Bibliografia

venerdì 14 febbraio 2020

Trovate il trend la cui premessa è falsa e scommetteteci contro





di Francesco Simoncelli


Si dice spesso che gli eventi storici non si ripetono nel modo esatto in cui sono accaduti in precedenza, ma fanno rima col passato. Nel mondo economico di oggi ci sono parecchie assonanze con gli anni '70. All'epoca i pianificatori monetari centrali stavano mettendo una toppa alle catastrofi di Lyndon Johnson dovute alle politiche "guns and butter". L'inflazione dei prezzi al consumo era risultata bassa per due decenni: all'inizio degli anni '60 era meno dell'1,5%, proprio come lo è oggi (almeno secondo le statistiche ufficiali). Poi però salì al 5,8% nel 1970 e il resto del mondo che deteneva miliardi in dollari iniziò ad innervosirsi. Piuttosto che onorare il proprio impegno a rimborsare dollari statunitensi a $35 l'oncia d'oro, l'amministrazione Nixon chiuse la "finestra dell'oro" e creò una nuova valuta: un dollaro coperto dal nulla. I pianificatori monetari centrali potevano ora stamparne quanti ne volevano.

Gli investitori accorti anticiparono la mossa: l'oro era già arrivato a $40 l'oncia quando l'annuncio fu dato il 15 agosto 1971. Il dollaro continuò ad affondare mentre l'oro, alla fine del 1979, era trattato a $512 l'oncia. La premessa del Ministero del Tesoro degli Stati Uniti e degli economisti che lo consigliavano, incluso Milton Friedman, era che il nuovo dollaro sarebbe stato altrettanto buono quanto quello vecchio e che i suoi "guardiani" avrebbero fatto attenzione a non stamparne troppi. Inutile dire che quella premessa era falsa. Nel 1973 gli arabi lo dimostrarono, dovendo far salire il prezzo del petrolio del 300% solo per tenere il passo con un dollaro che si svalutava a ritmo incalzante.

I pianificatori monetari centrali stavano spendendo troppi soldi, facendo salire a dismisura i deficit pubblici. Questo indebitamento andava a mettere fuori dai giochi il settore privato, privato di risorse necessarie per far crescere genuinamente ed in modo sostenibile l'economia. La combinazione di aumento dei prezzi al consumo e di una stagnazione economica venne definita come il mostro della "stagflazione". Nel 1974 quel mostro era scatenato: i prezzi al consumo erano saliti all'11% ed il debito pubblico degli Stati Uniti era passato da $371 miliardi nel 1970 a $908 miliardi nel 1980. In quest'ultimo anno il tasso di inflazione aveva raggiunto il 14%.

Oggi il tasso di inflazione è inferiore al 2%, almeno secondo le statistiche ufficiali. Attenzione, però, perché sin dagli anni '90 i pianificatori monetari centrali hanno continuamente cambiato il modo in cui calcolano i numeri dell'inflazione dei prezzi. Se ritenevano che la qualità di un prodotto fosse aumentata, allora secondo loro gli acquirenti avrebbero ottenuto di meglio con la stessa quantità di denaro. Quindi hanno fatto finta che i consumatori avrebbero pagato un prezzo più basso. Se un nuovo computer è 10 volte più veloce di uno vecchio, ad esempio, allora questa gente abbassa il prezzo del 90%, anche se bisogna pagare tanto per quello nuovo quanto per quello vecchio.

Questi aggiustamenti "edonici" abbassano sostanzialmente il tasso d'inflazione dei prezzi, ma analisti indipendenti come John Williams o il Chapwood Index continuano a calcolare l'inflazione dei prezzi utilizzando la stessa formula utilizzata nel 1980. Non sorprende che il tasso d'inflazione per l'anno scorso è un dieci percento tondo tondo. In altre parole, usando la stessa metrica l'inflazione dei prezzi è già più alta di quanto non fosse nel 1970. E il prezzo dell'oro, anch'esso una buona misura dell'inflazione dei prezzi reali, è salito dell'8% l'anno scorso.

Gli anni '70 si sono conclusi senza un crollo del mercato azionario, ma al netto dell'inflazione dei prezzi e del denaro reale i guadagni sono stati nulli. Il 2020 potrebbe essere simile? "Trovate il trend la cui premessa è falsa e scommetteteci contro", ha sempre detto George Soros. La falsa premessa degli anni '70 era che il nuovo dollaro era buono come quello vecchio. Un investitore poteva moltiplicare il proprio denaro di 13 volte scommettendo contro il nuovo dollaro: tutto quello che doveva fare era comprare oro. E adesso? La premessa principale di oggi è che l'economia USA sia più sana che mai. Ci basta solo "misurarla" in termini di denaro reale per capire che questa narrativa è stata solo un'illusione.





PREZZI ED INFORMAZIONE

I prezzi sono segnali e se non vengono manomessi dallo stato o da un'agenzia privata autorizzata dallo stato (cartello), riflettono le migliori stime di compratori e venditori in base a domanda ed offerta, sia nel presente che nel futuro. Il sistema dei prezzi in un'economia di libero mercato è il più grande fornitore unico di informazioni accurate nella società. Quelle persone che prevedono erroneamente i prezzi subiscono perdite e questo segnale d'allarme scatta quando entra in gioco un altro sistema informativo: profitti e perdite.

Lo stato può intervenire direttamente manomettendo i prezzi attraverso leggi che stabiliscono massimi o minimi, e in tal senso l'esempio più fulgido è rappresentato dal salario minimo. Esistono altri modi per manometterli, perché ad esempio lo stato può concedere ad un'associazione che rappresenta un'industria il diritto di limitare l'ingresso a nuove realtà. Qualsiasi attore di mercato che sfida il cartello è minacciato da sanzioni. E badate bene, va sottolineato in modo marcato che è lo stato che approva tali leggi. Lo stato non è quella figura integerrima che si erge a baluardo dei più deboli; no, lo stato è una baldracca al soldo dell'offerta più alta.

Tutto ciò che interferisce con il sistema di prezzi distorce l'accuratezza delle informazioni. Quando ci sono restrizioni e barriere all'ingresso in un settore, vediamo inevitabilmente la formazione di cartelli. Si tratta di associazioni di produttori che consentono ai loro membri di staccare rendimenti superiori a quelli che avrebbero staccato se fossero rimasti in regime di concorrenza sana. In questo modo si trincerano dietro la burocrazia e parassitano chi invece continua a produrre ricchezza.

Il paradosso è che chi cerca di aggirare questa situazione è tacciato di "imbrogliare" e viene additato come un furfante. Questo perché i cartelli soffrono costantemente la minaccia di venire spazzati via dalla dinamicità dei mercati, il che significa concorrenza sui prezzi, in particolare di quei nuovi arrivati ​​che operano in modo più efficiente. Il cartello reagisce in due modi: spinge lo stato a limitare l'ingresso nel settore; spinge lo stato a far rispettare le regole del cartello contro chi vuole competere in modo genuino in modo da ridurre la redditività dei membri del cartello.

Come spero abbiate appreso dalle letture del blog, la staticità non è una condizione normale dei mercati. Questo perché la loro mutevolezza non è data altro che da chi li compone: gli esseri umani. I loro desideri in continuo mutamento rappresentano l'inevitabile fine delle condizioni di privilegio artificiali. E questo è un fatto apodittico, visto che ineluttabilmente ogni cartello alla fine scopre che non può rispondere a nuove condizioni di domanda e offerta. Una crisi lo travolge e il cartello non può far altro che andare incontro alla sua frantumazione.

Il sistema più dannoso di manomissione dei prezzi è il sistema bancario a riserva frazionaria. Lo stato autorizza le banche commerciali ad emettere più banconote di quante ne abbiano in riserva. I depositanti sono indotti a credere di poter prelevare il proprio denaro in qualsiasi momento e quando lo fanno, soprattutto in tempo di recessione, le banche si trovano di fronte lo spettro della bancarotta. Per evitare ciò gli stati hanno dato vita ad istituzioni monopolistiche chiamate banche centrali: ufficialmente il loro compito è quello di salvaguardare la stabilità dei mercati (come è possibile se i mercati sono dinamici per definizione?), ufficiosamente il loro compito è salvaguardare dalla bancarotta stati e grandi banche. E cosa sono le banche centrali, quindi, se non cartelli?



LE BANCHE CENTRALI

La Banca Centrale Europea è il braccio esecutivo del cartello del sistema bancario europeo.

Il suo compito reale è quello di mantenere solventi le più grandi banche. Attraverso il suo controllo sulla base monetaria, la BCE può stabilire il tasso d'interesse a breve termine al quale le banche commerciali si prestano denaro reciprocamente. Questo è stato lo strumento principale di controllo che tutte le banche centrali hanno sull'economia. Ma con un tasso vicino allo zero percento in tutte le giurisdizioni mondiali, lo strumento non riesce più a manipolare il mercato. La BCE, come anche le altre sue pari, sa che deve acquistare asset che non possono più essere venduti ad un prezzo simile a quello pagato da banche, compagnie assicurative e fondi pensione.

In realtà la BCE è terrorizzata da una svalutazione dei bilanci delle banche commerciali, perché se si contraggono, suddetti istituti dovranno far rientrare i prestiti per compensare tale contrazione. Una contrazione del credito significa recessione immediata, pertanto la BCE vuole evitare a tutti i costi che i bilanci di quelle realtà importanti a livello sistemico inizino a diventare delle gigantesche groviere. Inutile dire che questa operazione serve solamente a gettare fumo negli occhi, come ha fatto ad esempio Powell nelle sue dichiarazioni di due settimane fa. Davvero non sa chi/cosa stia trainando il mercato azionario statunitense?




Nella conferenza stampa Powell ha elencato ogni possibile motivo per un rallentamento della crescita globale nel 2018, tranne ovviamente quello vero: la FED ha ridotto l'afflusso di liquidità e le azioni si sono schiantate. Il loro calo del 20% nel quarto trimestre del 2018 ha spaventato i banchieri centrali ed i loro sforzi per normalizzare i tassi e il bilancio si sono conclusi con un fallimento. Un calo costante delle azioni, secondo la loro ottica, avrebbe comportato un ulteriore rallentamento dell'attività economica e avrebbe rischiato una recessione. Quindi hanno fatto inversione ad U e sono tornati alla grande a calciare il barattolo più in là lungo la strada. E quando la crisi dei pronti contro termine è scoppiata all'improvviso, si sono fatti prendere dal panico e hanno irrigato il sistema con liquidità che ha portato ad un'ulteriore accelerazione dei prezzi degli asset. Ma ecco la prova empirica che in realtà le banche centrali sono un cartello al soldo delle grandi banche ed il loro compito non è affatto quello di stabilizzare l'economia in toto: le banche commerciali sono state leste a tagliare i tassi sui depositi e altrettanto leste ad alzare quelli sui prestiti.




Ma attenzione, perché la BCE non è stata da meno. Nell'ultimo decennio abbiamo assistito a diversi piani per iniettare denaro nell'economia con un ritmo vertiginoso e mai visto prima, iniziando dal 2008 con i €200 miliardi per infrastrutture, imprese e settori strategici. La disoccupazione in Europa non è stata ridotta in risposta, mentre è diminuita più rapidamente in quei Paesi che hanno promosso la liberalizzazione delle riforme strutturali, come nel caso della Germania, dell'Irlanda e, su scala ridotta, della Spagna.

Anche se la prima strategia della BCE è fallita, nel 2014 ha presentato un altro piano di investimenti pubblici, questa volta con oltre €500 miliardi. Secondo la BCE ciò avrebbe accelerato la crescita economica nell'UE di un ulteriore 1,3% fino al 2020. Invece lo stimolo è fallito ancora una volta, con Paesi come l'Italia e la Germania in recessione tecnica, e molti altri come la Spagna e la Francia in stagnazione. A questo punto possiamo certamente parlare di una giapponesizzazione dell'economia europea. Il bilancio della BCE, a quasi €4.700 miliardi, rappresenta quasi il 40% del PIL totale dell'Eurozona, un numero astronomico rispetto agli Stati Uniti, dove il bilancio della FED rappresenta meno del 20% del PIL.

Nel suo primo discorso da quando è diventata presidente della BCE, Christine Lagarde si è concentrata su ciò che gli stati membri possono fare e sulla parte che un aumento degli investimenti pubblici dovrebbe svolgere in futuro. Ha sottolineato che la politica monetaria "non può e non dovrebbe essere l'unico strumento" e ha esortato i governi europei ad aumentare le spese. L'unica salvezza della struttura economica e monetaria della zona Euro è stata profondamente critica, ovvero, quei Paesi che hanno gestito le proprie finanze in modo relativamente responsabile come i Paesi Bassi e la Germania. Per quanto assurda possa sembrare, la soluzione dei banchieri centrali è incoraggiare i pochissimi stati membri con budget stabili a destabilizzarsi. Criticare la disciplina e le eccedenze di bilancio e promuovere la spesa pubblica è una strategia destinata a fallire, andando ad aggravare l'impatto del rallentamento economico.

Nel quadro analitico keynesiano il flusso monetario in continua espansione è la chiave della prosperità economica. Ciò che alimenta la crescita economica è la spesa monetaria e quando le persone spendono di più, ciò implica che risparmiano di meno. Al contrario, quando le persone riducono la propria spesa monetaria, ciò viene visto come un segno di un maggiore risparmio. Secondo questo modo di pensare il risparmio è considerato una brutta notizia: più persone risparmiano, più le cose peggiorano.

Ovviamente il quadro illogico keynesiano non capisce che le persone non pagano con denaro, ma piuttosto con i beni che hanno prodotto. Il ruolo principale del denaro è mezzo di scambio, quindi la domanda di beni è limitata dalla produzione non dalla quantità di denaro. Dire che le persone possano avere una domanda quasi illimitata per il denaro, cosa che presumibilmente porta ad una trappola della liquidità, significa dire che le persone non scambiano più denaro con beni. Ovviamente questo non è uno scenario realistico, dato che le persone hanno bisogno di beni per vivere. La loro domanda di denaro non serve solo per accumularlo, ma soprattutto per impiegarlo in cambio. Il mezzo di scambio non ha nulla a che fare con la produzione di beni di consumo finali e vicendevolmente significa che non ha nulla a che fare con i risparmi reali.

Ciò che consente l'aumento del bacino di risparmi reali è l'aumento dei beni capitali, cioè strumenti e macchinari, i quali migliorano la capacità dei lavoratori di produrre beni e di una qualità superiore.

Fintanto che il ritmo di crescita del bacino dei risparmi reali rimane positivo, attività produttive e non produttive troveranno terreno fertile. I problemi sorgono quando, a causa di politiche monetarie e fiscali allentate, il consumo di beni finali supera la loro produzione: un calo del bacino dei risparmi reali. Questo a sua volta indebolisce il supporto per quegli individui che sono impiegati nelle varie fasi della struttura produttiva, portando l'economia alla stagnazione. Qualsiasi tentativo dello stato o della banca centrale di rilanciare l'economia è destinato fallire, perché non solo non riusciranno nel loro intento, ma esauriranno ulteriormente il bacino dei risparmi reali prolungando la crisi economica.

Il fatto che le politiche delle banche centrali si rivelino inefficaci nel rilanciare l'economia non è dovuto ad una trappola della liquidità, ma al declino del bacino dei risparmi reali. Le banche centrali stanno facendo del loro meglio per nascondere il grado di rischio e l'incertezza nei mercati dei capitali. Le banche centrali di tutto il mondo stanno collaborando con la FED e questo è uno sforzo internazionale per ingannare la popolazione.

La FED, la BCE e tutte le altre sono intervenute nei mercati dei capitali privati ​​come mai prima nella storia e lo hanno fatto al fine di nascondere la realtà: impedire che tali mercati riflettessero le vere condizioni della domanda e dell'offerta. In breve, le banche centrali hanno ritenuto che il loro compito principale fosse di informare male la popolazione riguardo la gravità della crisi. Gli economisti in questi istituti stanno facendo del loro meglio per proteggere le grandi banche, mentre quelle piccole sono gli agnelli sacrificali.



IL POTERE DEL LIBERO MERCATO

Ci vuole tempo affinché le vere condizioni della domanda e dell'offerta nei mercati dei capitali si riflettano nel mercato azionario e nel mercato obbligazionario. Questi mercati presuppongono che le cifre siano capitali. La realtà è più complessa. Il capitale è qualsiasi ricchezza che gli investitori cedono agli imprenditori e lo fanno nella speranza di ottenere più capitale. Le banche centrali controllano l'offerta di cifre, non controllano l'offerta di capitale. Comprano asset cattivi al valore nominale per sostenere artificialmente gli investitori. Gli investitori vedono il risultato di queste cifre di nuova creazione: supportare il prezzo di un numero limitato di asset d'investimento.

Quello che le banche centrali alimentano è un'illusione: creare cifre dal nulla e usarle per acquistare asset che altrimenti calerebbero di prezzo e manderebbero in bancarotta le grandi banche.

Nel tempo, però, il mercato valuterà di più quegli asset che producono rendimenti superiori al mercato, non basati sull'accesso al credito bancario, ma perché i consumatori sono disposti ad acquistarli. I consumatori riprenderanno il controllo dei mercati ad un certo punto. Se le banche centrali continueranno ad alimentare l'illusione che le cifre siano ricchezza, arriverà l'inflazione di massa. Questo processo rivelerà a milioni di persone che le cifre delle banche centrali non sono ricchezza.

Infatti le proposizioni su cui si basa Bitcoin rappresentano rendimenti e valori superiori a quelli del mercato. La sua infrastruttura lo rende estraneo al mondo illusorio creato dalle banche centrali; soprattutto lo rende uno strumento in grado di scardinare quel cartello che è stato istituito più di un secolo fa. In questo modo la decentralizzazione delle informazioni torna nelle mani di un ambiente  dilatato, in grado di veicolare genuinamente segnali economici che permettono una salutare e sostenibile crescita economica. Perché diversamente da come dicono alcuni pseudo-Austriaci, Bitcoin è a tutti gli effetti il prodotto di un ordine spontaneo. I processi e meccanismi che gli hanno dato vita non sono affatto in disaccordo con un Teorema della Regressione misesiano.

Proprio come gli esseri umani hanno usato (e alla fine abbandonato) conchiglie, perline, grandi dischi di pietra e diversi tipi di metalli (rame, argento, oro, ecc.) come denaro, Bitcoin è il nesso tra diversi processi di sperimentazione ed innovazione. Sia l'ascesa dell'oro che lo sviluppo di Bitcoin sono avvenuti attraverso una serie di processi iterativi e non coordinati: nel caso dell'oro col commercio e nell'industria mineraria; nel caso di Bitcoin come prodotto derivante da numerose innovazioni originariamente non correlate, ognuna di esse, a sua volta, proveniente da diverse fonti con obiettivi non correlati all'inizio.

Ad esempio: la storia della crittografia, che rappresenta le fondamenta su cui poggia Bitcoin, risale alla storia antica; nei tempi moderni la crittografia inizia nel 1976, con il paper di Diffie e Hellman sulla crittografia a chiave pubblica. La Proof of Work utilizzata per confermare nuove transazioni e aggiungere nuovi blocchi alla blockchain trova alcune delle sue prime ispirazioni in articoli del 1992 e del 2002 (quest'ultimo dopo essere stato proposto nel 1997). Napster potrebbe essere stata la prima azienda popolare ad utilizzare un'architettura peer-to-peer, ma di certo non è stata la prima. IRC e Usenet l'hanno preceduto e sono stati seguiti da aziende come Limewire, Gnutella e Kazaa, ognuna delle quali ha aggiunto nuove funzionalità.

Lo sviluppo di Bitcoin non è iniziato dal 2009, ma da società private, comunità e scrip stamp che risalgono a più di un secolo fa; da idee come quella di Chaum nel 1983 sulle valute digitali e l'introduzione del 1990 di DigiCash; da un certo numero di protagonisti dell'era delle dot-com tra cui Beenz, Flooz, CyberCash e Confinity, oltre a PayPal anche. Per non parlare di quei progetti che hanno cercato di replicare l'oro in forma digitale, tra cui e-gold, e-Bullion e Liberty Reserve.

Bitcoin è tanto un prodotto dell'ordine spontaneo del libero mercato quanto l'oro. L'idea che sia semplicemente apparso dal nulla quando il suo/suoi sviluppatore/i l'ha/hanno creato ignora un secolo di progresso tecnologico e diversi decenni di innovazione nel campo monetario.



CONCLUSIONE

Esiste l'economia reale e quella digitale. Quest'ultima dovrebbe riflettere l'economia reale e le banche centrali stanno facendo di tutto per ritardare questo incontro. Si può impedire che arrivi tal giorno? No. Le banche centrali possono ritardarlo? Sì. È l'unica cosa che possono fare.

Alla fine arriverà il giorno della resa dei conti e ci si accorgerà che le cifre delle banche centrali sono sempre state cifre anziché ricchezza, voci contabili anziché beni strumentali.


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