Un numero crescente di economisti prevede che l'attuale boom economico finirà nel 2019. Quando arriverà la recessione, gli economisti chiederanno di più o di meno la stessa cosa che hanno chiesto finora? Vale a dire, una spesa pubblica infinita?
Dopo tutto, sulla scia della crisi finanziaria del 2008, la maggior parte degli economisti ci ha detto che il problema era che il settore privato non spendeva e non investiva abbastanza. Quindi, ci è stato detto, lo stato deve intervenire e compensare la differenza con la spesa in deficit e quindi riportare in carreggiata le "risorse inutilizzate", come i beni capitali e il lavoro.
Ma per cosa dovrebbe spendere lo stato? A quanto pare per qualsiasi cosa.
Questa non è un'esagerazione. Ad esempio, l'economista di Berkeley, Brad DeLong, nel 2009 diceva: "A questo punto, tutto ciò che possa aumentare il deficit del governo nei prossimi due anni supererà il test dei costi/benefici, qualsiasi cosa".
Tale pensiero rivela uno dei difetti fatali dell'economia mainstream: l'idea che l'intera economia sia un unico grande blob omogeneo. Come disse Friedrich Hayek: "Gli aggregati di Keynes nascondono i meccanismi di cambiamento più fondamentali".
Il problema dei malinvestment
Durante il boom immobiliare 2002-2007, quantità significative di capitale e lavoro sono state organizzate in luoghi, combinazioni e usi molto specifici in più fasi della produzione, in modo da produrre più case e soddisfare le richieste dei consumatori. Ciò significava che più lavoratori edili erano impiegati nella costruzione di case nelle comunità in crescita e più broker ipotecari e banchieri d'investimento finanziavano il boom. Significava anche più input come legno, chiodi, cemento e vetro diretti verso l'edilizia; cosa che a sua volta richiedeva più lavorazione del legname, produzione di acciaio e così via.
Quando è scoppiata la bolla immobiliare, milioni di questi lavoratori sono diventati disoccupati e anche parti significative delle strutture di produzione che sono state ampliate per sostenere la bolla sono diventate inattive. Lo scoppio della bolla ha poi provocato un effetto a catena che ha permeato altri settori dell'economia, creando ancora più risorse disoccupate.
Affinché l'economia si riprenda, è necessaria un'importante riallocazione di questi lavoratori inattivi e risorse. I lavoratori inattivi ed i beni capitali dovevano essere rimodellati da quegli imprenditori pronti e disposti ad impiegarli nel tentativo di soddisfare le mutevoli richieste dei consumatori.
Ma questo processo non è breve né facile. I lavoratori disoccupati hanno competenze ed esperienze specifiche e molti potrebbero aver bisogno di una formazione per acquisire nuove competenze e soddisfare il mercato del lavoro in evoluzione. Alcuni potrebbero non essere disposti a trasferirsi per cogliere nuove opportunità. Come dovrebbe un muratore licenziato trovare lavoro in un mercato che richiede grafici e programmatori?
Allo stesso modo, i beni capitali non più utilizzati hanno usi specifici e spesso necessitano di beni complementari specifici per svolgere il loro ruolo nel processo di produzione. Alcuni di loro potrebbero finire per essere liquidati perché nessun imprenditore ne ha bisogno. Ad esempio, potrebbero esserci troppi bulldozer e betoniere per l'industria delle costruzioni post-bolla, ora ovviamente di dimensioni ridotte.
Recessione: un processo di ridistribuzione delle risorse investite male
Questo processo di rimpasto spiega la forza e la durata di una recessione.
Gli economisti ed i politici di ispirazione keynesiana, sfortunatamente, vedono il capitale inattivo e il lavoro solo nell'aggregato. I loro grandi piani di "stimolo" non implicano altro che convincere la spesa dei consumatori e gli investimenti aziendali a spendere più soldi per qualsiasi cosa, e basta.
Come ha scritto Robert Higgs: "Se qualcuno, qualunque siano le sue capacità, preferenze o posizione, è disoccupato, allora secondo questo quadro di pensiero possiamo rimetterlo al lavoro aumentando la domanda aggregata, non importa dove si spendano i soldi, che si tratti di cosmetici o computer".
Il semplice inserimento forzato di nuovo denaro nell'economia sarà inefficace, perché non tiene conto del vero motivo per cui le risorse sono inattive.
I miliardi di dollari in progetti di lavori pubblici, ad esempio, attingeranno principalmente dal lavoro e dal capitale attivamente impegnati nel settore privato e non riusciranno ad impiegare le risorse invece inattive. Supponiamo, ad esempio, che Chicago riceva milioni per costruire una nuova strada. Qualcuno può onestamente dire con certezza che la costruzione di strade impiegherà solo lavoratori e altri input inattivi nell'area di Chicago a causa del crollo del mercato immobiliare?
Banchieri e falegnami disoccupati non saranno di grande aiuto per costruire marciapiedi. Invece il progetto stradale devierà senza dubbio manodopera e macchinari già attivamente impegnati in altri progetti del settore privato. Alla fine saranno disponibili meno risorse per un uso produttivo e privato, perché sono impegnate in progetti di stimolo pubblico.
Nel frattempo la maggior parte dei lavoratori e delle attrezzature inattivi continuerà a rimanere inattiva.
Inoltre miliardi di fondi disponibili nei mercati degli investimenti di capitale saranno vincolati da progetti governativi, andando a prosciugare ulteriormente le opportunità d'investimento privato.
La spesa per incentivi statali può anche gonfiare artificialmente i prezzi delle risorse, determinandone un prezzo fuori dalla portata di quegli imprenditori che necessitano di input a basso prezzo per tirare fuori dalla recessione i loro investimenti. Le stesse risorse necessarie per generare una ripresa sana non saranno disponibili, essendo dirottate verso progetti statali.
La migliore politica è che lo stato si tolga di mezzo e consenta che la riallocazione delle risorse avvenga senza ostacoli. La spesa pubblica può solo distorcere e prolungare questo processo, producendo lungo il percorso pressioni inflazionistiche dannose sui prezzi.
La prossima volta sarà diverso?
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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