venerdì 3 luglio 2020
L’orfanello argento sta trovando il suo genitore
di Alasdair Macleod
Questo articolo esamina le prospettive economiche dell’argento, il quale è stato spesso ignorato e lasciato nell’ombra rispetto all’oro. A causa delle conseguenze del coronavirus e dei lockdown che si espliciteranno sul piano monetario, così come la prematura inversione del ciclo del credito, c’è una probabilità crescente che si verifichi un grande e repentino crollo che – per essere gestito – richiederà un’espansione monetaria maggiore; un fatto – questo – che consentirà all’oro ed all’argento di riprendersi il ruolo di denaro che avevano precedentemente assunto.
Per comprendere le conseguenze di tutto ciò per l’argento, questo articolo si basa sulla storia (principalmente quella del Silver Standard negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna), allo scopo di apprezzare le questioni coinvolte e le prospettive insite nella riconquista – da parte dell’argento – del suo ruolo come di mezzo di scambio.
Introduzione
Fino a quest’anno la storia dei mercati dei metalli preziosi ha avuto come protagonista principale l’oro. Gli speculatori hanno l’idea che l’oro sia uno scudo contro l’inflazione; un’idea – questa – che non mettono mai in discussione, ma che prendono semplicemente per buona. In realtà perché non la capiscono. E quando ogni banca centrale che fa riferimento ad una valuta che gode di una certa fiducia annuncia che stamperà soldi come se non ci fosse un domani, gli investitori comprano i derivati dell’oro.
Questi soggetti (che di solito sono facilmente addomesticabili) stanno ora indebolendo le fondamenta del sistema di controllo dell’establishment. Sul Comex, l’establishment dei metalli non considera l’oro e l’argento come denaro quanto piuttosto come un sistema per trattare gli investitori come dei babbei. Ma gli investitori non lo saranno più: con la recente promessa di un’espansione monetaria senza fine, le banche centrali stesse non stanno facendo altro che confermare le paure inflazionistiche degli investitori.
A peggiorare la situazione per gli intermediari nei mercati dei metalli preziosi, sta il fatto che oggi l’intero sistema bancario si trova sull’orlo della più grande contrazione del credito bancario mai avutasi dalla crisi degli anni Trenta; e le banche – in tutto ciò – hanno tutta la determinazione necessaria per tenere solide le briglie dei loro bilanci bancari. Normalmente si pensa che una contrazione del credito bancario abbia degli effetti negativi sull’economia reale: questa volta, le banche stanno controllando i mercati compiendo attività che includono operazioni di trading sull’oro e l’argento che sono fuori controllo, trading sui tassi di cambio stranieri, forex swap ed altri derivati – qualsiasi cosa, insomma, che non sia un arbitraggio o un accordo di agenzia per conto di un cliente reale.
Inizialmente il focus sull’oro ha lasciato vulnerabile l’argento. Il Grafico 1 mostra le performance dei due metalli a livello di prezzo espresso in dollari fino a quest’anno, con riferimento al 31 dicembre 2019. Quando l’establishment bancario del mercato dei metalli preziosi ha sperimentato una delle sue periodiche cadute nella metà di febbraio, ha ridotto l’open interest [ossia il numero di contratti derivati, come futures e opzioni, non ancora chiusi ad uno specifico momento temporale, ndt.] da poco meno di 800.000 contratti ad una cifra che si avvicina ai 480.000. Il prezzo dell’oro si è ripreso fino ad oltre il 14% su base annua e le banche che trattano le transazioni di metalli preziosi sono ancora terribilmente a corto del metallo giallo. Ma il prezzo dell’argento è sceso perdendo il 34%, perdita dalla quale si è ripreso per ritornare ai livelli dell’anno passato.
Per gli investitori, in un mercato rialzista dell’oro l’argento viene visto semplicemente come una scommessa di ripiego. Costoro sono meno interessati ai fattori ed alle dinamiche che influenzano il verificarsi di certe relazioni e stanno dietro ai movimenti estemporanei dei prezzi. Per ora i trader stanno cercando dei punti di ingresso in entrambi i mercati dei metalli preziosi per costruirsi (o per aggiungere) le loro posizioni in un mercato rialzista (ma saturo).
Queste sono solo considerazioni di breve termine, sulle quali è stato scritto molto. Al giorno d’oggi siamo, in linea generale, poco consapevoli del fatto che l’argento è stato considerato denaro per le persone comuni più di quanto fosse stato l’oro, nel senso che esso ha ancora un maggiore diritto ad essere ritenuto un mezzo di scambio. Dunque è tempo di rivolgere la nostra attenzione all’argento.
Una breve storia dell’argento come denaro
Per quanto riguarda la sua natura monetaria, l’argento ha una storia molto simile a quella dell’oro. A seguito della fine del baratto, le comunità di ogni angolo del Globo hanno adottato dei metalli durevoli – oro, argento o rame, sulla base della disponibilità locale degli stessi – quale principale mezzo di scambio. E fino al 1960 questa storia, con riferimento all’argento ed al rame, è stata riflessa nel conio usato nella gran parte delle nazioni. La valuta britannica è ancora conosciuta come “sterlina” per il fatto che dal regno di Enrico II (1154-1189) la moneta veniva coniata con una lega composta dal 92,5% da argento, con il resto costituito in gran parte da rame.
L’argento è stata la sola la base per lo standard monetario della maggior parte delle regioni dal Medioevo fino al Diciannovesimo secolo; accompagnato a volte dall’oro in uno standard “bimetallico”. Sir Isaac Newton riformulò lo standard argenteo rispetto all’oro nel 1717, in ragione del fatto che il governo inglese sopravvalutò l’oro e perché fallì nell’aggiustarsi alle conseguenze dei cambiamenti nell’offerta dei metalli provenienti dalle miniere (cambiamenti che consistettero principalmente in una susseguente espansione dell’offerta di oro dalle miniere del Brasile); e fu così che il commercio britannico si incamminò verso l’adozione di un gold standard nel Diciannovesimo secolo.
Ci occuperemo della questione in dettaglio più avanti in questo articolo.
Con lo svilupparsi del commercio internazionale, l’oro assunse una maggiore importanza per le nazioni che partecipavano allo stesso e fu così che venne adottata la “sovrana” basata su un gold standard all'inizio del Diciannovesimo secolo.
Nell’America Coloniale l’argento era considerato la principale moneta di circolazione (in comune con quella britannica dell'epoca); ma in seguito all'introduzione da parte di Newton di uno standard d'argento basato sul prezzo dell’oro, esistevano – in pratica – delle relazioni commerciali simili tra i due metalli in quasi tutte le colonie britanniche; nel caso dell'America almeno fino a quando l'indipendenza non fu formalmente conquistata col Trattato di Parigi nel 1783.
Quando Alexander Hamilton divenne segretario del Tesoro, gli Stati Uniti introdussero – con la prima legge sul conio risalente al 1792 – il bimetallismo, con il dollaro fissato ad un tasso di cambio di 371,25 grani d’argento puro, coniato con una lega in monete dal peso di 416 grani. Venne autorizzato anche il conio di monete in oro dal valore nominale di 10 dollari (gli “eagle”) e di 2,50 dollari (i “quarter eagle”). Il tasso di cambio tra l’oro e l’argento era stato fissato a 15 ad uno. Tutte queste monete vennero dichiarate a corso legale assieme ad altre monete straniere (tra le quali la più importante era il dollaro d’argento spagnolo che, essendo coniato con una lega a 373 grani d’argento, era una buona approssimazione rispetto al dollaro).
Tuttavia, poco dopo che la legge sul conio di Hamilton venne approvata, il tasso di cambio internazionale tra oro ed argento salì a 15,5 a uno; fatto – questo – che comportò il drenaggio dell’oro dalla circolazione interna, lasciando l’argento quale moneta comune in circolazione. Il dollaro continuò ad essere emesso sulla base di uno standard argenteo fino al 1834, quando il Congresso approvò una variazione nel tasso di cambio fino a 16 ad 1 e riducendo in tal modo l’oro presente nell’ “eagle” da 246,5 a 232 grani, con un ulteriore aggiustamento a 232,2 nel 1834. Dopo pochi anni le monete d’oro presero il posto di quelle d’argento, la cui circolazione conobbe un declino dal momento che l’argento divenne più di valore rispetto all’oro. Le successive scoperte di giacimenti d’oro in California e in Australia ebbero l’effetto di aumentare la quantità d’oro in circolazione rispetto all’argento, facendo diventare ancor più profittevole quest'ultimo rispetto al metallo giallo. A ciò venne posto rimedio nel 1853 con l’autorizzazione a svalutare le monete dal valore nominale minore al dollaro, le quali potevano essere coniate con un contenuto d’argento minore di quello dichiarato dal tasso ufficiale della Zecca e meno di quello indicato dal prezzo nel mercato mondiale.
Sotto la spinta delle necessità finanziarie derivanti dalla Guerra Civile, nel 1862 il governo mise in circolazione delle banconote che non erano convertibili in metallo né a domanda né ad una data specificata nel futuro. Questi “greenback” vennero resi a corso legale per qualsiasi pagamento tranne che per gli acquisti ordinari, che dovevano essere effettuati ancora in oro o in argento: in poche parole, il governo aveva cessato di utilizzare uno standard monetario basato sui metalli preziosi; quindi i Greenback vennero emessi in grande quantità e gli Stati Uniti sperimentarono un periodo di grande inflazione.
Dopo la fine della Guerra Civile, il Congresso era determinato a tornare all’adozione di uno standard monetario basato sui metalli preziosi alla medesima parità esistente prima della Guerra; un piano – questo – portato avanti dalla lenta rimozione dei Greenback. Lo standard bimetallico, che misurava il dollaro prevalentemente in termini di argento, venne definitivamente rimpiazzato con il gold standard nel 1879, riaffermato nel 1900 quando l’argento venne relegato a mera moneta secondaria.
In Europa la maggior parte degli Stati passò da uno standard monetario basato sull’argento ad uno basato sull’oro dopo la guerra franco-prussiana del 1870-1871, quando la Germania impose delle pesanti riparazioni di guerra alla Francia; riparazioni – queste – che dovettero essere pagate in oro e che resero possibile alla Germania il passaggio da uno standard monetario argenteo al gold standard. E così fecero le altre nazioni europee.
Più di recente l’argento ha circolato come moneta nelle terre degli Arabi, sotto forma dei dollari di Maria Teresa, in circolazione nel Medio Oriente e nell’Africa orientale dalla metà del Diciannovesimo secolo fino ad essere usate, addirittura, negli anni Settanta nel sultanato di Muscat ed Oman.
Questi sono solo alcuni esempi dell’uso monetario che l'argento ha avuto nel passato. Oggi continua la sua tradizione monetaria in monete di metallo trattate per sembrare d’argento. Ora immaginate un mondo dove le valute fiat sono state totalmente private della fiducia: l’oro – o i suoi sostituti – ritornerebbe ad essere usato come moneta per le transazioni di volume più grande, mentre l’argento verrà usato per quelle di tutti i giorni. Il bimetallismo potrebbe anche non tornare come politica ufficialmente adottata dati gli aggiustamenti troppo frequenti che sono richiesti per il suo funzionamento; ma la storia ci mostra che può essere ricavato un tasso di cambio di mercato tra l’oro e l’argento; e quest’ultimo (molto più dell’oro) assicurerà una maggior diffusione della moneta metallica.
I fondamentali: fattori dal lato della domanda e dell’offerta
Gli analisti saranno alle prese con gli effetti del coronavirus sulla domanda e l’offerta per il resto dell’anno. Per quanto riguarda il lato dell’offerta, le produzioni delle miniere d'argento hanno subito dei cambiamenti a causa di variazioni nella provenienza e dal lockdown. Secondo il “Silver Institute”, nel 2019 meno del 3% dell’offerta d'argento minerario proveniva da miniere classificate come “per la maggior parte d’argento”, con il resto che veniva da miniere di piombo/zinco, rame, oro ed “altre” in ordine di importanza. I minatori delle miniere di piombo/zinco, di rame e di altri metalli hanno tirato fuori il 56% dell’offerta aggregata di argento minerario, quindi un declino dell’attività economica globale nel suo complesso ha portato automaticamente ad un declino della produzione d'argento per questi minatori di metalli comuni.
Allo stesso tempo, una minore domanda industriale d'argento ha posto una maggiore enfasi sugli investimenti per sostenere la domanda nel suo complesso. L’anno scorso, infatti, la domanda d'argento non legata agli investimenti ammontava a 806 milioni di once, mentre quella legata agli investimenti era pari a 186 milioni; delle grandezze, queste citate, la cui relazione reciproca richiede – in tempi di crisi – un significativo aumento della domanda d'argento per investimenti allo scopo di assorbirne l’offerta proveniente dalle miniere, scarti di lavorazioni secondarie e quello disponibile in superficie (grandezza – quest’ultima – il cui ammontare ufficiale è stimato intorno ai 1651 milioni di once, un equivalente di 1,67 volte la domanda non legata agli investimenti e di 8.9 volte la domanda per investimenti).
Per il 2020 ed oltre, sono abbastanza pessimista circa le previsioni economiche. Se ho fatto bene i calcoli, le stime attuali per l’offerta d'argento minerario (ammontare di cui più della metà dipende dall’estrazione di metalli comuni) sono troppo ottimistiche; ed è addirittura probabile che la domanda d'argento per usi non di investimento scenda addirittura di più, e quindi la domanda per investimenti dovrà almeno raddoppiare se i prezzi dell’argento sono destinati a crescere in termini reali.
Uno spunto d’analisi interessante è dato dalla comparazione con i prezzi dell’oro, la cui offerta in superficie (e quindi oro già estratto) è pari a molte volte l’offerta d'oro minerario e di quello proveniente da scarti di altre lavorazioni. Le analisi “stock-to-flow” [la misura “stock-to-flow” è la quantità di una merce detenuta in inventari divisa per la quantità prodotta annualmente. È una misura dell'abbondanza di una certa commodity. L'oro ha il rapporto “stock-flow” più elevato di tutte le materie prime; ndt.] sono state di recente rese popolari dalla comunità delle criptovalute quale una misura della stabilità monetaria futura di una valuta in comparazione con quella delle valute fiat infinitamente elastiche [ossia la cui offerta è infinitamente espandibile, ndt.]: un alto rapporto “stock-to-flow” indica un basso livello di aumento di offerta di una commodity e quindi una minore spinta inflazionistica. L’argento ha un basso rapporto “stock-to-flow” a causa di una bassa offerta d'argento già estratto, ma è in ogni caso un errore affidarsi a questa misura di stabilità monetaria quando ci riferiamo ad una moneta metallica quando la mancanza di liquidità fisica dovrebbe rappresentare la variabile principale di cui tenere conto.
Ai prezzi attuali, l’offerta d'argento già estratta vale solo $31 miliardi, comparati al valore della stessa variabile riferita all’oro che si attesta intorno ai $10.000 miliardi. Con questa relazione esistente di un valore dell’oro che è 323 volte quello dell’argento, e con un tasso di estrazione dell'argento minerario superiore di solo 8 volte rispetto a quello dell’oro, ci sono tutti i presupposti per sostenere che se l’oro tornerà ad essere usato come moneta, allora l’argento si troverà ad essere pesantemente sottovalutato. Il “se” è – però – nient’altro che una piccola parola che racchiude delle grandi ed importanti ipotesi di base: date le espansioni monetarie senza precedenti e potenzialmente infinite, la fine dell’attuale sistema monetario basato sulle valute fiat ed il ritorno dell’oro e dell’argento quali monete sta diventando sempre più probabile.
Le relazioni con l’oro illustrate nei succitati numeri suggerisce che oggi uno standard monetario bimetallico – sulla base delle sole considerazioni fatte sull’offerta dell'argento minerario – si baserebbe su un tasso di cambio pari almeno alla metà di quello stabilito da Newton nel 1717. Ovviamente la questione non è così semplice e verrà sicuramente risolta per vie di mercato. Ma se guardiamo ad alcuni altri fattori dobbiamo prepararci ad un radicale ripensamento circa la relazione tra l’oro e l’argento; fattori – questi – illustrati dalla seguente tabella:
La chiara anomalia è il rapporto tra oro e argento.
Come Newton decise il tasso di cambio tra oro ed argento
È naturale presumere che il più grande genio scientifico di tutti i tempi avesse inventato un modo ingegnoso per stabilire il rapporto tra oro/argento quando era capo della Zecca Reale nel 1717. Invece non fu così. Guardò ai tassi di cambio dell'epoca ed al modo in cui l’argento stava sparendo dalla circolazione in favore dell’oro, poi fissò un tasso di cambio specifico per fermare tutto ciò. Inoltre raccomandò di rivedere periodicamente tale tasso di cambio (molto probabilmente al ribasso), alla luce di come il commercio di suddetti metalli si fosse evoluto.
Per capire i dibattiti di teoria monetaria dell’epoca, potrebbe essere utile iniziare con il presentare una guida alla composizione e al conio della moneta britannica pre-decimale. Una sterlina era composta da venti scellini, e venti penny in uno scellino. Le monete d’argento venivano denominate “corone” (composte da 5 scellini) e “mezze corone” (2 scellini e sei penny, in simboli 2s. 6d.). C’erano delle monete d’argento di minor valore, ma non sono rilevanti ai fini della presente discussione.
Più di un secolo prima di Newton, una libbra d'argento secondo il vecchio standard poteva essere coniata in 3£ 2s. 0d. in termini di corone e frazioni delle stesse; un conio – questo – che rimase costante fino al 1816. Nel 1670 una libbra d’oro poteva essere coniata in £44 10s. e 0d.: l’equivalente di 14,35 volte il valore dell’argento. Una sterlina da venti scellini veniva spesso chiamata “guinea” (perché l’oro con le quali vennero realizzate per la prima volta nel 1663 proveniva dalla costa della Guinea in Africa) ed il suo prezzo venne fissato a 44 ½ rispetto ad un chilo d’argento, perché si pensava che avesse un tasso di cambio fisso e stabile.
Vi furono alcuni aggiustamenti al prezzo dell’oro fino a che, nel 1717, non venne finalmente fissato al nuovo tasso di cambio di £46 14s. 6d. al “silver standard” di f £3 2s.0d. Questo portò la “guinea” da £1 d’argento a £1 1s. 0d., o 21 scellini. Il nuovo tasso di cambio era di 15,07 a uno; ma essendo consentite delle variazioni nella composizione della lega usata per il conio che andavano dall'argento puro (puro al 92,5%) e comparando questa composizione con la “corona” d’oro a 22 carati (pura al 91,67%), il tasso reale era di 15,21 a uno.
Questo tasso di cambio venne introdotto durante l’incarico di Newton quale Presidente della Zecca Reale, iniziato nel 1699. Nel 1696 costui era stato designato come “Guardiano della Zecca Reale” per migliorare lo stato del conio delle monete in argento, organizzando a tale scopo il “Grande Conio” del 1696-1699.
Nello stabilire il prezzo dell’oro, Newton scoprì che il metallo giallo (essendo stato fissato a 22 scellini nel 1699) si era dimostrato troppo costoso rispetto al suo valore espresso in termini d'argento registrato in altri stati europei (in particolare Olanda, Germania, stati Baltici, Francia ed Italia). E non solo egli raccomandò di stabilire il prezzo della “guinea” d’oro a 21 scellini, ma raccomandò anche di revisionare il tasso di cambio per portarlo a 20 scellini e sei penny. Questa revisione non venne mai messa in pratica.
Il commercio tra la Gran Bretagna e le nazioni dell’Europa continentale era in aumento, e a qualsiasi tasso di cambio, i mercanti preferivano l’oro rispetto all’argento perché era più pratico per i pagamenti quando questi venivano effettuati con monete locali. Sebbene la Gran Bretagna continuasse ad adottare formalmente uno standard monetario basato sull’argento, a causa di incentivi commerciali ci si stava muovendo sempre di più verso uno standard aureo; e questo perché l’argento stava diventando relativamente più costoso al tasso di cambio stabilito e quindi venne progressivamente tolto dalla circolazione. Il problema era che né Newton né il Parlamento riuscivano ad accettare l’idea che vi fosse più di una moneta: l’argento era la moneta e l’oro solo una commodity il cui prezzo doveva essere stabilito.
Dato che l’argento, nelle summenzionate nazioni, veniva sopravvalutato di più del 5% rispetto all’oro, il metallo grigio uscì dalla nazione nonostante il divieto di esportazione delle monete coniate (e di conseguenza l’oro entrò in Gran Bretagna). Inoltre la produzione dalle miniere d'oro in Brasile iniziò ad avere un impatto sul sistema monetario britannico dopo la conversione di Newton nel 1717, a causa dei legami diplomatici e commerciali tra Gran Bretagna e Portogallo. La maggior parte dell'oro brasiliano, stimato da Fay a circa 23 milioni di once tra il 1720 e il 1750, finì per essere spedito a Londra, aiutandola a diventare il centro monetario europeo e togliendo questa onorificenza ad Amsterdam.
Fu la combinazione di oro sopravvalutato a causa di Newton (portando così l'argento in Europa e l'oro a Londra) e la scoperta di miniere auree brasiliane che spinsero la Gran Bretagna all’interno di un gold standard, anche se ufficialmente rimase con uno standard monetario basato sull’argento per novantanove anni dopo la politica di Newton. E infine, nel 1816, l'oro fu dichiarato l'unica misura standard di valore, e nessuna offerta di moneta d'argento era legale per le transazioni oltre quaranta scellini. Nel 1821 la Gran Bretagna era entrata nel gold standard de jure e de facto.
Dal 1601 al 1816 sappiamo che il ruolo dell'argento come denaro si è gradualmente evoluto per diventare un ruolo sussidiario rispetto all'oro. Quest'ultimo era il denaro di commercianti e orafi, i quali, in qualità di custodi dell'oro, si sono poi evoluti in banchieri e quindi l'alta finanza avrebbe usato quasi esclusivamente l'oro nelle transazioni. Malgrado ciò l'argento è rimasto lo stesso denaro, soprattutto per le transazioni con volumi minori. E se le valute fiat scoperte di oggi scomparissero, l'argento sarebbe destinato a ricoprire nuovamente un ruolo monetario accanto all'oro, perché con un valore inferiore e una maggiore abbondanza d'offerta può essere più diffuso.
Stando così le cose, coloro che credono che le valute fiat siano destinate ad auto-distruggersi accumuleranno argento, notando che l'attuale rapporto tra oro e argento (che oggi ammonta a circa 96 volte in favore dell’oro) è oltre sette volte quello durante lo standard bimetallico.
La posizione di mercato corrente per l’argento
Dal momento che il prezzo dell’oro è cominciato a salire dall’agosto del 2018, quello dell’argento è ristagnato in quanto la sua capacità di essere denaro è stata ignorata. Il Grafico 2 ci mostra come ciò si è riflesso nel cambiamento tra il tasso di cambio tra oro e argento:
Il 19 marzo il valore di 125 è stato il più alto mai visto, rendendo ancor più estrema la svalutazione dell’argento. Da allora il tasso è sceso rapidamente al suo livello attuale di 97. Perché possa calare ulteriormente, è necessaria una crescita costante nel prezzo dell'oro, perché negli attuali mercati finanziari prezzi dell'oro più elevati sarebbero associati a condizioni economiche e politiche monetarie che si tradurrebbero in un sostanziale deterioramento del potere d'acquisto delle valute fiat.
Inoltre gli operatori che gestiscono le banche d'investimento in metalli stanno riducendo i loro termini di negoziazione a causa di condizioni commerciali sfavorevoli e pressioni da parte dei loro superiori che in generale limitano l'espansione del credito bancario. Quando il coronavirus ha paralizzato la Cina e le altre nazioni, e la risposta inflazionistica è diventata ovvia, s'è manifestata una rincorsa concertata da parte delle banche d'investimento in metalli per bilanciare le loro posizioni in oro e argento sul Comex prima che le cose andassero oltre il loro controllo. L'effetto sull'open interest dell'argento è mostrato nel Grafico 3.
È sceso a livelli che non si erano visti da quasi sette anni, dopo che il prezzo dell'argento è sceso da un massimo di quasi $50 l'oncia nel 2011 a $18 nel 2013. Dall'altezza degli open interest a 244.705 contratti il 24 febbraio fino al minimo di 181.830 del 4 maggio, sono stati chiusi contratti per 314.375.000 once d'argento, il che si confronta con la domanda d'investimenti per l'intero anno scorso stimata a 186.000.000 di once. Questa contrazione equivale al 20% delle riserve d'argento già estratto.
L'argento chiuso nei forzieri LBMA ammontava a 1.170 milioni di once a febbraio, la maggior parte dei 1.651 milioni registrati dal Silver Institute. La proprietà di quell'argento non è dichiarata, ma è probabile che sia una mix di utenti industriali, investitori (compresi gli ETF) e liquidità dei rivenditori bancari. In pratica le banche mantengono la liquidità ad un livello minimo coerente con i termini di negoziazione del desk; e sappiamo dagli sviluppi in altri mercati dei derivati che i termini di negoziazione tendono a contrarsi.
Il Grafico 4 mostra gli ultimi dati disponibili per la posizione netta dei rivenditori di contratti swap, ossia i banchi di negoziazione delle banche d'investimento in metalli preziosi.
Quest'ultimo grafico mostra una posizione netta di soli 6.652 contratti; pertanto le posizioni dei dealer swap sono quasi livellate. Questa è una situazione diversa da quella che si verifica per un contratto a termine sull'oro, in cui gli swap attualmente ammontano a 182.864 contratti netti (che rappresentano l'equivalente di 569 tonnellate per un valore di $31 miliardi, quasi un record e causa di un grosso mal di testa per le banche d'investimento in metalli preziosi).
In conclusione, pur essendo stato lasciato indietro mentre gli eventi monetari si sono concentrati sul prezzo dell'oro, l'argento sta ora iniziando a recuperare terreno. Il picco di un rapporto oro/argento di 125 sembra aver segnato un importante punto di svolta, e quindi ci si può aspettare che l'argento continui ad essere più performante dell'oro man mano che la situazione delle valute fiat si deteriorerà. Gli operatori delle banche d'investimento in metalli preziosi sembrano evitare le posizioni “short” nei futures sull'argento, nel caso un prezzo crescente li vedrà costretti a ritirare liquidità invece di fornire contratti aggiuntivi agli acquirenti.
La situazione economica e monetaria globale è terribile, sia a causa del coronavirus che a causa del ciclo del credito (la cui fase di bust era iniziata già alla fine del 2019). La svalutazione monetaria impiegata dalle banche centrali nel tentativo di salvare le loro economie promette di essere senza precedenti, al punto in cui la distruzione monetaria totale sarà un risultato sempre più probabile.
Stando così le cose, l'attrazione nei confronti dell'argento si ritroverà in un sostanziale calo del rapporto oro/ argento, poiché sui mercati si comprenderà che la fine del sistema monetario fiat è vicino.
[*] traduzione per Francesco Simoncelli's Freedonia a cura di Giordano Felici: https://www.francescosimoncelli.com/
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dubito in un ritorno a qualche sistema monetario metallico. I governi difficilmente saranno disponibili a limitare la loro prerogativa di creare dal nulla. La riforma monetaria di Diocleziano è stata solo una parentesi effimera nel percorso di "debasing" monetario. Questo vale anche per gli Usa oggi.
RispondiEliminaun'economia mondiale che ha fondamenta di carta fino a quando potrà reggere ..... ?
RispondiEliminaPer stessa ammissione del CBO, non tanto a lungo.
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