Bibliografia

venerdì 11 settembre 2020

Mai sprecare una buona crisi



di Francesco Simoncelli

Mai sprecare una buona crisi... così recita il vangelo del socialismo. Con il caos sanitario dovuto al virus C abbiamo assistito all'ennesimo spettacolo in salsa statalista, dove si conquista politicamente un fenomeno e lo si sventola come un feticcio davanti agli occhi allampanati delle persone in modo da mandare avanti un'agenda che non ha nulla a che fare col benessere generale. Ho dedicato diversi post all'argomento, in particolare a come lo scientismo abbia sostituito la scientificità e al terrorismo mediatico per spargere la narrativa di una Peste Nera 2.0, e ciò che emerge è una volontà di strumentalizzare il morbo per raggiungere determinati obiettivi di politica. Non è un caso che, sulla scia del caos sociale che ne è scaturito, la sola figura che ne è uscita rafforzata sia lo stato. Siamo di fronte ad un cambio epocale di rotta, soprattutto in considerazione del fatto che tutte le politiche implementate dai pianificatori centrali finora per far sopravvivere lo status quo si stanno ritorcendo loro contro.

È ingenuo pensare che il sistema monetario fiat durerà per sempre, soprattutto in virtù di ciò che si prospetta all'orizzonte a livello sociale e geopolitico. Ciò che sta succedendo, infatti, non può essere ricondotto a dieci o venti anni fa, ma si tratta di un super-ciclo iniziato esattamente cento anni fa quando il gold coin standard venne bandito dal sistema monetario. Da quel momento in poi è stato chiaro che i pianificatori centrali erano entrati in scena per prendere definitivamente il controllo sul denaro. I loro tentativi erano iniziati un secolo prima, con la Prima e la Seconda Banca degli stati Uniti, ma vennero formalizzati con la nascita della FED. L'attacco all'oro non era altro che l'implementazione della loro agenda collettivista-socialista.

La fine della strada si presentò nel 1969 quando le portaerei della Francia minacciavano gli USA, intente ad eseguire gli ordini di De Gaulle nel voler riprendersi l'oro parcheggiato in custodia presso i caveau dello Zio Sam. Nixon rispose con la chiusura definitiva della finestra dell'oro ed il default ufficioso del dollaro. Cosa rimandò l'ufficialità di questa cosa? Un mondo che andava verso la globalizzazione e la mancanza di concorrenti a livello mondiale. Nonostante una crisi seria ed una potenziale perdita di controllo sull'economia da parte della FED, Paul Volcker riuscì a riabilitare temporaneamente la fiducia nel dollaro. Fino al 1982 gli USA passarono attraverso un periodo turbolento, inflazione a due cifre e tassi d'interesse che arrivarono al 20%. Bastarono queste politiche a ridare credibilità all'economia USA? Ovviamente no, perché nel 1987 si ripresentarono le conseguenze che tutti credevano erano state seppellite sotto il tappeto.

In questo contesto non bisogna dimenticare come l'accumulo di capitale e flussi di risparmio negli USA li abbiano aiutati enormemente ad attutire i colpi di cicli economici in progressivo ravvicinamento tra di essi. Questo vuol dire che i pianificatori centrali potevano contare su un bacino dei risparmi reali pingue per poter socializzare le perdite e mettere quindi in campo politiche economiche/monetarie anti-cicliche. In parole povere, salvare gli amici degli amici e scaricare il dolore economico sull'economia più ampia.

In questo contesto Greenspan ha rappresentato un altro spartiacque, come possiamo anche vedere dal grafico qui sotto, il quale rappresenta il debito totale negli USA diviso per il PIL. Guardate come parte per la tangente alla fine degli anni '80, momento della proverbiale Greenspan put all'indomani del crash di Wall Street nell'ottobre del 1987. Attenzione però a credere che fosse bastata una cosa simile per tenere in piedi le finanze dello Zio Sam, perché in realtà la promessa implicita nelle azioni di Greenspan non era solo sostenere il settore finanziario. Nessuno avrebbe appoggiato i mercati statunitensi sulla base di questa unica premessa. No, il vero obiettivo era quello di esportare indefinitamente l'inflazione scatenata dalla FED al resto del mondo grazie allo status di valuta di riserva mondiale di cui gode il dollaro. Di conseguenza gli USA, da potenza nell'ambito manifatturiero, si sono trasformati in un gigantesco mulino che scambiava foglietti di carta verdi con la produzione del resto del mondo.

Gli americani, per un intero decennio, hanno creduto che non esistevano limiti alla quantità di debito che potevano contrarre senza produrre alcunché di valore. Nel frattempo l'outsourcing di industrie andava a far crescere il dragone cinese, che dopo aver liberalizzato la sua economia sulla scia dell'esempio di Deng nel 1979, ha spopolato le risaie per riempire le industrie che dall'Occidente fluivano sul suo territorio. Gli americani si riempivano le tasche di prodotti reali e in cambio davano ai cinesi cartastraccia sotto forma di dollari e titoli denominati in dollari. Poi è successo quello che succede sempre quando i banchieri centrali e commerciali pensano di aver bandito da questo mondo il ciclo economico: le bolle alimentate dalle loro stampanti monetarie scoppiano. Perché? Perché non esistono pasti gratis e la deviazione di risorse reali scarse verso il loro spreco ha un prezzo.

La bolla dot-com ha cambiato poco nell'assetto socio-economico statunitense, perché ancora Main Street riusciva a reggere il colpo. Ovvero, le perdite sono state socializzate nell'economia più ampia attraverso la reflazione della bolla precedente, questa volta nel settore immobiliare. I banchieri centrali non hanno fatto altro che raddoppiare le loro azioni scellerate, senza lasciare che un minimo di deleveraging ripulisse gli errori economici del passato. Inutile sottolineare che suddetto raddoppio è avvenuto sulle spalle di Main Street e sul bene su cui il 90% della popolazione invece per il suo futuro: il mattone.

La FED, sin dal 2004, ha sempre negato che ci fosse una bolla nel settore immobiliare, nonostante gli Austriaci ammonissero del contrario. Poi è scoppiata e, come possiamo vedere dal grafico qui sopra, il flebile deleveraging che possiamo osservare è interamente a carico di Main Street che ha tirato i remi in barca essendo arrivato al proverbiale Picco del Debito. Cosa è successo sin da allora? Le principali banche centrali hanno fatto cose che anche gli economisti mainstream non potevano immaginare prima del 2008: hanno stampato vagonate di denaro. I numeri coinvolti non possono far altro che far pensare a Repubbliche delle Banane, eppure abbiamo assistito a sfilate di giustificazioni una più imbarazzanti dell'altra. Dai fallimenti del mercato al voler salvare il capitalismo da sé stesso, sono stati inventati arzigogoli matematici per giustificare la follia in cui sono cadute le banche centrali.

Più che follia è l'esito naturale in cui finiscono tutte le economiche che si spostano sempre più verso il comando/controllo. Dov'è finito tutto questo denaro? Non nelle tasche di Main Street, che a causa del suddetto Picco del Debito non ha voluto prendere più in prestito, oltre al fatto che le banche stesse sono state riluttanti a prestargli denaro. Quindi, mentre il canale della trasmissione della politica monetaria nell'economia più ampia è risultato rotto, quello nel sistema finanziario è rimasto vivo e vegeto (a sottolineare la reale politica della FED, ovvero, salvare lo stato, grandi banche commerciali e grandi imprese). Infatti non è un caso che l'indebitamento generale in questo settore non solo è salito, ma è schizzato alle stelle. Un esempio in merito è il fatto che i titoli spazzatura sono arrivati a rendere rendimenti ai minimi storici. L'ingegneria finanziaria ha corso freneticamente, con fusioni/acquisizioni, LBO, riacquisti di azioni, ecc. che hanno truccato il mercato azionario e obbligazionario societario. Insomma, sono stati ingolfati i bilanci delle grandi imprese a questo giro, dopo che erano stati ingolfati fino a scoppiare quelli  di Main Street. Problema: i bilanci delle grandi imprese sono una frazione rispetto a quelli di Main Street.

Non solo, la fame per rendimenti decenti ha praticamente accelerato la morte dei Trust Fund alla base del sistema previdenziale/pensionistico. La frenesia nel mondo azionario/obbligazionario ha distorto a tal punto tali mercati che sono definitivamente disconnessi dalla realtà.

Il cuore del problema qui è solo uno: le politiche anti-cicliche hanno fatto il loro corso, eppure ci vengono vendute sotto steroidi. È sempre e comunque un problema di domanda, ci viene detto, e così la sconsideratezza viene giustificata. Basti pensare all'ultimo esempio in ordine cronologico: il caos nei mercati repo dello scorso settembre ha visto la FED ansiosa di trovare una giustificazione per intervenire pesantemente dopo che aveva provato ad abbozzare una sorta di exit strategy dall'era del QE. Il virus C non poteva capitare in un momento migliore per i pianificatori monetari centrali, visto che ne hanno approfittato per scatenare la più grande campagna di stampa monetaria mai vista. E, ancora, una volta ci è stata venduta la favoletta del problema della domanda. Peccato che questa gente non riesce, o non vuole, capire che è un problema di offerta.

La valanga di aziende zombie tenute in piedi artificialmente nel corso del tempo dalle azioni stesse delle banche centrali hanno continuato a risucchiare risorse economiche scarse, a sprecarle, e ad inondare i mercati con un'offerta che in realtà era di scarsa priorità nella lista dei desideri degli attori di mercato. Questa struttura non ha fatto altro che metastatizzarsi e, attraverso il credito concesso dalle banche commerciali, ha invaso settori più ampi dell'economia. Le banche commerciali, infatti, non è un caso che siano in prima linea per il ruolo di protagoniste nella prossima crisi. Le aziende zombi sono in realtà dei crediti inesigibili sui bilanci delle banche, rappresentando delle bombe ad orologeria finanziaria.

Sembra quasi di rivedere il disastro giapponese al rallentatore, con il gigantismo industriale che ha praticamente risucchiato la linfa vitale del settore produttivo del Paese. Nessun QE è riuscito a risanare la situazione, portando lentamente alla deriva l'economia giapponese. A questo giro abbiamo tutto il mondo come protagonista e soprattutto un particolare che differenzia questa crisi da quelle precedenti: Main Street non è in grado di fungere da rete di sicurezza per il settore finanziario e quindi accollarsi le perdite altrui. Infatti qui non solo le banche centrali non hanno la minima idea di come invertire le politiche di QE, ma anche gli stati adesso non sanno come staccare la spina agli interventi assistenzialisti a supporto della popolazione nel suo complesso. Lo tsunami di disoccupati farà impallidire quelli della Grande Depressione degli anni '30... ma al tempo stesso, chi paga per il loro welfare state?

Non c'è alcun dubbio che siamo di fronte ad un socialismo nazionalista sanitario, ormai. Ovvero, un controllo capillare di ogni aspetto dell'economia da parte dello stato, di una de-globalizzazione, il tutto venduto con la paura farlocca di un temibile virus. Questa fu la tesi del libro degli anni '50 di Mises, in cui egli descriveva con dovizia di particolari che la cosiddetta economia mista sarebbe perita sotto il peso delle sue contraddizioni: spostamento progressivo verso il comando/controllo. Da quando Trump ha approvato le sanzioni contro la Cina, il movimento del mondo verso blocchi economici separati era una certezza. L'accelerante è stato il virus C. Ora, ogni blocco economico commercerà in base alle sue disposizioni e questo significherà accettare in cambio qualsiasi tipo di denaro si vuole. Il fatto che gli USA vogliano una Guerra Fredda 2.0 e quindi distaccarsi dalla Cina, significherà spaccare il mondo in diversi blocchi commerciali e non è così scontato che tutti vorranno commerciare col dollaro.

Ma non è questo l'oggetto di questo articolo, bensì che la crisi verrà utilizzata per spingere ancora di più politiche fiscali e monetarie sconsiderate portando quindi ad un'inflazione galoppante per ripulire l'ambiente economico degli errori del passato. Un esempio è stato il recente discorso di Powell a Jackson Hole, il quale ha detto senza mezzi termini che il mandato della FED adesso è stato esteso ad un terzo obbligo: inflation targeting, o per meglio dire, sgonfiare il debito esistente attraverso una maggiore diluizione del potere d'acquisto della valuta fiat. Un altro esempio è l'idea di pensione figurativa proposta in Italia, dove i contributi vengono pagati per i lavoratori disoccupati attuali spingendo ancora di più sulla spesa pubblica. Chi paga? A quale costo? Leggete tra le righe Draghi, perché in questi giorni si sta sforzando di dirlo.

In realtà è dal 2012 che lo dice, ma l'Italia ha sempre fatto orecchie da mercante. E continuerà a farlo. Qui abbiamo ormai Main Street che è assuefatta a politiche di welfare generose, quindi come si farà a fargli capire che il denaro proveniente dal recovery fund sarà destinato ad altro? Non solo, abbiamo il compartimento imprenditoriale assuefatto agli incentivi artificiali partoriti dallo stato, quindi come si farà a fargli capire che il denaro proveniente dal recovery fund sarà destinato ad altro? In sintesi, il problema qui è e rimarrà la spesa pubblica utilizzata come strumento anti-ciclico in ogni occasione. E adesso portato a livelli da capogiro, non solo in Italia, ma anche negli USA. Si vuole ritornare indietro nel tempo al mondo degli anni '70 attraverso una progressiva de-globalizzazione. Peccato che questo esperimento di pianificazione centrale capillare sia destinato a fallire. Ciononostante verrà implementato lo stesso: nazional-socialismo sanitario.


ECONOMIA MISTA: UN FALLIMENTO ANNUNCIATO

L'economista austriaco, Carl Menger, fu uno dei tre scopritori (insieme a Walras e Jevons) della teoria marginale dei prezzi durante la decade del 1870. Menger dimostrò che i prezzi sono puramente soggettivi, impostati dalle preferenze dei consumatori e spetta al produttore anticiparli e poi rispondervi. Il libero mercato funziona sulla base della proprietà e del suo libero dispiegamento per la produzione di beni e servizi. È un mito socialista che la proprietà privata dia ai capitalisti il ​​potere sulle persone: è vero che i capitalisti hanno il comando delle risorse, ma i loro padroni sono i consumatori che devono soddisfare organizzando efficacemente le risorse economiche scarse. In termini economici, è la forma più pura di democrazia. In linea di principio, dunque, è sbagliato sostenere che il libero mercato non avrebbe fornito standard di prodotto più elevati in assenza di regolamentazione statale, perché è nell'interesse di ogni produttore sfornare il miglior prodotto per il mercato... a meno che qualcuno non lo protegga dalla concorrenza.

L'onere burocratico sui settori consolidati che producono beni e servizi è diventato sempre più gravoso. Essendo costrette a soddisfare le autorità di regolamentazione anziché i clienti, le aziende si concentrano sempre meno sui clienti. La burocrazia sostituisce completamente il cliente nella scala d'importanza, perché a chi fornisce beni o servizi viene garantito un margine sui costi e garantito un monopolio. Queste imprese estendono il controllo dello stato sul consumatore e, sebbene nel settore privato solo a livello di facciata, ai fini dell'analisi economica dovrebbero essere considerate come parte dello stato.

La maggior parte delle imprese è molto più oppressa dal controllo burocratico di quanto generalmente si pensi. Di conseguenza sempre più imprenditori cedono al credo keynesiano per una vita facile di entrate "sicure", dove non devono esprimere giudizi ma solo amministrare regolamenti senza ulteriori pensieri o responsabilità per le loro azioni. Conviene, quindi, credere che tutti i problemi economici siano di domanda. Mises, in Economic Calculation in the Socialist Commonwealth, dimostrò perché la proprietà pubblica dei mezzi di produzione è sempre destinata a fallire. Al centro della sua tesi c'era l'incapacità dell'apparato statale di effettuare i calcoli necessari per allocare correttamente i mezzi di produzione, una funzione che può essere soddisfatta solo da imprenditori indipendenti che mettono in gioco le proprie risorse. Infatti la spesa pubblica distorce progressivamente l'economia, una spesa che altrimenti non ci sarebbe stata in un ambiente non ostacolato e nemmeno l'uso dispendioso di tutte le forme di capitale che altrimenti sarebbero state impiegate in modo più efficiente.

Le attività economiche che agivano in base ai principi del libero mercato, dove gli imprenditori cercano di trarre profitto anticipando i bisogni e i desideri dei consumatori, sono ora fortemente regolamentate. I burocrati controllano le forme e le caratteristiche dei beni e dei servizi offerti dai produttori. Affermano di proteggere il consumatore da profittatori capitalisti senza scrupoli. Non solo, adesso si stanno spingendo oltre invadendo spazi vitali sempre più intimi. La capillarità del controllo è proporzionale alla disperazione della pianificazione centrale di sopravvivere alla Legge dei Rendimenti Decrescenti, quindi deve invadere settore sempre più ampi dell'economia in modo da inglobare tutte quelle risorse che non può creare da sola e utilizzarle per i propri scopi. La sua è una lotta persa in partenza, ma nel processo il dolore economico percepito aumenterà proporzionalmente alla capillarità del controllo implementato.


COME ANDRÀ A FINIRE?

Abbiamo quindi ricordato ai lettori perché l'economia mista, dove lo stato possiede i mezzi di produzione non può avere successo, è fallimentare dato che non può effettuare un calcolo economico in accordo col mercato. Può solo ricorrere alla forza. Con le economie moderne gravate da inefficienze economiche derivanti dagli investimenti improduttivi, capitale scarso sprecato e manipolazione dei prezzi, si stanno dirigendo verso lo stesso destino che ha caratterizzato le economie di comando/controllo. Un simile crollo è stato finora solo rimandato dalla parziale apertura verso i mercati, ma il progressivo aumento del trasferimento di ricchezza da produttori e consumatori attraverso la tassazione per sostenere l'apparato statale rappresenta un chiaro monito riguardo il suo imminente arrivo.

Quando i pianificatori centrali esauriscono le persone da derubare con la tassazione aperta, allora si buttano a capofitto sull'inflazione monetaria. Negli ultimi quarant'anni l'economia è stata finanziarizzata: le risorse economiche sono passate dall'economia non finanziaria a quella finanziaria. È la conseguenza delle riforme finanziarie degli anni '80, come abbiamo visto nella sezione iniziale di questo articolo. Il costo di questa finanziarizzazione è stato la stagnazione economica nelle attività non finanziarie, mentre le banche sono diventate dipendenti dalla speculazione finanziaria per i loro profitti. Ora stanno fallendo nel loro mandato originale di sostenere le attività non finanziarie.

Il Covid-19 ed i lockdown hanno messo in luce la fragilità dell'intero sistema, facendo fallire le imprese e rendendo le banche riluttanti a concedere prestiti. Qualsiasi osservatore indipendente può solo giungere ad una conclusione logica: il finanziamento dell'espansione economica con il credito bancario è finalmente giunto al termine e diventerà impossibile evitare i fallimenti delle banche.

L'entità dell'inflazione monetaria che deve ancora venire è di gran lunga superiore a quella vista finora e quindi destinata ad indebolire radicalmente il potere d'acquisto delle valute fiat. Ci si può, quindi, aspettare che l'inflazione dei prezzi sia più alta e che ciò conferisca ai mercati azionari un ulteriore slancio al rialzo. L'euro sta diventando più attraente rispetto al dollaro, almeno fino a quando non avrà avuto luogo un aggiustamento della strategia anche nella zona Euro. Le banche centrali non si preoccupano delle regole, loro fanno le regole. Sono in simbiosi con gli stati sovraindebitati che finanziano. Nella situazione attuale le banche centrali devono mantenere bassi i tassi d'interesse e accelerare la stampa monetaria per tenere a galla i debitori. Dopo Jackson Hole quello che possiamo aspettarci è una maggiore discrezionalità e l'inflazione è inevitabile.

La dipendenza degli stati dal finanziamento inflazionistico è destinata ad aumentare al punto in cui verrà persa tutta la fiducia nelle valute fiat.


4 commenti:

  1. Buongiorno Dott. Simoncelli
    la cura inflazionistica a suo avviso trovera' le masse preparate? e secondo lei in che misura?
    Le borse corrono muovendosi su dati inflattivi di un futuro imminente, ma non crede che i rapporti prezzi utili, prezzi/pil oggi fuori luogo porteranno prima o poi ad un rapido declino?
    Jim sinclair pensa ad un prezzo oro oncia di 50000 dollari entro il 2025.
    Che ne pensa?
    Saluti

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    1. Salve Carlo.

      Proprio ieri ho scritto un breve pezzo sul mio profilo Linkedin in cui, senza saperlo, ho risposto in parte ai suoi primi quesiti: Indipendentemente dalla domanda di denaro, ci sarà inflazione dei prezzi.
      Per quanto riguarda il terzo, ecco un altro link utile scritto sempre da me: Non succederà niente?.
      Infine, su Sinclair, tradussi tempo fa un pezzo di North che parlava proprio delle sue "previsioni". Può trovarlo qui. A mio parere ed esperienza, direi che l'oro continuerà a salire di prezzo finché resisteranno due condizioni: il rapporto Dow-to-gold toccherà il fondo ciclico e le banche centrali non avranno una exit strategy per le loro attuali politiche monetarie ultra allentate. Questo mi porta a dire, quindi, che l'oro nei prossimi due anni al massimo vedrà i $3000. E non si scordi di Bitcoin comunque...

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    2. A tal proposito, come vedi BTC nei prossimi 5 anni, a livello di prezzo ?

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    3. Salve Davide.

      Al seguente link c'è l'ultima delle mie analisi fatta su Tradingview e dato il rimbalzo del prezzo sulla resistenza del triangolo simmetrico, la struttura è confermata. Quindi nel breve-medio periodo a mio giudizio sarà toccato quel livello di prezzo. Nel più lungo periodo, come già detto anche in un'altra intervista, non mi sorprenderebbe se l'asticella del prezzo arrivasse a $50,000, poiché in base alle distorsioni di mercato che vediamo oggi e la persistenza di un ambiente di policy assuefatto all'interventismo, i prezzi di beni scarsi non possono che andare su.
      Poi, beh, c'è chi è più ottimista di me. :)

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