giovedì 23 luglio 2020
I banchieri centrali non ci lasceranno altro che stagnazione
di Sam Peterman
"Il nostro Paese continua ad affrontare un momento difficile [...]. Le persone hanno perso i propri cari, molti hanno perso il lavoro. C'è una grande incertezza sul futuro. Qui alla Federal Reserve siamo fortemente impegnati ad utilizzare i nostri strumenti per fare tutto il possibile, per tutto il tempo necessario [...] e garantire che la ripresa sia il più forte possibile e limitare i danni permanenti all'economia" - Jerome Powell , Presidente della Federal Reserve, 10 giugno 2020
L'America sta soffrendo. Dalla pandemia alla recessione e dalla disoccupazione di massa ai disordini sociali, il futuro del Paese è incerto. Jerome Powell ne parla e sta impostando la Federal Reserve affinché abbia un ruolo attivo nel mitigare tale incertezza. Forse il modo in cui può riuscirci è impostare i tassi d'interesse vicini allo zero per il prossimo futuro. Nel suo discorso della scorsa settimana, Powell ha osservato che non esiste un orizzonte temporale in cui la FED li possa rialzare e prevede il 2022 come prima data possibile per un rialzo dei tassi. Se la Federal Reserve persiste con tassi d'interesse pari a zero (o negativi) per il prossimo futuro, l'economia americana sarà condannata alla stagnazione, come l'Europa e il Giappone prima di lei, mentre il capitale fluirà dagli investimenti produttivi verso pagamenti di debito sempre crescenti.
Perché la FED dovrebbe seguire questa strada? In breve, questo è il copione durante una crisi. La FED sembra credere che tassi d'interesse pari a zero o negativi stimoleranno l'economia, incoraggiando i consumatori a spendere ora, piuttosto che risparmiare, e che l'aumento della spesa scatenerà una ripresa economica. Affinché questo funzioni, la FED si affida alla relazione in linea retta tra i tassi d'interesse e il risparmio, nonostante le crescenti prove del contrario.
In passato sono stati provati lunghi periodi di tassi d'interesse a zero e negativi, in particolare in Europa e in Giappone, e i risultati non sono stati solo deludenti, ma devastanti. Le prove suggeriscono che invece di garantire una forte ripresa e limitare un danno economico duraturo, i tassi d'interesse a zero o negativi portano ad una ripresa lenta e provocano un danno economico significativo a lungo termine.
In Giappone, la Banca del Giappone è passata a tassi d'interesse a zero alla fine degli anni '90 e da allora è rimasta lì senza ottenere granché in risposta dall'economia generale.
Il Giappone non ha avuto l'economia forte e in crescita che questo strumento avrebbe dovuto favorire. Invece ha fatto registrare tassi di crescita costantemente bassi su una tendenza in calo, toccando solo due volte la soglia di crescita del 2% nei quasi tre decenni da quando ha portato i tassi a zero.
Nemmeno il mercato azionario giapponese si è ripreso. Da quando i tassi d'interesse hanno toccato lo zero, il Nikkei è rimasto confinato ad un livello inferiore a quello a cui era arrivato prima della calo dei tassi d'interesse.
L'uso dei tassi d'interesse a zero potrebbe essere stato necessario come strumento di lotta alla crisi al momento della loro prima introduzione, ma l'uso persistente nei decenni successivi non ha portato a nessuna forma di crescita significativa o sostenibile, né nell'economia reale né in quella finanziaria. Il Giappone potrebbe essere un'anomalia, tuttavia, o altri fattori potrebbero essere in gioco. Ha una popolazione che invecchia, fa affidamento sulla produzione in un'epoca sempre più dominata dai servizi e dalla tecnologia, e ha poche o nessuna risorsa naturale su cui contare, il che potrebbe aver pesato sulla crescita. Diamo un'occhiata all'Europa come secondo caso di studio.
In Europa vediamo la stessa storia. I tassi d'interesse a zero e negativi sono stati istituiti più tardi in Europa che in Giappone: la Banca Centrale Europea non ha abbassato drasticamente i tassi d'interesse fino a quando l'Europa non è stata nel mezzo della crisi finanziaria del 2008 e non li ha mandati a zero fino alla crisi dell'euro sei anni dopo.
Non ci sono piani per rialzare i tassi nella zona Euro e molti Paesi (compresi quelli fiscalmente forti come la Germania) hanno persino emesso debiti con tassi d'interesse negativi negli ultimi anni. Ciò ha avuto un effetto simile sulla crescita economica di quello che abbiamo visto in Giappone.
La crescita nella zona Euro ha subito una tendenza negativa costante per decenni e l'ultimo decennio di tassi d'interesse bassi è stato particolarmente difficile. I mercati azionari europei, che più o meno riflettono i fondamentali economici sottostanti, si sono comportati in modo simile: gli ultimi quindici anni hanno visto solo una salita modesta dei prezzi degli asset in molte parti dell'Eurozona.
Il filo conduttore tra Europa e Giappone è una politica di tassi d'interesse a zero per tanto tempo che alla fine ha mandato in tilt le loro economie ingolfando il settore bancario. Possiamo vederlo dando uno sguardo alla redditività delle banche tramite un proxy: i prezzi delle loro azioni. Un campione delle banche europee più grandi durante gli ultimi due decenni dipinge un quadro desolante.
Come mostra il grafico, il settore bancario europeo non si è mai ripreso dalla crisi finanziaria ed è diventato oggi meno redditizio rispetto a due decenni fa. I tassi d'interesse a zero hanno limitato la sua capacità di essere redditizio, insieme ad una maggiore regolamentazione. I tassi d'interesse bassi sono in realtà un veleno per le banche, perché in genere guadagnano un profitto prendendo in prestito ad un tasso basso (come quello offerto da una banca centrale) e concedendo prestiti ad un tasso più elevato. La differenza riflette il rischio che la banca si assume come prestatore nella transazione. I tassi bassi, tuttavia, sono associati a spread inferiori, in quanto il denaro è generalmente più economico e quando i tassi sono bassi i mutuatari non fanno tanta fatica a trovare denaro. Con tale abbondanza, i profitti sono limitati, perché, come con qualsiasi bene economico, la concorrenza aumenta ed i margini di profitto sono scarsi.
La capacità delle banche di generare profitto non è solo un problema per esse stesse. È un problema anche per l'economia in generale, perché le banche sono uno dei principali motori dietro la crescita economica. Meno redditizie sono le banche, meno credito sono in grado di estendere per avviare un'attività o acquistare una casa. È questa capacità di creare e prestare denaro alle imprese e agli individui che contribuisce in modo significativo alla crescita economica, espandendo gli investimenti in attività produttive e aumentando i consumi. Inoltre l'espansione economica porta ad una riduzione della disoccupazione, a redditi più elevati e ad un migliore tenore di vita. In breve, le banche deboli sono in grado di prestare meno e far stare peggio l'economia nel suo insieme. Non esiste un'alternativa alle banche come motore per la crescita economica. Non ci sono economie alimentate a batteria. Senza le banche che oliano le ruote dell'economia, l'intero sistema si arresta, determinando un aumento della disoccupazione ed una riduzione dei redditi. Questo è quello che è successo nel 2008: le banche sono crollate e hanno trascinato l'economia con loro. Questa volta la politica delle banche centrali ha praticamente fatto in modo che le banche commerciali non potessero reagire e le economie della zona Euro e del Giappone ne hanno pagato il prezzo.
La situazione è leggermente diversa negli Stati Uniti. Abbiamo avuto tassi vicini allo zero, ma siamo anche risaliti al di sopra del due percento nell'ultimo decennio.
La nostra economia ha visto un rallentamento della crescita, in particolare negli ultimi cinque anni, ma il nostro mercato azionario ha visto un decennio da record.
Mentre la storia riguardo la crescita economica nell'ultimo decennio è migliore di quella europea o giapponese, la nostra ripresa dopo il 2008 non ha visto aumenti significativi e sostenuti dei salari e ha visto un forte calo del tasso di partecipazione alla forza lavoro nonostante un livello generalmente basso di disoccupazione, suggerendo una ripresa incompleta o debole.
Alcune di queste debolezze possono essere spiegate dalla stagnazione delle nostre società, che hanno assunto livelli di debito straordinari a causa dei molti anni di politiche monetarie facili dalla crisi finanziaria. Il capitale è stato sempre più deviato dagli usi produttivi, come investire in nuove tecnologie o assumere nuovi lavoratori, per pagare oneri di debito sempre più grandi.
Mantenendo i tassi vicino o inferiori allo zero per il prossimo futuro, la FED concederà alle aziende già eccessivamente indebitate l'accesso a più capitale (al tasso più basso possibile) affinché possano rimanere a galla. A breve termine sembrerà funzionare, ma a lungo termine lascerà in vita un numero considerevole di corporazioni improduttive: compagnie zombi sempre più incapaci di fare qualsiasi altra cosa con i loro flussi di cassa se non pagare le montagne del debito che devono. Pertanto impegnarsi in una politica di tassi d'interesse a zero o negativi per un lungo periodo di tempo, come ha fatto Powell la scorsa settimana, ci porterà con ogni probabilità sulla stessa strada dell'Europa e del Giappone. Non porterà a maggiori spese al consumo e ad un tasso di crescita più elevato. Invece eroderà la redditività delle banche commerciali; assicurerà che le società zombi utilizzino i flussi di cassa per ripagare i debiti piuttosto che per investire, aumentare i salari e assumere altri lavoratori; e infine condannerà l'America ad un'economia disfunzionale con un potenziale di crescita endogeno scarso o nullo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Questo è quello che sta accadendo in giro per il mondo, dove i risparmi ed i sacrifici degli individui vengono messi a repentaglio dalla sconsideratezza dei pianificatori centrali. Se comunque pensate che il Libano sia "lontano" dall'Occidente o in particolar modo dall'Italia, siete in errore visto che soprattutto quest'ultima è molto investita nell'economia libanese. Inutile dire che tale situazione si ripercuote non solo sugli asset investiti, ma anche in quelle attività investite sul territorio. La cinghia di trasmissione di questi eventi si estende attraverso l'interconnessione del sistema finanziario mondiale e questo significa crediti deteriorati e asset non performanti.
RispondiEliminaNé lo stato, né il sistema bancario centrale sono entità che creano ricchezza reale, di conseguenza non sono in grado di fornire alcun aiuto. Tutto quello che possono fare è prendere da un individuo e darlo ad un altro. In base a quali criteri si deciderà quanto prendere da A per dare a B?
Ogni volta che gli stati prendono in prestito le risorse che non hanno, privano di fatto le attività che creano ricchezza di queste risorse. Allo stesso modo quando il sistema bancario centrale intraprende un pompaggio monetario per ridurre le difficoltà di liquidità di varie imprese, avvia il trasferimento di risparmi reali da chi li ha creati a chi li sprecherà..
I piani di salvataggio sono nell'ordine delle migliaia di miliardi in denaro fiat ormai e non esiste alcun piano di rientro. La sola contemplazione dello stesso farebbe sprofondare tutto il comparto bancario e finanziario in un istante, questo per dire che nel corso del tempo la pianificazione centrale dell'economia non ha affatto risolto i problemi di cui soffriva ma li ha spazzati sotto il tappeto. In questo modo la malattia economica si è acuita e ha richiesto misure sempre più invasive e folli affinché si tenesse in piedi una parvenza di normalità. Infine i costi diventano così grandi che è impossibile proseguire sulla stessa linea d'azione e la salita dell'oro e di #bitcoin ci stanno segnalando esattamente questo.