Bibliografia

mercoledì 10 giugno 2020

La malattia è la salute dello stato





di David Stockman


Cento anni fa, in risposta all'orrore della prima guerra mondiale, il grande Randolph Bourne scrisse una grande verità: "La guerra è la salute dello stato".

La guerra è la salute dello stato.

Essa mette automaticamente in moto in tutta la società quelle irresistibili forze per l'uniformità, per un'appassionata cooperazione con lo stato nel costringere all'obbedienza i gruppi di minoranza e gli individui che mancano del senso più grande di branco. Lo stato imposta e applica sanzioni, le minoranze sono o intimidite, o lentamente persuase da un sottile processo di propaganda [...].

Altri valori come la creazione artistica, la conoscenza, la ragione, la bellezza, la valorizzazione della vita, vengono sacrificati all'istante e quasi all'unanimità; e quelle classi che si sono costituite come agenti dello stato vengono impegnate non solo nel sacrificare questi valori, ma nel costringere tutte le altre persone a sacrificarli.

In una nazione in guerra, ogni cittadino si identifica con il tutto e si sente immensamente rafforzato in tale identificazione. Lo scopo e il desiderio della comunità collettiva vivono in ogni persona che si lancia con tutto il cuore nella causa della guerra. La distinzione tra società e individuo viene quasi cancellata.

Un secolo dopo sembra che Randolph Bourne abbia bisogno di un aggiornamento: a quanto pare, anche la malattia è la salute dello stato.

Nelle ultime 10 settimane il controllo statale della vita economica e sociale in America è esploso come mai prima d'ora. Gli ordini di lockdown decretati da sindaci e governatori si sono intromessi in ogni angolo della vita quotidiana, sottoponendo decine di milioni di americani agli arresti domiciliari.

L'irreggimentazione storica e la soppressione del dissenso verificatesi a livello nazionale durante entrambe le guerre mondiali, per esempio, impallidiscono al confronto.

Il pretesto, ovviamente, è stato che il coronavirus rappresenta una terribile minaccia per la vita degli americani e che sono necessari controlli invasivi sull'azione individuale e sul commercio quotidiano per fermarne la diffusione.

Ma questa è una menzogna gigantesca. Il rischio di morte per una persona mediamente sana di età inferiore ai 60 anni non è maggiore di quello che gli comporta un tragitto di 50 miglia al giorno in auto per andare a lavoro.

Inoltre, una volta che un virus altamente contagioso si è diffuso tra la popolazione, cosa che il coronavirus aveva fatto molto prima del lockdown il 13 marzo, la sua diffusione non può essere fermata in alcun modo.

In realtà, non dovrebbe essere fermato. Quando si è capito che il virus non fa nulla al 95% della popolazione che lo contrae, il giusto modo di agire è lasciare che regni la libertà. Cioè, consentire la sua naturale diffusione tra la popolazione sana e quindi favorire le immunità di gregge, strategia che l'organismo umano e la comunità umana nel suo insieme ha impiegato da millenni per combattere tali malattie.

Detto in altro modo, la massima allerta per la salute e la vita dei cittadini vengono meno quando si tratta di virus C e quindi ciò che sta ancora accadendo in ambito burocratico e governativo viene fatto in malafede.

Ciò è abbastanza evidente in qualsiasi campione casuale di controlli sociali e "blocchi di affari non essenziali" che sono stati messi in piedi da costa a costa. Regole, regolamenti e ordinanze che sono totalmente arbitrari, capricciosi e completamente privi di qualsiasi logica. Ma questo tipo di invasione arbitraria dello stato nella vita economica e personale è ciò che accade quando i politici sono illuminati da una grande menzogna.

Nel caso dell'Illinois c'è il governatore-bulletto-sceriffetto JB Pritzker, rampollo di una famiglia di speculatori finanziari di Chicago, e ha deciso che il suo lavoro consiste nel reprimere il coronavirus: i diritti dei cittadini e le esigenze dell'economia possono andare anche all'inferno per quel che gli riguarda.

Ma val la pena di notare che il tasso di mortalità CON Covid in Illinois al 27 maggio era solo di 40 per 100.000 abitanti, che è solo leggermente al di sopra della media degli Stati Uniti e molto al di sotto del livello di quegli stati più colpiti, dove i tassi di mortalità sono molto più alti.

È più o meno lo stesso della Svezia, che non ha chiuso scuole, imprese e luoghi di aggregazione sociale; ed è ben al di sopra di una serie di altri stati USA e Paesi tra cui il Giappone e la Corea del Sud, che non hanno impiegato nulla che assomigli al lockdown imposto dallo stato dell'Illinois.

Tassi di mortalità CON Covid per 100.000 abitanti (al 28 maggio):
  • New York: 153;
  • New Jersey: 128;
  • Connecticut: 107;
  • Massachusetts: 95;
  • Rhode Island: 64;
  • Svezia: 42;
  • Illinois: 40;
  • Georgia: 18;
  • Florida: 11;
  • Germania: 10;
  • Texas: 6;
  • Svizzera: 4;
  • Russia: 3;
  • Bielorussia: 2;
  • Giappone: 0,7;
  • Corea del Sud: 0,5

L'ampio range dei tassi di mortalità tra queste giurisdizioni indica che il lockdown intrusivo, progettato per fermare la diffusione del virus, non ha molto a che fare con i risultati effettivi. Le misure di sanità pubblica in Georgia, Florida, Texas, Giappone, Bielorussia e Corea del Sud, ad esempio, non erano affatto così invadenti e totali come quelle nello stato dell'Illinois.

Il 50% dei decessi CON Covid in Illinois sono avvenuti nelle case di riposo. Quindi se accantonate i decessi in queste strutture, il tasso di mortalità generale della popolazione in Illinois è in realtà di circa 20 decessi per 100.000 abitanti. Un numero leggermente superiore al tasso annuale dei suicidi di 15 per 100.000 abitanti e nemmeno il 3% del tasso di mortalità annuale dell'Illinois per tutte le cause (circa 875 per 100.000 abitanti).

Quindi abbiamo il peggio di entrambi i mondi: il lockdown dell'Illinois non tiene conto dei suoi tassi di mortalità moderati, perché se fosse efficace i dati di New York e New Jersey sulla mortalità sarebbero drasticamente inferiori; la distruzione di un'economia e delle libertà personali per qualcosa che ammonta solo al 3% del tasso di mortalità normale dello stato, conferisce alle parole eccesso e sproporzione un significato del tutto nuovo.

Per fare un altro esempio, il tasso di mortalità CON Covid di 15,7 per 100.000 abitanti in Virginia è solo leggermente superiore al suo tasso annuale di suicidi di 13,9 per 100.000 abitanti.

Ma ciò non ha impedito al suo governatore-bulletto-sceriffetto, Ralph Northam, di imporre un lockdown ai residenti dello stato, incluso un editto in cui tutti i virginiani di età superiore ai 10 anni indosseranno la museruola praticamente ovunque.

Inutile dire che, anche se lo stato si gonfia d'orgoglio per lo stato di polizia sanitario, il settore privato è letteralmente imploso. Con il rapporto settimanale di oggi sulle richieste iniziali di disoccupazione, abbiamo ora raggiunto un traguardo che non è stato raggiunto nemmeno durante i momenti più bui della Grande Depressione.

In altre parole, nelle ultime dieci settimane 40,7 milioni di lavoratori hanno presentato domanda di sussidio di disoccupazione, una cifra nove volte superiore ai peggiori 10 mesi della Grande Recessione; e quando vi si aggiungono anche i 4,5 milioni di lavoratori che di recente sono entrati nel programma PUA (Pandemic Unemployment Assistance), il totale è vicino ai 45 milioni.

La forza lavoro totale impiegata alla vigilia del lockdown nel febbraio 2020 era di soli 158,7 milioni.

Quindi il 28,3% dei lavoratori in quella che era presumibilmente la più grande economia di sempre ora sono a spasso ed è successo tutto in sole dieci settimane.


Tuttavia questa calamità ci porta ad analizzare un'altra cosa attraverso la quale la malattia è diventata la salute dello stato.

Dopo che a metà marzo i dittatori in camice bianco hanno dato il via libera a governatori e sindaci di bloccare le loro economie e condotto briefing quotidiani con le task force sul coronavirus (il ​​foraggio per generare isteria tra la popolazione), i politici di Washington hanno sperimentato la propria versione del contagio della paura: hanno approvato di nascosto un salvataggio da $3.000 miliardi che ha letteralmente fatto a pezzi le le finanze pubbliche della nazione.

Di conseguenza il lockdown ha affamato le entrate del Ministero del Tesoro degli Stati Uniti per $3.000 miliardi nell'anno fiscale 2020, cifra però che rappresenta solo il 40% degli esborsi per i salvataggi, i quali supereranno i $7.000 miliardi. Siamo ben oltre la repubblica delle banane ormai.

Inutile dire che i politici a Capitol Hill non hanno tenuto udienze, non hanno ricevuto testimonianze di esperti, non hanno avuto il beneficio di nessuna analisi professionale o di una lettura superficiale delle leggi.

A quanto pare non si sono preoccupati di scoprire, ad esempio, che l'anno scorso c'erano 71 milioni di lavoratori americani le cui buste paga erano in media inferiori al nuovo assegno federale/statale combinato da $1.000 a settimana; e che a febbraio 2020 c'erano 17 milioni di lavoratori nel settore dell'ospitalità e del tempo libero con una media di meno di 25 ore settimanali al giorno e una busta paga inferiore ai $350.

Quindi ora ci troviamo di fronte ad una nuova varietà di disturbi che potrebbero affliggere milioni di lavoratori: la scoperta che è meglio essere disoccupati piuttosto che lavorare.

Inoltre, come ha scritto il Wall Street Journal riguardo le difficoltà dell'industria della ristorazione, la cosiddetta riapertura sarà solo un breve ponte verso l'oblio per grandi segmenti di tal settore.

Ci sono 275 milioni di americani di 64 anni e sotto tale soglia che praticamente non corrono rischi. Al 16 maggio i dati del CDC mostrano che il tasso di mortalità CON Covid per questa enorme percentuale della popolazione era di solo 4,9 per 100.000 abitanti, quasi in linea con le morti annuali per incidenti stradali.

Al contrario, le morti si verificano principalmente dove non sono presenti i lockdown. Le persone di età pari o superiore a 65 anni rappresentano il 16% della popolazione e l'81% di loro è morta CON Covid; e il 32% delle morti è stata registrata tra gli 85 e più, che rappresentano solo il 2,0% della popolazione (la maggior parte dei quali si trova in case di riposo e non frequenta i ristoranti).

La ragione per l'alta mortalità e la scarsa socializzazione pubblica, ovviamente, è che le 22.543 persone di 85 anni e più che sono morte CON Covid erano già abbastanza malate. Vale a dire, tra queste c'erano:
  • 8.267 casi di influenza e polmonite;
  • 11.250 casi di malattie respiratorie croniche e altre malattie polmonari;
  • 4.075 casi di alta pressione sanguigna;
  • 4.000 casi di arresto cardiaco e aritmia arteriosa;
  • 5.800 casi di altre malattie circolatorie;
  • 1.870 casi di diabete e obesità;
  • 3.650 casi di demenza;
  • 1.700 casi di sepsi e cancro;
  • 1.025 casi di Alzheimer;
  • 1.175 casi di insufficienza renale;
  • 8.000 casi di altri disturbi gravi tra cui incidenti e avvelenamenti.

Complessivamente i deceduti di età superiore a 84 anni avevamo 50.800 casi di malattie classificabili, la maggior parte delle quali potenzialmente letali. Questa è una media di 2,25 ciascuno.

Inutile dire che la malattia è una condizione della vita, specialmente in età avanzata, e deve essere combattuta con le cure mediche e l'accortezza personale, non con l'ingegneria sociale.

Ma quando la malattia diventa la salute dello stato, come durante l'attuale isteria Covid, è evidente che lo stato diventa una minaccia mortale per la libertà e la prosperità, di più che durante i periodi di guerra.

E siamo abbastanza sicuri che Randolph Bourne sarebbe pienamente d'accordo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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