Bibliografia

giovedì 12 novembre 2020

Come i vari Paesi del mondo sono finiti nella trappola del welfare

 

 

di Antony P. Mueller

Alla gente piace il welfare state perché crede che sia gratuito e offra molti vantaggi. Se le persone sapessero invece quanto i benefici sociali comportino meno prosperità in futuro, la popolazione avrebbe un atteggiamento critico nei confronti del welfare state e i politici avrebbero difficoltà a vendere la loro frode. Proprio come una società che privilegia la sicurezza sulla libertà perde entrambe le cose, una società che attribuisce un valore più alto ai benefici sociali che alla creazione di ricchezza finisce per non avere né ricchezza né benefici.

Una prospettiva a breve termine è intrinseca alla democrazia moderna visto che non è gestita dal popolo, ma dai partiti politici. Un tale sistema politico promuove la ridistribuzione della torta economica e trascura che le merci devono essere prodotte prima di poter essere consumate. Senza produzione, non può esserci distribuzione. Che la produzione possa essere in qualche modo indipendente dalla sua distribuzione in modo che la si possa ridistribuire senza indebolire la produzione è un'illusione propagata dalla macchina politica. Tuttavia il modo in cui un prodotto viene distribuito influisce sulla sua realizzazione futura.

Un concetto di giustizia che riguarda solo la giustizia sociale è una contraddizione in termini. La giustizia di distribuzione dei beni ha come altra faccia la giustizia di produzione dei beni. La giustizia, correttamente intesa, ha un aspetto distributivo e uno commutativo. Il disprezzo dell'aspetto commutativo della giustizia a favore della giustizia distributiva è un atto ingiusto. Un tale approccio è anche irrazionale, poiché la distribuzione è possibile solo quando c'è qualcosa da distribuire.

La ridistribuzione è ingiusta ed economicamente irrazionale quando punisce chi produce. Quando la redistribuzione del reddito e della ricchezza diventa eccessiva, la parte attiva della popolazione si ritira dalla produzione e prende il sopravvento il parassitismo, il progresso economico vacilla e alla fine scompare. In questo modo, la società si impoverirà e ai poveri resterà poco o niente. Alla fine i poveri stessi pagheranno il prezzo più alto di questa linea di politica, perché saranno i più colpiti quando la crescita diminuirà e la miseria aumenterà.

Non è etico lottare per una maggiore giustizia sociale come se fosse un bene assoluto. Il costo di imporre l'uguaglianza supera i suoi benefici. In un primo momento gli effetti negativi della perequazione del reddito sulla crescita economica non sono visibili. Per qualche tempo, il consumo di capitale può compensare la debole crescita economica. Questa erosione non si manifesta immediatamente nelle statistiche sul reddito nazionale, perché il consumo viene incluso nel prodotto nazionale.

Una forma insidiosa di consumo di capitale avviene attraverso l'accumulo di debito pubblico. Un deficit di bilancio significa che il volume complessivo del risparmio nazionale diminuisce. Meno risparmi implicano che il potenziale di investimento economico si è ridotto. Nelle statistiche economiche le spese, siano esse statali o private, contano ugualmente come contributo al prodotto nazionale. Tuttavia, mentre la spesa va a vantaggio degli attuali destinatari della spesa pubblica, la minore formazione di capitale si manifesterà in seguito attraverso una crescita economica più debole e punirà tutti.

Nella misura in cui il debito pubblico è un nemico della crescita economica, è anche un nemico della creazione di ricchezza. I benefici che il governo distribuisce nel breve periodo e che sono finanziati da un debito pubblico più elevato ridurranno la crescita economica e renderanno la povertà persistente e più diffusa nel lungo periodo.

Il debito pubblico indebolisce la crescita economica e la debole crescita economica porta ad una maggiore spesa pubblica e quindi ad un aumento del carico del debito. Una minore crescita economica accende una maggiore domanda di benefici sociali e una maggiore ridistribuzione porta di nuovo ad una crescita ancora minore. Numerosi Paesi sono caduti nella trappola in cui le spese sociali indeboliscono l'economia e dove questa debolezza richiede più spesa, il che a sua volta indebolisce l'economia.

Ciclo di spesa per il welfare e stagnazione economica

Fonte: AP Mueller: Beyond the State and Politics. Capitalism for the New Millennium. Amazon KDP 2018

L'espansione del welfare state porta ad un aumento del debito pubblico, cosa che indebolisce la performance economica. Un indebolimento dell'economia comporta una maggiore spesa per il welfare e porta ad un ulteriore aumento del debito pubblico, che a sua volta porta ad una maggiore spesa per il welfare. Un pericoloso effetto collaterale di questa spirale discendente è che l'atteggiamento anticapitalista nella popolazione aumenta, poiché per la maggior parte dei cittadini i nessi causali sono difficili da discernere.

Questo circolo vizioso è evidente nel declino del tasso di crescita della produttività dei Paesi industrializzati a partire dagli anni '70, accompagnato dall'espansione dello stato sociale e dall'aumento del debito pubblico. Lo stato sociale e il debito pubblico sono le principali cause del calo dei tassi di produttività. Negli ultimi decenni i tassi di aumento annuale della produttività dei principali Paesi industrializzati sono scesi da una media del cinque per cento negli anni '60 a circa il due per cento negli anni '90, e continuano a calare.

La fuga dalla trappola del welfare è la sfida dei nostri tempi. Una minore crescita della produttività significa una minore crescita economica e una minore crescita economica significa un reddito inferiore. Più a lungo un Paese rimane bloccato nella trappola, più difficile è uscirne. Per superare il circolo vizioso, è necessario comprendere che un eccessivo stato sociale erode la produttività.

Senza crescita della produttività, non c'è aumento del reddito reale pro capite. La produttività del lavoro di un Paese determina il suo livello di reddito. Le nazioni industrializzate devono uscire dal vortice della spesa sociale, del debito pubblico e della debole crescita economica. Aumentare il potere d'acquisto dei salari richiede una maggiore produttività e non più controllo statale. La linea di politica deve essere maggiore produttività, meno regolamentazione, meno interventi e meno ridistribuzione.

 

[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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