Jurassic Park è un grande film che di recente ho rivisto con i miei figli e, con mia grande sorpresa, non si sono minimamente spaventati di fronte alle scene un po' più cruente.
La storia viene dalla mente del compianto Michael Crichton e contiene meravigliosi temi sull'imprevedibilità, l'arroganza, le conseguenze non intenzionali ed i pericoli della pianificazione centrale. Non ho carpito questi temi finché non ho letto il libro di Crichton l'anno scorso.
Come accade spesso, il romanzo è superiore al film. Crichton, si vede subito, non era solo un meraviglioso narratore, possedeva anche una straordinaria mente scientifica.
La scienza dietro le storie di Crichton
Sebbene non abbia mai praticato la medicina, Crichton ha frequentato la Harvard Medical School, laureandosi nel 1969. Al suo terzo anno, dopo aver pubblicato diversi romanzi con lo pseudonimo di John Lange, decise di voler scrivere a tempo pieno. Ma l'università non fu uno spreco di tempo, perché molti dei suoi tecno-thriller, tra cui Jurassic Park, contengono elementi di biotecnologia che ha appreso senza dubbio durante gli studi ad Harvard.
Crichton, che è morto di linfoma nel 2008, è stato prima di tutto un narratore, ma c'è un tema che attraversa gran parte del suo lavoro creativo: gli umani, come il Dr. Frankenstein, lotteranno per controllare i miracoli (ed i mostri) che creano.
Naturalmente chiunque abbia visto Jurassic Park ha familiarità con questo tema, che è rappresentato in modo memorabile dalle battute del Dr. Ian Malcolm (Jeff Goldblum).
"La mancanza di umiltà mi fa vacillare", dice Malcolm, dopo aver intravisto il mondo giurassico creato da John Hammond. "Non vedi il pericolo, John, insito in quello che stai facendo qui? Il potere genetico è la forza più incredibile che il mondo abbia mai visto, ma lo maneggi come un bambino che ha trovato la pistola di suo padre".
La "pistola di suo padre" è una metafora che non compare nel romanzo di Crichton (immagino che l'abbia pensata David Koepp, il quale ha co-scritto la sceneggiatura con Crichton), ma l'avvertimento di Malcolm a Hammond sull'intromissione in qualcosa che non capisce è abbastanza chiaro.
Per quanto il Malcolm di Goldblum sia grande, è meno interessante dell'Ian Malcolm nel romanzo. Guardando il film, è facile vedere Ian Malcolm come un ambientalista preoccupato da Hammond che sconvolge il delicato ecosistema del pianeta.
"Cosa c'è di così eccezionale nella scoperta? È un atto violento e penetrante che affonda gli artigli in ciò che esplora. Quella che tu chiami scoperta, io la chiamo stupro del mondo naturale", dice Malcolm.
Questa, francamente, è una versione hollywoodiana di Ian Malcolm. Sebbene implichi che la scoperta sia un atto penetrante, rifiuta con forza l'idea che gli esseri umani possano danneggiare il pianeta in qualsiasi modo significativo. Di fatto è John Hammond a preoccuparsi della capacità degli umani di danneggiare il nostro mondo e Malcolm lo disprezza per questo.
Distruggere il mondo
Leggete il seguente scambio che si svolge dopo che Hammond esprime sollievo conscio del fatto che "il disastro è scongiurato", perché i dinosauri non saranno in grado di fuggire dall'isola.
"Che disastro è?" disse Malcolm sospirando.
"Beh", disse Hammond, "non sono riusciti a liberarsi e invadere il mondo".
Malcolm si alzò facendo leva sui gomiti. "Eri preoccupato per questo?"
"Sicuramente è quello che sarebbe accaduto", disse Hammond. "Questi animali, privi di predatori, potrebbero distruggere il pianeta".
"Sei un idiota egocentrico," disse Malcolm con rabbia. "Hai idea di cosa stai parlando? Pensi di poter distruggere il pianeta? Mio dio, hai davvero un concetto contorto di potere". Malcolm si lasciò ricadere sul letto. "Non puoi distruggere questo pianeta, non puoi neanche avvicinarti a fare una cosa del genere."
"La maggior parte della gente crede," disse Hammond rigidamente, "che il pianeta sia in pericolo".
"Beh, non lo è," disse Malcolm.
Hammond risponde che "tutti gli esperti concordano sul fatto che il nostro pianeta sia nei guai". È qui che vediamo cosa Malcolm (e probabilmente Crichton) pensa di "tutti gli esperti" che dicono che la Terra è in pericolo a causa degli umani.
Malcolm sospirò. "Lascia che ti parli del nostro pianeta" disse. "Il nostro pianeta ha quattro miliardi e mezzo di anni, e la vita è presente su questo pianeta da tre virgola otto miliardi di anni. Dapprima i primi batteri e, in seguito, i primi animali pluricellulari, quindi le prime creature complesse nel mare e sulla terra. Poi le grandi epoche di animali: gli anfibi, i dinosauri, i mammiferi, ognuna delle quali è durata milioni e milioni di anni.
Le grandi dinastie di creature nascono, prosperano, si estinguono. Tutto ciò avviene in un contesto di continuo e violento sconvolgimento, catene montuose sollevate ed erose, impatti di comete, eruzioni vulcaniche, oceani che si alzano e si abbassano, interi continenti si muovono... Un cambiamento senza fine, costante e violento... Ancora oggi il più grande tratto geografico del pianeta proviene da due grandi continenti che si scontrano lungo la catena montuosa dell'Himalaya. Il pianeta è sopravvissuto a tutto. Di certo sopravviverà anche a noi".
Hammond, l'arrogante pianificatore, rifiuta di ricredersi. E se ci fosse una perdita di radiazioni, chiese?
"Supponiamo davvero che avessimo a che fare con una cosa del genere", disse Malcolm. "Diciamo che tutte le piante e gli animali muoiono e la Terra diventa rovente per centomila anni. La vita sopravvivrebbe da qualche parte: sotto il suolo, o forse congelata nei ghiacciai artici. Quando il pianeta smetterà di essere inospitale, la vita si diffonderà ancora una volta. Il processo evolutivo ricomincerebbe da capo. Potrebbe richiedere qualche miliardo di anni affinché la vita riacquisti la sua varietà attuale e, naturalmente, sarebbe molto diversa da quella che è ora, ma la Terra sopravviverebbe alla nostra follia, la vita sopravviverebbe alla nostra follia".
"Solo noi", disse Malcolm, "pensiamo che non sia così."
Hammond, poco convinto, inizia a parlare dello strato di ozono in regressione.
"Bene, ma se lo strato di ozono diventa più sottile ci saranno più radiazioni ultraviolette che raggiungeranno la superficie. Causerà il cancro alla pelle".
Malcolm scosse la testa. "La radiazione ultravioletta fa bene alla vita, è energia potente, promuove mutazioni, cambiamenti, molte forme di vita prosperano con più radiazioni UV".
"E molti altre moriranno", disse Hammond.
Malcolm sospirò. "Pensi che sia la prima volta che succede una cosa del genere? Non sai dell'ossigeno?"
"So che è necessario alla vita."
"Lo è adesso," disse Malcolm. "Ma l'ossigeno è in realtà un veleno metabolico, è un gas corrosivo, come il fluoro, che viene utilizzato per incidere il vetro. E quando l'ossigeno è stato inizialmente prodotto come materiale di scarto da alcune cellule vegetali (diciamo circa tre miliardi di anni fa) ha creato un crisi per tutte le altre forme di vita sul nostro pianeta: quelle cellule vegetali stavano inquinando l'ambiente con un veleno mortale, stavano espirando un gas letale aumentandone la concentrazione nell'aria. Un pianeta come Venere ha meno dell'1% di ossigeno. Sulla Terra la concentrazione di ossigeno salì rapidamente: cinque, dieci, infine al ventuno per cento! La Terra aveva un'atmosfera di puro veleno! Incompatibile con la vita!"
Hammond, irritato, gli dà ragione, ma non capisce cosa Malcolm sta cercando di mostrargli.
"Allora qual è il tuo punto? Verranno incorporati anche gli inquinanti moderni?"
"No", disse Malcolm. "Il mio punto è che la vita sulla Terra può prendersi cura di sé stessa: nel pensiero di un essere umano, un centinaio di anni è un tempo lungo: cent'anni fa non avevamo automobili, aeroplani, computer e vaccini... Era un mondo completamente diverso, ma per la Terra un centinaio di anni non sono niente, un milione di anni non sono niente. Questo pianeta vive e respira su una scala molto più vasta, non possiamo immaginare i suoi ritmi lenti e potenti, e noi abbiamo l'umiltà di provarci. Abbiamo vissuto qui per un battito di ciglia, se domani ce ne andremo, la Terra non sentirà la nostra mancanza".
"E potremmo benissimo andarcene", disse Hammond sbuffando.
"Sì", disse Malcolm. "Potremmo".
Malcolm sta dicendo che il concetto stesso di "distruggere il pianeta" è al tempo stesso assurdo e arrogante. Possiamo rovinarlo con una cattiva amministrazione e renderlo un posto meno bello e meno ospitale? Ovviamente, ma questa è una cosa diversa.
"Allora cosa stai dicendo? Non dovremmo preoccuparci per l'ambiente?"
"No, certo che no".
"Allora cosa?"
Malcolm tossì e fissò lontano. "Cerchiamo di essere chiari, il pianeta non è in pericolo, noi siamo in pericolo. Non abbiamo il potere di distruggere il pianeta o di salvarlo, ma potremmo avere il potere di salvarci".
La lezione
Lo scambio tra Hammond e Malcolm è divertente, ma il suo messaggio finale non mi è stato chiaro immediatamente. Riflettendoci ora, penso sia molto più che chiaro: Malcolm sta dicendo che gli umani non hanno il potere di distruggere il pianeta, è il fatto che pensiamo di poterlo fare che rappresenta il vero pericolo.
Malcolm, nonostante tutta la sua arguzia, è piuttosto umile. A differenza di Hammond, non ha alcun desiderio di piegare la natura alla sua volontà o alle illusioni di grandezza. Come disse F.A. Hayek: "Il curioso compito dell'economia è dimostrare agli uomini quanto poco sanno veramente di ciò che immaginano di poter pianificare".
Gli umani, sta dicendo, si agitano sul palcoscenico nel loro momento fugace di gloria, dopodiché nessuno sentirà più parlare di loro. Mette l'uomo nel suo giusto posto nell'universo.
L'umiltà non è facile per gli umani. Siamo costruttori di Babele per natura e il XX secolo ne ha mostrato i costi.
È una lezione che Ian Malcolm ha appreso, ma John Hammond no. Ed è una lezione che tutti faremmo bene a ricordare oggi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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