Si iniziano a leggere sui giornali diverse stime riguardo i cosiddetti "ristori" da dare a chi viene vessato. Sia chiaro, se una norma significa la morte, è sacrosanto infrangerla. I numeri si rincorrono, sebbene non sia ancora chiara la modalità cui si avrà diritto e chi ne avrà diritto. La cosa che di ora in ora diventa chiara è che dopo il Nadef si tornerà in parlamento per chiedere un nuovo sforamento sul bilancio. È bene ricordare che i prestiti Sure sono senior, quindi avranno priorità quando dovranno essere rimborsati. Stando così le cose, a ciò che si vede, pare che il governo possa mettere una toppa alla sua presunzione di conoscenza.
Cos'è che non si vede? La storia economica mostra che man mano che la spesa pubblica cresce progressivamente, ogni balzo aggiuntivo avrà un impatto minore. È qui che entriamo nell'area dei rendimenti decrescenti e di quanti euro di debito sono necessari per generare €1 di crescita economica. Più debito non è la chiave per la prosperità economica ed è per questo che i programmi fiscali e monetari supportati dal debito falliscono. Negli ultimi quattro decenni il debito è aumentato vertiginosamente ed i vari governi hanno dirottato fondi delle tasse dagli investimenti produttivi al servizio del debito e al welfare. Se si tiene conto di tutti i soldi sperperati in guerre senza fine (l'ultima in ordine cronologico al virus), si vedrà un gran numero di opportunità sprecate.
Spesa pubblica italiana dal 2010 ad oggi |
A ciò bisogna aggiungere che la zombificazione delle attività coinvolte è un processo che non si può escludere, per non parlare della bancarotta visto che il calcolo economico è severamente inficiato dall'incertezza artificiale della burocrazia. Inoltre il mercato è una rete complessa in cui interagiscono diverse entità e avere la presunzione di riuscire a controllarla è da pazzi scatenati. Questo significa ripercussioni a cascata su altre attività sotto forma di conseguenze impreviste. E, dulcis in fundo, c'è il settore delle commodity che sta scontando un'inflazione dei prezzi proprio sulla scia degli interventi monetari e fiscali delle autorità centrali (non credete agli imbecilli che vi dicono che è causa del virus).
Dal punto di vista più "pratico", tenendo solo conto delle modalità con cui si vuole erogare la prestazione, la misura continua ad essere insufficiente e ridicola. Iniziamo col dire che i primi nodi arrivano nel momento in cui coloro che hanno già fatto domanda per gli indennizzi in primavera, ed i cui dati sono nelle banche dati INPS, dovrebbero vedersi accreditare automaticamente il ristoro. A prima vista un passo avanti, solo che ci dovrà essere comunicazione efficiente (passatemi l'aggettivo) tra INPS e Agenzia delle Entrate in circa 15 giorni, oltre all'imbastimento dell'infrastruttura necessaria da parte di quest'ultima per soddisfare le prestazioni. Capite che ci sono più possibilità di vedere il primo essere umano su Marte l'anno prossimo piuttosto che tutta questa architettura venga costruita in modo coerente e funzionale?
E chi non ha partecipato all'erogazione della prestazione in primavera? Questa la mettiamo honoris causa tra le domande esistenziali dell'essere umano, visto che attualmente non esiste procedura alcuna. Poi ci sono le categorie colpite indirettamente, ma anche qui continuiamo a viaggiare nell'ignoto di amletica memoria. Si procede inoltre per categorie ATECO e anche qui le risate, perché queste non sempre corrispondono in modo preciso alla realtà dato che spesso non sono perfettamente coincidenti o più banalmente uno potrebbe averla cambiata. Non c'è più limite di fatturato ma d'importo pagato (limite massimo €150k): l'importo medio per i ristoranti con fatturato inferiore a €400k è di €2k. Dulcis in fundo arriviamo alla chicca, visto che in conferenza Conte aveva promesso che i fondi sarebbero arrivati senza ulteriore indebitamento. Balle. C'è, ma viene spostato allo scostamento di bilancio dell'anno prossimo. Il dramma economico che il governo vuole misurare in €6,4 miliardi è nettamente più grande, sia dal punto di vista tecnico che teorico.
In sostanza, quella che abbiamo di fronte è una pandemia di stupidità incalzante e qui chi ne viene contagiato è davvero pericoloso. Ma attenzione, perché qui non è solo un problema italiano, soprattutto se pensiamo all'interconnessione dei mercati al giorno d'oggi. Infatti è una spada di Damocle che pende anche sull'economia più importante di tutte, ovvero quella degli USA: il governo federale ora ha un debito pubblico di $27.000 miliardi che non può pagare, il Paese nel suo insieme ha un debito di $80.000 miliardi che non può pagare e il governo ha promesso a 76 milioni di baby boomer americani (e altri percettori di assegni del welfare) $210.000 miliardi che non possono essere pagati.
I banchieri centrali fanno la sola cosa che sanno fare: guadagnare tempo ipotecando il futuro. Vanno in soccorso con programmi che aumentano la platea di società ed attività zombi, rendendo ancora più difficile una crescita economica reale. Le entrate fiscali diminuiscono all'aumentare delle spese. Cosa possono fare i banchieri centrali se non "stampare" ancora più soldi? Questa formula, distruggere l'economia reale con guerre, blocchi, controlli, spese in eccesso e incentivi dannosi e poi cercare di sostenere ciò che resta con il denaro fiat, è un classico. È stata una "strategia" usata per secoli per rovinare grandi imperi, sia Paesi ricchi che poveri. Non fallisce mai. Le piccole imprese si arrendono, i ristoranti stanno chiudendo (definitivamente), il traffico aereo e il comparto turistico/ricreativo (osterie, ospitalità e intrattenimento) sono calati tra il 30% ed il 50%, senza alcuna ripresa in vista.
I profitti aziendali diminuiscono ed i posti di lavoro diventano scarsi. I ricchi (che non stanno spendendo, pur godendo dei guadagni del mercato azionario) diventano più ricchi, mentre i poveri diventano ancora più poveri. Come già sottolineato in quest'altro articolo, i banchieri centrali stanno tentando un "soft landing", cercando di salvaguardare i clientes cui rispondono. L'unico "dettaglio" che sta rovinando i loro piani è l'accumulo di errori precedenti e l'apoditticità delle leggi economiche, che invece spingono per un "hard landing". La metodologia Austriaca spiega in modo logico e cristallino che aggirare queste ultime ha un costo ed esso aumenta all'aumentare del tempo in cui continuano ad essere violate. Fino a quando, infine, i cortocircuiti non mandano in tilt l'intero sistema.
Per permettere ai miei lettori una comprensione a 360° dei fenomeni attualmente in gioco, ho tradotto questi due articoli che, seppur scalfendo solo la superficie, offrono una conoscenza superiore a quella dei media generalisti.
Quello che abbiamo di fronte è l'ennesimo capitolo di una guerra fra bande a livello sovra-nazionale, presentata alle masse come una guerra fredda 2.0 tra Cina e USA. In realtà una parte di questi ultimi è collusa con Pechino, soprattutto in virtù delle recenti rivelazioni riguardanti la famiglia Biden. In questo contesto l'Italia è solo una pedina che riceve ordini "dall'alto", e considerando le sviolinate da parte dell'attuale governo nei confronti del governo cinese e le parate di medici cinesi la scorsa primavera sul suolo italico, si è tentati fortemente a pensare che la svendita del nostro Paese è un regalo alla Cina che ha già iniziato a fare shopping.
La non scientificità delle misure adottate contro una malattia che anche l'OMS, di fronte all'imbarazzo della realtà, ha dovuto ammettere che è paragonabile all'influenza e non la peste 2.0 che invece è stata propagandata negli ultimi mesi dai media, richiede logicamente di pensare ad una volontà precisa di ammazzare determinati settori economici. E infatti, data la mancanza di giustificazioni scientifiche a supporto delle chiusure decretate dall'ultimo diktat del governo italiano, questa tesi è ulteriormente rafforzata. Alla natura geopolitica dell'analisi bisogna aggiungere anche quella economica, la quale sfugge a qualsiasi controllo centralizzato. Le distorsioni economiche fino ad ora generate dalla presunzione di conoscenza dei pianificatori monetari centrali, e divenute esponenziali dal 2008 in poi, stanno mostrando la loro inutilità e soprattutto la loro velenosità nel lungo periodo. È in gioco la credibilità nel sistema bancario centrale e la fiducia nel denaro fiat, per non parlare dello schema Ponzi delle pensioni.
Mettendo insieme tutti questi aspetti si può intuire che siamo arrivati al proverbiale fine corsa dell'attuale status quo, insostenibile economicamente, quindi le bande sovra-nazionali ritengono opportuno una transizione verso un nuovo status quo e ciò richiede controllo.
RENDIMENTI DECRESCENTI
L'accumulo di capitale è necessario per fornire i finanziamenti alle imprese sostenibili, le quali generano occupazione, reddito e gettito fiscale. La determinazione dei prezzi nei mercati dei capitali è essenziale per valutare accuratamente il rapporto rischio/rendimento sia degli investimenti economici reali che delle attività finanziarie. La determinazione dei prezzi alimenta quindi l'allocazione efficiente del capitale al suo impiego più redditizio sulla base delle informazioni raccolte da milioni di investitori. Questo concetto è uno dei fondamenti cruciali della teoria capitalista.
Quando le banche centrali hanno spinto i tassi d'interesse sia a lungo che a breve termine ai minimi storici, sono successe due cose:
- Gli investimenti meno attraenti sono diventati "redditizi";
- L'allocazione del capitale ha iniziato a subire distorsioni.
Il tasso d'interesse è essenzialmente il "prezzo del tempo", poiché il futuro tende ad essere più rischioso del presente. Quando prendiamo in prestito dal futuro per investire, un tasso d'interesse cerca di riflettere questo rischio: maggiore è l'incertezza, maggiore è il tasso d'interesse. O è così che dovrebbe andare, ma le banche centrali hanno fatto e stanno facendo di tutto per aggirare questa legge economica. Con tassi d'interesse molto bassi o negativi, che sono diventati comuni dal 2010 in poi, i finanziamenti diventano disponibili anche per quegli investimenti che non sono redditizi. Questa è un'allocazione del capitale pericolosa perché tali imprese non redditizie dovrebbero fallire, ma schivano il proverbiale proiettile d'argento grazie ai finanziamenti artificialmente a buon mercato. Queste imprese "zombi" sprecano capitale che invece potrebbe essere utilizzato per finanziare investimenti più redditizi, il che a sua volta si tradurrebbe in salari più elevati, dividendi e plusvalenze per gli azionisti e un'economia più vigorosa e dinamica.
Questo è il fardello che le banche centrali hanno apposto sulle spalle dell'economia mondiale, e si vede anche nei numeri ufficiali. La misurazione dell'impatto della distruzione creativa, ovvero il flusso di innovazioni tecnologiche nell'economia, è ostacolata dal fatto che non è osservabile. Quando si manifesta un'innovazione tecnologica in grado di aumentare la redditività, le imprese acquisiscono nuove attrezzature e lavoratori più qualificati per integrarle nella produzione. Sebbene possiamo misurare attrezzature, macchinari e persino la qualità del lavoro, l'aumento effettivo della produttività dell'innovazione non può essere osservato direttamente, almeno a livello "macro".
Tuttavia conosciamo il livello di aumento della produzione, gli investimenti in attrezzature e macchinari (capitale) e il miglioramento della quantità/qualità della forza lavoro. La parte riguardante l'aumento della produzione che non può essere spiegata da questi elementi può essere interpretata come crescita della produttività in tutta l'economia. Questa misura è chiamata Total Factor Productivity, o TFP: cala durante le crisi e sale durante i boom. Tuttavia la crescita del TFP globale ha iniziato a stagnare nel 2011 e non si è mai ripresa.
Crescita regionale e mondiale del total factor producticity (in %) |
Il periodo della cosiddetta "Grande Stagnazione", dal 2011 ad oggi, è un intruso: visto che si è blaterato a lungo di ripresa economica, la produttività sarebbe dovuta crescere, ma non è stato così. La stagnazione del TFP racconta una storia agghiacciante sulla distruzione delle fondamenta economiche. La profonda erosione sia del rapporto rischio/rendimento che dell'allocazione del capitale hanno letteralmente fermato il grande motore della crescita della produttività globale.
Le banche centrali hanno svuotato l'economia mondiale indebolendo seriamente il processo di distruzione creativa e hanno distrutto il meccanismo di determinazione dei prezzi nei mercati dei capitali, il che ha portato a gravi distorsioni (bolle) nei mercati finanziari. La conseguente fragilità dell'economia mondiale e dei mercati finanziari significa che siamo soggetti ad un crollo epico, che danneggerà gravemente famiglie, aziende e persino i Paesi. Il crollo potrebbe partire dal mercato azionario statunitense, dai mercati del credito statunitensi, dal traballante settore bancario statunitense o europeo, o persino da Paesi come l'Italia. Infatti da questo punto di vista è interessante parlare della moratoria sui mutui delle imprese che scade a gennaio, perché lo stato italiano diventerà il primo erogatore di NPL nell'ambiente economico. In un periodo come questo in cui le finanze delle imprese sono sotto forte stress ed il loro patrimonio netto fortemente eroso, le banche commerciali finiranno nuovamente nell'occhio del ciclone a causa dell'inettitudine del governo italiano e dell'azzardo morale generato dal denaro facile. Si sta innescando una bomba ad orologeria finanziaria devastante per l'anno prossimo.QUANDO QUALCOSA NON PUÒ PIÙ ANDARE AVANTI...
E quando tale crollo arriverà, con esso verrà deciso il destino delle nostre generazioni e di quelle future. Se lasciamo che le banche centrali assumano il pieno controllo delle nostre economie, emergerà uno scenario futuro davvero orribile. La generazione degli anni '30 e '40 ha affrontato tempi difficili e ha imparato a lavorare duro, a risparmiare denaro e a lasciare che l'economia facesse il suo corso. Questo semplice fatto è ciò che ha prodotto i bei tempi degli anni '50 e '60, rendendo gli Stati Uniti leader mondiali senza pari, in tutti i sensi. Il 1955, infatti, fu l'ultimo anno in cui gli USA sperimentarono una deflazione dei prezzi al consumo. Però, come dice il proverbio, ciò che una generazione impara quella successiva dimentica.
Richard Nixon si ritrovò a far fronte ad un aumento dell'inflazione dei prezzi: 4,3% nel 1971. Il dollaro era in calo ed i francesi stavano arrivando con le portaerei sui lidi americani per scambiare i loro dollari in oro. Cosa fece Nixon? Tagliò la spesa pubblica, le tasse e si rimboccò le maniche per trovare una via d'uscita dal buco in cui lo aveva scaraventato Lyndon Johnson con le politiche di "Guns and butter"? No, ordinò invece la chiusura della "finestra dell'oro". Da allora in poi l'America avrebbe operato con un nuovo tipo di denaro fasullo, coperto solo dalla credibilità dei futuri capi del Tesoro e della FED.
L'inflazione salì al 13% nel 1980 e sembrava inarrestabile, almeno fino a quando Paul Volcker, l'ultimo presidente della FED con un po' di sale in zucca, la riportò sotto controllo. Questa spallata garantì agli Stati Uniti 20 anni di relativa prosperità. Ma da allora è come se fosse stato reciso l'ultimo barlume di sanità economica nelle menti degli economisti mainstream e degli imbonitori nei media generalisti. Il seguente grafico è emblematico.
In primo luogo, nel 2001 George W. Bush cedette ai guerrafondai e all'ala militare/industriale del Deep State dando il via alla guerra più lunga, più costosa e più inutile nella storia degli Stati Uniti. Non c'era un nemico identificabile. Nel frattempo anche il capo della FED, Alan Greenspan, imboccò la strada dell'azzardo morale infinito: piuttosto che lasciare che l'economia guarisse da sola dopo la recessione del 2001, la manipolò e la distorse ulteriormente abbassando il tasso di riferimento oltre 500 punti base.
Questi tassi d'interesse artificialmente bassi generarono la crisi dei mutui del 2008-2009. Poi sia la FED, con il successore di Greenspan, Ben Bernanke, che il governo federale, con Barack Obama, hanno raddoppiato la dose. Bernanke giustificò la propria mancanza di spina dorsale nel suo libro, The Courage to Act, e come il suo predecessore tagliò il tasso di riferimento di oltre 5 punti percentuali fino a quasi zero. Obama continuò a finanziare le cattedrali nel deserto avviate dalla precedente amministrazione e sebbene si fosse impegnato a far uscire l'America dalle futili guerre di Bush, quando arrivò il momento critico piuttosto che scontrarsi con i guerrafondai, compresi Hillary Clinton e Joe Biden, si lasciò andare.
La crisi successiva, prima nel settembre 2019 e poi a marzo di quest'anno, non ha fatto altro che portare alla luce tutti quegli errori economici spazzati sotto il tappeto in passato ma moltiplicati nei costi. E la FED di Jerome Powell è andata avanti con una scandalosa baldoria di stampa di denaro, in cui nel secondo trimestre di quest'anno ha portato la spesa pubblica a più della metà del PIL e ha reso il deficit per il 2020 superiore alle entrate fiscali. Questa continua distorsione dei mercati attraverso gli interventi progressivi e crescenti da parte del sistema bancario centrale non solo ha creato un scollamento gigantesco tra Main Street e Wall Street, ma i presunti guadagni generati da quest'ultimo comparto sono stati il risultato di un trasferimento di ricchezza grazie alla stampa di denaro. Ma l'Effetto Cantillon non ha ripercussioni solo sull'inflazione dei prezzi, anche e soprattutto sulla qualità degli investimenti" (o pseudo tali) che vengono intrapresi.
Infatti esso toglie risorse preziose a quelle attività che avrebbero creato una prosperità genuina, come abbiamo visto nella sezione precedente, e le costringe al fallimento. Cosa che non sarebbe accaduta in un mercato non ostacolato. Nel contempo quelle realtà privilegiate artificialmente restano in piedi e non si dedicano più a servire il cliente, bensì gozzovigliano con l'ingegneria finanziaria. La speculazione forsennata che ne emerge non è più quel processo migliorativo che funge da collante tra produzione presente e futura, bensì una mania che spinge gli attori di mercato a rincorrere tutti quegli asset che ancora mostrano un rendimento positivo. Non esiste più un mark-to-market, ma solo un market maker (banca centrale) che man mano socializza comparti interi dell'economia nel momento in cui finiscono sotto pressione a causa degli interventi precedenti.
Accade per eccellenza nel mercato obbligazionario statale e si sta diffondendo al resto dei mercati, come quello obbligazionario societario. E, come affermato dal presidente della Federal Reserve di San Francisco, questa escalation è tutt'altro che finita.
...SI FERMA
Mises aveva messo in guardia nel suo piccolo gioiello degli anni '50, Planned Chaos, da questo percorso pericoloso. È una strada verso la rovina che infatti richiede interventi sempre più grandi ed invadenti per permettere allo status quo di andare avanti ancora un giorno in più. Il problema è il prezzo da pagare e stiamo vedendo che più passa il tempo più si fa salato, sia in termini economici che in termini sociali. Non dovrebbe sorprendere quindi che il vicepresidente della Banca mondiale, Carmen Reinhardt, abbia detto il 15 ottobre che un disastro finanziario è all'orizzonte: default sovrano e default per il debito aziendale. Solo negli ultimi 6 mesi la Federal Reserve ha creato $3.400 miliardi mentre ce ne sono voluti 40 per creare $14.000 miliardi.
Il fatto stesso di un crollo imminente non dovrebbe essere una sorpresa, specialmente se ci si ricorda di $1,5 triliardi di derivati in un'economia mondiale che genera solo $80.000 miliardi/anno in beni e scambi misurabili. Non importa ciò che la Federal Reserve e la Banca Centrale Europea hanno tentato di fare negli ultimi mesi per fermare un nuovo crash dei mercati, niente ha funzionato. I tassi d'interesse da zero a negativi non hanno funzionato, l'apertura di prestiti repo overnight per $100 miliardi a banche fallite non ha funzionato, né il salvataggio da $4.500 miliardi dispiegato lo scorso marzo. Non importa cosa provano a fare questi maghi finanziari, la situazione continua a peggiorare. Piuttosto che riconoscere ciò che sta realmente accadendo, sono stati selezionati capri espiatori per spostare la colpa al punto che la crisi attuale è in realtà attribuita al Covid.
Se lasciamo che la crisi si sviluppi e permettiamo che le basi dell'economia di mercato, come la determinazione onesta dei prezzi nei mercati dei capitali, possano tornare a guidare genuinamente i segnali di mercato, è assai probabile che successivamente avremo uno dei periodi più prosperi della storia umana. Non è una terra di nessuno, non è una teoria basata sul nulla, anzi è qualcosa di documentato nella storia economica. Dallo schema Ponzi delle pensioni fino alla "Everything bubble" dei giorni nostri, il sistema in cui operiamo è stato distorto a tal punto che ormai inizia ad essere una passività anche per chi è ai posti di comando. L'incapacità di attuare un calcolo economico in accordo coi mercati è il cuore del problema. La teoria Austriaca del ciclo economico, annunciata da Ludwig von Mises nel 1912, ci dice che un'offerta di denaro gonfiata porta a distorsioni dei prezzi nei mercati dei capitali. Queste distorsioni promuovono investimenti in linee di produzione che produrranno perdite quando l'offerta di moneta smetterà di crescere, peggio quando si contrae.
La Federal Reserve, ad esempio, ha ampliato i suoi acquisti di debito dall'inizio di settembre 2008. L'aumento delle riserve in eccesso ha compensato la maggior parte di questo aumento. Il capitale si è quindi spostato nelle mani dello stato e lontano dai mercati dei capitali privati. E questo processo comporta conseguenze. Chiunque pensi che la situazione attuale possa essere mantenuta così com'è farebbe meglio a rinunciare alla speranza di una ripresa. Il tasso di disoccupazione rimarrà alto, il deficit federale aumenterà, la quota del PIL ricoperta dal governo federale aumenterà. Se le banche inizieranno a prestare, la FED finirà in grossi guai. Dovrà adottare una nuova linea di politica e si rifiuta di dire quale.
A questo proposito, riprendendo la tesi del Grande Reset esposta all'inizio di questo saggio, c'è la possibilità effettiva che la strategia implementata dal sistema bancario centrale sia quella di una demolizione controllata dell'economia. Questa non è un'ipotesi campata in aria, bensì documentata sin dal 1977 e avanzata nientemeno che da Paul Volcker. Pensateci per un momento: il settore più colpito dall'attuale dittatura sanitaria e dalle restrizioni scriteriate e senza motivazione scientifica è quello della piccola/media impresa. Questo è il cuore della classe media, la quale, come abbiamo visto dal penultimo grafico qui sopra, è indebitata a livelli senza precedenti e quindi ferma al proverbiale Picco del Debito. Non è più in grado di rispondere agli stimoli monetari e non essendoci più bilanci da saturare attraverso il credito facile la pianificazione centrale fallisce. Nessuna forward guidance è in grado di aggirare questo esito.
Quindi cosa fanno i pianificatori monetari centrali? Agirebbero in base alla fallacia della finestra rotta, annientando il sopraccitato settore per poi permettergli, attraverso sovvenzioni, di tornare a produrre. Un deleveraging classico di quell'ammontare di debiti significherebbe anche la deflagrazione di tutte quelle entità che sono connesse col sistema bancario centrale e che ne traggono profitto: grandi banche commerciali e stati. Libero mercato significa necessariamente libera scelta, e la piccola/media impresa è la quintessenza del decentramento e dell'imprevidibilità. La spasmodica ricerca del controllo da parte delle autorità centrali, sventolando il feticcio di una emergenza sanitaria, serve quindi a tenere tutti buoni mentre si riorganizza il "giocattolo". Una tesi, questa, che diventa sempre più intrigante man mano che passa il tempo.
Come scritto in un altro articolo, significherebbe un ritorno agli anni '70 attraverso un processo di de-globalizzazione, per poi applicare le stesse ricette che sin da allora ci hanno accompagnato in questo lungo percorso di disintegrazione della società. Ricordate: il problema non è mai la crisi, ma ciò che viene dopo. Viviamo in un mondo fatto di scarsità e, come abbiamo visto in questo saggio, le aziende zombi si sono moltiplicate andando a sprecare sempre più capitale. Il mondo a cui vorrebbero tornare i pianificatori monetari centrali è morto, nonostante si dica che le "cose sono cambiate". Oggi sono i servizi e l'informazione che rappresentano il cuore del processo produttivo, mentre il comparto industriale viene sempre più abbandonato dati i processi tecnologici migliorati che lo rendono sempre meno dipendente dal fattore umano.
In sintesi, il presunto piano dei pianificatori monetari centrali potrebbe anche riuscire, ma non si può prescindere dallo spreco di capitale in un mondo fatto di scarsità. Questo per dire che non ci vorrà molto affinché la situazione precipiti di nuovo. È giunto il momento che il sistema bancario centrale venga abbandonato, che la pianificazione centrale dell'economia venga abbandonata. Prima accadrà, meglio sarà.
CONCLUSIONE
Di recente mi è capitato di rivedere una vecchia serie TV degli anni '70, Il Prigioniero. L'ambientazione, il Villaggio, è una prigione travestita da paradiso: i suoi abitanti non hanno una vera libertà, non possono lasciare il Villaggio, sono costantemente sorvegliati e tutti i loro movimenti monitorati. I residenti sono privati della loro individualità e identificati solo dai numeri. Questa serie TV distopica, a metà strada tra James Bond, George Orwell e Franz Kafka, affronta temi sociali che sono dannatamente attuali: l'ascesa di uno stato di polizia, la perdita di libertà, sorveglianza 24 su 24, corruzione del governo, totalitarismo, pensiero di gruppo, marketing di massa e la tendenza degli esseri umani ad accettare docilmente la propria sorte di prigionieri in una prigione di propria creazione. Celebre è il motto che permette al Numero 6, il protagonista, di restare attaccato ad un briciolo di sanità mentale e, soprattutto, ligio ai suoi diritti individuali: "Non sono un numero, ma un uomo libero!"
La serie TV è una lezione su quanto sia difficile ottenere la propria libertà in una società in cui i muri delle prigioni sono mascherati dagli ornamenti apparentemente benevoli del progresso tecnologico e scientifico, della sicurezza nazionale e della necessità di proteggersi da terroristi, epidemie, disordini civili, e tutte le altre amenità scelte dall'apparato statale come suo obiettivo. Il Villaggio è anche un'allegoria appropriata per l'attuale stato di polizia sanitaria in cui ci troviamo: dà l'illusione della libertà mentre funge in realtà da prigione controllata, vigilata, inflessibile, punitiva e mortale. L'attuale dittatura sanitaria/tecnocratica, proprio come il Villaggio, è un panopticon: una prigione circolare in cui i detenuti sono sorvegliati da un unico guardiano situato in una torre centrale. Poiché i detenuti non possono vedere il guardiano, non sono in grado di dire se vengono osservati o meno in un dato momento e devono procedere partendo dal presupposto di essere sempre osservati. Il panopticon, in cui i prigionieri sono usati come fonte di lavoro a basso costo, è diventato un modello per lo stato di sorveglianza moderno in cui la popolazione è costantemente sorvegliata, controllata e regolamentata.
Quando lo stato vede "tutto" e sa "tutto", oltre a disporre di una pletora di leggi per rendere anche il cittadino apparentemente più onesto un criminale, allora il vecchio adagio "non preoccuparti se non hai nulla da nascondere" si scopre per il prodotto civetta che è sempre stato. A parte gli ovvi pericoli rappresentati da uno stato che si sente giustificato e autorizzato a spiare la popolazione e utilizzare il suo arsenale di armi e tecnologie per monitorarla e controllarla, siamo arrivati ad un punto storico in cui saremo costretti a scegliere tra obbedire ai dettami dello stato e la salvaguardia della nostra individualità, integrità, dignità e indipendenza. La realtà è che ben prima che iniziasse la pratica del lockdown in primavera, gli individui avevano iniziato a modificare il loro comportamento. La gente l'aveva capito da sola, non aveva avuto bisogno di una legge. Poi è entrato in gioco lo stato che, attraverso pieni poteri dittatoriali, ha iniziato a demolire il tessuto sociale e incatenare quello economico. Se davvero dovessimo credere alle promesse fatte finora dal governo italiano, dove sono i risultati? Se la malattia fosse un morbo altamente letale dove sono le contromisure ospedaliere? Perché il governo italiano si dice abbia agito bene tra primavera ed estate, e di riflesso anche gli italiani, e poi magicamente questa narrativa scompare nel momento in cui affiorano presunte criticità? Perché, anche volendo credere alla narrativa catastrofista dei media, non si opera una semplice sottrazione tra tamponi effettuati e positivi scoperti in modo da capire che la stragrande maggioranza è negativa? Queste domande sono rivolte a chi intravede ed inizia ad intravedere il panopticon intorno a sé, il Villaggio, e vuole gridare "Non sono un numero, ma un uomo libero".
Infatti, per quanto possa essere una maledizione l'attuale stato delle cose, è anche una benedizione perché strappa quel velo di ipocrisia che da tempo immemore riveste l'apparato statale. Ora tutti possono vedere quello che è veramente. E le prove si moltiplicheranno, perché il caos pianificato prevede una deriva sempre più dittatoriale, assurda e fraudolenta. Questo deve essere un periodo storico in cui, attraverso una Grande Inversione, si riscoprano quei valori che hanno reso grande e prospero l'Occidente: associazionismo, libertà d'impresa, ricerca del profitto, sound money. Buttare fuori dalla propria vita lo stato è diventato motivo di sopravvivenza e creare reti alternative una priorità. Questi due obiettivi hanno un minimo comun denominatore che si chiama Bitcoin, il famoso buco dietro il poster di Rita Hayworth.
il famoso buco dietro al poster di Rita Hayworth è la miglior descrizione di bitcoin che ho mai sentito
RispondiEliminati chiedo il permesso di usarla con family and Friends...
Assolutamente sì. ;)
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