Bibliografia

martedì 30 giugno 2020

Perché le misure ufficiali dell'inflazione dei prezzi sono inutili





di Karl-Friedrich Israel


La macroeconomia moderna ha reso la stabilità dei prezzi l'obiettivo primario della politica monetaria. Si presume che le banche centrali possano garantire la stabilità dei prezzi gestendo abilmente l'offerta di moneta, creando così le condizioni per la crescita economica e la prosperità.

Al fine di fornire una rete di sicurezza contro la temuta deflazione dei prezzi, le banche centrali di tutto il mondo cercano di generare un tasso d'inflazione dei prezzi positivo ma moderato. La stabilità dei prezzi significa quindi un tasso d'inflazione stabile. I prezzi di beni e servizi dovrebbero in media salire lentamente ad un ritmo costante nel medio e lungo termine. Nella zona Euro l'obiettivo è raggiungere un tasso d'inflazione vicino ma inferiore al 2%.

Tuttavia non si può negare che la misurazione di un livello generale dei prezzi e del suo tasso di variazione porti con sé diversi problemi. L'obiettivo formale del tasso d'inflazione dei prezzi delle banche centrali deve essere reso operativo nella pratica. È pertanto necessario determinare quali prezzi siano presi in considerazione e come debbano essere riassunti in una media ponderata.



L'indice armonizzato dei prezzi al consumo

Gli stati membri della zona Euro hanno concordato una procedura standardizzata per misurare l'inflazione. L'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) è la variabile operativa della politica monetaria. Il calcolo dell'IPCA è relativamente complesso,[1] poiché si tenta di eliminare possibili distorsioni nella misurazione dell'inflazione mediante procedure e stime elaborate. Tuttavia è altamente discutibile se questo possa avere successo. Di seguito vorrei dare un'occhiata più da vicino a due importanti fonti di pregiudizio.



Effetti di sostituzione

L'IPCA è composto da dodici sottoindici[2] che raggruppano diverse classi di beni. Ciascuno dei sottoindici è costituito da diverse sottocategorie, le quali vengono nuovamente suddivise fino a raggiungere i singoli prezzi di determinati beni e servizi. Questi prezzi unitari devono essere adeguatamente ponderati per il calcolo dell'indice. Il principio è che i beni ed i servizi per i quali viene speso gran parte delle entrate devono ricevere una ponderazione maggiore rispetto a quei beni e servizi che vengono acquistati sporadicamente e in piccole quantità. Formalmente, quindi, i pesi sono determinati dalle quote di turnover reali. In Germania, ad esempio, il peso del sottoindice "Alimenti e bevande analcoliche" (CP01) è attualmente dell'11,3%, il che significa che si presume che la famiglia media tedesca spenda l'11,3% della propria spesa per consumi in questa categoria. In confronto, il peso di "Bevande alcoliche, tabacco e farmaci" (CP02) è del 4,2%.

Poiché le decisioni sui consumi sono in costante evoluzione, lo schema di ponderazione applicato può comportare distorsioni nella misurazione dell'inflazione. Negli anni '90, ad esempio, la Commissione Boskin riscontrò una sistematica sopravvalutazione dei tassi d'inflazione dei prezzi negli Stati Uniti dello 0,4% all'anno.[3] La causa della distorsione era il comportamento sistematico di sostituzione delle famiglie.

La tesi è la seguente: supponiamo un anno base con un determinato schema di ponderazione per tutti i singoli beni e servizi inclusi nell'indice. Questo schema di ponderazione riflette il comportamento al consumo delle famiglie nell'anno base. Tale comportamento cambia nel tempo, in parte perché i prezzi di alcuni beni aumentano più rapidamente rispetto ad altri. Col passare del tempo le famiglie tenderanno ad acquistare meno beni i cui prezzi aumentano più rapidamente e compreranno invece più beni i cui prezzi sono rimasti relativamente bassi. Le famiglie sostituiranno quindi i beni con un tasso d'inflazione relativamente elevato con beni con un tasso d'inflazione relativamente basso. Se lo schema di ponderazione non viene modificato, si verificherà una distorsione verso l'alto dell'inflazione dei prezzi misurata. Sintesi: si sopravvaluterebbe l'inflazione dei prezzi.

Permettetemi di illustrare quanto detto con un semplice esempio. Immaginate un indice dei prezzi per le bevande analcoliche. I prezzi di acquisto di Coca Cola e Pepsi sono inclusi nell'indice al 50% ciascuno, poiché in media le famiglie spendono in proporzione lo stesso importo per entrambe le bevande. Supponiamo che per un certo periodo di tempo il prezzo della Pepsi aumenti del 5% all'anno e il prezzo della Coca Cola aumenti solo dell'1% annuo. Se la ponderazione non viene modificata, il tasso d'inflazione complessivo è del 3%. Il comportamento nei consumi si è spostato a causa dei diversi tassi d'inflazione: in media le famiglie ora acquistano più Coca Cola e meno Pepsi. Supponiamo adesso che le famiglie spendano quattro volte tanto in Coca Cola quanto in Pepsi, la ponderazione dovrebbe quindi essere aggiustata in modo tale che la Coca Cola sia inclusa nell'indice all'80% e la Pepsi solo al 20%. Il tasso d'inflazione annuale rettificato, utilizzando il nuovo schema di ponderazione, sarebbe quindi dell'1,8% invece che del 3%.[4]

Come risultato di questo ragionamento, lo schema di ponderazione dell'IPCA è ora costantemente aggiustato, con il risultato che l'inflazione dei prezzi segnalata è inferiore a quella reale. Ignoriamo ogni possibile inesattezza e supponiamo che gli aggiustamenti al sistema di ponderazione riflettano perfettamente il cambiamento del comportamento del consumatore. Non viene trascurato un punto cruciale?

La risposta è sì. Se i consumatori non passano ad altri prodotti basandosi sul cambiamento delle preferenze, ma semplicemente perché i prezzi dei prodotti che preferiscono sono aumentati in modo sproporzionato, la loro condizione è peggiorata. L'economista lo definirebbe una perdita di benessere. Tale perdita di benessere corrisponde ad un aumento reale del costo della vita, che non si riflette nelle cifre ufficiali se lo schema di ponderazione nell'indice viene aggiustato con precisione in base alle mutevoli decisioni di consumo delle famiglie. Finiamo con una distorsione al ribasso dell'inflazione dei prezzi e il tasso d'inflazione risultante viene quindi sottovalutato.



Cambiamenti nella qualità

Le seconde fonti di distorsione nelle statistiche ufficiali sull'inflazione sono i cambiamenti nella qualità dei beni. Anche in questo caso, la Commissione Boskin degli anni '90 riscontrò una propensione al rialzo dello 0,4% all'anno negli Stati Uniti, perché il miglioramento della qualità dei prodotti a quanto pare non aveva un prezzo adeguato.[5] Il tasso d'inflazione misurato era quindi ancora una volta troppo elevato.

L'argomento teorico è convincente: supponiamo che i prezzi non cambino in un determinato periodo di tempo, ma che la qualità dei beni aumenti costantemente. Di conseguenza avremmo che i consumatori riscontrerebbero una qualità migliore pagando per gli stessi prezzi. Infatti gli standard di vita, ceteris paribus, risulterebbero migliori: più qualità allo stesso prezzo, o la stessa qualità ad un prezzo inferiore. Pertanto il tasso d'inflazione registrato dovrebbe essere negativo.

Nel periodo successivo non solo in America, ma anche in Europa, furono introdotti i cosiddetti metodi edonici di aggiustamento della qualità. Per molti prodotti, quindi, non solo i prezzi di acquisto osservati erano inclusi nell'indice, ma i prezzi aggiustati dovevano anche riflettere i cambiamenti nella qualità.[6] Di seguito vorrei affrontare solo due problemi fondamentali relativi all'aggiustamento alla qualità.

In primo luogo, i produttori hanno un incentivo ad evidenziare i miglioramenti nella qualità dei prodotti che vendono. Quando un'auto o un computer diventa più potente o più veloce, questo lo si può riscontrare in valori fondamentali misurabili. L'auto ha più potenza, il computer ha una CPU più veloce. I produttori comunicheranno apertamente questi valori fondamentali e li utilizzeranno per promuovere i loro prodotti. I miglioramenti nella qualità saranno quindi resi trasparenti e comprensibili agli acquirenti. Pertanto possono anche essere presi in considerazione relativamente nelle statistiche ufficiali.[7]

D'altro canto i produttori hanno un incentivo a nascondere agli acquirenti possibili deterioramenti della qualità. Se l'involucro e il cablaggio di un computer sono realizzati in materiale inferiore, ciò non viene di solito menzionato nella descrizione del prodotto. Se si desidera rilevare un deterioramento della qualità, spesso è necessario osservarlo da vicino. In molti casi, non sono facilmente rilevabili e non possono essere quantificati.

Ciò porta ad una distorsione sistematica. Da un lato, i miglioramenti della qualità sono visibili e presi in considerazione; i prezzi dei prodotti in questione vengono abbassati nelle statistiche ufficiali. Il deterioramento della qualità, d'altro canto, non viene rilevato ed i prezzi dei prodotti in questione non vengono aumentati di conseguenza. È quindi probabile che le modifiche apportate creino anche una tendenza artificiale al ribasso. Le statistiche ufficiali riportano quindi un tasso d'inflazione dei prezzi troppo basso.

Il secondo punto che vorrei aggiungere non è stato ancora preso in considerazione nella letteratura pertinente. Supponiamo che tutti i cambiamenti nella qualità siano valutati in modo accurato dalle statistiche ufficiali. Anche se così fosse, ciò creerebbe una tendenza al ribasso nell'inflazione dei prezzi segnalata: un determinato miglioramento della qualità di un prodotto crea già pressioni deflazionistiche sui prezzi di altri beni senza che sia necessario apportare alcuna modifica. Questa pressione emerge in particolare per i predecessori ora inferiori del nuovo prodotto.

Ad esempio, quando Apple ha lanciato il primo smartphone sul mercato, l'iPhone, si è verificata una pressione negativa sui prezzi dei telefoni cellulari convenzionali, poiché Apple aveva eliminato le quote di mercato dai produttori concorrenti di telefoni cellulari con il suo nuovo prodotto. Di conseguenza i concorrenti sono stati costretti ad applicare prezzi più bassi per i loro prodotti rispetto a quanto sarebbe altrimenti avvenuto. Solo offrendo prezzi più bassi alcuni acquirenti avrebbero potuto essere convinti a non passare al nuovo iPhone.

Questa pressione negativa sui prezzi dei prodotti concorrenti, che deriva dall'innovazione, sta già riducendo i tassi d'inflazione misurati. Ciò significa che un determinato miglioramento nella qualità si riflette in parte nel calo dei prezzi di altri beni. Se il prezzo del bene di qualità migliore venisse sottoposto ad un ulteriore aggiustamento oltre a quello del mercato (supponendo che sia persino possibile farlo con precisione), la ridicolaggine di questo metodo statistico sarebbe decisamente palese. L'inflazione dei prezzi sarebbe estremamente sottovalutata.



Conclusione

Non vi è dubbio che sia gli effetti di sostituzione che i cambiamenti nella qualità di beni e servizi pongano problemi praticamente insolubili per le statistiche ufficiali sull'inflazione. I cambiamenti nella qualità non possono essere quantificati oggettivamente. Questa circostanza da sola apre un enorme margine discrezionale per le statistiche ufficiali sui prezzi, che ha anche un impatto sulla politica monetaria. L'offerta di moneta M1 nell'area Euro è salita di oltre cinque volte.[8] Ciò potrebbe anche essere politicamente giustificato, poiché l'inflazione dei prezzi segnalata era relativamente bassa. I prezzi nell'area Euro sono ufficialmente aumentati solo di poco più del 40% dal 1999. L'inflazione dei prezzi è sistematicamente sottostimata? Il sospetto è più che giustificato.

Anche se i problemi pratici della misurazione dell'inflazione, che derivano dagli effetti di sostituzione e dai cambiamenti nella qualità, potessero essere risolti, l'applicazione delle procedure attualmente utilizzate nelle statistiche ufficiali porterebbe lo stesso ad una sottovalutazione sistematica dell'inflazione dei prezzi. I pregiudizi al rialzo, che sono senza dubbio rilevanti, una volta identificati vengono invertiti in pregiudizi al ribasso quando vengono presi in considerazione altri fattori, anche se i metodi attuali potrebbero essere applicati in modo accurato e impeccabile.

Inoltre vi sono altre lacune nella misurazione ufficiale dell'inflazione: ad esempio, i prezzi degli asset non vengono presi in considerazione nonostante negli ultimi decenni si sia verificata un'inflazione sproporzionata dei prezzi, in particolare per asset a lungo termine come immobili e azioni. Non sorprende se la mediana dei tassi d'inflazione dei prezzi percepiti soggettivamente nella zona Euro sia del 5% superiore rispetto al tasso d'inflazione ufficiale.[9]


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Non è neppure trasparente per l'osservatore esterno. Gli uffici statistici forniscono gran parte dei dati utilizzati, ma non tutti. In particolare, non forniscono informazioni sui dati grezzi utilizzati, vale a dire, sui prezzi effettivamente osservati e documentati prima che siano inclusi nelle statistiche dopo varie rettifiche.

[2] I dodici sottoindici sono CP01: alimenti e bevande analcoliche; CP02: bevande alcoliche, tabacco e farmaci; CP03: abbigliamento e calzature; CP04: abitazioni, acqua, elettricità, gas e altri combustibili; CP05: Beni domestici e manutenzione ordinaria delle famiglie; CP06: Salute; CP07: Trasporto; CP08: Poste e telecomunicazioni; CP09: ricreazione e cultura; CP10: Istruzione; CP11: ristoranti e alberghi; CP12: beni e servizi vari.

[3] Per la Germania la distorsione è risultata leggermente meno pronunciata poco dopo (0,1%). Si veda Hoffmann "Probleme der Inflationsmessung in Deutschland" (Discussion Paper, Deutsche Bundesbank, 1998).

[4] In questo esempio semplificato, il tasso d'inflazione aggiustato risulta dalla nuova media ponderata dei singoli tassi di inflazione: 0,8 * 1 + 0,2 * 5 = 1,8; in contrasto con la ponderazione originale: 0,5 * 1 + 0,5 * 5 = 3.

[5] Per la Germania la distorsione stimata a causa dei miglioramenti della qualità è stata dello 0,45%.

[6] Nessuna informazione sull'entità degli aggiustamenti della qualità viene fornita dagli uffici competenti. I dati grezzi prima dell'aggiustamento della qualità non sono resi pubblici in Europa.

[7] La parola "relativamente" è importante qui. In ultima analisi, i miglioramenti della qualità sono ovviamente impossibili da valutare e quantificare, poiché sono soggettivi.

[8] Da gennaio 1999, quando l'euro è stato introdotto come moneta, M1 è passato da €1.807,005 milioni a € 9.335,181 milioni nel marzo 2020, un aumento di 5,17 volte.

[9] Si veda Karl-Friedrich Israel, "Perché l'inflazione dei prezzi al consumo è stata così bassa?", Mises Wire, 11 maggio 2020.

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