venerdì 7 febbraio 2020
La paura irrazionale della deflazione
di Alasdair Macleod
I benefici di una deflazione dei prezzi generati da una combinazione di moneta sana ed onesta e mercati privi di intervento centrali hanno dimostrato di essere il miglior contesto economico in cui vivere, la cui negazione a favore del finanziamento inflazionistico ha invece portato a ripetuti cicli di boom/bust.
Questo articolo spiega come ciò sia avvenuto e definisce in modo chiaro cos'è la deflazione. Lo sviluppo della teoria macroeconomica ha dovuto negare i benefici di una deflazione dei prezzi, dicendoci che abbiamo bisogno di prezzi più alti per stimolare il nostro consumo.
La deflazione e gli investimenti finanziati dai risparmi sono un ambiente economico migliore e naturale rispetto a falsi dei come indebitamento facile e stampa di denaro. Non si può avere stabilità economica, con una leggera deflazione dei prezzi, senza cambiamenti nel pensiero economico e nelle responsabilità dello stato.
Introduzione
Parlate con qualsiasi macroeconomista e vi dirà che la sua più grande paura è la deflazione. Lui o lei potrebbe aver letto il resoconto di Irving Fisher su come negli anni '30 la deflazione abbia costretto le banche a liquidare i prestiti vendendo garanzie sui mercati, facendo abbassare ancora di più i prezzi degli asset, accelerando ulteriormente le vendite, indebolendo ulteriormente i prezzi delle garanzie, costringendo le banche a liquidare ancor più garanzie, facendo crollare i prezzi...
La deflazione non può essere permessa, per paura che possa continuare senza fine. Quindi dobbiamo avere un tasso d'inflazione positivo al 2% e qualsiasi calo al di sotto esso deve essere motivo di preoccupazione. Ma è davvero così che stanno le cose?
La risposta si trova negli interessi particolari nell'economia moderna. Oggi i critici della deflazione credono nell'intervento centrale come mezzo per preservare i posti di lavoro, convinti che la causa delle crisi sia il libero mercato. Prima che l'interventismo prendesse piede, le crisi economiche erano associate ai cicli del credito bancario. A quei tempi, all'incirca prima del 1920, la deflazione era intesa come una pulizia naturale degli eccessi del passato, poiché erano sempre stati preceduti da indebito ottimismo e speculazioni palesi. In Inghilterra Overend Gurney passò dal mismatching delle scadenze a breve termine a quelle più lunghe, concedendo prestiti durante il boom ferroviario prima del suo collasso nel 1866. Il fallimento della City of Glasgow Bank nel 1878, seguito da quello della Barings nel 1890, stabilì un ciclo che sembrava ripetersi ogni dodici anni. Potremmo sottolineare che sono ormai passati dodici anni dalla crisi della Lehman...
Le banche non sono mai state ritenute responsabili dell'inflazione del credito e hanno sempre contrastato i tentativi di incolparle. Di conseguenza si è sempre escluso di affrontare la causa reale dei crolli deflazionistici periodici. E, naturalmente, i salvataggi nel cosiddetto interesse pubblico sono stati ciò per cui le banche hanno sempre lottato, in particolare in America.
L'ultima deflazione purificatrice risale alla fine della prima guerra mondiale: in America fu brutale ma breve. Fu l'ultima volta che il governo degli Stati Uniti si rifiutò di interferire, il gold standard a $20,67 l'oncia rimase intatto e ne seguirono i ruggenti anni venti. Ma alla fine di quel decennio il presidente Hoover inaugurò un approccio diverso.
Il suo predecessore, il presidente Coolidge, disse di Hoover: "Quell'uomo non mi ha dato altro che consigli, e tutti sbagliati". Mentre Coolidge purtroppo ignorava ciò che la FED stava facendo con il denaro, fu l'ultimo dei presidenti che si preoccupava davvero del libero scambio e Hoover il primo di quelli interventisti. Il cambiamento di politica fu segnato dal crash di Wall Street nel 1929 e negli anni successivi quando la crisi si trasformò da breve ad una lunga depressione.
Una nuova generazione di economisti crebbe con esso. Dal punto di vista della carriera, non c'erano soldi né influenza da guadagnare nell'essere un non interventista quando chi ti pagava era un governo interventista. Gli economisti classici che avevano sostenuto il denaro sano ed onesto e la Legge di Say si estinsero. Un po' come il movimento contro il cambiamento climatico di oggi, dove meteorologi qualificati ed obiettivi sono stati affiancati da un gruppo misto di opportunisti scientifici, un movimento interventista ha acquisito il controllo dell'agenda economica.
Fu questo movimento che denunciò la deflazione come l'orrore definitivo, presumibilmente provocata dal gold standard. Il denaro ora doveva essere flessibile per gestire l'economia ed evitare una ripetizione della depressione. Sin da allora il targeting dei prezzi, implementato inizialmente nei primi anni '20 da Benjamin Strong, insieme alla piena occupazione furono scolpiti nella pietra come obiettivi della politica economica e monetaria. La conseguenza? Il debito ha preso il posto del risparmio come mezzo trainante del progresso economico. Oggi infatti il mondo affoga in $250,000 miliardi di debito.
Il debito è l'altra faccia della stampa del denaro fiat. Con gli stati che affrontano oneri crescenti dovuti al welfare ed entrate fiscali statiche, la deflazione sembra essere stata bandita per sempre.
Deflazione e Unto Dunto
Pensare che la deflazione sia un pericolo in un momento di accelerazione dell'inflazione monetaria è a dir poco assurdo. Ma Irving Fisher aveva ragione su una cosa: il ciclo del credito bancario che termina con una tendenza alla contrazione del credito è sempre un problema, poiché sfocia in crisi sistemiche e periodiche. Ma oggi tale esito viene contrastato dall'espansione aggressiva della base monetaria, quindi, nel complesso, la deflazione della massa monetaria aggregata è un sogno.
Un ulteriore problema è che gli economisti moderni si iscrivono alla scuola di pensiero di Unto Dunto: "Quando uso una parola significa esattamente ciò che dico io, né più né meno". Applicano la definizione di deflazione ai prezzi, quando invece dovrebbe essere applicata alla quantità di denaro.
L'errore qui è descrivere il sintomo e non la causa. I prezzi possono scendere per una serie di ragioni, la deflazione monetaria è solo una. Le altre cause principali, che sono discusse di seguito, sono i cambiamenti nel risparmio e l'effetto della tecnologia e della concorrenza.
A causa dell'incommensurabilità delle variazioni del livello generale dei prezzi, sorge un altro problema con la definizione fallace di deflazione. Gli econometrici hanno progressivamente bandito gli aumenti di prezzo con vari mezzi, quindi si registra un'inflazione minima o nulla. Se il prezzo di un bene aumenta, si presume che i consumatori troveranno alternative più economiche, quindi l'aumento dei prezzi può essere ignorato. I miglioramenti tecnologici sono la scusa per modificare il paniere con cui si registrano i livelli dei prezzi. Secondo l'US Bureau of Labor Statistics nei ventidue anni dal 1997 al 2019 il valore dell'indice di un nuovo veicolo è aumentato solo dello 0,6%, mentre nello stesso periodo il prezzo medio delle auto è passato da $16.400 a $36.718, un aumento del 124%. Con trucchi come questo è facile capire perché gli analisti indipendenti, come Shadowstats.com ed il Chapwood Index, stimano che l'inflazione dei prezzi annui sia stata all'incirca del 10% negli ultimi anni mentre l'IPC ufficiale è rimasto intorno al 2%.
Con la manipolazione statistica, i dati ufficiali potrebbero persino segnalare una deflazione dei prezzi quando invece l'inflazione monetaria o dei prezzi è significativa. Sfortunatamente sono le statistiche ufficiali come l'IPC ad essere accettate come verità, anche se sono palesemente errate. Condannare la deflazione ed utilizzare la manipolazione statistica consente allo stato e alle sue banche autorizzate di usare l'espansione monetaria come mezzo di finanziamento, nonostante i consumatori siano progressivamente impoveriti attraverso prezzi più elevati senza un corrispettivo aumento del reddito.
Oggi l'evidenza empirica viene ignorata
Il denaro sano ed onesto, vale a dire quello che si espande e si contrae in base alle azioni degli attori di mercato e non quello dello stato e delle sue banche autorizzate, tende nel tempo a portare ad un calo dei prezzi, non che il livello generale dei prezzi possa essere misurato e dovrebbe rimanere solo un concetto economico. L'esempio più chiaro lo ritroviamo nello straordinario successo del libero mercato nel diciannovesimo secolo.
In seguito alle guerre napoleoniche, la sovrana d'oro fu introdotta nel 1817 e divenne l'ancoraggio del sistema monetario britannico. Nonostante i cicli del credito, la domanda per esse e per i sostituti dell'oro della Banca d'Inghilterra (sotto forma di banconote) era in mano al libero commercio e alla popolazione, il tutto cristallizzatato nel Bank Charter Act del 1844. Il denaro sano ed onesto, con le mani dello stato saldamente vincolate dal gold standard, ha fatto diventare una piccola nazione di circa 27 milioni di abitanti (1851) la più prospera ed influente sulla Terra entro la fine di quel secolo, in un ambiente con deflazione dei prezzi.
I prezzi del cibo calarono. Una pagnotta di quattro chili, che era la base del cibo nel 1810, costava uno scellino e alla fine del 1880 costava oltre il 20% in meno. I procedimenti presso l'Old Bailey fecero registrare che i prezzi dei manufatti calarono in modo significativo, in particolare l'abbigliamento. Se l'edonica fosse stata applicata a quei prezzi, come è usanza oggi, sarebbero scesi ancor di più a causa del miglioramento degli standard di vita generali e dei processi di produzione (innovazione tecnologica).
Il calo dei prezzi fu ancora più notevole date le scoperte d'oro a Sutter's Mill in California nel 1848, in Australia nel 1850 e in Sudafrica nel 1890. Goldmoney stima che le scorte d'oro estratte siano cresciute da 4.105 tonnellate nel 1816, quando il Coinage Act dichiarò la sovrana come unico standard di valore ed a corso legale, a 23.685 tonnellate allo scoppio della prima guerra mondiale, un aumento del 477%. La corsa all'oro produsse un raddoppio della produzione annua, che è rimasta generalmente stabile fino al 1891, dopo di che la produzione sudafricana raddoppiò di nuovo nel 1890. Mentre sarebbe un errore supporre che l'unico uso dell'oro fosse quello a livello monetario, non vi è dubbio che la sua maggiore disponibilità rappresentò un potenziale significativo per l'inflazione monetaria nella seconda metà del XIX secolo.
Nonostante l'inflazione delle azioni legate all'oro, il più grande progresso economico mai registrato avvenne in Gran Bretagna durante un periodo di continua deflazione dei prezzi. Un motivo importante per questa dicotomia fu la popolazione che poteva determinare la quantità di oro monetario, non lo stato, e ne utilizzava solo ciò che era effettivamente necessario per le sue circostanze.
Per tanto tempo la Gran Bretagna è stata l'unico Paese con un gold standard, il bimetallismo invece, o addirittura un silver standard, prevalse altrove fino al 1870 circa. Allo scoppio della prima guerra mondiale, oltre l'80% delle spedizioni mondiali via mare aveva come protagonista la Gran Bretagna, a testimonianza della sua abilità economica. E ora ci viene detto di credere che la deflazione sia negativa...
Risparmi
Vi sono varie ragioni per cui il diciannovesimo secolo segnò un significativo miglioramento delle condizioni economiche e degli standard di vita. Le tasse erano basse, l'imposta sul reddito del 1842 era al 2,9% su redditi annuali superiori a £150 (equivalenti oggi a circa £50.000), alla gente comune era permesso accumulare ricchezza. Ma probabilmente ciò che va ad influenzare i prezzi futuri è l'accumulo di risparmi.
Rispetto alle economie guidate dal debito di oggi, che sono alimentate dall'espansione monetaria e dall'intervento statale, le economie guidate dal risparmio del diciannovesimo secolo richiedevano ai mutuatari di fare offerte per il capitale d'investimento dei risparmiatori. Anche se fosse riuscito a ottenere prestiti per investimenti e capitale circolante, un mutuatario con una cattiva reputazione a livello commerciale avrebbe finito per pagare un tasso d'interesse alto, mettendosi in una situazione di svantaggio competitivo.
Di conseguenza, in una cultura guidata dal risparmio, il comportamento del debitore diventa considerevolmente più responsabile nei confronti dei fondi dei risparmiatori rispetto a quando il debito è disponibile attraverso l'inflazione monetaria. Essendo finanziati attraverso il risparmio, gli investimenti industriali si basavano sul fatto che i prestiti dovevano essere rimborsati. La consapevolezza che il potere d'acquisto dell'oro poteva aumentare nel tempo era un ulteriore incentivo a rimborsare il capitale preso in prestito il più rapidamente possibile.
Il risparmio aveva due influenze primarie sui prezzi. Nella misura in cui ci si asteneva dai consumi immediati, l'aumento dei risparmi riduceva la domanda potenziale per i beni di consumo e così il livello generale dei prezzi. Inoltre i risparmi erano la materia prima per gli investimenti industriali e commerciali, i quali andavano a migliorare la qualità e riducevano i costi unitari.
Nonostante la grande presenza di oro estratto e quindi la disponibilità di sovrane e sostituti dell'oro, il fatto che i prezzi diminuivano testimonia il potere di un'economia di libero mercato: offrire benefici al grande pubblico. Richiedeva ad un governo di limitare rigorosamente la propria azione per apprezzarne l'importanza e la Gran Bretagna del diciannovesimo secolo ne era consapevole.
Il governo della Gran Bretagna era pro-competizione
Piuttosto che passare al vaglio l'intera storia economica del diciannovesimo secolo, è sufficiente concentrarsi brevemente sulle azioni principali di due primi ministri: Lord Liverpool e Robert Peel.
Lord Liverpool (1770-1828) fece tornare la Gran Bretagna al gold standard nel 1821, in seguito alla sua sospensione durante le guerre napoleoniche. All'epoca del dibattito parlamentare decisivo nel maggio 1819, il denaro in circolazione era quasi interamente rappresentato dalla carta, che prima della guerra nel 1792 (cinque anni prima della sospensione del gold standard nel 1797) consisteva in £30 milioni in oro e £20 milioni in carta. Nel 1819, nonostante il commercio fosse quasi quadruplicato, la cifra era salita a £50 milioni. Sistemi di settlement più efficienti e un maggiore uso di banconote permisero ai sostituti dell'oro di circolare con maggiore facilità, mentre l'oro fisico era praticamente scomparso come denaro in circolazione, perché aveva sviluppato un premio per il suo valore ed era stato spinto fuori dalla circolazione .
Come Primo Ministro, Liverpool supervisionò il ritorno da questa situazione al gold standard pre-bellico. Era motivato da tre considerazioni. In primo luogo, mentre l'inflazione monetaria aveva consentito al governo di finanziare la guerra, essa non poteva essere una parte permanente del sistema economico, essendo passata la necessità di finanziamenti inflazionistici. In secondo luogo, la gestione della valuta doveva tornare alla Banca d'Inghilterra, perché non era una questione da affidare al Parlamento. E terzo, con l'oro che passò da un premio del 30% mentre la carta ne aveva solo il 3%, il gold standard sembrava una scelta realizzabile se portata avanti gradualmente.
C'era bisogno di una deflazione delle banconote di carta rispetto all'oro per tornare al vecchio standard. Il ritorno all'oro segnò un calo dei prezzi tra il 1819 e il 1821. Una recessione di sei mesi fu registrata nel 1819, a partire dal momento del dibattito parlamentare, ma è un errore attribuire queste condizioni interamente ad un ritorno al gold standard pre-1797, soprattutto quando si tiene conto della precedente euforia postbellica che portò ad un breve boom. Sia che questi eventi o le politiche di Liverpool siano la ragione, la reintroduzione del gold standard pre-1797 fornì uno sfondo di stabilità monetaria che durò oltre novant'anni.
Robert Peel fu una figura importante per due aspetti. Supervisionò l'introduzione del Bank Charter Act, che andò a riformare il sistema bancario, in modo che la questione delle banconote diventasse ad appannaggio della Banca d'Inghilterra, espandendole solo con il pieno sostegno dell'oro fisico. Mentre la legge venne progettata per rafforzare il gold standard, purtroppo trascurò di affrontare il problema del credito bancario scoperto.
Il secondo aspetto fu l'abrogazione delle leggi sul mais nel 1846, cosa che portò nel 1860 all'abrogazione di quasi tutte gli altri dazi e produsse sostanziali benefici economici. Significava prezzi più bassi per gli alimenti di base, dando agli operai delle fabbriche, che in precedenza avevano più o meno solo salari a livello di sussistenza, denaro per acquistare altre cose. A sua volta ciò portò ad un'espansione dell'attività manifatturiera, riducendo ulteriormente i costi di produzione. L'abolizione dei dazi ebbe così tanto successo che altri Paesi, come la Francia, e gli stati di lingua tedesca seguirono l'esempio.
La reintroduzione del gold standard nel 1821 e il Bank Charter Act furono progettati per rimuovere la tentazione di finanziamenti inflazionistici a livello statale. La rimozione dei dazi portò ad una riduzione dei prezzi delle merci. Insieme questi due eventi assicurarono una deflazione generale dei prezzi che durò fino alla prima guerra mondiale. Fu un periodo di enorme successo per la Gran Bretagna ed i suoi partner commerciali, non solo nel Commonwealth e nelle colonie, ma stimolò anche gli affari in America e in Europa. E tutto ciò dalle politiche economiche considerate oggi la più grande minaccia per l'economia globale.
Conclusione
Il passato ci dice che la deflazione dei prezzi offre vantaggi sostanziali a consumatori, imprese e risparmiatori. Questo articolo ha mostrato molto brevemente perché ciò avvenga, attingendo all'esperienza della Gran Bretagna nel diciannovesimo secolo; non vi è quindi motivo di credere che una situazione deflazionistica sarebbe diversa oggi. Invece uno degli inganni contemporanei, sfoggiato come una verità universale, è che prezzi più alti vanno a beneficio dei consumatori perché stimolano le imprese.
Questo è un concetto chiaramente sbagliato. L'argomento inflazionista ha demolito sia il risparmio che la ricchezza personale, peggiorando la situazione del consumatore medio. Trasferisce ricchezza dai produttori ai non produttori, in particolare lo stato, le sue banche autorizzate e gli speculatori. Il fatto è che gli inflazionisti cercano di giustificare l'inflazione.
L'inflazionismo odierno ha le sue radici nel flusso e riflusso del credito bancario, un problema purtroppo non affrontato dal Bank Charter Act del 1844. Più di ogni altro errore questo ha portato allo sviluppo delle banche centrali e della loro politica monetaria. Ha richiesto la negazione della teoria economica classica e la sua sostituzione con una nuova generazione di macroeconomisti istruiti per giustificare la crescente intromissione dello stato nel sistema monetario e del credito. La teoria economica ragionata è stata scartata a favore della socializzazione del denaro e di molto altro. La deflazione doveva essere diffamata per giustificare questo nuovo mondo macroeconomico.
E con questo siamo arrivati alla nostra situazione attuale, dove senza ulteriore inflazione monetaria gli stati dovrebbero revocare la maggior parte delle disposizioni previdenziali introdotte da quando il presidente Hoover divenne il primo interventista nel 1929. Senza ulteriore inflazione monetaria, il sistema bancario globale verrebbe privato della liquidità che lo sta mantenendo in piedi (a caro prezzo); in realtà le crepe di questa scelta sconsiderata sono già apparse nel sistema monetario americano, costringendo la FED ad iniettare ingenti quantità di liquidità attraverso i mercati dei pronti contro termine.
Senza un'ulteriore inflazione monetaria, i tassi d'interesse aumenterebbero immediatamente, mandando in bancarotta sia le imprese indebitate che i consumatori, che si sono abituati al denaro facile.
Ma un'ulteriore inflazione non farebbe altro che posticipare questi esiti, non li scongiurerebbe affatto. Può esserci solo un risultato da questo mondo fatato macroeconomico: il crollo delle valute fiat scoperte. Un ritorno al denaro sano ed onesto, al libero mercato ed a prezzi impostati dall'impiego di risparmi reali richiederà cambiamenti di proporzioni epiche.
Un adeguato rispetto per i benefici di un calo dei prezzi avrebbe potuto evitare l'incombente crisi monetaria ed economica.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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