Bibliografia

venerdì 26 marzo 2021

I morti stanno consumando i vivi: dalla nipponizzazione all'argentinizzazione dell'economia

 

 

di Francesco Simoncelli

Qualche giorno fa mi è capitato di leggere la storia di un argentino che, durante una vita di duro lavoro, era riuscito a risparmiare circa 600.000 pesos. Al tasso di cambio del mercato nero di oggi, valgono circa $4.000. Questi soldi erano tenuti sotto il proverbiale materasso e sono diventati praticamente inutili. Una vita di risparmi... puff! Il protagonista della storia non aveva un conto in banca, non aveva carte di credito, solo un mucchio di contanti e nessun pensiero di proteggersi dal furto silenzioso del suo potere d'acquisto. Hitchcock asseriva che non esistesse il delitto perfetto, peccato che non fosse erudito in economia altrimenti avrebbe fatto film con tutt'altra trama.

L'inflazione in Argentina si aggira intorno al 50% all'anno e il Paese ha visto uno dei lockdown più duri nel tentativo di fermare il coronavirus... o almeno questa è la scusa ufficiale, perché in realtà sappiamo tutti che gli stati necessitano di una scusa per giustificare l'intervento continuo e cercare di contrastare il disastro economico che essi stessi hanno causato in primo luogo. Impossibile dire cosa succederà dopo, ma se la storia è una guida, i pesos continueranno a perdere valore rispetto al dollaro USA e poi il dollaro perderà valore rispetto a tutto il resto. Il biglietto verde post-1971, infatti, ha già perso il 96% del suo valore in termini di oro e negli anni a venire quasi sicuramente perderà il resto.


TRE LEZIONI DALL'ARGENTINA

Prima di passare ad analizzare il "dove ci troviamo", è utile capire quali lezioni si possono apprendere dai veterani dell'interventismo economico, dell'impoverimento socio-economico e dell'inflazione dei prezzi. Cosa possiamo imparare dall'Argentina? Può essere utile per prepararci ad un sistema più disfunzionale? Per mezzo secolo i valori degli asset, gli standard di vita e la crescita del PIL non sono dipesi né dalla produzione reale, né dai guadagni reali. Invece il credito è stato espanso al di là dell'output necessario per sostenerlo. Dall'inizio degli anni '80 il debito USA, ad esempio, è cresciuto di oltre $35.000 miliardi in più rispetto al PIL, ma il debito non può aumentare più velocemente della crescita economica per sempre. C'è, quindi, una forte probabilità che quando gli schemi salteranno, le economie occidentali saranno disfunzionali come quella dell'Argentina.

Prima lezione: impossibile fidarsi dei numeri ufficiali. In Argentina il tasso d'inflazione ufficiale è stato fissato per anni al 10% o meno, quando invece tutti sapevano che i prezzi reali stavano salendo come minimo del 20-30% all'anno. Il governo ha cercato di nascondere la verità truccando il suo Big Mac Index, convincendo McDonald's a tenere basso il prezzo dei suoi hamburger. Alla fine la catena dei fast food ha dovuto ritirare il panino dai menù, poiché perdeva soldi, mentre il governo insisteva sulla sua linea di un'inflazione non oltre il 10%. Nel frattempo le pizze salivano del 25% all'anno e la gente ha iniziato ad usare il "Pizza Index" per una misura più vera dell'inflazione dei prezzi.

Gli economisti mainstream ripetono spesso che non abbiamo nulla di cui preoccuparci, perché l'offerta di moneta e l'inflazione al consumo sono sotto controllo. Inutile dire che si sbagliano: si possono sfornare tutti i numeri riguardanti l'inflazione che si vuole a seconda delle ipotesi alla base di tali numeri. E ciò vale anche per il denaro, il cui posto è stato preso dal credito sin dal 1971. Le persone non hanno più "contanti", infatti quando vogliono comprare una casa, un'auto o anche una cena non usano contanti, ma il credito. Ciò che conta per loro non è quanto denaro hanno, ma quanto credito hanno a disposizione ed il loro potere d'acquisto dipende dalla continua offerta di credito. Anche le aspettative d'inflazione non dipendono più dall'offerta di moneta, ma dalla disponibilità di credito e dalla volontà di utilizzarlo.

Seconda lezione: occhio a tutte le forme sintetiche di ricchezza. Durante le varie crisi finanziarie che si sono susseguite in Argentina, le persone hanno cercato di proteggersi accumulando denaro (pesos o dollari), bond o facendo affidamento sulle pensioni. Tutti questi tipi di risparmio ed investimenti si sono rivelati disastrosi. Il peso è stato perennemente svalutato; il governo ogni volta ha chiuso le banche e convertito in pesos i depositi in dollari; le pensioni ed i bond hanno subito lo stesso fato (soprattutto quest'ultimi nei casi in cui le società hanno cessato l'attività e la perdita è stata del 100%). Lezione: gli asset sintetici, o cartacei, possono essere manipolati e svalutati facilmente.

I risultati sono stati devastanti per i risparmiatori della classe media, mentre i ricchi sono stati più furbi perché hanno tenuto gran parte del loro denaro in conti esteri, specialmente in Uruguay e Miami (oltre ad acquistare immobili, aziende e oggetti da collezione invece di asset di carta).

Terza lezione: perdita della fiducia. Quando un'economia diventa disfunzionale, la fiducia a tutti i livelli diminuisce. Questo è particolarmente vero quando i risparmi di una vita, il duro lavoro di una vita, vengono costantemente e progressivamente erosi attraverso svalutazione monetaria, tasse e crowding out dovuto ai deficit pubblici. La fiducia nel vecchio modello, nei suoi soldi, nelle sue promesse, nelle sue teorie e nei suoi modi di fare affari si dissolverà a ritmo crescente. Le persone non saranno in grado di identificare esattamente il colpevole, invece si sentiranno imbrogliate e molte si sentiranno come se dovessero "imbrogliare" a loro volta. Prestiti, impegni di lavoro, pratiche burocratiche di ogni tipo: tutto diventa inaffidabile ai loro occhi. Le persone tendono ad "imbrogliare" in molti modi: i conti bancari offshore diventano comuni, transazioni effettuate tramite conti segreti, acquisti/vendite in contanti e "sottobanco", ecc.

Negli affari, negli investimenti e soprattutto nei confronti dello stato, la fiducia diminuirà rapidamente e la persona media non sarà preparata. Imparerà, suo malgrado e ad un enorme costo, a diversificare in Bitcoin, a diffidare dei numeri ufficiali e ad essere pronta ad ignorare statistiche sospette di ogni tipo.


PIENA NIPPONIZZAZIONE

Questo monito dal presente continua ad essere inascoltato, soprattutto in virtù delle ultime decisioni in materia di politica monetaria da parte della BCE che praticamente ha abbandonato qualsiasi preoccupazione di facciata nei confronti di offerta di denaro e stabilità di prezzi andando adesso a prendere di mira la curva dei rendimenti. Perché, se ancora si avessero dubbi, è rimasta solo la BCE a comprare spazzatura obbligazionaria dei Paesi europei. Lo stesso discorso vale per la FED. Non solo, ma apprendiamo anche che il ritmo del pompaggio monetario è destinato a crescere.

Ciò che colpisce ancora di più è che questo potrebbe non essere sufficiente. Prendiamo il caso particolare della FED: dopo che ha monetizzato praticamente ogni dollaro di emissione netta del Tesoro USA nel 2020, quest'anno l'offerta di bond sovrani supererà significativamente gli acquisti della FED. Detto in altre parole, l'emissione netta del Tesoro USA sarà di circa $2.400 miliardi e la FED dovrebbe monetizzarne meno della metà. Considerando quello che è successo nel 2020 (e da cui non si torna indietro), questo è un burrone che potrebbe portare ad un calo significativo dei prezzi obbligazionari se il mercato non subodorerà un interventismo maggiorato da parte della FED. Infatti non è un caso che i rendimenti obbligazionari delle scadenze più lunghe continuino inesorabilmente a salire.

Insomma la FED deve più che raddoppiare il suo QE mensile programmato nel 2021 solo per raggiungere il livello del 2020 (e come abbiamo visto dalle azioni più recenti della BCE e dal grafico qui sopra, non è certo sola). E qui arriva il colpo di scena, perché quest'anno le iniezioni di liquidità non saranno limitate al QE. Infatti gli acquisti di titoli da parte della banca centrale americana tramite il QE non sono l'unico modo in cui la liquidità può entrare nei mercati: negli Stati Uniti il Tesoro può aumentare la liquidità attingendo al suo saldo di cassa detenuto presso la Federal Reserve (noto come TGA o Conto Generale del Tesoro). Dal punto di vista della liquidità l'emissione del debito da parte del Tesoro USA e la successiva spesa non incide sulla liquidità netta, almeno non in linea generale: quando il Tesoro USA emette debito, le riserve del sistema bancario scendono; quando spende i soldi, le riserve del sistema bancario aumentano.

Tuttavia il 2020 è stato unico, in quanto il Tesoro USA ha emesso molti debiti senza spendere i soldi, accumulando oltre $1.600 miliardi.

Nel 2021 il Conto Generale del Tesoro subirà una maggiore volatilità a causa della scadenza del tetto del debito, ma inizialmente si tradurrà in una iniezione consistente di liquidità. La scadenza del tetto del debito è il 1° agosto 2021. In questa data, il Tesoro degli Stati Uniti non sarà in grado di emettere alcun debito aggiuntivo oltre a quanto necessario per coprire gli obblighi esistenti.

Tuttavia ciò di cui pochi sono a conoscenza, è che esiste una clausola che vieta al TGA di superare i livelli prima della scadenza del tetto del debito. Ciò significa che, in base al tetto del debito del 2019, la liquidità del Tesoro USA dovrà essere di $200 miliardi entro il 1° agosto 2021. Di conseguenza ci saranno pagamenti di bond sovrani a raffica nel 2021 affinché il Tesoro USA possa ridurre il proprio saldo di cassa. Con la liquidità del TGA a circa $1.600 miliardi, significa che il Tesoro degli Stati Uniti sbloccherà $1.400 miliardi di liquidità nei prossimi 8 mesi, più che raddoppiando quella proveniente dalla FED nello stesso periodo di tempo ($120 miliardi x 8 mesi).

Ma con gli interventi del sistema bancario centrale non è importante ciò che "si vede", bensì ciò che "non si vede". Si vedono migliaia di miliardi di dollari in liquidità che hanno effetti positivi sui mercati degli asset, tuttavia ciò che non si vede è ciò che sta accadendo altrove. Oltre al fatto che gli interventi delle banche centrali abbiano reso il 10% più ricco ancora più ricco, bypassando il 90% più povero, l'effetto più insidioso è stata l'ascesa delle società "zombi". Queste società sopravvivono solo grazie alla soppressione dei tassi d'interesse e alla creazione di un clima di investimento speculativo per l'emissione di obbligazioni. Mentre gli "zombi" spuntano fuori in numeri da record, il costo invisibile per l'economia passa inosservato. Queste società prendono in prestito capitale dagli investitori per nutrire un ospite "morente" e privano le nuove imprese del capitale, delle risorse economiche e delle opportunità necessarie per emergere. Inutile dire che mantenere in vita aziende morenti più a lungo di quanto la "distruzione creativa" consentirebbe naturalmente, soffoca la crescita economica.

Negli ultimi 40 anni, in particolar modo, s'è messo il turbo alle politiche monetarie e fiscali keynesiane credendo fideisticamente che il modello funzionasse e la maggior parte della crescita economica aggregata è stata finanziata dalla spesa in deficit, dall'espansione del credito e dalla riduzione dei risparmi. A sua volta, la riduzione degli investimenti produttivi nell'economia ha portato ad un rallentamento della produzione. Il conseguente rallentamento dell'economia ed il calo dei salari ha costretto il consumatore a ricorrere sempre più al credito, il che ha anche ridotto i risparmi. Inutile dire che i consumatori si sono ritrovati a dirottare una parte maggiore del loro reddito per il servizio del debito. Un silenzioso calo della prosperità economica ha serpeggiato negli ultimi 40 anni in particolare, alimentato dalle stesse figure che si sono fatte avanti per porvi rimedio.

Infatti la maggior parte dei programmi di spesa pubblica non è altro che ridistribuzione delle risorse economiche senza alcun criterio di mercato e non è un caso che i modelli economici mainstream ignorano la ridotta produttività che segue uno spostamento delle risorse da player potenzialmente produttivi a player che molto probabilmente le sprecheranno. La sciocca visione keynesiana secondo cui "più soldi nelle tasche delle persone stimolerà la spesa dei consumatori e la crescita economica" non solo s'è dimostrata sbagliata, ma addirittura distruttiva.

E questa è stata una lezione appresa dal Giappone. Dal 1980 ad oggi l'economia giapponese ha mantenuto un tasso di crescita medio di appena lo 0,43%. nel corso del tempo ha fatto spesso ricorso al QE e sin dall'ultima crisi finanziaria ha avviato un massiccio programma di "quantitative easing" che è più di 3 volte più grande di quello degli Stati Uniti. Mentre i mercati azionari hanno ottenuto buoni risultati con gli interventi della BOJ, la prosperità di Main Street è più o meno uguale a quella dell'inizio di questo secolo. Inoltre nonostante il bilancio della BOJ consumi l'80% dei mercati degli ETF, per non parlare di una fetta considerevole del mercato del debito pubblico e societario, il Giappone rimane afflitto da recessioni periodiche e sempre più ravvicinate nel tempo.

Perché è importante il Giappone? Perché oltre ad essere il paziente 0 del QE, è soprattutto un modello della conseguente fragilità della crescita economica. L'ingegneria finanziaria non aiuta un'economia, la danneggia. Se davvero fosse un aiuto, dopo le enormi dosi di liquidità, l'economia giapponese sprizzerebbe forza da tutti i pori. Invece accade l'opposto.


DALLA NIPPONIZZAZIONE ALL'ARGENTINIZZAZIONE

Ma con lo stimolo keynesiano visto come l'unico mezzo affinché gli stati possano finanziare i loro deficit, non c'è scampo. In realtà basterebbe semplicemente ricorrere all'aritmetica per capire che più si stampa, più si svaluta e più bisogna stampare di nuovo. Aggiungete il fattore della distruzione di ricchezza e les jeux sont faits. Gli Stati Uniti stanno già seguendo questa rotta monetaria, anche se pochissimi osservatori se ne rendono conto. Le criptovalute, i mercati azionari, i metalli e le materie prime stanno tutti salendo di prezzo, una condizione che può verificarsi solo come risultato della svalutazione monetaria. È la prova che, coloro che possono farlo, stanno già scaricando dollari per asset finanziari, il che solleva la questione dell'effetto sul potere d'acquisto del dollaro alla prossima dose di inflazione monetaria. Dato il modo in cui è costruito, le misure ufficiali dell'inflazione non rispecchieranno pienamente gli aumenti dei prezzi.

Per certi aspetti, il dollaro si trova nella stessa posizione della corona islandese nel 2007. Due anni prima il deficit commerciale dell'Islanda era salito fino al 20% del PIL e le agenzie di rating iniziarono a cambiare le loro valutazioni in negativo. Quando poi arrivò la Grande Recessione la fiducia economica nell'Islanda svanì completamente e le banche, tentando di preservare i propri bilanci, si affrettarono verso le uscite. Le tre principali banche islandesi avevano una leva spropositata, avendo asset circa dieci volte il PIL islandese. Anche se i loro bilanci erano denominati in corone, erano fortemente dipendenti da finanziamenti n valute estere; la loro scomparsa fece crollare le banche e la valuta islandese. Oggi sebbene i finanziamenti statunitensi siano denominati in dollari, da quando gli USA hanno iniziato a fare affidamento su deficit commerciali coperti da investimenti esteri in entrata, come l'Islanda prima della crisi del 2008, sono diventati dipendenti dagli investimenti esteri.

Oltre a questa fragilità di fondo per il dollaro, le attuali condizioni economiche si stanno aggiungendo ai problemi del settore bancario commerciale. Se le iniezioni di liquidità della FED nel mercato dei pronti contro termine nel settembre 2019 non avessero salvato le banche da un'imminente crisi di liquidità, una crisi bancaria sarebbe stata praticamente una certezza. Ma da allora la situazione è notevolmente peggiorata, costringendo la FED ad espandere drasticamente il proprio bilancio per creare riserve bancarie aggiuntive. Inoltre il deficit di bilancio per il 2020 è stato stimato a $3.300 miliardi, circa il 17% del PIL. Altre grandi valute affrontano problemi simili a causa della rapida escalation dei deficit di bilancio.

E questo trend è equivalente ad un treno in corsa i cui freni sono rotti e ha di fronte un ponte fatiscente. Infatti ricordiamo cosa afferma la relazione di qualche anno fa della Social Security Administration: "Entro il 2033 le tasse raccolte saranno sufficienti per pagare solo il 75% circa dei benefici di welfare programmati". Questa data è stata rivista di recente. Ogni bilancio statale è composto da spesa obbligatoria e spesa discrezionale; inutile dire che la fetta della torta fiscale di quest'ultimo tipo di spesa si riduce sempre di più (es. qui le cifre per gli USA). In sostanza, i pagamenti del welfare sono la spada di Damocle sulle teste degli stati, l'ultimo pilastro su cui si fonda la loro fonte restante di controllo. Il sistema attuale non è solo finanziariamente insostenibile, è anche uno schema Ponzi in cui coloro che pagano, persone in età lavorativa, sostengono coloro che raccolgono i pagamenti in un ciclo senza fine. Sebbene possa essere pubblicizzato come un fondo pensionistico pubblico, coloro che versano oggi non potranno mai utilizzare i soldi che sono stati tenuti a pagare.

Dato questo background già marcescente, dobbiamo aggiungerci che il sistema bancario commerciale tirerà in barca i remi del credito, le società zombi necessitanti finanziamenti si ritroveranno a corto di supporto vitale, la produzione reale e le supply chain sono state devastate dalle politiche governative in risposta alla crisi sanitaria, lo tsunami di liquidità sul sistema finanziario ha creato una situazione di disconnessione con Main Street e ha legato le valute fiat a doppio filo con gli asset finanziari, il proverbiale "helicopter money" su Main Street creerà un aumento significativo dei prezzi al consumo. Come scritto in tempi non sospetti il gioco a cui stiamo giocando è "Inflate or die".


CONCLUSIONE

L'efficacia della politica monetaria ha i suoi limiti: per quanto creare denaro dal nulla possa sembrare inizialmente una cosa buona, in realtà non porta prosperità. L'inflazione dei prezzi sta iniziando a bussare alle nostre porte, sebbene finora sia stato mascherato dall'inflazione dei prezzi degli asset. Nonostante un forte calo del PIL e un tasso di disoccupazione superiore a quello prima dell'inizio della crisi, gli indici azionari non sembrano affatto aver accusato il colo. Questo mostra anche chi trae profitto dalla risposta economica alla crisi: chi possiede un patrimonio, cioè chi è già ricco. Le classi medie e inferiori, nel frattempo, perdono terreno, perché le loro attività vengono chiuse o bloccate. Pertanto i pianificatori monetari centrali continuano ad aumentare la disuguaglianza economica nella "lotta contro il virus".

Nell'ultimo decennio è stata necessaria un'enorme quantità di interventi da parte delle banche centrali per mantenere a galla le economie a livello globale e vi sono prove a iosa che la crescita economica è in stallo. Siamo in piena nipponizzazione:

• un calo del risparmio che impoverisce gli investimenti produttivi;

• una fascia demografica che invecchia e che dipende sempre più dal welfare state;

• un'economia fortemente indebitata;

• un gruppo demografico più giovane sottoccupato;

• rallentamento dei tassi di crescita economica interna;

• produzione industriale debole.

Il fulcro resta la demografia ed i tassi d'interesse. Man mano che l'invecchiamento della popolazione crescerà, diventando un freno netto al "risparmio", la dipendenza dal welfare state continuerà ad espandersi. Non solo, ma dall'ultimo report del CBO apprendiamo tre cose importanti:

  1. Il deficit di bilancio salirà a $2.300 miliardi nell'anno fiscale 2021 e ammonterà a $12.300 miliardi nel prossimo decennio.
  2. Il debito USA raggiungerà un nuovo record crescendo da oltre il 79% del PIL alla fine dell'anno fiscale 2019 a oltre il 102% entro la fine del 2021 e crescerà di altri $13.600 miliardi entro la fine del 2031 fino a raggiungere i $35.000 miliardi.
  3. La vera chicca: quattro dei principali fondi fiduciari sono insolventi. Il CBO proietta l'insolvenza del Fondo fiduciario autostradale nell'anno fiscale 2022, l'insolvenza del Fondo fiduciario assicurativo ospedaliero (Medicare) nell'anno fiscale 2026, l'insolvenza del Fondo fiduciario per la previdenza sociale nell'anno solare 2032 e l'insolvenza del Fondo fiduciario per l'assicurazione contro l'invalidità nel 2035.

Il tutto presumendo che niente vada storto nel frattempo. Un pio desiderio se consideriamo la trappola "Inflate or die" in cui sono finite le varie banche centrali del mondo e la dipendenza massiccia generata da un sistema pensionistico destinato al fallimento. E questa è solo la punta dell'iceberg.

No, non vi è alcuna ragione teorica per pensare che la produzione reale possa essere sostituita con denaro fasullo.

No, non c'è nessun esempio nella storia in cui la stampa di denaro si sia dimostrata efficace nel creare una crescita economica e una prosperità reali.

No, non c'è modo di fermare la stampa di denaro; le famiglie, le imprese ed i governi ora fanno affidamento su di essa.

No, non esiste un modo indolore per tornare a tassi d'interesse e politiche fiscali/monetarie normali.

No, non c'è motivo plausibile per pensare che questa storia non finirà in un disastro economico/sociale, proprio come ogni altro episodio di stampa di denaro nella storia.

Deficit e debiti attuali saranno sulle spalle delle generazioni future, anche perché l'impoverimento è causato da un virus, no? Infatti il mantra economico attuale è "come avremmo fatto senza banche centrali ad intervenire con vagonate di soldi?". In questo modo si bypassa alla grande il fatto che le chiusure e tutte le altre misure non farmaceutiche sono state inutili. La stampa di denaro è servita a salvare/sostenere i soliti noti, mentre le conseguenze se le becca il resto della popolazione. Meglio ancora se indossa la mordacchia, china il capo di fronte alla povertà eruttante e ringrazia per il tozzo di pane che riesce a racimolare.


3 commenti:

  1. Gran parte del merito per aver mantenuto i prezzi al consumo relativamente bassi negli ultimi 30 anni non va ai banchieri centrali, ma ai cinesi. Sono stati loro che hanno impedito ai beni di consumo di salire più rapidamente. Da quando nel 1979 Deng liberalizzò il settore agricolo, la Cina ha aggiunto centinaia di milioni di lavoratori con salari molto bassi all'offerta di lavoratori mondiali. Questi, insieme ad infrastrutture più efficienti, migliori competenze tecniche e un clima imprenditoriale più rilassato, hanno portato una forte concorrenza sui prezzi dei mercati globali.

    Ma senza libero mercato si tratta solo di una parentesi una tantum. Infatti la Cina ha già prosciugato le campagne della sua manodopera a basso costo. I salari stanno aumentando ed i cinesi stanno invecchiando, passando inevitabilmente dalla produzione ai beni al consumo. Questa "inversione" sta contribuendo a far salire i prezzi in Occidente, soprattutto negli indici ufficiali (soppressi), sta forzando i tassi d'interesse reali più in alto e sta portando ad una crisi che Jerome Powell e Christine Lagarde non possono gestire o controllare.

    Il tutto, non scordiamocelo, mentre le supply chain mondiali sono devastate sulla scia dei lockdown e, non ultima grana, dal caos nel canale di Suez..

    RispondiElimina
  2. Questo tipo di mentalità è la stessa su cui ha fatto leva nell'ultimo anno la narrativa terroristica dei media. Nonostante fosse palese che le varie norme che si sono susseguite fossero indirizzate a sterminare particolari attività economiche, ci si rivolge ancora ai propri assassini per ottenere clemenza. Ci si rivolge allo stato paternalista, il "benevolent dictator", affinché mantenga viva le illusioni che hanno imperato sin al 2020. Questa gente, infatti, non sta chiedendo sussidi, in realtà, si rifiuta di credere di aver investito la propria vita e le proprie scelte su una menzogna. Sorpresa! Siete stati fregati!

    È un grave errore credere che sia lo stato a "liberare" le persone dalla povertà. Se questo fosse vero, l'Unione Sovietica sarebbe stata uno dei Paesi più ricchi del mondo. Sono sempre gli imprenditori che creano ricchezza, cercando di soddisfare i bisogni dei loro simili in modo migliore rispetto ai loro concorrenti. È proprio questa iniziativa privata che crea ricchezza e che porterebbe anche l'economia ad uscire rapidamente dalla recessione. Stampare denaro non crea nuova ricchezza, perché non aumenta la capacità produttiva dell'economia. Allo stesso modo in cui l'aggiunta di uno zero ai conti bancari non aggiunge una virgola alla ricchezza della società. Infatti il Recovery fund sarà l'ennesimo strumento per ridistribuire la ricchezza a favore dello stato e ai clientes ad esso collegati, il tutto a scapito della società.

    Il periodo che stiamo vivendo è fondamentale: la popolazione si divide tra chi ha aperto gli occhi e chi si rifiuta di aprirli. Dio abbia pietà di questi ultimi.

    RispondiElimina
  3. Visto che l'articolo si occupa anche di Argentina, ecco che arriva puntuale l'ennesimo default del Paese: Argentina Can’t Repay IMF $45 Billion, Vice President Says

    RispondiElimina