venerdì 18 dicembre 2020

L'insostenibile ignoranza del socialismo

 

 

di Francesco Simoncelli

È stato esattamente ieri, lunedì 14 dicembre, che ho drizzato le orecchie perché sta iniziando ad emergere con una certa insistenza non solo una forma mentis prona ad accettare una insinuazione crescente del sistema statale nella proprietà degli individui, ma addirittura che esso possa prenderne il controllo totale. Il discorso riguardava gli sfratti in questo periodo "difficile". Innanzitutto non si realizzava che la difficoltà del periodo è stata resa tale dal totalitarismo sanitario insieme ad una incessante crescita della burocrazia. La volontà di volere ammazzare il piccolo commercio, in particolar modo in Italia, è palese quando tutti i dati puntano ad una sola ed inequivocabile verità: i luoghi di "contagio" non sono i luoghi comuni di aggregazione. In questo contesto, quindi, diviene praticamente ovvio il motivo per cui ci sono stati e ci sono lockdown generalizzati e la spasmodica necessità di controllo da parte dei pianificatori centrali. La transizione verso un sistema distopico e totalitario è la ragione della follia generalizzata, vista la data di scadenza raggiunta da quello attuale.

E badate bene, questo esito è stato stimolato anche dai cosiddetti "esperti" e ricercatori nel campo scientifico, i quali col loro lavoro hanno avallato tutta questa serie di scelleratezze che stanno portando miseria, sofferenza e povertà. È così che il socialismo genera il suo consenso.

Quando i modelli statistici vi rassicurano sul fatto che esiste un'inflazione dei prezzi intorno al 2%, mentre le vostre percezioni vi dicono il contrario, chi è che vuole nascondere l'operato truffaldino delle autorità? Quando i modelli statistici vi rassicurano sulla solidità del sistema bancario centrale ma avanzano qualche timida critica nei confronti di chi le guida, chi è che vuole nascondere la natura predatrice delle autorità? L'ancella prediletta dello status quo è proprio la figura dello scienziato che fa ricerca, celebrandone il ruolo quando è allineato e relegandolo nelle tenebre quando non lo è. Non conta più la validità e il ragionamento alla base della ricerca, ma il modo attraverso il quale torturare i dati a disposizione fino a fargli dire ciò che si vuole. Quindi ecco che un Friedman viene ascoltato quando propone obbrobri come il sostituto d'imposta o una crescita dell'offerta di moneta tra il 3-5%, mentre su qualsiasi altro argomento concernente una maggiore libertà dal punto di vista sociale e commerciale viene ignorato.

Allo status quo, al sistema statale e al sistema bancario centrale, serve un trampolino di lancio. Una giustificazione accademica agli occhi della popolazione affinché possa dire di aver ottenuto l'approvazione "scientifica". Sin dai tempi di Keynes va avanti questa pratica. Non importa quanto siano assurde le ipotesi di partenza, o se i dati inseriti sono irreali, l'importante è la conclusione che vada a giustificare un interventismo continuo all'interno dell'ambiente di mercato. Senza la povertà diffusa il socialismo non ottiene consensi, ma questa è allo stesso tempo la sua spada di Damocle visto che una povertà diffusa significa meno ricchezza reale da predare. È l'apodittismo delle leggi economiche nella sua forma più visibile.

E da qui ne consegue una maggiore necessità di controllo. Alla luce di questo background, non sorprende se osserviamo affermazioni come quelle del Papa riguardo la proprietà privata.


IL TALLONE D'ACHILLE DEL SOCIALISMO: IL CALCOLO ECONOMICO

La critica migliore e più specifica che è stata mossa al socialismo proviene dalla mente di Ludwig von Mises quando mise su carta Economic Calculation in the Socialist Commonwealth. In quel saggio del 1920 espresse l'inevitabile fine che avrebbero fatte tutte quelle economie strizzanti l'occhio ad un tale sistema. L'impossibilità di un calcolo economico in accordo con i desideri degli individui e la negazione della scarsità sono i principali temi affrontati. Nonostante la masnada di giovani russi mandati negli Stati Uniti a studiare affinché, una volta tornati in patria, avrebbero potuto trovare il modo di mimare la borsa americana ed i relativi successi, nonostante "intellettuali" occidentali del calibro di Paul Samuelson sostenessero la presunta superiorità di economie socialiste su quelle libere, alla fine è arrivato il 1991 e con esso la caduta sotto gli occhi di tutti dei sogni di gloria socialisti.

Judy Shelton nel 1984 fu la prima a farsi venire qualche dubbio, ma il merito per questa "previsione" venne giustamente dato a Mises sulle pagine del New Yorker da parte di Richard Heilbroner. Tanti bei calcoli matematici, statistiche e modelli tutti finiti nella pattumiera della storia, il loro regno ideale quando si ha a che fare con la macroeconomia. Sia ben chiaro, non che questo strumento sia inutile, ma quando lo si sostituisce al ragionamento logico-deduttivo l'inganno e le distorsioni sono sempre dietro l'angolo. Come disse George Canning, posso provare tutto con la statistica, tranne la verità.

Per forza di cose l'essere umano deve essere ridotto ad una macchietta, con i bisogni dati o relegati esclusivamente alla sfera biologica. Per la filosofia marxista e attualmente per la teoria economica mainstream, gli individui sono solo dei robot in cui in base a degli input (biologici, chimici, psicologici) si muovono per massimizzare l'output. Non si pongono due domande fondamentali: come e perché? Il mezzo, o i mezzi, attraverso i quali soddisfare le proprie necessità e bisogni (ovvero, tornare ad uno stato di quiete temporaneo prima di passare al successivo stato di irrequietezza/insoddisfazione) sono scarsi mentre i desideri degli esseri umani sono infiniti, e ciò per forza di cose presuppone una scelta ponderata in base allo scopo e al bacino di possibilità. Su quest'ultimo aspetto, è importante ricordare che alcune devono essere lasciate indietro. Quali? Non esiste modello matematico o teoria sociale che possa rispondere a questa domanda, ma solo il riconoscimento che esiste e bisogna subordinare eventuali autorità a questa decisione.

Altrimenti? Altrimenti a cascata si vanno a perturbare le dinamiche di mercato che spingono gli individui verso questa o quell'altra preferenza. Tale perturbazione ha un costo, perché significa imposizione di un corso determinato da un gruppo ristretto di individui che, facendo affidamento sulla teoria secondo cui gli individui hanno da soddisfare esclusivamente bisogni biologici, sono ciechi di fronte all'implicazione che ha il tempo nel lungo termine. Questo a sua volta introduce forzatamente un'obsolescenza tecnologica e produttiva che si sedimenta su un gruppo ristretto di attori di mercato, facendo in modo che sopravvivano a tutti i costi ed erigendo barriere all'ingresso.

Inevitabilmente questo porta alla sovrapproduzione di alcune merci e alla sottoproduzione di altre, portando troppo spesso a carestie diffuse: nell'Unione Sovietica dal 1921-22 e 1946-1947, in Ucraina (1932-1934), Cina (1958-1962), Cambogia (1979), Etiopia (1983-1985) e in Corea del Nord (1995-1999). L'Unione Sovietica ha dimostrato, ad esempio, che non è possibile pianificare a livello centrale il grano. Per produrlo tutto ciò di cui si ha bisogno è un buon terreno, pioggia e sole; poi basta mettere i semi nel terreno e aspettare. Il grano è un prodotto semplice e ha un ciclo prevedibile di un anno. Eppure i sovietici fallirono in modo talmente eclatante che milioni di persone morirono di malnutrizione.

Ma nel momento in cui sono di fronte all'illogicità delle loro tesi, i socialisti scartano tutti questi ragionamento come "non scientifici". Proviamo quindi a percorrere un semplice esempio, proprio quello del grano.


GRANO, PANE E PIETRE

Immaginiamo un libero mercato e in un certo momento nel tempo lo stato impone un prezzo minimo al grano, stando quindi pronto a comprare tutte le eccedenze per sostenere tale assetto. Per gli agricoltori è letteralmente una manna dal cielo, perché questo significa non dover più contrastare l'incertezza del mercato e festeggiano per i prezzi più alti che possono chiedere. Infatti questo "stimolo" spinge gli agricoltori ad aumentare la produzione per guadagnare di più, a fronte, però, di una domanda che rimane pressoché costante. Di conseguenza all'aumentare dell'offerta il prezzo percepito dagli attori di mercato che acquistano diminuisce, poiché al margine la loro necessità di grano era ed è soddisfatta con una produzione minore. Allo stesso tempo, i costi di produzione del grano aumentano visto che se ne vuole creare di più e il prezzo effettivo deve per forza di cose salire.

Più risorse scarse vengono impiegate per coltivare e grano e più attori di mercato vengono attirati in questo mercato visto il prezzo minimo impostato dallo stato. Data questa capacità maggiorata lo stato ricompra le eccedenze per stabilizzare il prezzo al minimo impostato, ma il quesito sorge spontanea: come fa a comprarle? Ovviamente imponendo più tasse. Non è necessario scomodare Laffer qui per intuire che qualsiasi tassa rappresenta uno strumento distruttivo a livello di ricchezza reale. Infatti imporre nuove tasse significa ampliare la capacità dell'apparato statale di riscuoterle e a sua volta ciò significa un'espansione della burocrazia: più regolamenti, più norme, più non discrezionalità.

Gli accademici sventolano il feticcio del moltiplicatore keynesiano, ma dimenticano che esistono gli incentivi economici e lo "stimolo" attraverso questo artificio accademico presuppone una distruzione (raccolta tasse) per finanziare una serie di attività scelte arbitrariamente da un gruppo ristretto di individui che si suppone sappiano meglio degli altri. Quest'ultimo aspetto è quello che Hayek definiva "pretesa di sapere", visto che chi interviene nell'economia di mercato lo fa con l'arrogante presupposto di essere a conoscenza di cose che altri non sanno. In realtà, è impossibile che una cosa del genere possa essere vera data l'imprevedibilità degli individui alla prova del tempo e dei loro desideri infiniti scanditi da una priorità ordinale.

Ora abbiamo, quindi, un prezzo del grano che tende a salire e una popolazione che viene tassata progressivamente per mantenere in piedi il prezzo minimo (senza contare l'effetto crowding out su altre industrie che vedono sottrarsi risorse scarse). Un problema che subito dovrebbe saltare agli occhi, visto che parliamo di socialisti, è quello dei poveri: sono loro i primi a soffrire delle politiche interventiste dello stato, nonostante sia in nome loro che spesso e volentieri vengono promosse. Inutile dire che esiste un programma per ridistribuire il reddito: tassare i ricchi. E cosa significa a sua volta questo? Più tasse, più barriere, più regolamenti. Non solo, ma dovendo le persone spendere di più per il grano e avendo meno a causa delle tasse, non possono comprare altri beni e servizi come sarebbe accaduto altrimenti (ceteris paribus) se non ci fosse stato alcun interventismo centrale. Le industrie legate a tali beni e servizi ne soffrono e a loro volta chiedono un intervento per i loro beni specifici, generando un nuovo ciclo di interventi come quello elaborato finora.

Inutile dire che questo esempio semplificato al massimo tiene conto delle principali distorsioni all'interno dell'ambiente di mercato, visto che ce ne sarebbero così tante e talmente impreviste che è impossibile prenderle in considerazione tutte quante. L'approccio Austriaco, infatti, è predittivo nei mercati ostacolati proprio perché espone la criticità ineluttabile che ha questa strategia d'azione. Si finisce inevitabilmente in una spirale di interventi per sostenere quello iniziale, facendo collassare su sé stessa la struttura della produzione. La misallocation dei beni capitali finisce per far emergere una crisi (senza contare che qui non abbiamo preso per niente in considerazione l'effetto del credito facile).

Mises concluse correttamente che non esiste alcun paradiso socialista perché alla fine i costi insostenibili, e che gli interventisti ignorano (presupponendo arrogantemente che il loro intervento è giustificato), si accumulano a tal punto da richiedere una correzione. Per l'URSS arrivò nel 1989 e infine nel 1991. I sogni marxisti di un'economia pianificata centralmente si infransero contro un muro di mattoni. Ciò è altrettanto vero per le economie "miste" al giorno d'oggi, dove un grado maggiore di libertà permette al bacino dei risparmi reali di avere meno pressioni. Ciononostante gli eventi sotto i nostri occhi ci suggeriscono che tale realtà è cambiata e la spasmodica ricerca del controllo da parte dei pianificatori centrali è un segno evidente del fine corsa.

Non solo per l'economia nel suo complesso che è stata gravata da una mole indescrivibile di errori economici da correggere, ma anche per la professione economica dove uno stuolo di accademici non ha fatto altro che starsene zitta o suggerire giustificazioni su giustificazioni ad una classe dirigente corrotta e intenzionata a mantenere in piedi questo teatro Kabuki a tutti i costi. Cari lettori, sta venendo chiamata in causa la teoria keynesiana dello stimolo della domanda e la teoria monetarista del denaro. I limiti di questi due approcci sono ormai evidenti, perché avallando il gigantesco aumento dell'offerta di denaro delle varie banche centrali più importanti del mondo si sono messi nella stessa posizione degli intellettuali marxisti nel 1991: diventeranno lo zimbello della professione economica.

La loro affermazione che le banche centrali possono trasformare le pietre in pane gli si sta rivoltando contro. Il credito facile abbassa artificialmente i costi dei mutui, ma rialza i prezzi delle abitazioni. Il credito facile semplifica l'accesso al credito, ma distrugge il bacino dei risparmi. Il credito facile salva alcune imprese, ma permette loro di assorbire e sprecare risorse scarse.


IL MIRACOLO CINESE?

Le argomentazioni fin qui esposte non valgono solo per l'Occidente, ma anche per l'Oriente dove l'economia keynesiana sotto steroidi per eccellenza è quella cinese. Non pensate affatto che le cifre miracolose sventolate dal governo cinese siano la formula magica socialista verso il paradiso. Tutt'altro... Leggiamo infatti quello che ci dice Daniel Lacalle:

[...] In un recente studio ("A Forensic Examination of China's National Accounts" [2019]) gli autori hanno concluso che il PIL cinese è stato ingigantito di circa il 2% all'anno tra il 2008 e il 2016, dimostrando che il PIL reale della Cina è probabilmente il 18% inferiore alla cifra ufficiale. Il PIL cinese non viene mai rivisto e il dato di dicembre è valido senza che nessuno avanzi qualche dubbio. Questo è un fattore importante che le autorità cinesi hanno cercato di correggere con maggiore trasparenza e aggiustamenti da parte dell'NBS (National Bureau of Statistics). Il problema è che le province hanno accelerato la corsa nel tentativo di fornire cifre spettacolari e l'entità delle correzioni dell'ufficio nazionale non compensa queste "esagerazioni".

Un altro problema è che le revisioni annuali calcolano la crescita ma non vengono riviste in base alla cifra del PIL. La base di calcolo è ridotta. Ad esempio, secondo la società di consulenza indipendente China Beige Book, la formazione di capitale lordo per il terzo trimestre del 2019 è stata rivista al ribasso di ¥2.300 miliardi. Con il calo della cifra nel 2019, la crescita sugli stessi dati per il 2020 sembra spettacolare. La stessa revisione è stata fatta con il dato delle vendite al dettaglio: quelli di agosto 2019 sono stati rivisti al ribasso di ¥50 miliardi e il dato di crescita per il 2020 sembra miracoloso. Tuttavia una revisione di tale profondità nel calcolo di base dei dati per il 2019 non ha generato una revisione al ribasso del PIL per quell'anno.

Questi problemi metodologici si aggiungono all'indagine utilizzata per il calcolo. Il governo cinese utilizza un elenco di società che generano un importo minimo di entrate. Tale elenco cresce e si restringe creando problemi di omogeneità a cui l'NBS cerca di adeguarsi.

Chi ci vede il futuro nella Cina, non ha ben chiaro cosa rappresenta in realtà l'economia cinese.


COME RENDERE DAVVERO INVIOLABILE LA PROPRIETÀ PRIVATA

A dimostrazione che l'essere umano non è un automa che reagisce meccanicisticamente agli stimoli esterni, e invece ha scopi, abbiamo sotto gli occhi la miglior prova empirica di ciò: Bitcoin. Esso infatti rappresenta uno degli strumenti migliori nel contesto attuale per emanciparsi dal furto operato attraverso l'inflazione del sistema bancario centrale e la riserva frazionaria del sistema bancario commerciale. Non solo, ma rappresenta altresì una piattaforma di sviluppo su cui imbastire il futuro dei rapporti sociali complessi. La potenza di calcolo, la crittografia, la rete P2P sono le caratteristiche principali di un mezzo attraverso il quale preservare privacy e proprietà privata.

Un ambiente in cui i soggetti al suo interno cooperano e danno vita ad un ordine spontaneo come teorizzato da Menger in Principi di Economia, fondatore della Scuola Austriaca e della relativa epistemologia. Ma c'è chi si azzarda addirittura a dire che Bitcoin è "la vittoria del socialismo perché promuove la libertà secondo canoni marxisti". Prestate attenzione a questa gente, perché vi sta mentendo. Innanzitutto Bitcoin è un sistema che fa della decentralizzazione il suo cavallo di battaglia, basti pensare, oltre alla rete P2P, anche alla validazione delle transazioni (autorizzate correttamente) da parte dei nodi. Non solo, ma accostare libertà a marxismo è un ossimoro: lo stesso Marx nel suo Manifesto affermava che sarebbe dovuta esistere una banca nazionale con un monopolio sia sul credito che sull'emissione del denaro.

E se la moneta cattiva scaccia la moneta buona (Legge di Gresham), il capitale cattivo distrugge il capitale buono (Legge di Simoncelli). Il capitale è ciò che rappresenta ricchezza reale. Sono i risultati di ieri: risparmio, fabbriche, negozi, macchine, autostrade, conoscenze, competenze, infrastrutture, depositi, ecc. Il capitale è ciò che rende ricco un Paese e un altro povero; e il capitale è ciò che i geni nel sistema bancario centrale stanno ora distruggendo per mantenere in piedi un'illusione di stabilità. La disconnessione tra i mercati finanziari ed i fondamentali economici rappresentati da Main Street è talmente ampia da aver generato benessere per una piccola cerchia di investitori mentre ha spostato il peso delle perdite e del dolore economico sul resto della società. Ma i primi non sono esenti da correzioni, perché sta esplodendo la quantità di asset a rendimento negativo. Praticamente si sta spingendo questa situazione fino al suo inevitabile punto di rottura.

I rischi di inversione, infatti, sono anche rappresentati dalla scelta di rifugiarsi in un asset che permetta agli individui non solo di condurre i propri affari in accordo con i loro scopi, ma anche di essere sicuri di conservarne la proprietà nel tempo. Cosa ci può essere di più stabile a questo mondo di un sistema che garantisca in ogni momento la sicurezza del proprio titolo di proprietà su un determinato bene?


8 commenti:

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    1. L'oro è ovviamente uno strumento buono di diversificazione, soprattutto nel contesto storico/monetario attuale. Il problema che abbiamo di fronte adesso è un'intrusione totalitaria da parte dello stato nelle vite degli individui, i quali non hanno mezzi fisici per difendere ciò che è loro di diritto. Purtroppo l'oro è censurabile da questo punto di vista e, soprattutto, non può essere una piattaforma mediante la quale costruire nuovi servizi. Bitcoin sbatte in faccia alle persone la cruda realtà: se qualcuno dovesse muovere al posto vostro la coppia di chiavi che detenete legittimamente, vista derubando. Tutti i partecipanti alla rete P2P lo vedono. Se qualcuno inserisce nella blockchain di Bitcoin informazioni false, il timestamp associato e l'immutabilità della catena lo inchioda. Senza considerare poi implementazione di smart contract atte ad automatizzare servizi burocratici che oggi non solo rappresentano un ingrossamento della spesa pubblica, ma inutile burocrazia a fini clientelari.

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  2. Grazie Francesco per questo bellissimo articolo e per i video che hai pubblicato o ai quali hai partecipato in questa settimana.
    A volte le discussioni degenerano in talk-show urlati, soprattutto se si toccano argomenti importanti in modo logico e pacato; insomma chi tocca le banche centrali deve essere zittito dall'ignoranza di chi sfoggia il marcio dell'accademia.
    I titoli sono una cosa, la Realtà è un'altra.
    Grazie per il tuo lavoro, per la tua resistenza, per la pacatezza, per la calma e per quanto divulghi con chiarezza e costanza da molti anni.
    I modelli matematici, che spesso includono approssimazioni e ipotesi assurde, nella maggior parte dei casi non portano a risultati accettabili nella Realtà ma, pieni di apparente eleganza, gonfiano l'ego di chi li scrive e permettono di entrare nel Club delle Illusioni, un mondo pieno di falsi miti in cui la regola principale è "facciamo finta che le cose funzionino così perché così ci è congeniale".
    Un esempio, per me clamoroso, della fallacia dei modelli in economia è l'equazione di Black, Scholes e Merton: la modellizzazione è piena di grossolane approssimazioni, indispensabili per poter semplificare il modello e permettere una matematica di livello accettabile.
    Equazione fantastica, migliore di tutti gli altri modelli al punto tale che permise ai 3 di vincere il Nobel nel 1997.
    Hanno battuto tutti gli altri ma l'equazione non è affidabile, chi ci si affida ciecamente potrebbe finire molto male; dopo il Nobel, Merton e altri crearono un fondo di investimento ma fallirono miseramente e in poco tempo.
    Per carità, l'equazione è indicativa, dà un buon aiuto soprattutto nei prezzi delle opzioni at the market e limitrofe ma per le deep out è disastrosa, proprio a causa della modellizzazione che si basa sull'ipotesi di Markov secondo la quale la distribuzione delle variazioni del prezzo di un bene nel tempo sia log-normale; non considerando le fat tails della curva si produce un modello molto addomesticato matematicamente ma .... che porta alla distruzione del proprio capitale investito (provare per credere? forse è meglio di no....).
    Black, Scholes e Merton vinsero il Nobel, figuriamoci quale possa essere il livello di approssimazione e di fallacia di quei sedicenti scienziati che hanno modellizzato cose perfettamente inutili e che poi si permettono di criticare la rocciosa logica con la quale la Scuola Austriaca ha sempre operato.
    Insomma: aver scritto un teorema di periferia sconosciuto a tutti e usato non so da chi non fa di te uno scienziato, nemmeno se poi ti vanti al Club del Tennis di essere un fisico quando invece ti occupi di modellizzazioni economiche che usano la fisica come esempio (isomorfismi interdisciplinari).
    Un fisico? beh, no: ho avuto la fortuna di conoscere personalmente scienziati veri, inclusi alcuni appartenenti all'Accademia dei Lincei o all'Accademia dei XL, e il livello era decisamente diverso.

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    1. Grazie Merlin per il suo feedback. Ho apprezzato molto il suo commento, non solo per la comprensione e la stima veicolate, ma soprattutto per lo stimolo alla riflessione. Mi lasci dire che quando mi trovo di fronte a questi stimoli, riemerge quell'entusiasmo con cui è stato aperto questo blog e grazie al quale riesco a portare avanti il mio lavoro. È per tutti quei lettori come lei se questo blog è ancora in attività.

      Il suo commento mi ha riportato alla memoria una conferenza stampa del 2011 a cui parteciparono i premi Nobel Sims e Sargent. Alla semplice domanda "ma perché l'economia USA è in crisi?" i due rimasero in silenzio per una manciata di secondi prima di rispondere. Un silenzio a dir poco imbarazzante. Poi Uno dei due si avvicinò al microfono e disse che non era una risposta facile da dare perché avrebbero dovuto ricorrere ad uno studio sui dati per offrire una risposta. Se due economisti di quel calibro non sanno rispondere ad una domanda così semplice, sorge spontanea la domanda: ma a che serve allora il premio? Questo perché tali ricerche sono auto-referenziali e devono per forza di cose semplificare al massimo gli elementi della realtà per escluderla del tutto. Ma ciò facendo si escludono anche i motivi reali per cui accadono i fenomeni. Per carità, questo tipo di ricerca può essere anche utile a livello settoriale, ma la presunzione di elevarla a standard mascroscopico è a dir poco arrogante. La sudditanza degli economisti mainstream nei confronti delle scienze naturali è a dir poco stucchevole. La cosa davvero ironica in tutta questa storia è che si suppone che gli economisti, da esperti navigati della materia, in base alla scienza econometrica, che a quanto pare tutto può e tutto fa, dovrebbero essere le persone più ricche di questo mondo. Invece, come ha ricordato anche lei col suo esempio, si accontentano delle cattedre o quando ci provano a sfondare sul lato finanziario fanno una pessima figura.

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  3. La domanda principale, come sempre nella vita, è: Perché? Perché accade questo?
    Per affermare la propria vanità? Perché la Scuola Austriaca è ritenuta pericolosa e va attaccata con ogni mezzo (se non sbaglio anche Hitler non nutriva grosse simpatie verso l'approccio viennese)?
    Oppure perché la Scuola Austriaca rappresenta un vero e proprio vulnus nella carriera di alcune persone di sedicente area liberale, o liberista (con un numero di b a piacere, introducendo questo grado di libertà accontentiamo Benedetto Croce e Francesco Carbone contemporaneamente), uno stress intenso e continuo per coloro i quali si definiscono professionalmente fan e grandi studiosi di, per esempio, Schumpeter e Hayek, ma che poi si accaniscono contro la Scuola Austriaca negandone addirittura l'esistenza, magari con il preciso intento di inglobare nelle loro aree di appartenenza alcuni esponenti e alcuni concetti della Scuola Austriaca al fine di depauperarla arricchendo senza sforzo scuole economiche che con la Scuola Austriaca condividono solo alcune visioni e alcuni aspetti della loro disciplina e della loro didattica.
    Eppure l'esistenza della Scuola Austriaca, così come anche i contorni culturali e operativi che la definiscono e la distinguono dal resto delle altre conoscenze o ipotesi economiche, è ben diffusa, nel Web e non solo.
    Così, per evitare lo stress che l'insieme di bugie che si è costretti a raccontare sulla negazione della correttezza delle tesi Austriache, si ricorre a mezzucci, a provocazioni, a sofismi dialettici, a saltare da un argomento all'altro, a parlar sopra, a preparare adeguatamente l'arbitro magari usando la minaccia sottile, a non permettere che l'interlocutore chiarisca il suo punto di vista con il tempo e la calma necessari, a processarlo come se fosse colpevole di non si sa cosa invece di costruire con lui un dialogo per comprendere, un pezzettino in più e solo quello, dove sia la direzione verso la Verità, e, nei casi in cui quel dibattito sia pubblico, cercare di far capire anche alle persone che ascoltano e cercano di trarre insegnamenti, incrementare la loro Cultura, quella vera fatta di pensiero e non di sterile nozionismo.
    A volte capita anche di sentire che le cryptocurrencies, che nell'attuale semiregime socialista costituiscono l'ultimo baluardo della proprietà privata, siano considerate dai marxisti odierni un'espressione e un contenitore della libertà socialista.
    Davanti a tanta logica sorrido, applaudo e non commento, impaurito dal notare come il pubblico ami la rissa e consideri l'incontro uno scontro nel quale la Verità perde dopo pochi minuti e il più arrogante vince sempre.
    Buone Feste.

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    1. Davanti a tanta logica sorrido, applaudo e non commento, impaurito dal notare come il pubblico ami la rissa e consideri l'incontro uno scontro nel quale la Verità perde dopo pochi minuti e il più arrogante vince sempre.

      Un applauso a lei Merlin per aver capito appieno la mia posizione. Passando alle sue domande, la risposta, o almeno quella a cui sono giunto io, è che la Scuola Austriaca toglie lo scettro di protagonista ad una pianificazione centrale dell'economia e a tutto il clientelismo che ne consegue. In un panorama economico in cui l'obiettivo che ci si pone deve essere suffragato dai dati, la grancassa di accademici, che con le loro giustificazioni "scientifiche" avallano l'operato di un governo, rappresenta la quintessenza del potere che si auto-alimenta. Questo fatto è stato vero con Keynes, con Friedman, ecc. Prendiamo ad esempio le relazioni semestrali del DEF italiano. Le proiezioni ottimistiche a 2-3 anni nel tempo vengono aggiustate in modo ottimistico per permettere a quelle più a breve termine di giustificare misure fiscalmente sconsiderate. Se infatti si va a vedere i record storici, si noterà che nei 1-1,5 anni successivi al documento spesa pubblica, debito pubblico e deficit sono tutti destinati ad aumentare; poi, magicamente, si presuppone una crescita inverosimile del PIL che andrà a smorzare gli eccessi degli anni precedenti. Negli ultimi dieci anni, ad esempio, non è accaduto niente del genere. Nonostante ciò viene riproposto ogni volta lo stesso pattern.

      Se viene a mancare la giustificazione della modellizzazione e dell'econometria a livello macroscopico, l'apparato statale non può vendere il suo elisir di speranza. Gli individui non si preoccupano di studiare l'economia perché tanto ci sono i sedicenti "esperti" e lasciano che la marcescenza dell'interventismo centrale distrugga il capitale e le loro vite. Non avendo punti di riferimenti per accusare qualcuno, ma percependo che le cose vanno male, si rivolgono alla sola cosa che riescono a vedere davanti ai loro occhi: lo stato. È tutto così diabolicamente perfetto.

      Ma questa gente non ha fatto i conti con l'azione umana e la funzione imprenditoriale di ogni essere umano nel voler cercare nuove informazioni: Bitcoin.

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  4. Se Gresham sosteneva che la moneta migliore non può generalmente eliminare la peggiore, egli semplicemente si sbagliava, "sempre che non fosse imposto un tasso di cambio fisso".

    Ottimo articolo,
    Un saluto Gerardo.

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    1. Giusto appunto, Gerardo. E secondo me Mundell è partito proprio da qui quando ha sviluppato la sua tesi della "triade impossibile".

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