Bibliografia

venerdì 10 luglio 2020

Il cammino verso il mondo magico e fatato del denaro fiat, Parte #2





di Francesco Simoncelli


Nella prima parte di questo saggio sul denaro fiat e sulle illusioni che i vari commentatori mainstream vi hanno costruito sopra per nascondere al pubblico più ampio le verità alla base di questo strumento marcio, abbiamo affrontato il discorso degli ingranaggi: interni ed esterni. Ovvero, ricorrendo alla teoria del capitale Austriaca, abbiamo appreso come funzionano i meccanismi reali dell'economia e come essi vengano distorti dagli interventismi dei pianificatori centrali per contrabbandare nella realtà la loro visione di comando e controllo. Per loro ed i relativi clientes rappresenta un privilegio assoluto, perché possono parassitare il bacino della ricchezza reale senza dover subire il meccanismo selettivo del mercato attraverso le sue leggi apodittiche. Come abbiamo spiegato nella prima parte, aggirare tali leggi (perché è impossibile violarle) comporta un costo da pagare man mano che si forza sempre di più la situazione. Finora tale costo è stato sempre scaricato sui produttori, ma la miopia dei pianificatori centrali (dovuta al perseguimento di una teoria economica fallace) non fa comprendere loro che anche questo approccio comporta un costo... che purtroppo pagheranno sia loro e sia i contribuenti (almeno coloro che non si faranno trovare preparati). In questa seconda parte, andremo ad analizzare più nel dettaglio gli effetti che comporta perseverare su questo cammino miope e quanto siano in realtà impotenti le autorità centrali che invece agli occhi della maggior parte delle persone appaiono come figure perennemente onniscienti.



ARMA A DOPPIO TAGLIO

Le banche centrali hanno fatto esattamente quello che ci si aspettava da loro: i volumi di acquisto degli asset finanziari continueranno a ritmo sostenuto, mentre i tassi di riferimento rimarranno vicini allo zero. Inutile sottolineare che la forza dominante sui mercati rimarranno le banche centrali che ne manipolano gli esiti e tutto ciò comporta in termini di distorsione. La lezione per gli investitori è: "Continuate a comprare! Le banche centrali vi coprono le spalle!". Il problema con questa narrativa distorcente è che i creduloni hanno dato retta a queste sciocchezze anche quando il mercato ha raggiunto il picco e, dal grafico qui sotto, possiamo notare come una porzione crescente di investitori e trader sia diventata "holder", ovvero, aspettano il picco del mercato per poi poter vendere.


E questo sta accadendo in un indice dove la componente rappresentata dal settore tecnologico è l'unico motivo per cui è salito. La capitalizzazione di mercato delle Grandi 5 (Facebook, Amazon, Apple, Alphabet, Microsoft) è salita a $6.180 miliardi. Inutile dire che pare essere tornati agli anni 2000, poco prima lo scoppio della bolla dotcom, dove i trader ormai s'erano riuniti dentro un gruppetto di azioni e trattavano solo quelle. L'illusione della crescita degli indici era mantenuta grazie Cisco, Dell, IBM e Microsoft, e ovviamente dai rubinetti monetari aperti da parte delle banche centrali, ma così facendo si è lastricata la strada verso lo scoppio deflagrante della bolla. Perlomeno allora c'era la narrativa secondo cui Internet avrebbe contribuito a rivoluzionare la vita delle persone, oggi la stessa manciata di azioni non ha niente da proporre agli investitori affinché credano ad un futuro radioso, ad una visione promettente. Non hanno niente da mostrare ai mercati, solo l'aiuto delle banche centrali.

Certo, possono dire di avere intenzione di investire nelle nuove tecnologie, ma il risultato è alquanto deludente. Innanzitutto il comparto ricerca e sviluppo è abbandonato a sé stesso da tempo immemore, visto che le loro novità si basano esclusivamente sull'hype e non sull'effettiva rivoluzionarietà dei prodotti. In secondo luogo tirano in ballo la blockchain, senza sapere che in realtà blockchain senza Bitcoin non vuol dire nulla. Un po' come le Intranet all'inizio dell'era di Internet: questo escamotage veniva spacciato come passo in avanti nel concedere un po' di Internet a tutti senza che i regolatori dovessero preoccuparsi di una perdita di controllo sulle masse. Sappiamo tutti come è finita e finirà allo stesso modo con l'hype senza senso per "blockchain senza Bitcoin". Non solo, ma checché ne dicano le banche centrali le loro azioni ritardano una recessione non la evitano.


Dimenticate tutto il rumore delle notizie nei giorni scorsi su teppismo, brutalità della polizia, bianchi, neri, statue, ecc. Mentre la violenza e il saccheggio sono stati probabilmente guidati dall'opportunismo, le lamentele riguardano le emozioni umane di base. I veri problemi sono molto più grandi: le percezioni della crescente disuguaglianza in termini di opportunità, diritti e reddito. La disuguaglianza è stata amplificata negli ultimi 12 anni e le società rischiano di diventare ancora più diseguali man mano che la recessione continua nel tempo. Questo crescente senso di ingiustizia si amplierà man mano che l'economia globale si deteriorerà, la disoccupazione salirà e aumenterà la pressione sui governi. Le economie in crisi e i disordini crescenti stanno dimostrando un terreno fertile per l'agitazione politica ed il populismo.

Le autorità sono consapevoli di giocare col fuoco e la disperazione per mantenere il controllo prima o poi le porterà a commettere un passo falso. Tra l'altro cercare di persuadere gli elettori che i mercati stabili non reggeranno a lungo, visto che il quadro generale sta diventando sempre più chiaro e nemmeno il mainstream può più nascondere che i vari giri di QE sono stati un fallimento per l'economia di Main Street.


In tutto il mondo i governi sono alla canna del gas nell'affrontare le sfide fiscali sollevate dalla loro risposto scellerata al virus e con l'avvicinarsi della prossima recessione la pressione aumenterà. Le catene di approvvigionamento globali sono sbrindellate e difficili da riparare, ogni fabbrica chiusa o attività sospesa ha conseguenze sia nazionali che internazionali. È un'economia globale molto connessa e ci vorrà del tempo affinché ritorni allo stato d'inizio anno. Adesso come adesso le aziende pianificano in modo difensivo, riducendo costi e posti di lavoro. Se, ad esempio, viene tagliato il 5% dei posti di lavoro, ciò rappresenta un enorme shock del lato dell'offerta. Le aziende chiudono a causa di una flessione dal lato dell'offerta, non del virus. E nonostante le misure assistenziali statali messe in campo finora, esse non possono durare per sempre.

Nel frattempo abbiamo mercati azionari in grande spolvero e rapporti PE da record, mentre stati, società e individui sembrano pensare che tassi ultra bassi significhino che il debito non abbia importanza. Le fabbriche riaperte di recente sono state chiuse di nuovo, a volte a causa della mancanza di parti dalle catene di approvvigionamento, ma ad esempio nel caso di Caterpillar a causa della mancanza di domanda per i suoi prodotti. In tutto il mondo le aziende stanno cercando di ridurre i costi ed i dipendenti in eccesso, mentre ridimensionano l'attività per superare la recessione.

Quanto detto fin qui indica un numero crescente di fratture e punti di tensione che emergono nell'economia globale, ma diversamente da quello che si pensa a livello di economia mainstream, non è il denaro o i mercati azionari che contano davvero. L'economia è fatta da individui che interagiscono tra loro e l'impossibilità che questo avvenga pone un grosso ostacolo alla circolazione di segnali economici genuini. Questo è l'aspetto cardine che continua a far rimanere una stagnazione latente e la fa progredire. Lenta ed inesorabile inghiotte porzioni crescenti dell'ambiente economico, lasciandosi dietro errori economici mai ripuliti e che rappresentano una serie di nodi gordiani che non possono essere sciolti pena il crollo delle basi sui poggia l'attuale establishment di clientes e privilegiati.

Nel frattempo i lavoratori non qualificati soffriranno di più e i disordini aumenteranno. Durante gli ultimi 10 anni di ingegneria finanziaria alimentati dal debito, abbiamo assistito ad enormi spostamenti di ricchezza verso coloro che più sono avvantaggiati dalla stampa monetaria. Quest'ultima, in realtà, è un'arma a doppio taglio perché nel breve termine sembra dare un senso illusorio di benessere. La ridistribuzione della ricchezza, infatti, permette a chi è all'inizio di tale catena ridistributiva di ottenere i migliori vantaggi dal furto e concede briciole a chi è lungo il resto della catena. In parole povere, ciò equivale a mangiare i semi che dovrebbero essere piantati per raccogliere in futuro il cibo. Ciò equivale a vendere tutti i propri possedimenti per sperperarli in gioco d'azzardo, credendo che la liquidità proveniente dalla vendita dei propri averi possa permettere un tenore di vita agiato per sempre. Non è così. Col denaro fiat, non sono le perone comuni a decidere il loro fato, poiché spinti di forza in decisioni provenienti dall'alto attraverso il mostro dell'inflazione. Nel lungo termine, invece, la ridistribuzione della ricchezza mostra palesemente laddove va a rubare: la gente comune.

La domanda è: quando non ci sarà più niente da rubare? Quando non varrà più la pena di produrre perché il tasso di furto sarà più elevato?



IL NODO GORDIANO: IL SISTEMA PENSIONISTICO

A questa domanda è stata già data risposta in altri articoli, ma quello che più conta è stato pubblicato il mese scorso. Molto spesso quando mi veniva chiesto quale fosse l'unico evento in grado di rappresentare una minaccia mortale all'attuale sistema, la mia risposta era sempre la stessa: il sistema pensionistico. In particolar modo, un elemento cruciale per avere un arco temporale di riferimento, era la relazione del CBO degli Stati Uniti in cui 3 anni fa dichiarava senza tergiversare che le prestazioni previdenziali nel Paese a stelle e strisce sarebbero state garantite solo ai 3/4 degli aventi diritto nel 2033. Un tempo relativamente lungo si potrebbe sospettare, ma a quanto pare erano troppo ottimisti. Perché come documentato nell'articolo succitato, non solo il lasso temporale si è ridotto 4 anni, ma adesso stiamo parlando di tutte le prestazioni previdenziali. In termini semplici, stiamo parlando dell'unico pilastro rimasto nelle mani dello stato su cui fare leva tra la popolazione. Togliete l'assistenzialismo come promessa di un presunto futuro migliore, e la fiducia nello stato andrà in bancarotta; fate rimanere l'assistenzialismo come promessa di un presunto futuro migliore, e lo stato andrà in bancarotta dal punto di vista prettamente economico/finanziario.

Tale è un punto infatti che vale la pena di sottolineare sempre. E ci viene ricordato anche da una delle ultime relazioni dell'OCSE che mostra come i fondi pensione nei Paesi OCSE abbiano registrato una perdita enorme durante il crollo del mercato azionario tra febbraio e fine marzo: circa $2.500 miliardi. Come sappiamo, poi, le banche centrali sono intervenute per salvare mercati azionari e altri asset finanziari, evitando che i rendimenti dei fondi pensione diventassero negativi. È utile ricordare che tali istituti sono "costretti" ad ottenere un rendimento annuale dai loro investimenti di circa l'7% affinché possano garantire senza patemi d'animo le prestazioni ai clienti. Inutile sottolineare, quindi, che sulla scia della fame di rendimenti decenti innescata dalle politiche monetarie senza precedenti delle banche centrali, i fondi pensioni si sono lanciati in investimenti sempre più spregiudicati e rischiosi. Il tutto pur di raggiungere o avvicinarsi a suddetta percentuale.

Guarda caso un calo significativo dei prezzi degli asset (azioni, obbligazioni sovrane, obbligazioni societarie, ecc.) ha spinto i banchieri centrali ad agire rapidamente abbassando i tassi d'interesse e lanciando in overdrive la stampante monetaria. Lo si è visto a marzo quando la Federal Reserve e le altre principali banche centrali hanno sparato i loro "bazooka" per arrestare la volatilità e il successivo rimbalzo ha salvato i prezzi degli asset sopraccitati. Se poi andiamo a consultare l'asset allocation dei fondi pensione, la relazione dell'OCSE conferma quanto detto finora: molti hanno in pancia azioni e obbligazioni societarie, oltre ai bond sovrani ovviamente. Alla fine del 2019 oltre il 75% dei portafogli dei fondi pensione era in azioni e obbligazioni societarie in circa la metà dei Paesi OCSE. Numerosi fondi pensione hanno un'allocazione azionaria superiore al 50% degli investimenti totali, mentre la percentuale di quelli italiani supera il 20% degli asset totali.

Le dimensioni dei fondi pensione in rapporto al PIL sono più preoccupanti. I loro attivi hanno superato le dimensioni dell'economia interna in cinque Paesi: Australia (132%), Islanda (167,6%), Paesi Bassi (191,4%), Svizzera (141,1%) e Regno Unito (123,3%). Il problema più grande sono i calcoli eseguiti dagli attuari: le ipotesi riguardanti la demografia attuale e futura, l'aspettativa di vita, i rendimenti degli investimenti, i livelli di contributi o di tassazione, i pagamenti ai beneficiari, ecc. L'uso di assunzioni errate è il cardine dell'incapacità di soddisfare gli obblighi futuri. Stimando eccessivamente i rendimenti, si gonfiano artificialmente i valori pensionistici futuri. Tuttavia sono richiesti elevati rendimenti attesi per ridurre i contributi richiesti ai piani pensionistici. Esiste una differenza significativa tra i rendimenti effettivi e composti (tasso annuo medio del 7%). Il mercato non restituisce un tasso medio ogni anno e un rendimento negativo aggrava il deficit futuro.


Con i fondi pensione che continuano a presentare ipotesi di rendimento degli investimenti annuali comprese tra il 6 e il 7%, il 2020 sarà probabilmente un altro anno di sottoperformance. Tra l'altro, non hanno molta scelta se non sperare in alti rendimenti. Se i rendimenti attesi diminuiscono di 1–2 punti percentuali, i contributi richiesti aumentano notevolmente. Per ciascun punto di riduzione del tasso di rendimento ipotizzato, le pensioni richiedono un aumento di circa il 10% dei contributi.

Il grafico seguente mostra il rendimento totale dell'indice S&P500 dal 1995 ad oggi, con l'aggiunta di proiezioni dell'8%, 7%, 6%, 5% e 4% dei tassi di rendimento medi dal 1995 al 2060. Date le ipotesi di rendimento del mondo reale, i fondi pensione dovrebbero ridurre le loro stime di rendimento a circa il 3-4% per soddisfare gli obblighi futuri e mantenere una certa solvibilità.


Peccato che i fondi pensione non possano permetterselo visto che i pensionati stessi non glielo permetteranno. Perché? Ciò richiederebbe un aumento del 30-40% nei contributi che i pensionati non possono permettersi; dato che molti individui andranno in pensione prima del 2060, non c'è abbastanza tempo per risolvere i problemi; il bear market sta già paralizzando le capacità dei fondi pensione di far fronte agli obblighi futuri.

Con i fondi pensione già sottofinanziati, i dati demografici rappresentano un altro problema. Il numero di pensionati è aumentato grazie alla durata della vita e ad una un'ondata di pensionati negli ultimi dieci anni, mentre il numero di lavoratori attivi è rimasto relativamente stabile. Uno dei problemi principali continua ad essere il calo del rapporto tra lavoratori per pensionato, poiché questi ultimi vivono più a lungo (aumentando il numero relativo di pensionati) e tassi di natalità sono invece più bassi (numero corrispondente di lavoratori).



La stampa monetaria delle banche centrali serve a stabilizzare i prezzi degli asset finanziari, indipendentemente da come performa l'economia di Main Street. L'economia finanziaria viene salvata a spese dell'economia reale, nonostante le decine di milioni di disoccupati, l'impennata della disuguaglianza di ricchezza ed i disordini sociali. Le banche centrali stanno sostenendo i prezzi degli asset in modo che i fondi pensione possano generare rendimenti positivi, perché se si vedono rendimenti negativi, il loro Schema di Ponzi imploderà improvvisamente.

Questo è il motivo per cui le banche centrali sono terrorizzate da una recessione. La crisi delle pensioni è equivalente ad un'arma di distruzione di massa per il sistema finanziario e ha iniziato a ticchettare.



FARSI TROVARE PREPARATI

"Nel lungo periodo siamo tutti morti", affermava Keynes, ma tutto dipende da quanto durerà il breve termine. l ruolo dell'economista non è quello di fornire soluzioni a problemi complessi o semplici, bensì quella di creare il contesto per chi sulle spalle ha l'onere di creare i semi della prosperità e di una ripresa economica. Gli imprenditori, infatti, sono stimolati nella loro alertness dalle informazioni sottolineate dagli economisti affinché abbiano un punto di vista quanto più generale possibile nel momento in cui i segnali economici diventano contrastanti con quanto possono verificare mediante la loro esperienza. In questo senso sono i primi a recepire la dissonanza e già equipaggiati a risolverla senza dover ricorrere ad ulteriori nuove ricerche. È assolutamente necessario che coloro che sono i coordinatori delle forniture siano facilitati nel compito di soddisfare le richieste di mercato, e non ostacolati, disprezzati e saccheggiati dal sistema pianificatore centrale.

Ci deva essere profondo rispetto per questi uomini creativi se si vuole favorire l'emergere di una nuova generazione di tali individui. Se c'è qualche speranza per una ripresa, dipende dall'iniziativa dei singoli e a tal proposito gli imprenditori dovranno ricostruire ciò che stati e banche centrali hanno distrutto.

Oltre a ciò è necessaria la fine del culto del clientelismo, quelle coalizioni che nascono solamente per ottenere favori a spese di tutti altri nella società. Gli stati, per la loro sopravvivenza, sovvenzionano politiche che a lungo termine hanno comportato restrizioni nella produzione, errata direzione del capitale ed ingessamento del mercato del lavoro. Inutile sottolineare come tale pratica sia contraria al ruolo integrativo che i prezzi e la concorrenza devono svolgere nel garantire il coordinamento dei mercati e nell'incentivare la formazione del capitale. Questo a sua volta vuol dire rinunciare allo stato sociale redistributivo ed è dovere degli economisti ripetere che dopo la distruzione e lo spreco, niente può riportare la società alla prosperità se non il vecchio adagio: produrre di più e consumare di meno. Non esiste altra ricetta oltre a questa: produrre di più e risparmiare di più.

Senza questi cambiamenti, il percorso verso la ripresa economica sarà più difficile e prolungato. Infatti la prosperità economica non è tanto un problema materiale; è prima di tutto un problema intellettuale, spirituale e morale. Per molti oggi, un simile piano basato sul mercato probabilmente non sembrerà affatto un piano, poiché si presume che "pianificazione" significhi sempre una guida centralizzata della società. Ma, come sottolineato da Mises in Planned Chaos (1947): "L'era liberale [del XIX secolo] aveva un piano ben definito: la proprietà privata dei mezzi di produzione, la libera iniziativa e l'economia di mercato".

I problemi intellettuali, spirituali e morali che affrontiamo hanno la loro soluzione solo nel ripristino di una filosofia politica dell'individualismo e di politiche economiche di libero mercato.

La serie di cambiamenti qui enunciati può sembrare irrealistica, dato l'attuale contesto politico ed economico.Non solo, ma dovendosi fondare su un cambiamento spontaneo di chi è all'apice della catena di comando, potrebbe essere definito anche un pio desiderio, una bolla in cui agli Austriaci piace crogiolarsi. In realtà, non è mai stato così facile come adesso. Come è possibile raggiungere tutti questi obiettivi apparentemente impossibili? Attraverso le criptovalute. Questo semplice strumento ha tutte le caratteristiche necessarie per riuscire a realizzare ogni punto sollevato nei precedenti paragrafi e se ci pensate bene non è altro che l'inevitabile risultato di un mercato costantemente represso. Le criptovalute, infatti, sono la risposta proporzionale al grado di distorsioni economiche finora messe in campo. Il cambiamento di paradigma apportato da Bitcoin, infatti, è talmente forte che è impossibile da centralizzare, andando a sfidare ogni rivoluzione tecnologica del passato il cui obiettivo era lo stesso. Senza dimenticare l'oro, ovviamente.

Come disse Mises: "I nostri concittadini non hanno colto le realtà del momento e invece inseguono idee illusorie. Ma alla fine deve prevalere la ragionevolezza".



CONCLUSIONE

Solo negli Stati Uniti, 47 milioni di persone hanno presentato domanda di sussidio di disoccupazione e si prevede che 1 milione di imprese chiuderanno le saracinesche. Permanentemente. A livello globale $5.000 miliardi di PIL sono letteralmente scomparsi. Durante la bolla dei finanziamenti ipotecari del 2005-2007, i mutui venivano concessi a cani e porci. Oggi non serve nemmeno andare a cercarli, arrivano direttamente come "elargizione di solidarietà" attraverso il welfare state. E le aziende zombi? Anche loro ottengono una fetta della torta. Dopo la crisi del 2008-2009 il debito delle imprese è aumentato da $10.000 miliardi a quasi $17.000 miliardi grazie alle politiche monetarie allentate della FED. E questo peso gravoso è rimasto alla vigilia di quella che è la peggiore recessione dopo la Grande Depressione.

Un anno fa si stimava che circa il 10% delle aziende mondiali fosse già zombi, incapace di guadagnare abbastanza denaro per pagare gli interessi sul proprio debito. Ma, grazie alla Federal Reserve e alle altre banche centrali, sono state in grado di riacquistare le loro azioni e pagare generosi bonus. Quindi cosa fare in caso di fallimento di queste aziende nell'attuale crisi? Dare loro più soldi, ovviamente! Le aziende stanno accendendo prestiti al ritmo più veloce mai visto.

In altre parole, le aziende zombi stanno usando il denaro fasullo per pagare i creditori zombi. Ricordate che un'azienda "zombi", o qualsiasi azienda che ha perdite consistenti, distrugge la ricchezza; non la crea affatto.

Quindi benvenuti nell'economia degli zombi. Dare soldi a pioggia, prestare soldi a fondo perduto, salvare le grandi banche, ecc. Non viene fatta alcuna distinzione tra i vivi e i morti, tra denaro reale e denaro falso, tra giusto e ingiusto, tra diventare ricchi onestamente o disonestamente. Le persone ricevono denaro falso per non lavorare. Le aziende ricevono denaro falso per non realizzare profitti. I pianificatori centrali diventano più potenti peggiorando i problemi.

E, a causa del denaro fiat, tutti diventiamo più poveri.


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