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mercoledì 7 ottobre 2020

Amico, dov'è la mia inflazione?

In questi casi è sempre utile ricordare il motto: "Occhio a cosa si desidera". Infatti se davvero è difficile "cambiare" le preferenze individuali degli attori di mercato nei confronti di un atteggiamento, allora lo sarà anche quando si vorrà mettere un freno a tale cambiamento. Come ho avuto modo di scrivere in un altro articolo, si blatera tanto di "mancanza di inflazione" quando in realtà essa è già presente. Ma i pianificatori monetari centrali ne vogliono di più data la mole che i debiti totali hanno raggiunto, e soprattutto senza che le persone comuni diano di matto. Perché, ricordate, tutti sono felici quando salgono i prezzi di azioni/obbligazioni; lo sono meno quando salgono i prezzi al consumo. E questo è un punto ben sottolineato ultimamente dal WSJ: "Se vi sembra che il prezzo di tutto ciò che comprate stia salendo alle stelle, è perché lo sta facendo, anche se i banchieri centrali di tutto il mondo si preoccupano del pericolo di deflazione. L'enorme divario tra l'esperienza quotidiana e il tasso di inflazione annuale sta aumentando molto velocemente, mentre le cose che non compriamo più sono scese di prezzo ciononostante vengono conteggiate lo stesso nelle cifre ufficiali". La cosa che importa ed è sempre importata sono i prezzi relativi. Quindi sono saliti i prezzi per le cose di cui le persone hanno bisogno, mentre sono scesi per le cose di cui non hanno bisogno; e questo, secondo il sistema bancario centrale, non merita condizioni finanziarie più restrittive, anche se per la persona media a Main Street il rialzo dei prezzi si è rivelato particolarmente doloroso. L'inflazione dei prezzi c'è, ma la fiducia nelle istituzioni ufficiali rende ciechi; peccato però che l'apodittismo delle leggi economiche impartirà una dura lezione a chi continua a rifiutarsi di vedere: il treno dell'inflazione è in deragliamento.

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di Kristoffer Mousten Hansen

Di tanto in tanto gli economisti Austriaci, i cosiddetti "gold bug" ed altri economisti a cui importa il denaro sano ed onesto mettono in guardia dai pericoli inflazionistici delle moderne politiche delle banche centrali. Il caso più famoso è stata la scommessa di Bob Murphy con David Henderson: le politiche della Federal Reserve dopo la crisi finanziaria del 2008 si sarebbero tradotte in un'inflazione elevata, cioè a due cifre. Sfortunatamente Murphy ha perso questa scommessa e, più in generale, l'inflazione tanto temuta (o nel caso delle banche centrali, tanto sperata) finora non si è concretizzata. Questo è vero sia quando si guardano le misure ufficiali dell'inflazione, sia quando si consultano quelle alternative come Shadowstat. Cosa si spiega questo apparente fallimento degli Austriaci?

 

Le basi

Per comprendere il problema, è necessario chiarire le basi della discussione. Il punto sottolineato dagli Austriaci è che l'aumento dell'offerta di moneta, la vecchia definizione di inflazione, deve alla fine portare ad un aumento dei prezzi di tutti i beni, ciò che oggi si intende per inflazione. Tuttavia la maggior parte delle misure ufficiali sull'inflazione, in particolare l'indice dei prezzi al consumo, mostra solo un leggero aumento. E mentre le misure alternative di solito mostrano un ritmo di aumento più elevato, anche queste sono tutt'altro che proporzionali all'aumento dell'offerta di moneta. Ora, mentre la costruzione di qualsiasi indice che misura la variazione dei prezzi al consumo è arbitraria (come spiegato dal Dr. Karl-Friedrich Israele qui), sicuramente non è del tutto fuori linea con l'esperienza quotidiana; mentre i prezzi dei beni di consumo generalmente aumentano, di solito non sono superiori ad una manciata di punti percentuali all'anno.

Gli esperti monetari contrastano le affermazioni di coloro che pensano che l'aumento dell'offerta di moneta si tradurrà necessariamente in inflazione sostenendo che non è necessariamente così; riproponendo l'equazione dello scambio, MV = PT, dicono che un aumento dell'offerta di moneta non deve essere inflazionistico se si limita a contrastare un calo di velocità. Anzi, se l'aumento non compensa completamente il calo della velocità, essi affermano persino che una politica monetaria espansiva che accresce l'offerta di moneta è in realtà una politica monetaria restrittiva, poiché la spesa totale nell'economia diminuisce.

Abbiamo quindi un duplice problema davanti a noi: perché la politica monetaria espansiva non si traduce in un aumento dell'inflazione dei prezzi? Ed è vero che il denaro si restringe se un aumento di M non compensa completamente un calo di V? Risponderemo prima alla seconda domanda.

 

Cosa causa un crollo della velocità?

Perché la velocità di circolazione cambia e diminuisce improvvisamente, come è avvenuto ad esempio all'indomani della crisi finanziaria del 2008? Sebbene l'equazione dello scambio sia un cattivo sostituto della teoria monetaria (l'ho criticata qui, mentre altri economisti più capaci lo hanno fatto qui e qui), indica un fenomeno reale. Vale a dire, la velocità è semplicemente la variabile introdotta per equiparare l'offerta di moneta alla spesa totale. Pertanto se V diminuisce mentre l'offerta di moneta rimane la stessa, o aumenta, logicamente questo deve significare che la spesa totale nell'economia diminuisce. La vera domanda quindi è: perché la spesa totale diminuisce, ed è necessario compensare il calo della spesa nominale con un aumento dell'offerta di moneta?

Un calo della spesa nominale si verifica quando le persone decidono di spendere meno del proprio reddito rispetto al passato. Cioè, un calo della spesa nominale è semplicemente la conseguenza simultanea di un aumento della domanda di moneta. Durante le crisi e le recessioni, le persone sperimentano una maggiore incertezza e quindi rinviano e limitano i loro acquisti. Dal momento che non sanno cosa dovranno affrontare nel futuro immediato, mettono da parte più soldi per le emergenze, poiché il denaro contante, a parte durante l'iperinflazione, è considerato l'asset più sicuro da possedere a breve termine. Quando la crisi sarà passata, le persone ridurranno gradualmente i loro saldi di cassa, poiché questi risulteranno troppo grandi per le loro esigenze.

È chiaro che un aumento della domanda di moneta si tradurrà in prezzi più bassi ed in questo senso crea un effetto deflazionistico (qui l'autore sbaglia a mio giudizio, perché l'effetto è disinflazionistico, visto che smorza le politiche monetarie espansive e la loro traduzione nel tempo in inflazione dei prezzi, ndT). Ma ciò non significa che le politiche monetarie abbiano un effetto restrittivo o che sia necessario sostituire il calo della spesa con denaro appena stampato. È vero che dover aggiustare i prezzi al ribasso sarà doloroso per imprese e lavoratori, soprattutto perché è stato predicato per generazioni il dogma secondo cui i salari non devono calare, in nessuna circostanza. Eppure un calo dei prezzi è precisamente ciò che è necessario per rimettere in carreggiata l'economia dopo una depressione: le imprese più deboli vengono eliminate e gli asset produttivi sono resi disponibili a quegli imprenditori che si aspettano di trarre profitto dall'acquisto di fabbriche, macchine e così via a prezzi bassi, assumere lavoratori a salari inferiori e riavviare la produzione in settori redditizi dell'economia. Non c'è nulla in questo processo che richieda l'iniezione di nuovo denaro nell'economia; al contrario, tali iniezioni possono solo frustrare i tentativi di capitalisti e imprenditori di riadattare la struttura produttiva alle condizioni reali del mercato e alle esigenze reali dei consumatori.

Un calo della velocità riflette quindi una crisi nell'economia; non significa un effetto monetario restrittivo, ma piuttosto che le persone hanno smesso di spendere la maggior parte dei loro redditi come una volta. Significa anche che aumenti molto sostanziali nell'offerta di moneta non portano all'inflazione dei prezzi, poiché le banche centrali non possono obbligare le persone a spendere il nuovo denaro o ad accendere nuovi prestiti. Solo quando le persone saranno nuovamente disposte ad aumentare la propria spesa, l'aumento dell'offerta di moneta si tradurrà in prezzi più alti.

 

E l'inflazione?

Il fatto che l'aumento dell'offerta di moneta durante una crisi non si traduca in inflazione dei prezzi è quindi facilmente spiegato da un aumento della domanda di denaro, ma questo non spiega il fallimento generale delle banche centrali nel generare inflazione. Il tasso di crescita dell'offerta di moneta ha quasi sempre superato il tasso di crescita dell'inflazione dei prezzi al consumo. Ciò non significa forse che, qualunque altro male possiamo affibbiare agli interventi del sistema bancario centrale, i pericoli dell'inflazione sono significativamente sopravvalutati?

No.

La confusione nasce dall'ignorare il punto di ingresso del nuovo denaro nell'economia. Non si diffonde istantaneamente in tutta l'economia ed i prezzi non si aggiustano immediatamente. Il nuovo denaro finisce prima nelle mani di alcuni destinatari, che lo spendono in beni e servizi aumentandone i prezzi, e poi nelle mani dei successivi destinatari che a loro volta lo spendono, e così via fino a quando non è stato distribuito e l'intera struttura dei prezzi non è stata modificata dall'infusione iniziale. Questo è noto come Effetto Cantillon. Hayek, in una famosa metafora, lo ha paragonato al versamento del miele su una superficie: il miele non si diffonde immediatamente sulla superficie, ma forma un grumo nel punto in cui viene versato e da lì si diffonde lentamente.

Le banche centrali, tuttavia, non versano denaro sui consumatori ma lo iniettano nel sistema finanziario. La Federal Reserve acquista bond del Tesoro statunitensi e altri asset finanziari dalle banche e queste ultime poi spendono il nuovo denaro durante le loro normali operazioni commerciali. Quello che abbiamo quindi è un sistema di inflazione finanziaria: i prezzi delle obbligazioni e degli altri strumenti finanziari salgono, portando a tassi d'interesse sempre più bassi sui prestiti. I prezzi degli immobili salgono, poiché diviene più conveniente finanziare i mutui, e solo molto più tardi il nuovo denaro filtra verso i normali beni di consumo. L'aumento dell'IPC è quindi solo un'ombra degli effetti distorsivi determinati dall'aumento dell'offerta di moneta.

Ciò non significa che le banche centrali siano in grado di generare inflazione anche se dessero il nuovo denaro direttamente ai consumatori, poiché non possono costringere ogni individuo a spenderlo. Ne abbiamo visto un esempio di recente quando il governo degli Stati Uniti ha distribuito gli assegni sociali del CARES Act. In un precedente articolo ho scritto che questo tipo di spesa inflazionistica potrebbe portare rapidamente ad un'inflazione elevata. Tuttavia, mi sbagliavo nel pensare che i soldi sarebbero stati spesi per il consumo; la maggior parte degli assegni sociali sembra sia stata utilizzata per aumentare i risparmi o ridurre il debito. Pertanto l'impatto inflazionistico è stato reindirizzato o assorbito sui mercati finanziari o su saldi di cassa più elevati. (È anche possibile che sia stato neutralizzato nella misura in cui gli individui hanno ridotto o ripagato i loro prestiti, soprattutto se le banche hanno rifiutato di offrirne di nuovi in modo da consolidare la propria posizione.) (Senza contare che tanti trader a dir poco amatoriali si sono gettati sulla piattaforma Robinhood per speculare con tali soldi, ndT.)

 

Conclusione

Questo significa che la Federal Reserve non è in grado di generare inflazione? Affatto; ma se il suo obiettivo è veramente quello di generare inflazione dei prezzi al consumo, sotto forma di "obiettivo di inflazione media flessibile" (che significa un'inflazione più elevata), ha scelto un modo molto indiretto per farlo. In tempi normali, il proverbiale "helicopter money" come descritto dall'ex-capo della FED Bernanke sarebbe un modo migliore per alimentare l'inflazione rispetto al pompaggio di liquidità nei mercati finanziari; e un modo ancora più sicuro sarebbe quello di finanziare direttamente la spesa pubblica. Il fatto che non lo faccia suggerisce che il suo obiettivo principale non è realmente generare inflazione, ma piuttosto sostenere i mercati finanziari e gli attori nello stile a cui si sono abituati. Questa è persino l'ideologia ufficiale del sistema bancario centrale di questi tempi, poiché indossano il mantello di "market maker di ultima istanza".

 

[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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