Bibliografia

venerdì 13 novembre 2020

Il destino della sterlina

 

 

di Alasdair Macleod

Questo è il terzo di una serie di articoli incentrati sulle prospettive riguardo le principali valute fiat. Il primo ha concluso che il dollaro USA è già sulla strada vero l'iperinflazione monetaria; il secondo ha concluso che il sistema dell'euro è prossimo al collasso come conseguenza di una combinazione di banche commerciali fallite e sistema di settlement TARGET2 che farà crollare la valuta stessa.

Con la sua esposizione sistemica all'Eurozona, la sterlina potrebbe essere una vittima del fallimento del sistema euro e condivide le caratteristiche dell'iperinflazione monetaria del dollaro. La Banca d'Inghilterra sta copiando le politiche monetarie degli Stati Uniti e troverà sempre più difficile impedire alla sterlina di sfuggire alla stessa sorte del dollaro


Punti principali

    • L'adeguamento del QE a £300 miliardi sin dallo scorso marzo ci dice che l'economia britannica si è contratta del 34% nel primo semestre del 2020, e non del 9,3%. Un ulteriore ciclo di QE e spesa pubblica verrà dispiegato nel tentativo di sostenere l'economia del settore privato, il quale sarà quasi certamente superiore ai £300 miliardi iniziali.

    • La Banca d'Inghilterra ha ora accettato la necessità di una seconda fase di stimoli e sta esplorando la possibilità di introdurre tassi d'interesse negativi. Deve ancora tenere conto del deterioramento delle prospettive per il commercio globale che la costringerà ad ulteriori cicli di QE, indipendentemente dal percorso del virus.

    • Le banche britanniche, altamente indebitate in base alla capitalizzazione di mercato rispetto agli attivi di bilancio, sono pesantemente esposte al sistema bancario della zona Euro, che come mostrato nell'articolo della scorsa settimana naviga in brutte acque. Il salvataggio delle banche britanniche richiederà al governo di sottoscrivere come minimo altri £5.300 miliardi in asset, in un momento in cui stanno salendo i crediti inesigibili nell'economia.

    • Dalla crisi Lehman le banche hanno sostenuto le imprese zombi piuttosto che lasciarle fallire. Questi zombi, incarnati dal desiderio dell'establishment di rimanere nell'unione doganale UE piuttosto che cogliere le opportunità offerte dal libero scambio, sono i principali beneficiari di un sostegno ancora più grande da parte dello stato. Nel momento in cui tale sostegno verrà meno, la distruzione creativa di Schumpeter colpirà senza pietà l'economia britannica.

    • Il fallimento economico sarà senza dubbio attribuito erroneamente alla Brexit. Tuttavia il governo e la BoE si sono impegnati per garantire che l'economia non crolli. Ciò porterà ad un'ulteriore inflazione monetaria, portando la sterlina britannica sulla stessa rotta iperinflazionistica di quella del dollaro.

 

Introduzione

C'è stato un tempo in cui la sterlina aveva conquistato il mondo. Dietro c'era il gold standard e la sterlina fungeva da sostituto dell'oro tra la fine delle guerre napoleoniche e lo scoppio della prima guerra mondiale. La sua solidità fu estesa a tutto l'impero britannico attraverso il commercio. Certo, il governo finanziò una serie di piccole guerre, ma queste non servirono mai a conquistare il territorio, bensì a soggiogare la ribellione, principalmente quelle forze che volevano sostituire il potere al commercio. Oggi sarebbe chiamato mantenimento della pace in stile americano, ma gli storici moderni la definiscono oppressione coloniale.

Ma il fatto è che la Gran Bretagna portò civiltà e miglioramento degli standard di vita a molte persone la cui tecnologia non era nemmeno arrivata alla ruota. Dopo la prima guerra mondiale, la Gran Bretagna iniziò il suo declino: una successione di deboli governi socialisti che potevano solo aggrapparsi alla coda del cappotto dell'America, fino a gettare il loro destino nelle mani del cosiddetto mercato comune. È stato il declino più lungo e notevole nei tempi moderni, più lungo anche del fallimento del comunismo sovietico. Per la Gran Bretagna i cento anni dalla Grande Guerra ad oggi hanno visto il capovolgimento delle fortune dei cento anni precedenti.

Non è una tendenza alimentata dall'ignoranza: sappiamo dal nostro passato come diventare ricchi ed avere successo. Margaret Thatcher lo sapeva e anche Boris Johnson lo sa, ma entrambi sono stati sopraffatti dal sistema, Boris molto più rapidamente di Margaret. Già mezzi dimenticati, i piani di Boris erano decenti: riduzione della burocrazia statale, creazione di porti franchi e ripristino della Gran Bretagna come impresa (tasse basse, mercati liberi ed opportunità grazie alla Brexit). Sono stati rapidamente sopraffatti dalla paura del Covid-19. Paura che il servizio sanitario statale, pieno di persone meravigliose, non sarebbe stato in grado di farvi fronte.

I burocrati hanno fatto quello che fanno sempre: dare priorità all'organizzazione rispetto allo scopo. Nella piena consapevolezza delle conseguenze economiche dovute ad una cattiva gestione dell'epidemia, non è stato suggerito che lo stato avrebbe dovuto frenare le sue spese. Quando le persone sono costrette ad economizzare, lo stato dovrebbe ridurre il proprio peso sulle persone. E invece no: la spesa per cause apparentemente importanti e con l'intenzione di preservare i posti di lavoro è andata fuori scala.

I funzionari del Tesoro, che è stato posto sotto il controllo diretto del Primo ministro, sognano ancora un bilancio in pareggio, ottenuto non tagliando la spesa pubblica, ma aumentando le tasse. Altri ritengono che aumentare le tasse troppo presto rischi di distruggere ciò che resta della base imponibile. Nel frattempo l'elenco dei supplicanti del welfare state si allunga a vista d'occhio. Il problema del governo è che dopo cento anni di crescente socialismo si ritrova ad accelerare sulla strada verso maggiore socialismo, invece di invertire la rotta verso gli ideali libertari di Boris.

I tentativi di riportare l'economia verso mercati liberi e finanze pubbliche sane sarebbero stati lo stesso difficili. Boris non è De Gaulle, pronto a porre la libertà e la cultura nazionale al di sopra delle relazioni estere. Né è in una posizione abbastanza forte per emulare Ludwig Erhard, che ebbe il coraggio di abbandonare lo status quo grazie alla sua chiara visione del futuro. Non è necessariamente colpa di Boris; è la realtà politica.

Se non altro, il Covid ha rivelato che Boris si affida ai suoi consiglieri invece di arare il proprio solco. Non solo, ma ha anche rivelato la convinzione del popolo britannico secondo cui il denaro cresce sugli alberi e che qualsiasi governo che non ne faccia pieno uso è mostruosamente ingiusto.

La crisi Covid ha messo in luce le inadeguatezze della pianificazione statale, ma il fatto sgradevole è che, visti i pareri scientifici, dal punto di vista politico il governo aveva poche alternative al blocco dell'intera nazione il 23 marzo. Ora che l'Europa e il Regno Unito stanno entrando in una presunta seconda ondata, tutti i pensieri di un rapido ritorno alla normalità stanno cadendo a pezzi. La ripresa a V su cui erano basate le previsioni finanziarie ed economiche è uscita dalla finestra e l'establishment se ne sta accorgendo solo ora.


Brexit e legami con l'Europa

Per l'establishment c'è il dolore aggiuntivo della Brexit, dove la Gran Bretagna non può più aggrapparsi alla sua infermiera europea per paura di qualcosa di peggio. In quanto rapinatore abituale della libertà del proprio elettorato, lo stesso establishment britannico non può facilmente venire a patti con la prospettiva di una sua libertà dall'Europa.

La Brexit è già avvenuta e il periodo di transizione, durante il quale gli accordi commerciali e di altro tipo dovevano essere finalizzati, termina il 31 dicembre, finora senza accordo. Ma alla fine il team negoziale dell'UE si renderà conto che la Gran Bretagna sta alzando un polverone su questioni marginali, principalmente pesca e sovranità. In realtà dovrebbe afferrare l'opzione del libero mercato, rifiutarsi di accettare qualsiasi accordo commerciale e trattenere i fondi concordati come parte dell'accordo sull'uscita. Ma le istituzioni di Westminster e Whitehall, in tasca all'establishment, sono del tutto incapaci di abbracciare la ragionevolezza di tal risultato.

Che si concluda con un accordo commerciale o con i termini dell'OMC, è poco rilevante rispetto al fatto che, ad eccezione di alcuni ministri del governo, le istituzioni di Whitehall (funzionari pubblici) e Westminster (politici) sono "Remainer", terrorizzati dalle conseguenze economiche della Brexit. Sono in compagnia di lobbisti del settore, con i loro legami europei consolidati e la riluttanza ad esplorare nuove opportunità commerciali altrove. Qualsiasi discesa in una crisi economica sarà quasi certamente attribuita alla Brexit, ignorando le inadeguatezze del business britannico e la necessità di una sua riforma; un'esigenza che può essere soddisfatta solo lasciando fallire le imprese zombi, principalmente legate al protezionismo europeo, e quindi liberare il capitale per reindirizzarlo verso un uso redditizio.

Qualunque sia l'esito della Brexit, i legami con l'UE non cesseranno. In caso di crisi finanziaria e sistemica, sorgeranno obblighi finanziari aggiuntivi e vi sono notevoli rischi di controparte tra le banche europee e britanniche. Si veda la mia recente analisi del sistema bancario e monetario dell'Eurozona. La probabilità di un collasso bancario nell'Eurozona è ormai una certezza e potrebbe manifestarsi da un momento all'altro. Il grafico seguente mostra l'entità del crollo dei prezzi delle azioni bancarie. E come misurato dallo STOXX Index Europe 600, il settore bancario è sul punto di arrivare a nuovi minimi.

Lo STOXX Europe 600 include banche dell'Eurozona, britanniche e altre banche europee. In questo anno solare, l'indice è sceso del 43% in un momento in cui le azioni hanno fatto registrare una forte ripresa in seguito all'annuncio del FOMC (23 marzo 2020) di un QE illimitato.

Le gravi debolezze delle banche dell'Eurozona arrivano in un momento di debolezza simile nelle banche britanniche, e un fallimento bancario nell'Eurozona o altrove farebbe crollare le banche britanniche come tanti tasselli di un domino. Il Tesoro inglese e la Banca d'Inghilterra saranno quindi costretti a sostenere i loro sistemi bancari con credito illimitato, coprendo bilanci per oltre £5.500 miliardi, oltre il doppio del PIL del Regno Unito. Inoltre la foglia di fico che nasconde l'inflazione monetaria attraverso il QE verrebbe spazzata via, rivelando la spaventosa realtà delle finanze pubbliche.

Questo è un problema globale al quale il Regno Unito è enormemente esposto. Ogni dieci anni circa termina il ciclo di espansione del credito bancario: ciò è stato evidenziato per la prima volta nel settembre 2019, quando il mercato dei pronti contro termine a New York è finito in crisi. La FED aveva già iniziato a tagliare il tasso di riferimento il mese precedente; le sue antenne avevano rilevato un cambiamento nelle condizioni del mercato del credito. A quel punto era evidente che il commercio internazionale avesse smesso di espandersi a causa della guerra dei dazi tra America e Cina. E poiché il commercio globale è basato sul dollaro, il primo impatto era destinato ad influenzare le banche statunitensi, i loro bilanci e le loro politiche di prestito.

Come secondo centro finanziario internazionale più importante, Londra era destinata a seguirne l'esempio. Oltre all'esposizione all'Eurozona, e con l'escalation del conflitto finanziario tra America e Cina su Hong Kong, Londra deve affrontare i rischi di HSBC e Standard Chartered, due delle principali banche britanniche la cui attività è principalmente concentrata a Hong Kong e nell'Estremo Oriente. E con passività oltre i £2.600 miliardi, queste due banche hanno un bilancio che supera la contrazione del PIL britannico nel 2020 (quasi il 40%). L'orrore della posizione delle banche britanniche è illustrato nella tabella di seguito.

Includendo il rating di mercato di queste banche (il rapporto prezzo/valore contabile), si ottiene una stima del rischio migliore rispetto al semplice patrimonio netto di bilancio. Questo perché, ad esempio, nel caso di Barclays, il mercato ci sta dicendo che in una liquidazione gli azionisti riceverebbero meno del 28% di un penny a sterlina: meno perché in ogni prezzo di un'azione c'è anche un "enterprise value" da considerare, così come il valore dell'opzione di responsabilità limitata e rialzo illimitato. Anche non tenendo conto di questi fattori è chiaro che nessuna delle banche britanniche, con attivi di bilancio combinati per un totale di £5.300 miliardi, è in grado di resistere ad una crisi bancaria nell'Eurozona.

In sostanza, questa era la situazione prima che il Covid accelerasse il caos finanziario, un fattore che ha solo aumentato la certezza di una crisi bancaria sistemica.

 

Le conseguenze finanziarie ed economiche del Covid

In comune con altre nazioni, il governo del Regno Unito si è mosso rapidamente per prevenire un aumento della disoccupazione dopo il lockdown, e con il giusto sostegno da parte del governo l'economia post-epidemia sarebbe rapidamente tornata alla normalità. La Banca d'Inghilterra si è fatta avanti con £300 miliardi di QE, pari al 13,6% del PIL del 2019 e l'equivalente del 34% della spesa pubblica precedentemente pianificata.

In questo frangente è importante capire qualcosa di cui i macroeconomisti sono generalmente ciechi: il PIL è la somma totale di tutte le transazioni e senza l'aggiunta di denaro extra è una cifra statica. Il progresso economico, o la sua mancanza, che è ciò che il PIL pretende di misurare, non può essere misurato e un aumento del PIL è semplicemente un aumento della quantità di denaro nell'economia. Ciò è confermato nel seguente grafico, dove la quantità dell'offerta di moneta del Regno Unito (M4) segue da vicino il PIL annuo; almeno fino a quest'anno, quando è arrivato il Covid.

Un altro modo di guardare a suddetta relazione è capire che, a parte alcune piccole variazioni nei saldi di cassa, tutto il denaro ed i profitti guadagnati vengono spesi o risparmiati, essendo quest'ultimo consumo differito, fornendo capitale per investimenti. Senza alcun cambiamento nella quantità di denaro circolante, non può esserci alcun cambiamento nel totale speso e risparmiato, e sono questi totali che compongono il PIL, sia dal lato della produzione che dal lato del consumo. Pertanto se la banca centrale acquista asset spingendo più denaro nell'economia, o se le banche commerciali espandono il credito dal nulla, il PIL aumenterà di conseguenza della quantità di denaro creata e il credito si espanderà.

Possiamo ora considerare gli effetti dell'espansione monetaria sui conti nazionali del Regno Unito. Dalla crisi Lehman, che ha portato ad un QE di emergenza una tantum da £75 miliardi, la BoE non è stata in grado di resistere alla tentazione di ulteriori giri di finanziamento inflazionistico, pari a £745 miliardi di sterline fino ad oggi, che su una base del PIL nominale è un ulteriore 47% dell'inflazione monetaria. [Tutte le quantità del PIL in questa analisi sono a prezzi correnti, o altrimenti PIL nominale.]

Alla fine del 2019 il PIL annuo era salito a £2.214 miliardi, inclusi £445 miliardi di QE, indicando che dal 2008 la differenza era stata compensata dall'espansione del credito bancario per un totale di £180 miliardi: £1.589 miliardi + £445 miliardi + £180 miliardi = £2.214 miliardi.

Nella prima metà del 2020, il PIL è stato di £1.031 miliardi, dopo un'iniezione di £300 miliardi in QE. Mettendo da parte i cambiamenti nei livelli di credito bancario, ovvero senza il QE da £300 miliardi, il PIL nella prima metà del 2020 sarebbe stato di £731 miliardi. Si tratta di un tasso annuo di £1.462 miliardi, il che implica un calo del PIL nominale annuo del 34%.

Possiamo quindi concludere che la prima ondata di Covid-19 ha ridotto il valore monetario delle transazioni totali nell'economia del 34% misurato in sterline pre-Covid, non del 9,3% come da fonti ufficiali. Ciò lascia l'enigma nel grafico qui sopra, la relazione tra una contrazione del PIL e l'aumento dell'offerta di moneta.

 

Sistemi di prestito statali

Come accennato nell'introduzione, il governo inglese ha risposto alla crisi sanitaria adottando misure per limitare gli effetti sul livello dell'occupazione. Con gran parte dell'economia bloccata e funzionante a soli due terzi del PIL rispetto all'anno scorso, c'è un enorme sbalzo non ancora registrato nella statistica riguardante la disoccupazione. La cassa integrazione e altri schemi assistenziali per ritardare l'impatto si basavano sulla speranza che dopo la crisi sanitaria le cose sarebbero tornate rapidamente alla normalità.

La normalità a cui i pianificatori britannici sperano di tornare è una post-crisi Lehman, dove l'espansione decennale del prestito bancario ha sostenuto prevalentemente imprese zombie che invece sarebbero dovute fallire. Pertanto la risposta del governo è stata quella di estendere il sostegno agli zombi elargendo una serie di prestiti bancari per le grandi, medie e piccole imprese e alleggerendole dalle tasse aziendali. Le banche sono indennizzate contro tutte o la maggior parte delle potenziali perdite quando agiscono in qualità di agenti dei prestiti statali. Altrimenti è chiaro che le banche preferirebbero ridurre i propri bilanci in un momento in cui il rischio di credito è crescente.

Questo spiega perché l'offerta di denaro più ampia è salita, visto che riflette l'espansione del credito bancario. C'è una differenza con un PIL in contrazione perché non è ancora passato ai prezzi, essendo il PIL stesso il prodotto della quantità di beni e servizi acquistati. La maggior parte del sostegno assistenziale statale è finito nelle tasche delle imprese, del settore pubblico e degli sgravi fiscali alle imprese, con solo £83,7 miliardi del totale combinato dell'espansione del credito bancario e del QE finito nelle tasche delle famiglie.

Se il denaro fosse stato lanciato dagli elicotteri sui conti bancari dei consumatori, l'effetto sui prezzi sarebbe stato più immediato. Durante il periodo di lockdown le persone venivano pagate un po' meno di quanto guadagnavano prima, quindi il consumo complessivo è diminuito e quindi anche la produzione.

Finora la spesa pubblica relativa al Covid ha portato ad un aumento dell'indebitamento pubblico di £317,4 miliardi, leggermente superiore al QE della Banca d'Inghilterra. Prima di passare agli effetti della presunta seconda ondata, dobbiamo sottolineare che la quota di credito bancario non sottoscritta dal governo tenderà a contrarsi. È già stato dimostrato che le banche addebitano tassi da usura, fino al 40%, sugli scoperti di conto ​​e il taglio dei limiti delle carte di credito inutilizzate. La stretta sulla spesa dei consumatori e delle piccole imprese è destinata ad intensificarsi. Le imprese che non si qualificano per il sostegno statale troveranno praticamente impossibile accedere al credito e le imprese che hanno già usufruito di prestiti garantiti dallo stato scopriranno che c'è poco ulteriore sostegno finanziario disponibile.

Nella misura in cui lo stimolo monetario e fiscale non sarà neutralizzato dalle successive contrazioni del credito bancario, l'inflazione monetaria porterà a prezzi più alti poiché le aggiunte ad M4 circoleranno di più. Inoltre possiamo aspettarci di vedere il PIL nominale recuperare per colmare la maggior parte del divario tra esso e il livello di M4, come grafico sopra. Anche se questo darà l'impressione di una ripresa economica ai servi delle statistiche, li informerà male. La realtà è che i volumi di produzione e di consumo, nonché il potere d'acquisto della sterlina, caleranno tutti quanti.

 

E poi arriva la presunta seconda ondata...

Pur sottostimando statisticamente gli effetti negativi dell'inflazione della moneta e del credito sul livello generale dei prezzi e del PIL nominale, ci saranno da prendere in considerazione gli effetti aggiuntivi di una presunta seconda ondata Covid. I piani per porre fine al sostegno statale fornito ad imprese e famiglie sono già stati rinviati con l'introduzione di nuovi accordi di sostegno. Finora non sono stati completamente divulgati e valutati, ma con il naufragio del primo round di chiusure ancora in corso, il secondo round rischia di incoraggiare il governo inglese ad un altro giro di stimoli che dovrà essere maggiore del primo.

Il governo inglese attualmente spera che una versione perfezionata dei lockdown limiterà i danni economici che potrebbero essere causati dalla seconda ondata. Ma il pessimismo cresce. Sta diventando sempre più ovvio che le conseguenze economiche saranno come minimo tanto distruttive quanto quelle della prima ondata. In termini di bilancio, la stima dei costi Covid a settembre (£317 miliardi) sarà quasi certamente superata nei prossimi mesi.

Non sorprende che la Banca d'Inghilterra si stia preparando ad un ulteriore QE e nel tentativo di ridurre l'impatto sulle imprese sta aprendo la strada a tassi d'interesse negativi. Alle banche commerciali è stato chiesto di segnalare se i loro sistemi sono in grado di operare in un contesto di tassi d'interesse negativi e, finora, solo NatWest ha risposto negativamente, ma il termine per le risposte è fino al 12 Novembre. Il problema più grande è la disperazione che ha portato la BoE a pianificarne l'introduzione.

 

La Banca d'Inghilterra sta pianificando un'inflazione illimitata

Anche se le opinioni dei membri variano, è chiaro che il Monetary Policy Committee è all'oscuro delle dinamiche economiche fin qui discusse: il MPC stabilisce il tasso bancario ed è equivalente a quello impostato dal FOMC della FED. Pur essendo fermi sulla convinzione che un tasso d'interesse sia il costo del prestito e non un riflesso della preferenza temporale, i pianificatori monetari centrali sembrano ignorare il fatto che i tassi d'interesse negativi sono una tassa sulle banche e sui loro depositi, l'ennesima forma di trasferimento di ricchezza da un settore privato assediato ad uno stato vorace. Poi c'è lo scopo di voler rendere accessibile un indebitamento illimitato per lo stato e la prospettiva di un'inflazione monetaria illimitata.

Il danno causato dai tassi negativi è sicuramente evidente altrove, in particolare nella vicina Eurolandia, data la loro inefficacia nello stimolare le economie. Se avessero voluto imparare qualcosa, i neo-keynesiani nel MPC avrebbero capito che la struttura dei tassi d'interesse può essere decisa solo dal libero mercato, e che come comitato sono quindi privi di funzione. Ma se hanno ottenuto qualcosa, è stato quello di mettere in evidenza ancor di più la realtà di un'economia in fallimento, oberata dalle attività zombi. E ogni giorno che passa e questa realtà viene ignorata, peggiori saranno le conseguenze.

Queste sono le realtà economiche e monetarie endogene. Quelle esogene, in particolare i rischi sistemici del sistema bancario dell'Eurozona, sono fattori che nessuno sembra prendere sul serio. Le conseguenze della contrazione del commercio mondiale, innescate dalle guerre commerciali tra America e Cina, sono state prese in considerazione molto di rado.

Finora le borse estere e la popolazione in generale, che alla fine decidono il potere d'acquisto del denaro, vedono la risposta del governo inglese solo in termini di una valuta fondamentalmente inalterata. Ci si può aspettare che un secondo round di QE, che rischia di superare il primo in termini di dimensioni, faccia suonare il campanello d'allarme, almeno inizialmente sul mercato dei cambi, i cui partecipanti valuteranno poi se la svalutazione monetaria sarà stata sufficiente e se saranno necessari altri giri di QE per salvare l'economia dal crollo. Il modo in cui questi fattori si rifletteranno nei tassi di cambio del dollaro e dell'euro dipenderà da come fattori simili influenzeranno tali valute. Ma è facile prevedere come i cosiddetti "Remainer" nell'establishment ed i media, in assenza dei rischi sistemici sopra menzionati, attribuiranno alla Brexit una sterlina in calo rispetto al dollaro e una parità con l'euro. Tutte le valute dovranno quindi affrontare la prospettiva di un crollo del commercio globale amplificato dal deprezzamento delle valute misurate in materie prime, beni in generale e, soprattutto, beni essenziali come il cibo.

Se tutto questo porterà all'inflazione monetaria, che a sua volta farà salire il livello generale dei prezzi al di là della soppressione delle metodologie IPC, i mercati toglieranno il controllo dei tassi d'interesse al MPC e al FOMC. Il fallimento palese del governo britannico si rifletterà in una più ampia perdita di fiducia nella valuta, al punto in cui verrà spesa rapidamente per beni in quello che viene definito un crack-up boom.

Questo è il probabile esito degli sviluppi accelerati dalla crisi Covid ed è in linea con le probabili conseguenze per il dollaro e l'euro. In ogni caso, la sterlina è già in uno stato di iperinflazione, che ho definito come la condizione in cui le autorità monetarie accelerano l'espansione della quantità di moneta al punto che risulta loro impossibile riprendere il controllo.

 

[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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