Bibliografia

venerdì 12 marzo 2021

Evadere dal controllo centralizzato di passato, presente e futuro

 

 

di Francesco Simoncelli

Chi controlla il presente, controlla il passato. E chi controlla il passato e il presente, influenza il futuro. Diciamo che ho voluto parafrasare George Orwell, poiché lui in 1984 ha usato per tutti e tre il verbo "controllare". Grande romanziere, incredibilmente lungimirante, ma una cosa lo accomuna a tutti gli esseri umani, anche quelli presumibilmente più intelligenti: non onnisciente. Cos'ha lasciato indietro? Il problema del calcolo economico e l'impossibilità di una società pianificata centralmente di prosperare lungo linee economiche sostenibili. Qualsiasi società distopica, o dittatura, deve infine affrontare il problema onnipresente della scarsità e in assenza di un sistema di segnali di mercato genuino è impossibile che essa sopravviva alla prova del tempo e dell'azione umana.

Al giorno d'oggi presente e passato vengono strenuamente controllati dalle autorità centrali nel tentativo di far sopravvivere un sistema di privilegi e clientes che ha permesso a coloro che risiedono all'apice di sfruttare una massima sempreverde dell'umanità: vivere al massimo col minimo sforzo. Il problema è il futuro, infatti, visto che nonostante la quantità di controllo riversata sulla società esso continua a riservare sorprese. Al che possiamo riformulare la frase iniziale di questo articolo: le sorprese del futuro scardinano il controllo sul presente e sul passato. Bitcoin, ad esempio, attraverso il cambiamento di paradigma che ha introdotto a livello informatico e crittografico, ha anche stimolato gli individui a riscoprire una letteratura economica che era stata soverchiata dalla plausibilità convincente del mondo accademico accreditato. Inutile dire che questi schemi sono saltati e Bitcoin è stata la scintilla. Satoshi Nakamoto è/era un/a profondo/a conoscitore della prasseologia e nella stesura del white paper si denota subito l'imprinting della Scuola Austriaca nel suo modo di pensare. Ma come Bitcoin ci sono anche altri eventi imprevedibili che stanno gettando profonde ombre sull'attuale assetto economico/finanziario della società.

Tutti stanno creando una frattura sempre più visibile: ciò che viene raccontato dai media e ciò che gli individui vedono. Il bipensiero, infatti, permea ogni aspetto dei media mainstream e lo stridore di questo modo di "ragionare" diventa più assordante ad ogni fallimento della pianificazione monetaria centrale. Di conseguenza gli individui sono inevitabilmente spinti a ricercare soluzioni a problemi fortemente percepiti, come quello dell'inflazione dei prezzi ad esempio, ma negati dalle autorità. Il risultato è un fare affidamento su una spiegazione chiara e semplice degli eventi che essi osservano con i loro occhi, ma che vengono dissuasi dall'accettare dalla gilda accademica e dai media. Ma questi ultimi, imbarazzati per la loro posizione contraddittoria, denigrano le tesi che spiegano piuttosto che scusarsi per il loro colpevole comportamento. Anzi, di più, rincarano la dose affermando che adesso viviamo nel migliore dei mondi possibili e che quanto abbiamo sotto i nostri occhi è stata la naturale evoluzione della società. Nessuna forzatura, nessuna violenza, nessun furto. Tutto è stato fatto secondo le regole e continua ad essere fatto secondo le regole... nonostante le aberrazioni del passato che mandano in cortocircuito quanto affermato dagli stessi accademici/costruttivisti.

Come fare quindi per scardinare questa spirale distruttiva? Date le sorprese del futuro, dobbiamo riscoprire il presente e il passato.


CONTROLLO SUL PRESENTE

Per capire come si estende il controllo sul presente da parte dei pianificatori monetari centrali, è necessario rivedere questo video del 2018 quando Draghi venne interrogato sul Bitcoin. La parte fondamentale è quando inizia a parlare di come l'euro sia sostenuto dal sistema bancario centrale, quindi degno di fiducia. Non spiega perché gli attori di mercato debbano dare fiducia a questa istituzione affinché possano stare sicuri che la merce più commerciata sia sempre onesta e affidabile. Se gli uomini dentro uno scantinato che stampano nuovi fogli di carta per fregare il prossimo non sono degni di fiducia, perché dovrebbero esserlo alcuni che domiciliano dentro un palazzo abbellito da fronzoli e titoli ufficiali ma che essenzialmente svolgono lo stesso esercizio?

Una delle difficoltà che devono affrontare i critici del sistema bancario centrale è che gli economisti accademici sono favorevoli a tale assetto. Per capirne il motivo, dobbiamo pensare ai cartelli.

  1. Tutti i sistemi bancari moderni si basano su licenze e regolamenti statali.
  2. Tutti i sistemi di autorizzazione e regolamentazione creano barriere all'ingresso.
  3. Tutte le barriere all'ingresso create dallo stato creano cartelli.
  4. Tutte le banche centrali sono agenti esecutivi del cartello bancario nazionale.

Nessun capitolo in tutti i libri di testo introduttivi all'economia e pubblicati da un editore mainstream parla del sistema bancario centrale come un cartello. Il capitolo sul sistema bancario centrale è tenuto lontano da quello riguardante i cartelli. Tutte le scuole di economia offrono più o meno la stessa critica ai cartelli, proprio perché il capitolo sui cartelli in qualsiasi libro di testo introduttivo all'economia dice che i cartelli sono fondamentalmente gruppi organizzati di produttori che utilizzano l'intervento dello stato per tenere i produttori più efficienti fuori dal mercato. Queste associazioni si oppongono alla riduzione dei prezzi da parte delle singole imprese e cercano di creare accordi all'interno del settore per tenerle fuori. Tutte le scuole di economia considerano un cartello qualcosa di contrario agli interessi dei consumatori. I cartelli promuovono azioni per limitare il commercio.

Il capitolo standard sui cartelli li identifica come monopoli, dove un singolo venditore (un gruppo di essi in questo caso) trae un vantaggio economico limitando la produzione, consentendogli in tal modo di chiedere un prezzo superiore a quello che chiederebbe se vendesse tutto ciò che potrebbe produrre. Gli economisti riconoscono che pochi monopoli, se non nessuno, possono esistere senza l'intervento statale. Il cartello poi scrive gli standard legali, in modo da escludere i nuovi concorrenti. I libri di testo universitari, quindi, offrono un resoconto dettagliato di come il cartello cerca l'intervento dello stato per frenare il commercio e limitare di conseguenza l'ingresso nel mercato. Addirittura suddetti libri incoraggiano lo studente a riflettere sulle implicazioni che ha un cartello quando cerca di erigere barriere all'ingresso: una ricerca egoistica di maggiori profitti a scapito della scelta dei consumatori.

Nessuna di queste analisi viene applicata al sistema bancario centrale. Qualsiasi libro di testo che ne descriva il funzionamento come un cartello, con un'analisi economica dettagliata per fornire risposte chiare a tre domande "chi vince? chi perde? come?", non verrebbe affatto pubblicato. Gli accademici non accetterebbero una presentazione basata sugli insegnamenti della Scuola Austriaca. In breve, il sistema bancario centrale gode di un pasto gratis da parte delle principali scuole di economia: keynesiani, monetaristi, teorici della public choice, teorici delle aspettative razionali e marxisti. Le eccezioni sono gli Austriaci. Non ce ne sono molti membri che insegnano nei dipartimenti di economia e non ci sono libri di testo Austriaci pubblicati da nessun grande editore di libri di testo universitari o per le superiori.

Attenzione, il sistema bancario centrale non è l'unico cartello che ha la protezione degli economisti accademici, ce n'è anche un altro: l'istruzione universitaria. Queste due eccezioni possono essere spiegate così: non è nell'interesse personale degli economisti salariati che insegnano all'interno del cartello educativo applicare il funzionamento dei cartelli ai loro datori di lavoro. Detto in modo più semplice: "Non mordere la mano che ti nutre". La BCE, ad esempio, è intoccabile all'interno del mondo accademico, ciononostante è bombardata di critiche al di fuori del mondo accademico. Le crisi ed i vari salvataggi che si sono susseguiti dopo il 2010 hanno inviato un messaggio che finalmente ha penetrato le barriere informative imposte cartello accademico: "Il sistema bancario è truccato per favorire le banche più grandi". Questo è stato vero sin dal 1914.

La BCE, così come tutte le altre banche centrali, gode ancora di pasti gratis all'interno del mondo accademico, ma non su Internet. Il QE gli si ritorcerà contro. Non esiste una strategia di uscita permanente, a parte la Grande Depressione 2, e quando quest'ultima arriverà, prima o dopo un'inflazione di massa, il controllo sul presente nei ranghi del mondo accademico, con i loro fondi pensionistici esauriti, terminerà definitivamente.


CONTROLLO SUL PASSATO: L'EVOLUZIONE DEL SISTEMA BANCARIO

Vedere scardinato il controllo sul presente non è sufficiente. Rimane il passato e se vogliamo è molto più importante rimuovere il controllo su di esso piuttosto che sul presente. Perché? Precedenti storici. Se una tesi è basata su premesse sbagliate o distorte, anche le conclusioni, per quanto possa essere corretto il ragionamento, saranno sbagliate. Il settore bancario non è nato come un'istituzione al soldo dello stato per "gestire" l'offerta di moneta, ma è stato il prodotto di mercanti che cercavano di realizzare un profitto. Chiamiamo "banca" qualsiasi organizzazione che accetta depositi, concede in prestito una frazione di tali depositi ed intasca profitti dal proprio portafoglio di asset meno i pagamenti ai depositanti. Come è nata l'attività bancaria? Molte (se non la maggior parte) delle attività che conosciamo come banche raggiunsero la loro forma matura nelle città-stato italiane durante il Rinascimento. Per capire meglio il processo di maturazione, immaginiamo un mercante che si ritrova molte monete d'oro e d'argento che ha acquisito grazie alla sua attività commerciale. Ne ha acquisite così tante che è troppo complicato tenerle tutte: sono costose da immagazzinare e c'è sempre il rischio che qualcuno tenti di rubarle. Allora cosa fa? Una soluzione era depositarle presso l'orafo locale. Gli orafi lavoravano i metalli preziosi e a volte immagazzinavano anche oro e argento (minerali e monete) per conto di altri. Per una piccola tassa di deposito, il mercante poteva lasciare le sue monete e ritirarle a suo piacimento. L'orafo avrebbe dato al mercante una ricevuta di deposito, o qualche altro documento che denotasse l'importo depositato, e il mercante poi lo avrebbe presentato per ritirare le sue monete quando ne aveva bisogno.

Alla fine gli orafi si resero conto che i mercanti non venivano molto spesso a ritirare le loro monete d'oro e d'argento, le quali potevano rimanere immobili per molto tempo. Gli orafi, sempre attenti alle opportunità di guadagno, ampliarono le loro operazioni: iniziarono a prestare l'oro e l'argento che prendevano in deposito. Naturalmente avrebbero addebitato interessi ai mutuatari per il privilegio di utilizzare il capitale di qualcun altro e questo era chiaramente un bene per i mutuatari: avevano accesso a fondi che in precedenza erano stati loro negati. L'orafo diventava un intermediario finanziario, cioè un banchiere: prendeva in prestito depositi dai mercanti e li prestava ad altri mercanti. È importante sottolineare che questo processo non era segreto, i depositanti sapevano cosa stava succedendo: i depositanti non pagavano per il deposito (essendo compensati con l'interesse del prestito), i mutuatari che avevano progetti imprenditoriali potevano accedere ai fondi che non possedevano di loro e la "banca" guadagnava dall'interesse sui prestiti.

Con l'ascesa del settore bancario, la circolazione di oro/argento iniziò a cedere il passo alle passività bancarie: le persone spesso portavano note di banco denominate in oro o argento, rimborsabili da una banca specifica. Fintanto che la banca era affidabile, conservava riserve precauzionali sufficienti per soddisfare le richieste di rimborso e non utilizzava i depositi per finanziare investimenti eccessivamente rischiosi. Insomma, le passività bancarie erano trattate come gli asset che rappresentavano ed erano molto più facili da trasportare e commerciare. Se c'erano più banche in una data area commerciale, c'erano più tipi di passività bancarie. Una nota di banco rimborsabile in oro della Banca X poteva non essere la stessa cosa di una nota di banco rimborsabile dalla Banca Y, anche se avevano lo stesso valore nominale. Tutto dipendeva dalla solidità, dall'affidabilità e dalla rispettabilità della determinata banca.

Questo, però, poteva presentare un potenziale problema informativo: in che modo i mercanti valutavano la solidità relativa delle passività delle banche? Inoltre quando le banche acquisivano reciprocamente le passività durante le normali operazioni commerciali, come regolavano i conti tra di loro? Entrò in scena, quindi, una delle istituzioni più importanti del sistema bancario: la stanza di compensazione.

In origine le banche mandavano i loro agenti per saldare le proprie passività. Ad esempio, i rappresentanti della Banca X e della Banca Y si riunivano ad intervalli regolari e regolavano i conti. Se la Banca X avesse avuto più banconote della Banca Y di quante quest'ultima ne avesse della prima, allora la Banca Y avrebbe cancellato la differenza trasferendo oro o argento. Tuttavia questo processo bilaterale era poco pratico se in un'area specifica c'erano una manciata di banche e le passività bancarie venivano da altrove (es. grandi centri urbani). Tale processo sarebbe costato non solo in termini di denaro, ma soprattutto di tempo. Le banche giunsero presto ad un processo di compensazione multilaterale: i rappresentanti si sarebbero incontrati in un luogo specifico in un momento specifico e avrebbero regolato le reciproche passività tutte in una volta. Questo nuovo meccanismo era così efficace che venne regolarizzato: l'accordo di compensazione multilaterale divenne permanente, diventando l'istituzione nota come stanza di compensazione. È utile ricordare che questa evoluzione emerse spontaneamente dal mercato, non ci fu nessuno dall'alto che "organizzò" una simile struttura.

Alla fine le stanze di compensazione si ritrovarono a svolgere una serie di funzioni incredibilmente utili, oltre alla semplice compensazione delle passività: crearono standard di qualità volontari (es. coefficienti patrimoniali minimi) e resero l'adesione a tali standard un requisito per diventare e rimanere un membro della stanza di compensazione; monitoravano le "banconote" e tenevano d'occhio i falsi; in tempi finanziariamente precari facilitavano prestiti di emergenza da banche con liquidità in eccesso a banche che avevano bisogno di liquidità; occasionalmente creavano anche proprie passività, di solito durante crisi finanziarie, e le utilizzavano per aumentare la capitalizzazione del sistema bancario fino a quando le operazioni non sarebbero tornate alla normalità.

L'evoluzione del settore bancario e delle istituzioni ad esso collegato ha spesso portato ad un sistema efficiente per allocare il capitale ai suoi usi di maggior valore, alimentando quindi la crescita economica. Infatti finché le banche (e le organizzazioni correlate) erano soggette alle leggi generali sulla proprietà, i contratti e gli illeciti, il sistema bancario disponeva di tutte le infrastrutture legali necessarie. Ulteriori regolamenti statutari non solo non erano necessari, ma erano dannosi. È un mito che le banche e la finanza in generale se lasciate a sé stesse abbiano come risultato un eccesso di "turbo-capitalismo" che oscilla tra boom insostenibili e bust dolorosi. Questi ultimi, invece, sono sempre stati il risultato di troppe interferenze statali, non troppo poche.


CONTROLLO SUL PASSATO: DAL LIBERO MERCATO AL CARTELLO

L'evoluzione del sistema bancario, come fin qui descritta, è "ideale-tipica", tuttavia permette di comprendere meglio i meccanismi teorici alla base. Senza contare che ci sono anche prove storiche a supporto. La cosa importante da capire è che questa evoluzione è avvenuta spontaneamente, basata fondamentalmente sulle necessità degli attori di mercato i quali per soddisfarle si sono impegnati in azioni il cui risultato "ottimale" è stato proprio quanto descritto nella sezione precedente. I cosiddetti "sistemi bancari liberi", accordi in cui non esistevano restrizioni legali speciali all'attività bancaria, sono nati dalla volontà decentrata e distribuita di migliorare efficienza/tempo di strutture esistenti e la storia ci ha dimostrato che hanno funzionato bene. È la mano pesante dello stato che non possiamo permetterci di ignorare se si vuole capire il denaro e l'attività bancaria. Oggi esistono numerose restrizioni legali su denaro, banche e finanza, e sebbene siano promulgate per risolvere i "fallimenti del mercato", in realtà esistono a causa di vincoli politici, non economici. Essi comportano una supervisione e una regolamentazione continua da parte di dipartimenti e agenzie statali e tra queste organizzazioni, una è l'origine di tutti i problemi economici: il sistema bancario centrale.

Ma da dove vengono le banche centrali? Dal punto di vista storico le banche centrali hanno avuto origini piuttosto sgradevoli, visto che ogni volta che gli stati sono intervenuti negli affari monetari, le loro motivazioni erano sempre fiscali: aumentare le entrate, non migliorare il funzionamento dei sistemi. Nell'antichità lo stato monopolizzava la zecca e svalutava il conio; più di recente, invece, lo stato ha creato una banca con privilegi speciali (es. corso legale, restrizioni arbitrarie sulla concorrenza, ecc.) per ottenere prestiti a tassi favorevoli. In cambio lo stato ha limitato la concorrenza per la banca privilegiata, promulgando svantaggi legali contro altre banche. L'istituzione della Banca d'Inghilterra nel 1694 è l'esempio più noto. Nel corso del tempo queste banche privilegiate, costituite come società private a scopo di lucro, hanno acquisito un potere significativo sulla massa monetaria della nazione, soprattutto perché le riserve nel sistema bancario diventavano sempre più concentrate presso la banca privilegiata. A poco a poco quest'ultima ha acquisito poteri aggiuntivi che avrebbero dovuto essere esercitati per ragioni di "benessere pubblico" piuttosto che per redditività privata. Man mano che questi poteri si accumulavano, la banca privilegiata è diventata un'istituzione sempre più pubblica, fino a culminare in ciò che abbiamo ora: una vera banca centrale, il cui compito non è quello di guadagnare profitti, ma "gestire" l'offerta di moneta, nonché impegnarsi in altre attività di regolamentazione.

Menzione d'onore: la Federal Reserve. Creata nel 1913, non nacque come banca centrale, ma come formalizzazione del sistema di compensazione interbancario che esisteva sotto l'allora National Banking System (1863-1913). Il processo che avrebbe condotto a tale esito, in realtà, era già in atto dal 1791 (si veda la sezione 4 del seguente saggio). Il compito della FED non era quello di condurre la politica monetaria, invece avrebbe dovuto fornire servizi bancari e di compensazione (limitati alle banche membri del sistema bancario nazionale) al fine di correggere alcuni dei problemi di quel sistema. Questi difetti, ben noti all'epoca, si diceva fossero i responsabili delle periodiche crisi del XIX secolo.

Molti sostenitori del Federal Reserve Act negavano che la FED fosse una banca centrale, perché gli americani sapevano cosa comportasse e non gli piaceva affatto. Le banche centrali erano considerate incompatibili con uno stato minimo e il sospetto degli americani nei loro confronti è il motivo per cui la FED inizialmente aveva un mandato limitato. Non sorprende che quelle restrizioni non siano durate a lungo. Infatti una volta che gli Stati Uniti entrarono nella prima guerra mondiale, la FED iniziò a sperimentare con una politica proto-monetaria e quando la guerra finì non smise di armeggiare. Gradualmente i suoi poteri crebbero fino a diventare anch'essa una banca centrale a tutti gli effetti.

Ciononostante gli economisti mainstream hanno cercato di giustificare le banche centrali sventolando il feticcio dell'efficienza, dell'instabilità finanziaria, o addirittura definendole una naturale conseguenza dell'evoluzione del sistema bancario. Qualunque sia la ragione, si cerca di mandare avanti il proverbiale "interesse pubblico" per nascondere il realismo politico. Bel tentativo, ma non funziona: la convinzione tra gli economisti di oggi che l'era del sistema bancario centrale sia economicamente più stabile rispetto alle epoche precedenti fa acqua da tutte le parti. Né la teoria, né la storia dimostrano che abbiamo bisogno di un sistema bancario centrale per avere prestazioni economiche "ottimali".


“CONTROLLO” SUL FUTURO: ILLUSIONISMO

Inutile sottolinearlo, ormai, una fonte di perturbazione economica proviene dall'espansione del credito bancario, che si traduce sempre in un ciclo economico. Il giurista romano Ulpiano disse che "il prestito è una cosa e il deposito è un'altra", mentre oggi tale distinzione è praticamente ignorata a favore dell'appropriazione indebita: riserva frazionaria (rapporto tra le passività di bilancio e il capitale proprio di una banca), sancita nel Bank Charter Act del 1844 su cui si basano le pratiche bancarie odierne. Infatti sono le variazioni del credito scoperto che rappresentano l'innesco del ciclo del credito e successivamente di quello economico. Quando le condizioni dell'economia più ampia sembrano in buono stato, anche i banchieri desiderano trarvi vantaggio aumentando la loro attività di prestito. Non impiegano il proprio capitale, ma quello dei propri depositanti, e gli eventuali disallineamenti vengono smorzati attraverso i mercati interbancari. Il credito artificiale porta nel tempo ad aumenti del livello generale dei prezzi e tassi d'interesse più elevati perché i progetti imprenditoriali intrapresi iniziano a mostrare la loro natura improduttiva. I banchieri iniziano a preoccuparsi della sicurezza dei loro prestiti, quindi smettono di allentare i cordoni del credito su cui le aziende facevano affidamento per il loro flusso di cassa, determinando un crollo nell'economia.

Questa descrizione di come fluisce il credito bancario è volutamente semplicistica, ma rende l'idea di come la stretta creditizia finisce per distruggere le attività zombi. Le banche centrali tentano quindi di sostenere l'economia per compensare gli effetti avversi, ponendo paletti artificiali al processo di pulizia dei mercati e impedendo al bust di discriminare tra attività redditizie e attività zombi. Incoraggiando, invece, una maggiore creazione di credito bancario, l'incentivo è quello di sopravvivere attraverso prestiti ed ingegneria finanziaria. In questo modo aumenta la platea di attività zombi e gli impulsi recessivi successivi saranno sempre più destabilizzanti man mano che la quantità di debito aumenta.

La crescita economica, infatti, è stagnante non per l'eccesso di risparmio, ma per l'eccesso di debito, il quale zombifica l'economia sovvenzionando quei settori a bassa produttività e altamente indebitati e penalizza l'alta produttività con tasse crescenti. Le famiglie e le imprese sono più caute nelle decisioni d'investimento e di spesa perché percepiscono che la realtà di ogni giorno non corrisponde al costo e alla quantità di denaro. È del tutto errato pensare che le famiglie e le imprese non investano o non spendano, spendono solo meno di quanto vorrebbero i pianificatori monetari centrali. Inutile dirlo questo non è un "errore" da parte del settore privato, bensì è il benchmark dei pianificatori monetari centrali essere sbagliato visto che utilizzano il periodo 2001-2007 come riferimento per investimenti e domanda di credito invece di considerarlo per ciò che era, ovvero, una bolla.

In sostanza, la repressione finanziaria delle banche centrali si basa una diagnosi errata che presuppone che la crescita bassa e l'inflazione al di sotto del loro target siano un problema di domanda, non degli eccessi precedenti, e non fa altro che perpetuarli. Questo tipo di policy può essere difesa solo da persone che non hanno mai investito o creato un lavoro, perché nessuno che ha rapporti con l'economia reale può credere che la repressione finanziaria porterà gli attori di mercato a strafogarsi di credito a buon mercato e ciò a sua volta rafforzerà l'economia. La ZIRP e la NIRP sono un enorme trasferimento di ricchezza dai risparmiatori allo stato e agli indebitati, la distruzione della percezione del rischio ed il salvataggio di coloro inefficienti.


CONCLUSIONE

Solo ripercorrendo il passato ed il presente del sistema bancario centrale siamo in grado di vedere oltre la cortina fumogena del mondo accademico ed essere consapevoli del futuro economico all'orizzonte. Soprattutto si diventa consapevoli del fatto che non può esistere controllo centralizzato su di esso. Perché? Perché l'escalation di interventismo messo in piedi dal sistema bancario centrale sin dal 2009, in particolare, rappresenta l'inevitabile conclusione del tentativo maldestro di pianificazione centrale della società. Infatti portare i tassi d'interesse allo "zero bound" in un'economia con $81.000 miliardi tra debiti pubblici e privati come quella degli USA, ​​non fa assolutamente nulla per Main Street. Questo perché il picco del debito e la speculazione dilagante hanno sostanzialmente intasato il canale di trasmissione tradizionale della politica monetaria verso Main Street, per cui storicamente si riteneva che ne sarebbe derivato un aumento degli investimenti immobiliari e del CapEx delle imprese.

Non più ormai. Il credito a buon mercato della FED non lascia quasi mai i canyon di Wall Street, dove premia i carry trade e gli speculatori a leva. E fa anche sì che le grandi aziende diventino maniacalmente ossessionate dall'usare l'ingegneria finanziaria (es. stock buyback, fusioni/acquisizioni, LBO, ecc.) che ne soppiantano la resilienza finanziaria. Quando i fallimenti aziendali saliranno a livelli senza precedenti, mentre l'economia vacilla a causa della follia dei piallati mentali per il virus, la loro fragilità finanziaria diventerà cristallina. Ma bisogna anche ricordare che anche se i banchieri centrali hanno favorito una massiccia esplosione del debito delle imprese dopo la crisi finanziaria del 2008, ciò non si è tradotto affatto in una crescita degli investimenti produttivi.

In altre parole, contrariamente alle voci come quelle di Williams sulla fantomatica crescita economica, il mondo si sta essenzialmente auto-fagocitando, poiché consuma le risorse aziendali esistenti nella produzione annuale ad un ritmo più veloce di quanto non le sostituisce con nuovi investimenti. Se Powell non alzerà l'asticella dell'interventismo, andando a controllare direttamente la curva dei rendimenti, la FED scoprirà molto presto cosa significa aver abbracciato la MMT. Il gioco a cui stanno giocando è sempre stato uno: "Inflate or die".


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