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mercoledì 27 maggio 2020
Finora la BCE ha nascosto il rischio, ma non riuscirà a farlo ancora a lungo
di Daniel Lacalle
Nonostante l'aumento senza precedenti del programma di acquisto di asset della Banca Centrale Europea, lo spread delle obbligazioni sovrane dell'Europa meridionale rispetto a quelle tedesche è in aumento.
Il bilancio della BCE è salito a oltre il 42% del PIL della zona Euro rispetto a quello della FED, 27% del PIL degli Stati Uniti. L'eccesso di liquidità è aumentato a oltre €2.100 miliardi.
La BCE ha messo in campo enormi acquisti di asset e tassi negativi per anni, e la realtà è che l'economia dell'Eurozona è rimasta debole e vicina alla stagnazione già nel quarto trimestre del 2019.
Il problema principale della zona Euro è che la maggior parte dei governi ha abbandonato le riforme strutturali e ha scommesso tutto sulla politica monetaria. Permangono l'eccessiva spesa pubblica, l'elevato cuneo fiscale e la burocrazia opprimente, mentre una percentuale sostanziale di crescita proviene dal settore del turismo e quello ricreativo (circa il 22% del valore aggiunto lordo nel 2019).
Il meccanismo di trasmissione della politica monetaria non è il problema. Le banche sono desiderose di prestare e le imprese e le famiglie non hanno problemi ad accedere al credito. Il problema è che i leader della zona Euro ed i banchieri centrali credono che le sfide della zona Euro siano problemi di domanda, quando è dimostrato che l'output gap è molto piccolo al limite, se non assente del tutto. La realtà è che la politica monetaria nella zona Euro non ha funzionato come incentivo per investimenti produttivi e crescita, ma piuttosto come un perpetratore di enormi squilibri a vantaggi di stati falliti.
Con la crisi COVID-19, l'Eurozona si trova intrappolata tra l'incudine e il martello. La sua politica fiscale e monetaria perpetuerà l'eccesso di capacità nei settori sbagliati, mentre l'eccessiva spesa pubblica e la politica fiscale ostacoleranno ulteriormente innovazione, tecnologia ed investimenti produttivi.
Ora che la Commissione Europea ha consentito la nazionalizzazione parziale delle industrie, la strada per la stagnazione permanente è stata aperta. Prima gli stati ignorano i rischi dell'epidemia, poi chiudono l'economia per decreto. Annunciano controlli più severi sugli investimenti esteri e sugli afflussi di capitali... e si presentano come la soluzione.
La zona Euro vuole usare la crisi COVID-19 per far avanzare la sua agenda interventista e la sua cosiddetta strategia Green New Deal. Il problema è che un maggiore intervento statale nell'economia porterà probabilmente a maggiori malinvestment, ad un aumento della disoccupazione e ad una crescita inferiore.
La BCE può mascherare il rischio per un po', ma la realtà di un debito crescente e di un carico fiscale sempre più oneroso finiranno per scatenare una crisi del debito. Ciò potrebbe mettere a rischio l'intera Unione Europea, poiché i governi dei Paesi del nord devono pagare per l'eccesso di spesa di alcuni stati membri del sud.
Monetizzare il rischio non lo eliminerà. L'euro perderà importanza come valuta di riserva globale e il suo utilizzo nelle transazioni transfrontaliere potrebbe ridursi ulteriormente, portando ad una crisi valutaria proprio mentre il debito sale.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Questa situazione, credo, sia evidente anche a livello dei governi soprattutto quelli più avveduti. Eppure si trovano, anzi si sono infilati in una strada stretta a senso unico. Ridurre la spesa corrente non fa parte delle loro opzioni politiche, non saprebbero neppure come farlo.
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