giovedì 20 agosto 2020

I segni di una “cinesizzazione” dell'economia europea alimentano l'ennesima frenesia degli investitori

 

 

di Brendan Brown

L'emergere del Piano europeo di ripresa, che ha preso forma definitiva durante i negoziati a Bruxelles (18-21 luglio), ha corso insieme all'euro e ai titoli di stato italiani, unendosi ad una più ampia frenesia degli asset nel mezzo di un'economia globale ancora depressa . Gli investitori alla spasmodica ricerca di rendimenti decent in un mondo di repressione monetaria, stanno inseguendo l'ennesima narrativa nebulosa, questa volta sull'Europa, anche se i narratori chiave hanno un evidente interesse ad ammaliare un vasto pubblico.

Come esempio calzante, una delle principali banche d'investimento statunitensi, i cui ex-impiegati includono potenti funzionari in banche centrali europee e ministeri delle finanze, ci sta dicendo che gli "stimoli giganti", sostenuti in una certa misura da Germania e Paesi Bassi, promettono una "nuova alba" per l'UE e l'euro. Di conseguenza i commentatori finanziari descrivono una fuga precipitosa di fondi globali (investitori retail italiani assenti) in titoli di stato italiani (rendimenti decennali ora scesi all'1% rispetto al 2,4% a metà marzo) e nell'euro (oltre $1,17/euro alla fine di luglio rispetto a $1,10 alla vigilia dello scoppio dell'epidemia).

Se c'è una nuova alba, è per la cinesizzazione dell'Europa: stimoli "made in China" somministrati ad un sistema finanziario gravemente in difficoltà e mantenuto integro dalla repressione finanziaria e monetaria. Stimolo qui significa che gli stati e le banche sostengono una serie di progetti di investimento selezionati che devono essere perseguiti da imprese pubbliche designate. I giudici in Europa saranno una nuova sottocommissione a Bruxelles, con pochissima responsabilità a quanto pare, nonostante i migliori sforzi olandesi. La buona notizia (cattiva per gli speculatori a Tokyo e oltre) è che la resistenza olandese potrebbe ancora riuscire a sabotare il treno dell'UE prima che viaggi molto più in quella direzione.

Tornando alla narrativa mainstream: l'UE ha ora messo insieme le sue azioni, attuando nell'arco di sette anni (2021-27) un programma di spesa cumulativa pari a €750 miliardi, circa il 5,5% del PIL (UE) di un anno, di quale un terzo sarà per progetti cosiddetti "green". La Germania e l'Olanda, i maggiori contributori netti al bilancio dell'UE, hanno ritirato le loro tradizionali polemiche sulla "mutualizzazione del debito". Per il prossimo decennio questi due Paesi trasferiranno gradualmente fondi dal bilancio dell'UE per compensare gran parte della componente di aiuto (€390 miliardi) nel piano di ripresa. Il finanziamento dello “stimolo” (comprensivo dell'erogazione di finanziamenti agevolati per progetti imprenditoriali pari a €360 miliardi), avverrà tramite l'emissione di speciali obbligazioni UE garantite congiuntamente da tutti i Paesi membri; ciò dovrebbe rivelarsi un investimento molto interessante per i money manager globali. Il sostegno tedesco e olandese, insieme al gigantesco "programma pandemico" della BCE di acquisto di obbligazioni (QE) e prestiti diretti alle banche (LTRO), dissipa lo spettro di una crisi di solvibilità per banche e stati sovrani più deboli.

Insomma, secondo i narratori mainstream, il sogno eurocratico dell'euro che vince sul dollaro sta per diventare realtà. Ci dicono che queste nuove obbligazioni europee verranno accolte molto bene dagli investitori globali alla ricerca di un'alternativa liquida e sicura a quelle denominate in dollari, fino ad ora in "offerta scarsa" (strano quando lo stock totale dei titoli di stato francesi da solo è superiore a €2.800 miliardi, con rating di credito simile e rendimento negativo). Per inciso, la principale banca d'investimento statunitense e le sue altre compagne di viaggio in Europa, che incoraggiano il ​​piano dell'UE, sarebbero in prima fila per le commissioni su questi €750 miliardi di emissioni obbligazionarie dell'UE.

Anche così, meglio non dire gatto se non ce l'hai nel sacco, dato come potrebbe emergere una crisi del debito globale con il suo epicentro in Europa prima che finisca questa recessione o addirittura depressione. Gli investitori globali potrebbero ancora aprire gli occhi e vedere il panorama della post-epidemia attraverso una lente diversa da quella fornita dai narratori mainstream felici per il piano di ripresa europeo.

Le economie vincenti dopo questa epidemia saranno quelle in cui il processo di distruzione creativa guidato dalle forze del libero mercato genererà opportunità d'investimento su una scala tale da portare una rivoluzione di prosperità. Il piano di ripresa che la UE ha ora elaborato va nella direzione opposta. I narratori mainstream affermano che l'elevato componente "green" farà conquistare all'Europa una posizione di leadership nei settori dei combustibili rinnovabili e della protezione ambientale; la stessa logica che ha guidato i programmi di mega-stimolo di Obama nel 2009-10.

Ci sono già motivi di scetticismo visti gli intensi negoziati intra-UE per un approccio top-down, secondo cui i fondi dovrebbero essere erogati in modo sproporzionato nei Paesi che hanno sofferto maggiormente l'epidemia, un processo che ha portato la Polonia ad ottenere la quota maggiore relativa alla dimensione della sua economia. L'Italia è sulla buona strada per ottenere circa il 20-25% dell'esborso totale (equivalente cumulativamente a circa il 10% del PIL di un anno), la componente di aiuto nel periodo 2021-23 e la componente di prestito agevolato più avanti. C'è una certa enfasi sul rinnovamento del settore sanitario, una sfida impossibile date le possibili penetrazioni della mafia negli ospedali per operazioni di riciclaggio di denaro.

Questi esborsi di fondi di per sé non miglioreranno la qualità del credito dei titoli di stato italiani, a meno che per qualche miracolo non trasformino in meglio l'economia italiana. (Sì, l'erogazione di aiuti e prestiti può essere interrotta se un Paese membro obietta che il beneficiario non rispetta gli orientamenti dell'UE sulla sua politica di bilancio, ma questo non è certo un serio freno.) Il debito pubblico italiano in percentuale del PIL è destinato a salire al 155% l'anno prossimo, dal 135% alla vigilia dell'epidemia, indipendentemente dal piano di ripresa economica dell'UE. Per ora le obbligazioni italiane sono la mania globale, l'equivalente moderno, forse, degli enormi acquisti speculativi di banconote reichsmark nei primi anni '20. Ma c'è uno spettro che infesta l'Europa: quei risparmiatori del nord Europa, in particolare Olanda e Germania già appesantiti dalla repressione monetaria (sintomatizzata da tassi negativi) imposta dalla BCE, continueranno a rimanere quiescenti soprattutto quando il flusso di plusvalenze su scommesse ad alto rischio si trasformerà in perdite?

La resistenza olandese all'accordo UE e la sua conquista di una riduzione sostanziale della componente di aiuto, si scontrano con l'opinione che la strada per la solidarietà europea è ora chiara. Infatti potrebbe benissimo essere che la cancelliera tedesca Merkel fosse sotto alcuni aspetti il ​​burattinaio della resistenza olandese, usandola per spingere con forza per la riduzione degli aiuti, che il suo stesso partito (CDU/CSU) sarebbe felice di assecondare dato il forte antagonismo al finanziamento della generosità UE anche tra l'elettorato tedesco. Le elezioni generali sono previste entro un anno sia in Germania che in Olanda.

Quelli che acclamano la frenesia dell'euro sulla base del fatto che la resistenza olandese è stata spezzata, non lasciando più seri ostacoli all'unione fiscale, hanno torto. Non c'è nulla nel piano di ripresa che induca l'Olanda o la Germania ad intervenire e garantire i debiti degli altri Paesi membri dell'UE (oltre al finanziamento del piano stesso). La principale area di solidarietà dell'UE è ora la BCE, la quale espande il suo gigantesco bilancio per finanziare i prestiti a banche deboli e stati deboli.

Anche qui la solidarietà non è garantita che sia permanente e può essere revocata. La Germania o l'Olanda, e addirittura l'Austria o il Lussemburgo, possono ancora abbandonare con effetto retroattivo le operazioni di solidarietà della BCE. Ognuno di questi Paesi membri può uscire dall'unione monetaria europea e convertire solo i depositi e i titoli di stato dei propri residenti in una moneta nazionale, lasciando quindi ai non residenti il peso delle perdite sui crediti. Qualunque sia la narrativa mainstream, la repressione finanziaria e monetaria amministrata dalle élite dell'euro non è un presidio così forte come nel caso del comando comunista cinese.

 

[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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