giovedì 9 luglio 2020
Per impedire problemi con l'inflazione dei prezzi abbiamo bisogno di maggiore produzione
di Thorsten Polleit
La scienza dell'economia è diversa dalla scienza naturale. Nella scienza naturale è possibile rilevare regolarità sotto forma di "Quando A, quindi B", o "Se A aumenta di x%, B cambia di y%". Di conseguenza nella scienza naturale è, in linea di principio, possibile elaborare previsioni quantitative più o meno affidabili. Ciò è impossibile in economia, poiché non esistono regolarità quantitative o costanti comportamentali nel campo dell'azione umana paragonabili a quelle che si possono trovare nella scienza naturale. Persone diverse, e persino le stesse persone, in momenti diversi della loro vita reagiscono in modo diverso allo stesso stimolo esterno.
Allo stesso tempo esistono leggi economiche inesorabili come la legge della domanda e dell'offerta, o la legge dell'utilità marginale decrescente. Queste leggi regolano l'azione umana e possono essere derivate logicamente dalla proposizione irrefutabilmente vera che "gli esseri umani agiscono". È in questo senso che possiamo conoscere l'esito di vari modi di agire in termini qualitativi, ma non quantitativi. Prendiamo ad esempio il caso della banca centrale che aumenta la quantità di denaro nell'economia.
Più soldi nelle mani degli esseri umani agenti, a parità di altre condizioni, porteranno ad un calo dell'utilità marginale in base all'unità monetaria aggiuntiva ricevuta, il che significa che altri oggetti vendibili, dal punto di vista dell'attore di mercato, guadagneranno in utilità marginale. Questo, a sua volta, porta l'essere umano agente a scambiare la sua unità monetaria, che considera di valore inferiore, con gli articoli vendibili che considera di valore più elevato. E man mano che viene scambiato più denaro con beni e servizi, i prezzi in denaro di tali beni e servizi aumentano. Questa legge economica si farà sentire inevitabilmente nella vita reale.
Tuttavia potrebbe non essere sempre facile rilevarla, poiché nella vita reale la legge della riduzione dell'utilità marginale del denaro avviene in "condizioni speciali". Ad esempio, l'aumento della quantità di denaro può essere accompagnato da un aumento della domanda di denaro (per qualsiasi motivo). In tal caso l'aumento della quantità di denaro potrebbe non essere accompagnato da un aumento dei prezzi monetari dei beni e servizi, poiché l'aumento della domanda di denaro, la "condizione speciale", impedisce ai prezzi dei beni di salire. Ovviamente sarebbero aumentati se non fosse stato per l'aumento della domanda di denaro. Ciò ha importanti implicazioni per le previsioni sull'inflazione dei prezzi.
Un motivo per preoccuparsi dell'inflazione
In reazione al lockdown, le banche centrali stanno sfornando quantità sempre maggiori di denaro. Negli Stati Uniti, ad esempio, la Federal Reserve (FED) monetizza il debito americano su una scala senza precedenti. Non solo la base monetaria sta crescendo sostanzialmente, ma anche gli aggregati monetari M1 e M2: a metà maggio 2020 M1 era cresciuta del 31,4% anno su anno (a/a), M2 del 22,3% a/a. Inutile dire che tutto ciò è decisamente inflazionistico. Gli economisti tradizionali minimizzano qualsiasi preoccupazione a tal riguardo, affermando che la "velocità della moneta" è diminuita, quindi l'aumento dell'offerta di moneta non farà salire i prezzi dei beni.
Ciò che hanno in mente è la cosiddetta equazione dello scambio: M * V = Y * P, dove M = stock monetario, V = velocità del denaro, Y = produzione e P = livello dei prezzi. La velocità del denaro, la frequenza con cui un'unità monetaria viene utilizzata per finanziare il volume nominale delle transazioni, è: V = Y * P / M. È ovvio che V diminuisce se Y scende e M aumenta, e se P rimane costante, scende o aumenta di meno rispetto a quanto scende Y. La domanda importante è: qual è la relazione tra V e P? Negli Stati Uniti, ad esempio, il calo della velocità di M2 dal 1994 è stato accompagnato da un aumento dei prezzi su tutta la linea. Lo stesso vale per l'area Euro. La lezione da apprendere è che una velocità decrescente del denaro non impedisce necessariamente l'aumento dei prezzi dei beni!
Mettere le cose in prospettiva
Con il crollo della produzione causato dal lockdown e gli schemi di monetizzazione adoperati dalle banche centrali, potrebbe essere utile dare un'occhiata ad un semplice gioco di numeri per mettere le cose in prospettiva. Il primo grafico qui sotto mostra il prodotto interno lordo (PIL) reale in calo di un 10% nel 2020 rispetto allo scorso anno. Nel 2021 il PIL recupera l'80% della perdita precedente. Lo stock di moneta aumenta, diciamo, del 25% nel 2020. Il secondo grafico mostra il corrispondente "sbalzo monetario", definito come PIL meno lo stock di moneta. Come possiamo vedere, lo sbalzo monetario aumenterebbe in modo significativo nel 2020, scendendo poi nel 2021 mentre l'economia si riprende, pur rimanendo ad un livello elevato.
Se assumiamo che lo sbalzo monetario sia la componente che alimenta il livello dei prezzi monetari delle merci (sebbene con un certo ritardo temporale), il potere d'acquisto della moneta diminuirebbe in modo sostanziale: in questo scenario dopo 5 anni perderebbe circa il 30%, il che implica un aumento annuo dei prezzi monetari degli articoli vendibili di circa il 6,5%, un numero che si riferisce all'effetto combinato dell'aumento dei prezzi dei beni di consumo e dell'aumento dei prezzi degli asset (come i prezzi di azioni, obbligazioni e immobili). Alla luce delle circostanze attuali, questo sembra essere uno scenario piuttosto positivo, e potrebbe essere necessario suggerire alle persone di prepararsi a qualcosa di peggio.
L'esempio qui sopra indica che molto dipende dall'aumento della quantità di denaro rispetto al calo della produzione: maggiore è questo "gap", maggiore sarà la pressione al rialzo sui prezzi e maggiore sarà la prevedibile perdita di potere d'acquisto. Certo, la velocità del denaro gioca un ruolo importante. Sebbene stia diminuendo (poiché Y è diminuito, M è aumentato e P è rimasto relativamente stabile), la domanda è: rimarrà così bassa e forzerà i prezzi giù? O non scenderà abbastanza per impedire ai prezzi di salire?
A queste domande non è possibile rispondere con affidabilità scientifica. Tuttavia le probabilità sembrano essere relativamente alte che l'ultimo aumento della quantità di denaro spinga alla fine i prezzi più in alto, erodendo il potere d'acquisto del denaro. Non è così probabile che lo stock di moneta creato sarà accompagnato da un uguale aumento della domanda di moneta, perché i redditi sono diminuiti ed i tassi d'interesse sono molto bassi e possono persino scendere ulteriormente in territorio negativo; tutto ciò rende il possesso di denaro meno attraente.
Le politiche delle banche centrali hanno lo scopo di impedire il collasso del sistema finanziario ed economico; questo obiettivo ha la priorità. Pertanto l'inflazione dei prezzi dovuta all'aumento della quantità di denaro è considerata un "danno collaterale accettabile". Questa è la strategia politica che Ludwig von Mises (1881–1973) nel gennaio 1923 spiegò in modo succinto con le seguenti parole: “Per quanto sia grave un male come l'inflazione, non è considerato il più grave. Se c'è una scelta tra proteggere la patria dai nemici, nutrire gli affamati e impedire la distruzione del Paese, allora la valuta verrà lasciata marcire”.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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