Bibliografia

venerdì 21 agosto 2020

Il futuro della sterlina nel caso di un collasso del dollaro

 

 

di Alasdair Macleod

Negli articoli più recenti ho sostenuto la tesi della vulnerabilità del dollaro al verificarsi di un collasso del suo potere d’acquisto. Questo articolo si focalizza sui fattori che andranno ad incidere sul futuro della sterlina. 

La valuta inglese è molto vulnerabile ad una crisi sistemica del sistema bancario, con le banche del continente europeo che sono le più quotate sui tra le G-SIB [dall’inglese “Global-Systemically Important Banks” o “banche importanti a livello sistemico”, ndt.]. L’esecutivo britannico, nello scegliere di parteggiare per gli Stati Uniti e tagliare i legami diplomatici con la Cina, ha dato un calcio a quella che sarebbe potuta essere l’unica possibilità di non legare il collasso della sterlina a quello del dollaro.

Una possibilità di salvezza potrebbe derivare dalla Germania, nel caso in cui questa decida di abbandonare la valuta europea che sta affondando e decida di costruirne una – più solida – tutta sua, dal momento che essa possiede delle consistenti riserve d’oro. Ma per quanto ne sappiamo sinora, queste sono solo delle speculazioni sul lungo periodo.

Infine, sulla linea di quanto fatto dalla FED e dalla BCE, la Banca d’Inghilterra ha ascritto a sé una quantità di poteri circa le questioni monetarie che è superiore a quella di cui è consapevole la classe politica, essendo – questa – ignorante circa le dette questioni.

In conclusione: è altamente improbabile che la sterlina possa sopravvivere dopo il collasso del dollaro, evento – questo – che per qualsiasi serio analista di questioni monetarie più che una probabilità sta diventando una certezza.

 

Introduzione

Nei recenti articoli ho illustrato le dinamiche della scomparsa del dollaro. Una stampa di denaro sempre più consistente continua ad essere usata per tenere a galla quelle attività più colpite dalla crisi economica causata dal coronavirus, arrivata esattamente nel momento in cui c'è stato il giro di boa che dà inizio alla fase discendente del ciclo del credito (resa estremamente rovinosa a causa della soppressione del commercio internazionale mediante l’imposizione di dazi). Solo un cieco non riuscirebbe a vedere che si sta verificando quella che tutti chiamano “la fine della globalizzazione”, con tutte le conseguenze annesse e connesse. Essendo il lubrificante che consentiva gli scambi internazionali, il dollaro sta venendo sempre meno domandato dagli stranieri e verrà venduto dagli stessi; gli operatori esteri possiedono qualcosa come $27.000 miliardi in titoli statunitensi e denaro cash, una cifra che – approssimativamente – si avvicina al 125% del PIL statunitense del 2019.

Questo fatto rende il dollaro doppiamente vulnerabile a due eventi che si stanno sviluppando all’interno dei confini statunitensi: una crisi bancaria globale e una depressione. La prima fa sì che si verificherà un tentativo – quasi scontato, dal momento che la FED non ha altre opzioni – della banca centrale americana di sottoscrivere tutte le obbligazioni bancarie, mentre la seconda provocherà una risposta basata su politiche keynesiane all’ennesima potenza. Inoltre una crisi di tale portata è destinata a portare il dollaro in cattive acque per i motivi già visti, al di là di quelli legati ad esigenze di liquidità a breve termine.

La crisi economica sul punto di emergere è differente da quella del 2008, peggiorata con il crollo della Lehman, perché quella che stiamo vivendo è una crisi caratterizzata da un collasso di asset non finanziari che – a causa della loro insolvibilità – determineranno una crisi del sistema bancario nel suo complesso, mentre la crisi della Lehman Brothers era prevalentemente limitata alla diffusa speculazione sulla proprietà edilizia, fenomeno – questo – prevalentemente verificatosi negli Stati Uniti. Stiamo parlando – quindi – di un problema di liquidazione degli errori economici del passato, metastatizzati in una quantità di debito ormai abnorme. Liquidare gli errori di una speculazione esagerata in un determinato settore è molto più facile della liquidazione di un gran numero di errori che affliggono l’economia reale. 

Una nuova crisi sistemica è imminente, perché la pratica di gonfiare i prezzi degli asset finanziari attraverso la stampa di denaro porterà prima o poi ad un vicolo cieco. I segni sono già evidenti, dal momento che – per gli osservatori indipendenti – è impossibile conciliare logicamente un aumento del valore delle azioni con le attività dell’economia reale che sono sull’orlo del collasso, attività – queste – che diventano progressivamente più insostenibili ogni giorno che passa. Le banche commerciali si trovano nel bel mezzo dell’incudine e del martello della crisi, dal momento che le stesse estenderanno il credito sebbene i debiti classificati come inesigibili abbiano raggiunto un tasso di crescita mai visto prima. 

La tensione creatasi a causa della manipolazione dei mercati da parte delle autorità monetarie, non potrà far altro che risultare in una crisi sistemica che farà il paio con il collasso nel valore degli asset finanziari. Legando le loro sorti all’inflazione dei prezzi, un collasso delle valute fiat sarà impossibile da evitare. Alla fine, questa è la lezione che ci dà John Law quando – nel 1720 – il suo sistema del Mississippi cadde rovinosamente in circa sei mesi e la sua cartamoneta divenne cartastraccia. 

La ragione di tutto ciò non è difficile da capire. Un evento della portata di una crisi bancaria distrugge l’ottimismo degli investitori; un fatto – questo – che nel breve termine è risolvibile con l’apertura dei rubinetti del credito da parte dei prestatori di ultima istanza. La FED può tentare di aumentare la liquidità, ma non può eliminare le situazioni di insolvenza strutturale. Le conseguenze di tutto ciò sono che gli asset di rischio, a cominciare dai capitali di rischio, vengono venduti nello stesso momento in cui cominciano le insolvenze; e quando l’inflazione dei prezzi che supporta il sistema bancario smette di salire, i rendimenti delle obbligazioni vengono rivalutati ed i default diventano la prassi comune: le obbligazioni spazzatura diventano “spazzatura al quadrato” e quelle investment grade diventano spazzatura. Senza contare la rivalutazione dei requisiti di finanziamento del governo, assieme al costo di salvare l’economia reale: i rendimenti delle obbligazioni governative smetteranno di essere sotto il controllo della banca centrale. 

Moneta e debito, in questo contesto, sono come la materia e l’antimateria: quando si riuniscono assieme in una voragine finanziaria smettono di esistere. Una tempesta finanziaria è destinata a colpire – per primo – il dollaro, dal momento che esso è la valuta di riserva del mondo. Il suo potere d’acquisto, inizialmente misurato rispetto a quello delle altre valute, sarà poi misurato rispetto a beni e servizi reali come l’energia e altre materie prime di importanza essenziale per la vita di tutti i giorni. Il segnale di come tutto ciò avverrà viene dato dal prezzo dell’oro, il quale cresce ad un tasso sostenuto e per questo risulterà essere la causa della crisi per le banche specializzate in metalli preziosi, sulle quali già gravano perdite nell’ordine dei $38 miliardi nel solo mercato dei futures del Comex. L’unica via d'uscita degli Stati Uniti da questa situazione è quella di accettare un ritorno al gold standard. Ma questo va contro quella che è la natura della FED e del Tesoro statunitense; e darebbe un potere inaccettabile ai cinesi, i quali hanno di fatto monopolizzato il mercato dell’oro fisico. 

Di conseguenza siamo sul punto di una distruzione globale di tutte le valute fiat, che comincerà con quella del dollaro; una crisi è simbolicamente espressione del calo nella fiducia dei nostri governi, i quali stanno invariabilmente cadendo in bancarotta. E quando la popolazione di uno stato capisce che la ragione della salita dei prezzi non è, come viene spesso detto, causata dall’avidità dei capitalisti, quanto piuttosto dal calo nella credibilità delle valute fiat, è impossibile stabilizzare tale processo. 

Sebbene il destino del dollaro sembri essere segnato, viene da pensare anche al destino delle altre valute. In un modo o nell'altro, ci sono gli stessi fattori alla base delle crisi di tutte le valute fiat e la scomparsa del dollaro richiederà che i sopravvissuti a questa guerra debbano trovare un qualche elemento di solidità a loro supporto. In questo articolo ci concentreremo su come la sterlina possa programmare questo esito e se le autorità monetarie inglesi possano salvare la valuta inglese dal destino che perseguita il dollaro.

 

Illusioni a Westminister e Whitehall

Per fornire un contesto di lettura ai lettori esteri, è forse opportuno sottolineare la differenza tra questi due posti: Westminister è associato con il parlamento ed i politici, mentre Whitehall è associato agli uffici di alto livello dello stato, il servizio burocratico [nel Regno Unito, il “Civil Service” è la burocrazia permanente o sostiene il governo di Sua Maestà, ndt.] i cui uffici sono nella via di Westminister con questo nome. Il servizio civile assiste i politici nelle loro decisioni, di conseguenza entrambi i rami dell’esecutivo devono comprendere ed apprezzare le diverse soluzioni alle crisi. Con riferimento alle questioni monetarie, costoro hanno lasciato una grande discrezionalità a Threadneedle Street, il punto della città in cui si trova la sede della Banca d’Inghilterra.

La separazione fisica tra Westminister e la City è importante. Non solo gli affari in materia monetaria sono stati pienamente delegati alla Banca d’Inghilterra, ma sono state sviluppate anche delle diverse culture, con Westminister ed il ministero del Tesoro che ritengono di avere il controllo sulle questioni monetarie. Ma, come si dice, il potere corrompe e il potere assoluto corrompe in modo assoluto. Non ci sono – nei fatti – dei pesi e contrappesi in riferimento al potere della Banca d’Inghilterra sugli affari monetari; e non è possibile licenziare il suo governatore senza innescare una crisi monetaria.

La BoE è culturalmente vicina alla BCE, alla FED e alla Banca dei Regolamenti Internazionali piuttosto che a Westminister. La politica monetaria non è più focalizzata nel realizzare l’interesse nazionale, quanto piuttosto quelli dei banchieri che – ora come ora – detengono un potere maggiore di quello detenuto dalla classe politica e che hanno dato priorità ai loro di interessi. Molto tempo fa Mayer Amschel Rothschild lo disse molto chiaramente: “Lasciatemi il controllo dell’emissione di moneta e non mi importa di chi scrive le leggi”.

La situazione in Gran Bretagna fa eco a quella degli Stati Uniti negli Anni Venti. Coolidge fu l’ultimo presidente americano a favore del laissez-faire, sebbene egli non sia stato capace di riconoscere quello che Benjamin Strong stesse facendo con il potere della banca centrale americana. Costui supervisionò la manipolazione del credito insieme a Norman Montague della Banca d’Inghilterra: la rapida espansione del credito bancario e l'istituzione di un mercato dei biglietti con l'obiettivo di copiare il successo delle “case di sconto” di Londra. Il deragliamento di questo credito scoperto portò al crollo di Wall Street e alla depressione degli Anni '30.

Allo stesso modo l'anno scorso è stato eletto un governo britannico di stampo quasi libertario, determinato a gestire le storture causate da un Whitehall eccessivamente burocratico, incentrato sul processo anziché sugli obiettivi. Come Coolidge non si rendono conto che il vero potere risiede nell'odierna controparte di Montague Norman in combutta con l'odierna copia di Benjamin Strong: Andrew Bailey e Jay Powell.

Dobbiamo capire l'importanza del rapporto tra BoE e politici. Supponiamo che i ministri chiave del governo comprendano l'importanza di ritornare ad un gold standard e siano disposti a rinunciare alla possibilità di finanziare la spesa pubblica con mezzi inflazionistici. Ciò non farà altro tagliare i ponti con i consulenti del servizio civile, tutti neo-keynesiani incalliti. E la BoE combatterà fortemente per resistere, perché un gold standard rimuove il potere della Banca stessa. Ciò rende estremamente improbabile che il governo britannico, qualora decida una svolta improntata al libero mercato, possa sottrarsi ai finanziamenti inflazionistici, anche in caso di un crollo monetario. E la situazione attuale si sta deteriorando rapidamente, troppo rapidamente perché dei rapporti controversi tra Westminster, Whitehall e la BoE possano far riprendere il controllo su una moneta in rovina.

Una possibile via di fuga è stata preclusa nelle ultime settimane, dal momento che i britannici si sono schierati con gli Stati Uniti e quindi contro la Cina e la sua situazione economica più promettente. Le politiche economiche della Cina sono tutt'altro che ideali se analizzate nel framework teorico del libero mercato. La Cina è messa nella stessa situazione di tutte le altre principali nazioni, e fa affidamento su finanziamenti inflazionistici per sviluppare le proprie infrastrutture, nonché le comunicazioni e le strutture di trasporto panasiatiche. Ma almeno la sua valuta è sostenuta da un alto tasso di risparmio, pari a circa il 45% circa, fatto – questo – che oltre a ridurre la tendenza all'inflazione dei prezzi derivante dall'inflazione monetaria, fornisce il capitale necessario per gli investimenti nella produzione.

Una propensione al risparmio è stata la caratteristica distintiva dell’economia e del marco tedesco durante il secondo dopoguerra, così come per quanto riguarda lo yen giapponese; un destino – questo – che è ora condiviso dallo yuan cinese. E a differenza della Gran Bretagna e dei suoi alleati, gli oneri del debito a causa dei servizi sociali statalizzati della Cina sono minimi, quindi i futuri costi del governo sono più facili da controllare.

Il Regno Unito ha deciso di schierarsi con il potere in declino di ieri per motivi democratici e culturali, nonché in ragion della "relazione speciale". Ha respinto un'alleanza con la più dinamica delle maggiori potenze, che – con la Russia come suo alleato – sta rapidamente diventando la superpotenza del mondo, dominando l'Eurasia e l'Africa. Di conseguenza non c'è dubbio che gli eventi attuali, istigati dall'America, abbiano dato alla Cina ciò che vuole davvero: la libertà dall'egemonia americana e dalla sua valuta sopravvalutata. Ora può far progredire la sua economia, grazie ai suoi risparmiatori, mentre gli Stati Uniti continuano a distruggere la loro attraverso consumi sconsiderati e inflazione monetaria.

Inoltre la Cina ha monopolizzato il mercato dell'oro fisico; scacco matto per le valute fiat. E non solo gli Stati Uniti troveranno intellettualmente difficile tornare all'oro e praticamente impossibile tornare ai necessari bilanci in pareggio, ma tutto ciò che promuove l'oro gioca la partita della Cina: l'America perde quindi ogni speranza nella guerra finanziaria condotta contro la Cina.

 

Le banche britanniche sono particolarmente a rischio

Sulla base del suo ruolo preminente nel commercio, per circa 200 anni la città di Londra è stata un importante centro in Europa per la finanza internazionale. La metà di quel tempo è stata trascorsa nel contesto monetario di un gold standard tra le guerre napoleoniche e la prima guerra mondiale. A seguito di quest'ultima, New York è diventata sempre più potente mentre Londra ha ceduto il passo. Dopo la seconda guerra mondiale e la discesa della Gran Bretagna nelle pratiche interventiste e nei controlli sui cambi, Londra è diventata meno rilevante fino all'era Thatcher, quando la rimozione dei controlli sui cambi e la ristrutturazione del potenziale produttivo della City hanno reso Londra di nuovo pienamente rilevante per la finanza globale.

La massiccia espansione delle attività finanziarie dalla metà degli anni ottanta riflette l'approccio britannico non nazionalistico nei confronti delle imprese. Nel contesto europeo, questo è il motivo per cui i nazionalisti di Francoforte e di Parigi, dando la preferenza ai campioni nazionali, non hanno mai potuto competere, e il motivo per cui le banche europee hanno scelto Londra come sede per basare le loro attività di prestiti e investimenti bancari non nazionali.

Un collasso generale della valuta fiat spazzerà via praticamente tutte le attività finanziarie esistenti a Londra: derivati ​​“over-the-counter”, finanza commerciale, obbligazioni ed eurobond, azioni - queste saranno solo alcune delle perdite. Per quanto riguarda il governo del Regno Unito, le entrate fiscali derivanti da queste attività rappresentano oltre il 10% del suo reddito totale e il loro fallimento genererà immediatamente un deficit di bilancio corrispondente - praticamente impossibile da finanziare in queste condizioni. L'altro lato della medaglia è ciò che accadrà al sistema bancario del Regno Unito in un collasso sistemico globale, a cui il Regno Unito è molto esposto a causa della sua preminenza finanziaria.

Secondo il database della Banca d'Inghilterra, il totale degli asset in sterline e in valuta estera delle istituzioni finanziarie al 31 maggio ammontava a £8.120 miliardi, 3,6 volte il PIL del Regno Unito. In una crisi bancaria il governo non avrebbe altra scelta che nazionalizzare queste risorse o in alternativa sottoscrivere le perdite sui prestiti nella loro totalità. Inoltre, senza il continuo supporto di valori stabili degli asset finanziari – cosa che è inconcepibile a seguito di una crisi sistemica di qualsiasi entità – le passività nette saranno scoperte e le perdite si accumuleranno. In altre parole, se in questo contesto inflazionistico i mercati azionari crolleranno e saliranno i rendimenti obbligazionari, il governo sarà esposto ad ulteriori perdite catastrofiche.

La banca dati della Banca d'Inghilterra non include attivi e passivi delle filiali estere degli istituti finanziari, cifre, queste, che rappresentano un ulteriore onere sostanziale. Non aspettatevi la loro inclusione automatica in nessun pacchetto di salvataggio. Queste perdite dovranno essere affrontate in altri centri finanziari e dato che i centri offshore non dispongono di reti di sicurezza per i depositanti, le perdite e le conseguenze saranno considerevoli. Né tali salvataggi includono il sistema bancario ombra, i cui numeri stimati dall'Ufficio per le statistiche nazionali aggiungono ulteriori £2.200 miliardi.

Vi è un'ulteriore complicazione, ovvero il divorzio delle attività cinesi dall'Anglosfera, che interessano sia HSBC che Standard Chartered, due grandi banche britanniche con importanti attività cinesi e legate, in generale, all’estremo oriente. La politica della situazione è in contrasto con la realtà finanziaria e le critiche al regime non democratico della Cina rischiano di finire in un tentativo di salvataggio di queste banche da parte della BoE e del Tesoro inglese, mentre gli affari in rapida scomparsa lasciano gli inglesi a detenere le rimanenti passività.

 

Il contesto della Brexit

Il Regno Unito sta negoziando condizioni commerciali con l'UE da applicare dopo il periodo di attuazione che scade alla fine di quest'anno. La promessa di un futuro basato su un gold standard, che certamente si accorda con le intenzioni del Primo Ministro, si incarna nei principi del libero scambio. Vengono proposti porti liberi. Con i membri del Commonwealth è possibile negoziare facilmente delle condizioni vantaggiose con buona volontà da entrambe le parti, e gli accordi con il Giappone e la Corea del Sud possono essere semplicemente rinnovati. Ma la prospettiva di un accordo accelerato con gli Stati Uniti potrebbe risultare meno probabile, con il presidente Trump sempre più distratto dalle preoccupazioni interne in questo suo anno elettorale.

La mancanza di un accordo commerciale con l'UE è una minaccia per il Regno Unito minore di quanto si pensi comunemente, chi ci perde è di gran lunga l'UE. Tuttavia il Regno Unito è ancora obbligato finanziariamente ai programmi economici dell'UE. Secondo “Brexit Central”, nell'ambito dell'attuale quadro finanziario pluriennale, la Gran Bretagna potrebbe essere agganciata per crediti finanziari fino a €478 miliardi. Più importante è il rischio di controparte nel sistema bancario britannico in caso di crisi bancaria dell'UE.

Nel Grafico 1 le banche di rilevanza sistemica globale (GSIB) in Europa e nel Regno Unito sono evidenziate in giallo. Le banche più fortemente indebitate si trovano nell'area Euro, dal momento che le attività di bilancio totali vengono confrontate con la capitalizzazione di mercato del patrimonio netto delle banche. Delle quindici più altamente indebitate, solo tre banche non sono europee e tutte e tre le GSIB britanniche rientrano in questa categoria.

La più esposta dei GSIB è Société Generale, attualmente con degli asset che sono oltre 100 volte la sua capitalizzazione di mercato. Le difficoltà delle principali banche private tedesche, Deutsche e Commerzbank (non una GSIB), sono state ampiamente trattate, così come quelle delle banche italiane, spagnole e greche. Quando una crisi sistemica colpisce i mercati globali, ci sono buone probabilità che inizi in quelle nazioni che cadono nel fuso orario europeo, per il quale Londra rimane il centro finanziario di riferimento.

 

Non è solo una questione di COVID-19

Finora la spesa pianificata in relazione al coronavirus ammontava a £190 miliardi stimati, circa il 7% dell’aggregato monetario M1. La speranza è che una volta superata la crisi, l'economia tornerà alla normalità, la cosiddetta “ripresa a forma di V”. Man mano che questa prospettiva si allontana, gli uomini d'affari rivedranno le loro previsioni e la maggior parte chiuderà o ridimensionerà le proprie operazioni.

Lo scopo del programma di ricollocamento era quello di colmare una ripresa a forma di V e prevenire la disoccupazione di massa, ma che termina in ottobre, avendo tenuto fuori dalle statistiche sulla disoccupazione oltre nove milioni di persone. A meno che non ci sia una sorta di miracolo, molti di questi saranno disoccupati quando, o anche prima che finisca il programma per il blocco dei licenziamenti.

La spesa extra per il programma di licenziamenti e altri sussidi è stata coperta dal programma di Quantitative Easing da £200 miliardi della Banca d'Inghilterra su base una tantum. Senza dubbio, man mano che la situazione si evolverà, occorreranno ulteriori finanziamenti che seguano questo pattern, altrimenti i costi di finanziamento aumenteranno rapidamente.

Dopo aver fatto una dormita ed aver riflettuto su una “ripresa a forma di V”, non è chiaro come il governo pianifichi la sua uscita. I governi commettono quasi sempre l'errore di pensare che esista una normalità economica alla quale si può tornare al netto di una situazione precedente. Questo è il presupposto alla base della misurazione statistica e della modellizzazione economica. Invece le economie sono dinamiche, tranne che in un regime totalitario in cui tutto è razionato da un comitato centrale. Ma sappiamo che questo è un discorso che non funziona, come dimostrato quando è caduto il muro di Berlino.

Non esiste quindi uno stato economico "normale" a cui tornare. Sovvenzionare le imprese esistenti e fornire personale è un onere imposto al sistema economico che impedisce allo stesso di sostenere i necessari cambiamenti nella produzione al fine di soddisfare i consumatori, che avranno cambiato le loro esigenze e desideri. Ad esempio, se il coronavirus viene domato e tutte le interazioni sociali torneranno ad essere come prima, è ragionevole presumere che i consumatori non si riverseranno in massa sul mercato per richiedere dei SUV di lusso, ma i produttori hanno investito pesantemente la loro produzione in questa direzione negli ultimi vent'anni. Prima del lockdown, i rivenditori ritenevano necessario avere filiali in ogni città e in ogni centro commerciale, al fine di garantire e mantenere la quota di mercato. Le loro priorità sono ora cambiate da questi obiettivi strategici alla conservazione del capitale.

Per essere onesti, Rishi Sunak, il Cancelliere, sembra comprendere questo punto e ha reso disponibile finanziamenti senza interessi alle piccole e medie imprese. In parte, questo verrà utilizzato per stabilizzare le proprie finanze, ma offre agli imprenditori l'opportunità di finanziare nuove iniziative. Ma anche in questo caso, il capitale sovvenzionato viene di solito utilizzato solo una tantum piuttosto che per finanziare un'impresa sistematicamente, portando ad investimenti improduttivi smascherati dal prossimo ciclo del credito.

Ma c'è una cosa chiara: anche con un governo dominato da ministri più libertari di qualsiasi altro sin dall'era Thatcher (e quindi solidale con le soluzioni del libero mercato), non esiste un piano di uscita che riconosca pienamente il ruolo dei mercati liberi. La spesa pubblica in proporzione al PIL è aumentata, aumenterà ulteriormente ed è improbabile che scenda. Né vi è alcuna comprensione dell’esplicitarsi del ciclo del credito e delle sue conseguenze a livello globale. Viene dimenticato il rallentamento del commercio globale, che per una nazione imprenditoriale è di vitale importanza. Per diversi motivi, quindi, la crescente crisi del dollaro si sta ripercuotendo anche sulla sterlina.


Può la sterlina evitare il destino del dollaro?

La soluzione economica per preservare la valuta può essere facilmente descritta. Il problema è se i policymaker la riusciranno a capire dopo decenni di intervento keynesiano ed inflazione. Non solo le teorie di Keynes devono essere eliminate, ma anche l'intero paradigma macroeconomico. E deve esserci un'accettazione inequivocabile del fatto che il ruolo dello stato deve essere ricondotto solo alla difesa della nazione, alla disposizione di legge e ordine, e al mantenimento di un diritto contrattuale chiaro e semplice. Le tasse devono essere sostanzialmente ridotte, ma anche i bilanci devono essere mantenuti in pareggio e quindi il livello di spesa pubblica ridotto. Il socialismo deve essere abbandonato e le persone devono poter costruire e mantenere la propria ricchezza.

Il fatto che tale risultato possa essere raggiunto senza passare ad un gold standard è stato dimostrato in Germania in seguito al crollo del marco nel 1923, e di nuovo in Germania nel 1948 quando Ludwig Erhard pilotò la nazione dalla distruzione del dopoguerra a diventare la nazione europea più ricca dal tempo della sua riunificazione. La sua ricetta era semplice: rimuovere il controllo dell'economia dalle amministrazioni militari alleate e restituirlo al popolo.

La Germania aveva stabilità monetaria senza oro, ma in base all'accordo di Bretton Woods il dollaro rappresentava un'ancora, direttamente (o indirettamente nel caso delle colonie della Gran Bretagna e della Francia) al metallo giallo. La Germania usò questo spazio di respirazione per costruire le proprie riserve auree. La bassa spesa pubblica, una crescente cultura del risparmio e un aumento delle esportazioni permise agli scambi esteri di fissare con sicurezza un tasso per il marco, dandogli ulteriore credibilità. Ma oggi tale stabilità di cambio non esisterà quando il dollaro crollerà, ad eccezione di quelle nazioni che intraprendono un'azione monetaria adeguata.

Pertanto un presupposto per stabilizzare la valuta senza oro è che vi siano altre valute stabili. Dopo che questa crisi spazzerà via le valute puramente fiat, richiederà quindi un ritorno al sostegno aureo per i pochi sopravvissuti. La Gran Bretagna vendette stupidamente la maggior parte del suo oro quando Gordon Brown era Cancelliere dello Scacchiere e le rimangono solo 310 tonnellate. Stiamo parlando quindi di £8.600 l'oncia se prendiamo come riferimento l'aggregato monetario M0, posizionandosi in svantaggio rispetto ai vicini europei.

Vale la pena di notare che Germania, Francia ed Italia hanno riserve auree significative. Una soluzione sub-ottimale per loro sarebbe quella di trasferire tali riserve alla BCE e utilizzarle per stabilizzare l'euro. Inutile dire che si possono avere soluzioni migliori. La BCE ha dimostrato, con le sue politiche monetarie, di dipendere interamente da un denaro non sano, con il quale sta distruggendo il sistema bancario della zona Euro. La sua gestione è incapace di essere rieducata e dovrebbe essere smantellata prima che faccia più danni.

Nel frattempo la Bundesbank è stata costretta a tacere sulla questione, nonostante abbia all'interno della BCE alcuni uomini influenti, ma per loro assumere il controllo della politica della BCE sarebbe politicamente divisivo, rendendo praticamente impossibile garantire stabilità monetaria.

La scelta pratica sarebbe quella di ritirarsi. La politica tedesca, la cui esperienza è stata forgiata da due crolli valutari negli ultimi cento anni, suggerisce fortemente che la Germania dovrebbe abbandonare l'euro ed avere una propria valuta coperta dall'oro. Questo rappresenterebbe uno sviluppo importante, che porterebbe ovviamente alla distruzione dell'euro. Ma con il crollo del dollaro e l'attuale gestione della BCE, sarebbe comunque visto come un risultato sempre più probabile.

Se un nuovo marco tedesco avesse un supporto in oro, i Paesi Bassi probabilmente si unirebbero per formare il nucleo di un nuovo blocco. Francia e Italia hanno le riserve auree, ma mancano di una disciplina fiscale tale che permetta loro un certo controllo sui loro bilanci. In ogni caso, in Europa potrebbe emergere un denaro solido, nel qual caso le giuste politiche economiche nel Regno Unito potrebbero avere la possibilità di stabilizzare la sterlina, perché ci sarebbe una base di valutazione comparativa sugli scambi con l'estero ed un collasso del sistema monetario potrebbe essere evitato. Ma tra il dire ed il fare c'è di mezzo il mare, e l'implementazione di un tale sistema solido è altamente improbabile.


Conclusione

Nonostante abbia il governo più libertario negli ultimi quarant'anni, non vi è alcun segno che tutti i ministri più anziani capiscano davvero le questioni monetarie. Inoltre, affidando la responsabilità del denaro alla Banca d'Inghilterra, a Westminster e Whitehall si ha la sensazione che non ci sia preoccupazione di come la Banca raggiunga obiettivi concordati sulla disoccupazione e sull'inflazione dei prezzi. Il risultato è che la Banca è ora più potente dell'esecutivo, pianificando politiche monetarie con altre banche centrali anziché a beneficio diretto delle Isole britanniche.

La Gran Bretagna affronterà un momento difficile nei prossimi mesi. Una crisi bancaria globale può essere prevista, richiedendo al governo e alla BoE di sostenere tutti gli obblighi bancari. Le politiche monetarie distruttive della BCE, con le quali la BoE è stata complice, dovrebbero spingere la Germania a ristabilire il marco, coprendolo con l'oro per formare il nucleo di un nuovo sistema monetario europeo solido. Purtroppo non c'è garanzia di questo risultato.

Inoltre, sottomettendosi alla politica anti-cinese degli Stati Uniti, la Gran Bretagna ha eliminato l'unica possibile linea di vita economica e monetaria a sua disposizione. Chiaramente nessuno al governo pensa che questo sia davvero importante, mostrando una mancanza di visione strategica.

Sarà il coraggio dei britannici su cui dovremmo fare affidamento se vogliamo preservare la salute della valuta.


[*] traduzione di Giordano Felici per Francesco Simoncelli's Freedonia: https://www.francescosimoncelli.com/


3 commenti:

  1. Un vero mattone e pieno di contraddizioni che rendono l'intera costruzione dogmatica oltre che poco credibile. Un esempio eclatante è quella sulla presunta predominanza cinese che nei dati semplicemente non trova nessun riscontro, ma anzi è un'interpretazione decisamente fuorviante dei fatti. La Cina è stata in effetti affamata d'oro per anni più di qualunque altro paese, ma le sue riserve risultano a dir poco modeste. Non solo, l'autore cita questo schema rosso di ponzi (come lo definisce il grande Stockman) come esempio di virtuosismo per via delle sue (modeste in proporzione alla dimensione della loro economia) e del loro risparmio, insomma se bastasse questo a misurare la solidità economica di un paese la nostra povera Italia dovrebbe essere la regina d'Europa! Per quanto concordi pienamente sui giudizi espressi verso le banche centrali e sudditanza mista ignoranza dei vari governi, anche qui la stortura sembra palese quando si denuncia la fragilità del sistema bancario britannico per poi esaltare la solidità tedesca. Apparte il sistema bancario in gran parte nazionalizzato e per la restante moribondo, l'ipotesi che la Germania esca dall'Euro in parallelo con una grave crisi della globalizzazione stessa fa a pugni con la logica visto che questo paese senza l'export garantito da Euro e globalizzazione finirebbe letteralmente in ginocchio. Per finire la presunta fine del dollaro come valuta di riserva per non parlare poi come valuta in quanto tale mi sembra una teoria fantamonetaria. Il presunto crollo del dollaro contro quale valuta dovrebbe verificarsi? Perchè io di valute messe meglio francamente non ne vedo, magari verso il bitcoin, ma di certo non verso Euro, Sterlina o Yen, insomma un'apocalisse che ad oggi mi sembra alquanto improbabile. Anche qui le presunte evidenze risultano opposte alla realtà, fuorvianti, insomma balle, in quanto i dati parlano d'investitori stranieri che hanno fatto incetta di debito americano, quindi di dollari, negli ultimi mesi e che questa tendenza eccetto per quanto riguarda la Cina, non ha per niente invertito la sua tendenza. Insomma la domanda di dollari in giro per il mondo resta decisamente sostenuta, l'esatto contrario di quanto sostiene l'autore per supportare la sua improbabile tesi.

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    1. Salve Giacomo.

      La pars destruens del ragionamento di Macleod è la cosa che mi ha sempre attirato nei suoi scritti; per quanto riguarda la pars costruens ho puntualizzato altre volte che su criptovalute e Cina, Macleod ha una visione poco chiara delle cose. Inutile sottolinearlo, lavora per Goldmoney quindi deve un po' tirare acqua al suo mulino piazzando il metallo giallo in cima a tutte le soluzioni percorribili, quando invece è Bitcoin al momento la soluzione migliore per proteggere i propri risparmi (e in secondo luogo l'oro e l'argento). La tesi di Macleod, che non condivido, è quella che un giorno Pechino possa inaugurare una sorta di Bretton Woods 2.0. È facile vederne le lacune ovviamente, soprattutto perché un gold coin standard al giorno d'oggi è impensabile (non solo per l'implementazione effettiva ma anche per una sua persistenza nel tempo, visto che sarebbe sempre sotto la scure dello stato).

      Su Germania invece, la vedo possibilista la cosa poiché potrebbe benissimo prendere accordi con UK (così come quest'ultima potrebbe rimettere in piedi i vecchi accordi del Commonwealth). Voglio dire, la Brexit ha dimostrato che c'è vita dopo l'UE e che non bisogna affatto stracciarsi le vesti per una disintegrazione della moneta unica europea. Anche sul dollaro sono possibilista, anche perché il destino di tutte le monete di riserve mondiali è stato sempre lo stesso: essere sostituite. È accaduto a Spagna, Portogallo, Olanda, ecc. Inoltre non sottovaluterei forze interne agli USA che puntano sulla Cina come punto di riferimento per il futuro prossimo. Adesso sarà interessante vedere come le bacnhe centrali si comporteranno con le CBDC...

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  2. La tendenza qui è quella di difendere il capitalismo, giustamente, accusando solo i monetaristi del disastro messo in essere in questi anni di politiche ultra espansive e stampanti roventi. Personalmente in parte condivido questa visione, ma non essendo limitato da nessun dogma nel mio piccolo vedo una situazione decisamente diversa. Prima di tutto non c'è, almeno per ora e da anni, nessuna inflazione dei prezzi, ma una deflazione da debiti. L'unica inflazione andata sotto controllo è quella dei mercati finanziari e dei bilanci delle banche centrali, ma in realtà esistono soluzioni più semplici e realistiche alla presunta fine delle valute fiat: lasciare che i mercati crollino e cancellare il debito pubblico detenuto dalle banche centrali. Mi spiego, cosa succederebbe se solo le FAANG e magari pochi altri tipo TESLA perdessero il 90% del loro valore? Visto che parliamo di trilioni che andrebbero bruciati ecco che sparirebbero quantità enormi di valuta fiat stampata che andrebbero ad eliminare quella minacciosa inflazione che alcuni autori qui si ostinano a richiamare come fine del mondo come lo conosciamo. Idem per il debito pubblico, se la FED ha in pancia qualche trilione di TBond prima di tutto non dovrebbe preoccuparsi degli interessi da pagare su questo debito, ma anche la sua cancellazione in teoria ridurrebbe la base monetaria senza creare alcun trauma macroeconomico. Beh certo che se pensiamo alla FED come banca privata, cosa tanto reale quanto paradossale nei fatti, questa lettura potrebbe essere sbagliata, ma imporre a questa banca la perdita sarebbe il modo migliore per mettere a posto i vari eredi e compagni di clan del sig. Mayer Amschel Rothschild. Tornando al crollo delle inflazionatissime quotazioni di mercato, magari infilandoci dentro anche tutto o gran parte delle zombie companies alimentate da questo sistema (presunto keynesiano, che di keynesiano non ha nulla nei fatti) sicuro creerebbe problemi a tutti, ma la stragrande maggioranza delle perdite sarebbe scaricata sulla schiena di chi se lo può permettere, ovvero i super capitalisti del globo. Secondo i dati ufficiali e freschi il 10% degli americani possiede l'84% del valore di borsa, mentre il restante 90% della popolazione ha solo il 16%, forse sia il dollaro che gli stati uniti sopravviveranno se i poveri Gates, Besos, Musks e compagnia bella passeranno dall'avere 90 billion a soli 10 che ne dite? Altro che andare dietro ai Cinesi su, al pari dei tedeschi la crisi della globalizzazione tocca più da vicino chi vende di chi compra, difficile ipotizzare che la Cina in questo contesto riesca a far meglio, anzi praticamente impossibile. Viva il capitalismo vero, quello sano, quindi nulla da identificarsi con il Dragone e neanche con questa metastasi creata dalle banche centrali occidentali per deviare risorse dal capitalismo produttivo a quello clientelare. Mi preparo per essere ricoperto d'insulti per le miei bestemmie, ognuno la pensa come vuole, infondo siamo sul sito di Freedonia!

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