rivoluzione industriale a spiegare il ruolo del capitale e perché i fornitori di capitale avessero il diritto di essere compensati per la loro temporanea separazione da esso. I tassi d'interesse erano oggetto di negoziazione tra creditore e debitore. Il "profitto" degli interessi non era diverso dai profitti di altre attività e il tasso includeva fattori come il rischio che il denaro non sarebbe stato restituito e la perdita del suo possesso per un periodo di tempo. Turgot anticipò la Scuola Austriaca e in particolare il lavoro di Böhm-Bawerk (1851-1914) sulla preferenza temporale.

Questi risultati furono ignorati dagli economisti successivi, in particolare da Keynes. Infatti definì un paradosso le tesi di Gibson, il quale invece dimostrò una forte correlazione positiva tra i livelli dei prezzi ed i tassi d'interesse a lungo termine, e non tra i costi dei prestiti sui tassi d'interesse e il tasso dell'inflazione dei prezzi come comunemente supposto. Keynes dichiarò che era "uno dei fatti empirici più importanti nell'intero campo dell'economia quantitativa" prima di soccombere alle sue visioni macroeconomiche che ne negavano l'esistenza.


La storia del prestito per la produzione industriale

Tutte le iniziative capitalistiche richiedono l'assemblaggio di materie prime, impianti e attrezzature, locali, manodopera qualificata e non qualificata, servizi aggiuntivi e capitale monetario. Il più importante di tutti questi è il capitale monetario, perché il tempo impiegato tra l'assemblaggio di questi fattori e la vendita di un prodotto finale richiede finanziamenti. Un uomo d'affari, o imprenditore, deve calcolare tutti i costi, la durata del periodo di assenza di qualsiasi reddito e fare ipotesi sui volumi e sui prezzi del prodotto finale che può aspettarsi di ottenere.

Questi fattori sono tutti correlati e richiedono una stima. Ciò che inizialmente ci interessa sono le ipotesi che un imprenditore fa sul valore del prodotto finale. Per lui tutto dipende dalle sue stime riguardo le vendite finali e dai prezzi che può aspettarsi di presentare. Dopo aver stimato e calcolato i costi, saprà quanto dovrebbe essere redditizia l'impresa e solo allora potrà stimare quanto è disposto a pagare in interessi per ottenere il capitale per finanziare il suo progetto. Calcolare i margini in qualsiasi altro modo è mettere il carro davanti ai buoi.

La base del calcolo imprenditoriale deve quindi riflettere una correlazione di base tra i prezzi e il costo del finanziamento delle imprese ed il seguente grafico illustra questa correlazione nel Regno Unito su un periodo di 250 anni.

Anche negli anni '70, quando il denaro era completamente fiat e l'andamento dei prezzi era in aumento più che in qualsiasi momento sin dal 1750, il rapporto è rimasto vivo. In una recessione, quando il livello di attività aziendale diminuisce, un imprenditore utilizza gli stessi fattori nei suoi calcoli come durante i tempi buoni, quindi i cicli economici sono irrilevanti per il processo. E per quanto riguarda il prezzo per il suo prodotto finale, le sue ipotesi possono essere basate solo sui prezzi al momento del calcolo. Ciò che ottiene in termini di prezzi finali non è qualcosa che indovina all'inizio di un progetto, ed è per questo che i costi di finanziamento a medio e lungo termine di solito seguono i prezzi.

L'altro aspetto di questa correlazione era la non correlazione tra inflazione dei prezzi e costi dei prestiti, poiché questi ultimi sono legati al livello generale dei prezzi come illustrato nel grafico qui sopra e non al suo tasso di variazione. Almeno questo è stato il caso fino a quando le banche centrali non hanno distorto sempre più le relazioni monetarie negli anni del dopoguerra. Ciò è illustrato nel seguente grafico, sempre per il Regno Unito.

La non correlazione mostrata in questo grafico demolisce le ipotesi alla base della manipolazione dei tassi d'interesse da parte delle banche centrali. Affinché i tassi d'interesse siano correlati alla variazione dei prezzi, e quindi al loro effetto sul costo del finanziamento, dovrebbe esserci una correlazione tra il tasso d'inflazione dei prezzi e gli oneri finanziari. Anche tenendo conto dello sfasamento temporale e delle differenze tra i tassi a breve e a lungo termine, ciò dovrebbe comunque essere valido. Ma la cronologia mostrata nel grafico qui sopra dice il contrario. Le implicazioni vanno anche oltre: il Paradosso di Gibson ci dice che la manipolazione dei tassi d'interesse da parte delle banche centrali non potrà mai raggiungere i loro obiettivi e che si basa su presupposti errati su come funzionano i mercati.

Per questo motivo diversi economisti dopo Keynes hanno cercato di spiegare il Paradosso, senza successo però. Il problema che hanno dovuto affrontare era che il loro approccio statalista alla manipolazione dei tassi d'interesse ignora la lezione del Paradosso di Gibson, il che dimostra che i tentativi di influenzare il corso dell'economia variando i tassi d'interesse falliranno sempre. La spiegazione si è rivelata molto semplice: i tassi di prestito per gli investimenti industriali sono impostati dai mutuatari che fanno offerte per il capitale entro i limiti dei loro calcoli imprenditoriali. Si scopre che non sono affatto i capitalisti avidi ad impostare i tassi d'interesse, ma la domanda imprenditoriale di capitale scarso. Keynes, in particolare, aveva un debole per i ricchi oziosi che vivevano con i loro soldi senza faticare neanche per un giorno. Il suo pregiudizio lo aveva accecato e ha accecato anche tutti coloro che successivamente hanno aderito alle sue teorie macroeconomiche.


Le ipotesi errate sul credito bancario

Quando i pianificatori monetari centrali abbassano artificialmente i tassi d'interesse, si aspettano che le banche commerciali trasferiscano i benefici ai loro clienti mutuatari al fine di stimolare la produzione e negli ultimi decenni anche al fine di stimolare i consumi. Non è solo sui tassi d'interesse che i pianificatori si sbagliano, ma sembrano intenzionalmente fraintendere il ruolo delle banche commerciali. Se questa affermazione è corretta, allora è un'accusa di grave incompetenza nei confronti delle autorità monetarie riguardo la politica dei tassi d'interesse, quindi deve essere verificata.

L'intervento statale nel sistema bancario si basa sulla premessa che le banche agiscano come agenti tra depositanti e mutuatari. A prima vista la supposizione sembra ragionevole, ma in realtà ci sono altre due teorie: operano a riserva frazionaria, creando credito bancario regolato dai livelli di riserve bancarie obbligatorie fissate dalla banca centrale, e prestano denaro dal nulla.

In generale, il modello della riserva frazionaria è ora considerato ridondante, poiché la regolamentazione bancaria mondiale è passata agli standard imposti da Basilea. Questi standard ed il loro approccio sono coerenti con il presupposto che le banche siano intermediari tra depositanti e mutuatari e che i depositanti abbiano bisogno di protezione dai rischi di prestito richiedendo alle banche di avere sufficienti riserve di capitale.

Sebbene le autorità di regolamentazione abbiano in mente un modello di intermediazione, è ampiamente noto che le banche prestano denaro dal nulla e lo chiamiamo addirittura credito bancario. Inoltre in alcune delle principali giurisdizioni, in particolare negli Stati Uniti, nel Regno Unito, nell'Eurozona e in Giappone, le banche centrali hanno tentato di sostituire i depositi a risparmio con l'inflazione monetaria come fonte di capitale per gli investimenti industriali. Ma mentre i monetaristi monitorano avidamente l'espansione della base monetaria, spesso non riescono a capire che i principali creatori di denaro fiat sono le banche stesse, e lo sono state sicuramente sin dal 1844 (Bank Charter Act).

Nella nostra ricerca di spiegare ulteriormente gli errori dietro le politiche sui tassi d'interesse, dobbiamo esaminare il processo di creazione del credito bancario. Il presupposto comune nella teoria della creazione del credito è che quando viene concesso un prestito, esso si traduce in nuovi depositi man mano che il mutuatario effettua i pagamenti ai suoi creditori. Con i prestiti creati da tutte le banche commerciali, queste ultime vedono nuovi depositi e allo stesso tempo vedono cambiare i livelli di deposito esistenti. Ma è un sistema a circuito chiuso. Eventuali squilibri, ad esempio con le banche che alla fine della giornata non riescono a finanziare i depositi, vengono aggiustati nei mercati interbancari prendendo in prestito dalle banche con depositi in eccedenza nei loro libri.

Si scopre che mentre le banche creano credito, le procedure sono significativamente diverse. Nel 2014 Richard Werner, un esperto bancario, ha condotto un esperimento con una piccola banca tedesca che prevedeva che la banca gli prestasse €200.000 in modo che potesse seguire tutte le procedure contabili alla base del prestito.

Il professor Werner ha scoperto che quando una banca concede un prestito lo accredita sul lato dell'attivo del bilancio, come ci si aspetterebbe. Ma allo stesso tempo iscrive nel suo bilancio una passività nei confronti del mutuatario per l'intero importo del prestito. Non vi è alcun coinvolgimento esterno con la banca centrale o qualsiasi altra banca, né internamente con il trasferimento di fondi da qualsiasi altro conto cliente detenuto dalla banca. Il fatto che la banca firmi con il cliente un contratto di prestito non solo crea il prestito, ma anche la passività (registrata come caparra), motivo per cui quando uscite dalla banca dopo aver firmato sulla linea tratteggiata, la banca vi dice che i fondi sono ora nel vostro conto. Le operazioni nei mercati all'ingrosso non hanno nulla a che fare con la creazione di depositi bancari, come comunemente si suppone, e la creazione di credito bancario non dipende dal fatto che siano bilanciati con i depositi sui mercati monetari all'ingrosso man mano che vengono utilizzati.

Questo porta il professor Werner a sostenere un punto estremamente importante. Non solo le banche creano denaro dal nulla, ma essendo nient'altro che obblighi derivanti dalla creazione di denaro, i depositi sono fittizi in tutti i sensi. Vengono creati come controparte del processo di prestito ed eventuali trasferimenti da altre banche avranno origine nello stesso modo: sono prestiti alla banca e il cosiddetto depositante è un mero creditore. Werner cita Henry Dunning Macleod nel suo Theory of Credit (1891): "Una banca non è quindi un ufficio per 'prendere in prestito' o 'prestare' denaro, ma è una manifattura di credito".

Alcune di queste cose le sapevamo già, come lo status giuridico dei depositi bancari, che sono di proprietà della banca con un obbligo solo nei confronti dei suoi creditori. Ma ci sono conseguenze che dovrebbero essere prese in considerazione, in particolare dal malinteso secondo cui le banche sono uffici per prendere in prestito e prestare denaro, mentre invece non sono altro che Produttori di Credito.


Limitazioni alla creazione del credito bancario

Abbiamo ora stabilito che non esiste un interesse comune tra le banche centrali e le banche commerciali, perché la teoria dell'intermediazione non regge. Le banche commerciali faranno i loro affari, con il vantaggio di poter creare denaro quando vogliono e per qualsiasi scopo. Gli unici limiti sono i rischi che sono disposti ad assumersi ed il fattore più importante a questo proposito è il rapporto tra il totale degli asset e il patrimonio di bilancio della banca.

Naturalmente il prestito è solo un attivo. Investire in obbligazioni, derivati ​​e titoli garantiti da ipoteca sono altri. Le differenze tra il credito bancario ed i prestiti all'economia non finanziaria sono illustrate nel seguente grafico.

Negli ultimi dieci anni la proporzione tra i due è rimasta ragionevolmente stabile, con prestiti e leasing intorno al 72% del credito bancario totale fino all'inizio dello scorso anno. L'improvviso balzo in entrambe le serie tra marzo e inizio maggio 2020 non ha cambiato la relazione sopraccitata, prima che prestiti e leasing diminuissero mentre gli investimenti in titoli del Tesoro USA e debito delle agenzie hcontinuassero ad aumentare, tanto che il rapporto è ora inferiore al 68%. Dobbiamo inoltre notare che con i tassi d'interesse overnight tenuti a zero sin da marzo 2020, le banche commerciali non stanno aumentando i loro prestiti alle attività non finanziarie, come suggerisce la politica monetaria della banca centrale, ma li stanno invece riducendo.

Nonostante queste chiare tendenze, chi fa previsioni si aspetta una rapida ripresa economica nei prossimi mesi. Ma fintanto che le banche commerciali continuano a contrarre il credito bancario, ciò non può accadere.

Affinché questa ripresa abbia luogo, è necessario che le banche agiscano da conduttori: consentire l'accreditamento sui conti dei consumatori del denaro dagli elicotteri e l'aumento dei prestiti alle imprese in modo che possano rispondere alla domanda dei consumatori. Ma tutto questo non sta accadendo e l'errore che gli analisti sembrano commettere nelle loro previsioni economiche è quello di fraintendere gli interessi delle banche. Non sono semplici intermediari, ma imprese che hanno il lusso di creare denaro, elevando i rendimenti per i propri azionisti. Ma con con tale elevazione arriva il rischio e guardando i bilanci delle più grandi banche statunitensi (G-SIB) il rapporto tra il loro patrimonio totale e la somma del patrimonio netto dei loro azionisti è in media 10,5 volte. Per queste banche i crediti inesigibili, che ora rappresentano un rischio crescente, cancelleranno il patrimonio di bilancio ad un ritmo oltre dieci volte superiore al totale degli attivi.

Il grafico qui sopra ci dice che le banche statunitensi consideravano i primi mesi della pandemia come una normale interruzione delle attività e in quel momento c'era un consenso diffuso su una ripresa a V. I banchieri hanno inizialmente creduto che la ripresa si sarebbe effettivamente verificata, fino a quando non sono cominciate ad aumentare le prove che i crediti inesigibili sarebbero aumentati poiché il tempo per la ripresa economica veniva ritardato sempre più. È comprensibile che le banche stiano ora ritirando il credito dall'economia non finanziaria e stiano ridistribuendo le risorse a favore delle opportunità di trading derivanti dalle politiche monetarie espansionistiche della FED. Ma l'attento analista vedrà che la comunità bancaria statunitense si trova ad un bivio pericoloso: le condizioni di negoziazione dei titoli stanno nascondendo una situazione in rapido deterioramento sui loro prestiti tradizionali al settore non finanziario e la sopravvivenza delle banche richiede loro di smantellare la loro passata creazione di credito con crescente urgenza.

Quelle che si stanno sviluppando sono le condizioni riconosciute da Irving Fisher nel commentare le ragioni della crisi bancaria negli anni '30. Fisher descrisse come le banche che vendono garanzie per recuperare i debiti riducono il valore di tutte le classi simili di garanzie, innescando pignoramenti su mutuatari altrimenti meritevoli di credito. Non solo queste azioni intensificano il crollo, ma portano a molteplici fallimenti bancari

In breve, si stanno sviluppando le condizioni per una replica della crisi finanziaria ed economica del 1929-32 e la FED, come le altre grandi banche centrali, non ha il potere di fermarla.


L'effetto dell'aumento dei rendimenti obbligazionari

Un altro aspetto del desiderio delle banche di ridurre la loro esposizione ai crediti inesigibili nell'economia non finanziaria è la loro maggiore dipendenza dal mercato rialzista degli asset finanziari. Alla radice di ciò c'è la soppressione dei tassi d'interesse da parte delle banche centrali. Oltre ai tassi a zero, ogni mese la FED sta pompando $120 miliardi di acquisti indiretti di asset finanziari rischiosi attraverso un quantitative easing mirato ai fondi pensione ed ai fondi assicurativi che poi devono reinvestire i proventi.

Senza alcun cambiamento nel tasso dei fondi federali, che è stato mantenuto a zero sin dal 19 marzo 2020, i rendimenti dei titoli del Tesoro USA hanno iniziato a salire, con il decennale USA triplicato da un minimo dello 0,54% lo scorso luglio a 1,73% recentemente. La ragione di questo aumento deve preoccuparci.

Per un decennale un rendimento di appena lo 0,54% era un'aberrazione spiegata solo dalle conseguenze iniziali dell'inondazione di denaro sui mercati finanziari in un momento di tassi d'interesse a zero sul denaro overnight. Quel momento è passato e gli operatori di mercato stanno rivalutando la situazione. Avranno notato che da quando la FED ha tagliato il tasso sui fondi a zero, i prezzi delle materie prime sono aumentati in modo significativo, indicando ai detentori di dollari, sia in patria che all'estero, che i loro saldi acquistano meno se misurati in materie prime (rilevanti per la loro produzione).

In tal contesto anche un rendimento dell'1,7% è irrisorio, con il potere d'acquisto del dollaro in calo misurato rispetto ad un paniere di materie prime. E con la minaccia dei prezzi di beni e servizi che ora aumentano notevolmente al di sopra dell'obiettivo del 2% (a causa della contrazione del credito bancario e quindi la contrazione del capitale circolante per i produttori), i rendimenti obbligazionari sono destinati a salire ancora di più. Verrà un punto in cui l'aumento dei rendimenti obbligazionari indebolirà i prezzi degli asset finanziari e nessun QE salverà i mercati da una bolla che scoppia.

Il prossimo aumento dei rendimenti obbligazionari probabilmente sarà decisivo. Avendo spostato i loro bilanci dalla creazione di credito per il settore non finanziario a favore degli asset finanziari, le banche dovranno affrontare perdite impreviste derivanti dall'aumento dei rendimenti obbligazionari e dallo sgonfiamento delle bolle azionarie. Inoltre, con la maggior parte dei loro prestiti garantiti da asset finanziari ed immobili commerciali, i loro valori sono legati alle prospettive dei tassi d'interesse e quindi la pressione per chiudere i prestiti è destinata ad aumentare.


Le CBDC possono salvare la situazione?

C'è una crescente pubblicità data alle valute digitali delle banche centrali come mezzo per efficientare lo stimolo monetario. Si tratta di qualcosa di mai fatto prima, con tutti e tutte le aziende che hanno un conto presso l'emittente delle CBDC, la banca centrale o un'organizzazione sotto il suo controllo. Le CBDC permettono al sistema bancario centrale di selezionare i destinatari di una moneta digitale, in modo da poter mirare ad aree dell'economia che si vuole stimolare e, ponendovi una data di scadenza, anche di stimolare i consumi affinché siano più immediati. Non è chiaro come funzionerà, perché l'illusione che il denaro fiat abbia valore sarà quasi certamente sfatata dalle distribuzioni gratuite delle CBDC.

Le banche commerciali vengono aggirate. Avendo sottolineato in precedenza in questo articolo che le banche centrali non hanno alcun controllo sulle banche commerciali, sembra che le CBDC potrebbero essere una soluzione; solo che avendo dimostrato la loro ostinata ignoranza in fatto di denaro e tassi d'interesse in generale, le banche centrali sembrano inadatte ad esprimere questo giudizio. E va notato che da nessuna parte nella crescente quantità di letteratura sull'argomento vi è alcun suggerimento che le CBDC non siano supplementari alle valute fiat già esistenti. Diluendo lo stock totale di moneta sono l'ennesimo mezzo per spingere l'inflazione, trasferendo ricchezza dalla popolazione generale al sistema bancario centrale affinché sia distribuita come quest'ultimo ritiene opportuno.

Avere pianificatori monetari centrali nelle banche centrali che dirigono l'attività economica attraverso l'applicazione selettiva delle CBDC sarebbe l'ultimo chiodo nella bara per la libertà personale. Fortunatamente per coloro che amano ciò che resta della loro libertà, per far funzionare una CBDC ci vorrà tempo ed i fattori che stanno portando verso la fine delle valute fiat già esistenti suggeriscono che il tempo è una merce non disponibile per l'introduzione di CBDC funzionanti. Immaginate solo una burocrazia statale che elabori l'antiriciclaggio e il KYC per ogni cittadino ed azienda: con tutti i test e le prove richieste, probabilmente ci vorranno anni per implementarla.


Risultati economici

Sembra quindi che le CBDC saranno irrilevanti per i risultati economici. Il futuro economico e monetario è gestito da forze che ignorano la teoria economica e monetaria ragionata e la base giuridica dell'attività bancaria. Gli inganni dei pianificatori centrali sono così consolidati che possiamo iniziare a mappare gli sviluppi che potrebbero portare alla morte degli errori neo-keynesiani sul denaro e sul ruolo dei tassi d'interesse. Possiamo scrivere nel seguente ordine di eventi.

• La mancanza di capacità produttiva, limitata dalla contrazione del credito bancario, porterà ad un aumento dei prezzi marginali di gran lunga superiore al previsto quando i saldi di cassa post-lockdown cominceranno ad essere ripristinati ai livelli abituali. Ciò porterà ad un'anticipazione di rendimenti obbligazionari più elevati di quelli attualmente scontati.

• Un aumento dei rendimenti obbligazionari esporrà ulteriormente le finanze pubbliche già indebolite dagli attuali livelli d'indebitamento, con il finanziamento del debito che ha sempre più sostituito le entrate fiscali come principale fonte di finanziamento del settore pubblico. Il 48% dei finanziamenti pubblici negli Stati Uniti nell'ultimo anno è stato generato dal debito. Le previsioni del Congressional Budget Office affermano un miglioramento dell'attuale deficit di bilancio rispetto a quello dello scorso anno, il che è improbabile visti i sontuosi piani di spesa del presidente Biden e l'eccessivo ottimismo riguardo le prospettive economiche ed il gettito fiscale.

• I mercati azionari saranno indeboliti dall'aumento dei rendimenti dei titoli di stato e la bolla scoppierà, riducendo i valori di altri asset finanziari. Il prossimo aumento dei rendimenti obbligazionari, forse tra poche settimane, minaccia di far precipitare le azioni in mercati orso improvvisi.

• È improbabile che le catene di approvvigionamento tornino alla piena funzionalità prima della fine dell'anno, e con la determinazione delle banche a ridimensionare il credito in circolazione, le attuali ipotesi economiche, e quindi le entrate fiscali, possono essere definite troppo ottimistiche.

• Con la contrazione del credito bancario che inizia ad essere alimentata da crediti inesigibili e dai valori delle garanzie in calo, le banche in alcune giurisdizioni come l'Eurozona e la Cina andranno in bancarotta e richiederanno l'intervento dello stato. Il rischio di controparte internazionale diventerà una questione dominante.

• Il futuro delle valute, e in particolare del dollaro USA, è legato alle rispettive bolle negli asset finanziari. Nel disperato tentativo di contenere l'implosione delle bolle degli asset, di compensare la contrazione del credito bancario e di salvare le catene di approvvigionamento in fallimento, il ritmo della creazione monetaria da parte delle banche centrali è destinato ad accelerare, perché le autorità non hanno altra scelta. Ciò segnerà l'inizio di una rapida fine per il denaro fiat.

L'applicazione della MMT non solo non salverà le economie da un crollo e le valute fiat dal collasso, ma verrà dimostrato che i tentativi di ottenere risultati economici attraverso la manipolazione dei tassi d'interesse porta solo all'ennesima catastrofe. Invece di abbandonare concetti economici deliranti e farlocchi, ne viene raddoppiata la dose, ciechi di fronte al caos che stanno causando. Stiamo assistendo alle stesse politiche interventiste dei presidenti Hoover e Roosevelt negli anni '30, modificate per fattori contemporanei e denaro fiat scoperto. Purtroppo questo dimostra quanto poco si sia appreso sugli errori dell'interventismo statale negli ultimi novant'anni.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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