venerdì 31 gennaio 2020
L'ultimo pilastro
di Francesco Simoncelli
Ci sarà un Grande Default e nessuno stato è in grado di cambiare questo esito. Ogni giorno che passa possiamo osservare come suddetto evento inizi a prendere forma; è un processo lento, perché gli individui continuano a cedere volontariamente le risorse da loro create ad un'entità che non fa altro che sprecarle. Badate bene, però, perché ciò non significa affatto la "fine di ogni cosa", bensì un ventaglio di opportunità per chi è in grado di vederle e valutarle. E questo possiamo vederlo nell'effettivo nel mondo delle criptovalute con lo studio recente redatto da Linkedin. Chi non si farà trovare preparato subirà le conseguenze delle proprie scelte: ignorare le storture all'interno dell'attuale sistema economico. La maggior parte delle persone ignora questo fatto. Crede che tutti gli investimenti siano sotto forma fisica, in qualche strumento finanziario o commodity. Non è così. Le idee e la conoscenza sono fonti di prosperità personale molto più efficaci, poiché grazie ad esse si può scegliere con visione chiara e coerente quelle soluzioni più sostenibili e proficue. Da questo punto di vista la Scuola Austriaca è d'aiuto.
Non è la prima volta che ne parlo, questo perché ci sono ancora persone che tendono a sorvolare sull'importanza che ha la conoscenza. Qual è, quindi, un'idea che può risultare proficua per investitori e lettori? Lo stato non adempierà alle sue promesse. I contribuenti sono stati attirati in questo inganno sin dai tempi di Bismarck, che con la sua astuzia velenosa ha creato due dei più grandi malanni della società moderna: la scuola pubblica ed il sistema pensionistico.
All'epoca la Prussia aveva bisogno essenzialmente di due cose per dominare sulla scena europea: un esercito obbediente e soprattutto ben finanziato. La scuola, quindi, da un lato andava a creare automi che ubbidissero silenti agli ordini e che si sarebbero uniti "volontariamente" alla causa. Non più mercenari voltagabbana che al primo segno di offerta migliore avrebbero mollato gli ormeggi "tradendo la causa". Le leve che sarebbero uscite dalla scuola pubblica avrebbero chinato il capo davanti ad un qualcosa di "più grande di loro" in cui credere, qualcosa che non avrebbero potuto tradire facilmente soprattutto in presenza di disprezzo da parte dei loro vicini, amici e compagni. La tenaglia del kindergarten prussiano ha rappresentato la prigione mentale peggiore in cui potesse essere sbattuto l'individuo. L'efficienza dello stato, la cui salute è qualsiasi forma di guerra, ne avrebbe giovato e ancora ne giova.
Inoltre il finanziamento degli eserciti in passato, prima che Bismarck coadiuvato dalla sciocca filosofia di Hegel cambiassero le carte in tavola, rappresentava un grosso onere per le nazioni. Ma un contribuente leale e disposto a sacrificare qualcosa in nome di patriottismo e lealtà di fronte ai propri amici e compagni avrebbe rappresentato un flusso di risorse pecuniarie non indifferenti. Inutile dire come queste due "innovazioni" sociali siano state copiate anche dalle altre nazioni del mondo, in primis gli Stati Uniti. Se paragonato a quello che sarebbe diventato il sistema pensionistico, Charles Ponzi è un pivello a confronto. Infatti il sistema pensionistico/previdenziale si basa su un modello di business fallimentare: prendere in prestito nel presente e spendere nel lungo periodo. E questo è evidente anche dagli ultimi dati in Italia.
Il mosaico che si ottiene è composto da piccoli tasselli che uno dopo l'altro rappresentano un chiodo nella bara del sistema pensionistico e per estensione del sistema statale. Demografia, disoccupazione, ricchezza reale, welfare state e altri fattori si uniscono per ricordare agli attori di mercato che il libero mercato esiste. Questo perché gli attori di mercato sono al tempo stesso i migliori carceriere di loro stessi ed i migliori sabotatori di loro stessi. Sebbene di primo acchito possa essere vero che nel lungo periodo siamo morti, in realtà nel lungo periodo gli attori di mercato tendono a liberarsi. E se questa tesi non fosse vera, Mises non avrebbe avuto ragione quando nel 1920 scrisse Economic Calculation in the Socialist Commonwealth: un calcolo economico quanto più genuino possibile permette alla società di prosperare lungo linee sostenibili.
Lo stato è incapace di adempiere a tale richiesta, quindi la sua esistenza è solo un lento protrarsi verso l'inevitabile default. Ecco perché deve rinegoziare unilateralmente le sue promesse. Fino a quando alla fine non potranno essere più mantenute.
DEMOGRAFIA E DISOCCUPAZIONE
Tale esito non era imprevedibile, bensì già insito nel sistema stesso. Esso ha inizialmente goduto delle risorse versate in esso, sia umane che monetarie, dando l'illusione che questo assetto potesse durare a tempo indefinito. Una macchina a moto perpetuo che avrebbe fornito pasti gratis allo stato e relativo benessere agli individui. Peccato che la realtà dice tutt'altro: essendo un sistema "pay as you go" necessita di input in entrata sempre superiori affinché gli output in uscita possano godere di benefici costanti; un rallentamento significherebbe un lento declino fino all'inevitabile bancarotta. Ed è quello che stiamo vedendo ora, sebbene siano passati più di 100 anni da quando questa truffa ha avuto il via.
Andiamo quindi a vedere quali sono quei fattori che stanno facendo emergere progressivamente la verità sul sistema pensionistico. Uno su tutti è la demografia. In Italia in particolare vediamo come il calo delle nascite sia una fonte di seria preoccupazione per chi gestisce i fondi pensione (pubblici e privati). Questo significa meno giovani leve che subentrano ai lavoratori che vanno in pensione e di conseguenza un calo del bacino di chi sostiene coi suoi contributi i pensionati esistenti. Questo non è solo un problema italiano, bensì mondiale, e come vediamo dal seguente grafico molto serio negli Stati Uniti.
Il gap non si compensa con l'immigrazione purtroppo, perché la società attuale si sta spostando costantemente verso una società di servizi e meno legata alla manifattura. In futuro la stampa 3D emanciperà ancora di più i lavoratori da tutti quei lavori usuranti che in passato richiedevano enormi sforzi, grandi rischi e produttività inferiore. Questo significa una specializzazione più peculiare dei lavoratori, mentre coloro che immigrano da Paesi sottosviluppati non hanno le competenze e rappresentano solo forza lavoro per compiti a bassa specializzazione e con retribuzioni basse. Inutile dire, quindi, come questa gente andrà ad ingrossare le fila del welfare state piuttosto che quelle della forza lavoro.
Ciò significa una maggiore spesa pubblica per gli stati e di conseguenza una necessità di finanziamenti più grande. L'esito è un crowding out asfissiante del settore privato, il quale dovrà rinunciare a risorse di capitale che avrebbe messo a frutto meglio della macchina statale. Perché? Perché come detto sopra lo stato non è in grado di operare un calcolo economico in accordo col mercato. Tasse e burocrazia saranno il risultato, non uno scenario positivo se consideriamo che questi due fattori sono i responsabili della disoccupazione incalzante tra i giovani.
Formare una giovane leva è costoso, sia da un punto di vista contributivo che produttivo, quindi le aziende tendono a preferire chi ha più esperienza. I giovani sono relegati ad accettare lavori part-time o a diventare cacciatori di rendite. Inutile dire che in questo scenario la formazione di nuove famiglie diventa un miraggio (fattore evidenziato anche dalla prime case possedute, dato in picchiata) e quindi è logico concludere che le nascite subiscano un freno.
TRAPPOLA DELLA LIQUIDITÀ?
Non sorprende quindi che gli attori di mercato vogliano risparmiare data l'incertezza che si para loro di fronte. Gli americani stanno finalmente iniziando a farlo. Ciò è iniziato alla fine del 2017 con il tasso di risparmio delle famiglie in percentuale del reddito disponibile (al netto delle imposte) è salito dal 6,5% fino all'attuale 8%. Era ora! È probabile che questo trend continui, perché una ripresa economica genuina dipende dalla formazione del capitale.
Quando le persone risparmiano, trasferiscono quel denaro in una banca o in un fondo d'investimento che deposita suddetto denaro in una banca. I soldi risparmiati non finiscono sotto il materasso, ma vengono spesi. Quando gli analisti affermano che il risparmio è deflazionistico, non sanno di cosa stanno parlando. C'è solo una forma di risparmio che è deflazionistica: andate in banca, ritirate denaro e lo nascondete sotto un materasso, oppure lo mandate a qualcuno al di fuori dei confini in cui quella valuta circola normalmente (finendo sul mercato nero). Ciò inverte il processo della riserva frazionaria e nient'altro lo fa.
Quindi, a meno che qualche analista non vi mostri prove che questo è ciò che i risparmiatori stanno facendo con i loro soldi, non credetegli quando afferma che l'aumento del tasso di risparmio è pericolosamente deflazionistico. L'unico modo in cui l'aumento del risparmio abbassa i prezzi è l'aumento della produzione: "Più beni inseguono un'offerta fissa di denaro". Non c'è nulla di pericoloso nell'aumentare la produzione. Se ci fosse, l'economia high-tech sarebbe crollata negli anni '90 a causa del calo del prezzo di computer e software.
È vero che i disoccupati spendono meno soldi, ma non vi fermate a questo. Non fermatevi a ciò che si vede. Cosa fa il lavoratore disoccupato? Spende l'indennità di disoccupazione o il reddito di cittadinanza. Il datore di lavoro taglia i prezzi ed i consumatori risparmiano. Cosa fanno con i soldi risparmiati? Li spendono per qualcos'altro o li investono. Cosa fa la banca con i soldi risparmiati? Li presta.
L'analisi che sentiamo sulla deflazione causata dalla disoccupazione è sciocca. Oltre alla contrazione dell'offerta di moneta, l'unica cosa che provoca una leggera flessione dei prezzi è l'aumento della produzione. Una volta sfornato dalla banca centrale, il denaro rimane sul conto bancario di qualcuno. Se viene prestato, viene speso. Pensate che le persone che ricevono assegni mensili dallo stato ritireranno soldi e li nasconderanno in casa? O pensate che li spenderanno visto che sono alla canna del gas? Quelli che poi li depositano sui loro conti bancari, credono di tenerli fermi ma non è così. Cosa faranno le loro banche con questi soldi? Li presteranno allo stato. Il Ministero del Tesoro è pronto a spenderli.
Per i keynesiani una spesa crescente è la chiave della prosperità economica. Quando le persone spendono, risparmiano di meno. Al contrario, quando riducono la loro spesa, risparmiano di più. Secondo questo modo di pensare, il risparmio è una cattiva notizia per l'economia: più persone risparmiano, più le cose peggiorano. La trappola della liquidità deriva da un eccessivo risparmio e dalla mancanza di spesa.
Ricordate una cosa molto importante: le persone non pagano con denaro, ma piuttosto con beni che hanno prodotto. Il ruolo principale del denaro è come mezzo di scambio, pertanto la domanda di beni è limitata dalla produzione di beni e non dalla quantità di denaro in quanto tale. Sostenere che le persone potrebbero avere una domanda illimitata per il denaro, che viene visto come un risparmio illimitato, implica che nessuno scambierebbe più beni e servizi. Ovviamente questa è una tesi irrealistica, dato che le persone hanno bisogno di beni per vivere.
Essendo il mezzo di scambio, il denaro può solo aiutare a scambiare i beni di un produttore con i beni di un altro produttore. Il mezzo di scambio non ha nulla a che fare con la produzione di beni di consumo finali in quanto tali. Questo a sua volta significa che non ha nulla a che fare con i risparmi reali. Ciò che consente l'aumento del bacino di risparmi reali è l'aumento dei beni capitali, ovvero strumenti e macchinari, i quali vanno ad aumentare la capacità dei lavoratori di produrre più beni e di una qualità migliore.
Finché il tasso di crescita del bacino dei risparmi reali rimane positivo, esso può sostenere attività produttive e non produttive. I problemi arrivano quando, a causa di politiche monetarie e fiscali allentate, il consumo di beni di consumo ne supera la produzione. Questo consumo eccessivo rispetto alla loro produzione porta ad un calo del bacino dei risparmi reali, cosa che a sua volta va ad indebolire il supporto per gli individui impiegati nelle varie fasi della struttura produttiva.
Una volta che l'economia cade in recessione a causa del calo del bacino dei risparmi reali, qualsiasi tentativo dello stato o della banca centrale di rilanciare l'economia è sterile. Non solo questi tentativi non riusciranno a rilanciare l'economia, ma esauriranno ulteriormente suddetto bacino, prolungando così la crisi economica. In sintesi, il fatto che le politiche delle banche centrali diventino inefficaci nel rilanciare l'economia non è dovuto alla trappola della liquidità, ma al declino del bacino dei risparmi reali. L'inefficacia delle politiche monetarie e fiscali allentate nel mantenere in piedi l'illusione che le autorità centrali possano far crescere un'economia non ha nulla a che fare con la trappola della liquidità. L'unica ragione per cui sembra che queste politiche "funzionino" è perché il bacino dei risparmi reali si espande.
Impostare, quindi, un obiettivo d'inflazione più elevato una volta che l'economia finisce in una trappola della liquidità, significa far rimanere l'economia in uno stato depresso per un lungo periodo di tempo. Le politiche inflazionistiche delle banche centrali hanno creato la trappola e ora la loro disperazione ha fatto scattare una nuova trappola: inflazione dei prezzi. Non sanno cosa stanno facendo e la popolazione paga per questa confusione.
UN BARILOTTO DI POLVERE DA SPARO
Infatti uno dei sottoprodotti di tale confusione è una serie di bolle in sequenza che ha finito per distorcere incredibilmente i mercati. Le iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali al fine di salvaguardare quelle entità sotto la loro ala protettrice, hanno scaraventato la determinazione onesta dei prezzi e del rischio in un abisso.
Infatti i bilanci delle banche commerciali sono finiti sotto pressione proprio perché i vari giri di QE hanno praticamente azzerato i rendimenti nelle varie classi di asset. La baldoria che è stata diffusa grazie a queste infusioni artificiali non solo ha stimolato l'azzardo morale e la ricerca di asset sempre più rischiosi, ma ha spinto i fondi pensione a partecipare alla festa. Come? Acquistando titoli azionari o anche spazzatura per poter staccare quel rendimento fisso annuale e continuare a saldare le prestazioni nei confronti dei clienti.
Un esempio calzante è il mercato dei prestiti auto negli USA il quale potrebbe essere uno dei driver della prossima crisi finanziaria. I prestiti subprime rappresentano circa un terzo del mercato globale dei prestiti auto. Nella prima metà del 2019 un quinto dei nuovi prestiti auto è andato a mutuatari subprime, per un totale di circa $61 miliardi. Finora i risultati non sono stati affatto positivi, poiché un numero maggiore di consumatori finisce per essere inadempiente entro i primi mesi dopo il prestito, quindi coloro che erogano questi prestiti tendono a cartolarizzarli in obbligazioni (CLO) e rivenderli.
Santander Consumer USA Holdings, uno dei maggiori finanziatori di prestiti auto subprime, sta assistendo ad una percentuale crescente di default per questi prestiti al ritmo più rapido sin dal 2008.
Le banche e le società finanziarie stanno aggiungendo carburante al fuoco aumentando la durata di questi prestiti auto. Oggi il prestito subprime medio per auto nuove è di 72,9 mesi; alcuni hanno raggiunto gli 84 mesi. Ciò indica che i finanziatori sono disposti ad assumersi maggiori rischi aspettando più tempo per essere rimborsati. Ciò che è accaduto, invece, è stato un picco nei mutuatari finiti sommersi, poiché i veicoli non trattenevano nemmeno più un grammo di equity. eppure questa è la base dei CLO.
Qui stiamo parlando di bombe ad orologeria finanziarie parcheggiate nei posti più impensabili, soprattutto in istituti che dovrebbero essere i "più sicuri". La fame per rendimenti decenti che ha afflitto l'intero panorama finanziario ha condotto i vari player ad inzepparsi di pattume azionario/obbligazionario della peggior specie per operare un window dressing dei bilanci e mostrare al mondo quanto fossero "bravi" e degni di fiducia. Come tutto andasse "secondo i piani". Come il deficit attuariale fosse solo uno spauracchio sventolato dai "permabear".
Cosa succederà quando questi istituti vedranno di punto in bianco scomparire gran parte del lato degli attivi e gonfiarsi quello dei passivi? Quello che è successo a questo olandese: rottura delle promesse.
IL GRANDE DEFAULT
Tale rottura è inevitabile perché sebbene un'iperinflazione passi dopo un paio d'anni, le passività legate alle pensioni restano. Le bugie e le menzogne che sono state spacciate alle persone affinché cascassero nella trappola sono più grandi della solvibilità dell'intero schema. Questo accade ad ogni schema di Ponzi: l'ideatore finisce per credere alle proprie promesse e non scappa mai col bottino. Ogni schema Ponzi finisce sempre con l'ideatore che viene catturato e sbattuto in prigione. Quindi le bolle possono scoppiare, le banche centrali possono inflazionare quanto vorranno la base monetaria, gli stati potranno inventare nuove scuse per rimandare il giorno della resa dei conti, ma sta di fatto che è impossibile impedire de facto l'implosione del sistema pensionistico. La pianificazione centrale farà di tutto per sopravvivere un giorno in più, per cercare di mandare avanti quanto più possibile questo teatro Kabuki. Come? Portando il paternalismo che ha caratterizzato il sistema statale fino ai suoi estremi. Penso che i prossimi anni saranno caratterizzati da una costante escalation di tensioni tra Stati Uniti che si aggrappano ancora all'idea di egemonia imperiale e poteri rivali impegnati a solidificare un mondo multipolare. Il vecchio mondo sta morendo e ne sta nascendo uno nuovo. Aspettatevi un sacco di caos nel mezzo.
Detto questo, la cosa più affascinante di questo momento storico è che la vera lotta è un'altra, molto più importante delle tensioni sul potere geopolitico degli stati, la quale ruota attorno ad un conflitto tra decentralizzazione e centralizzazione, tra libertà e controllo top-down. L'umanità ora possiede potenti strumenti per livellare il campo di gioco che non aveva mai avuto prima. La rivoluzione di Internet ha reso istantanea la comunicazione globale da persona a persona per la prima volta nella storia, fattore moltiplicato dall'avvento dei social media che hanno dato a chiunque il potere di influenzare rapidamente l'opinione pubblica (compito che prima solo i "gatekeeper" potevano esercitare). Poi la creazione di Bitcoin ha dato vita ad un'era senza precedenti in cui gli esseri umani possono trasferire valore a livello globale, senza autorizzazione, facendo semplicemente clic su un pulsante. Quando si tratta di due degli aspetti più potenti dell'interazione umana, comunicazione e trasferimento di valore, la tecnologia ha dato potere alla persona media in modi che sarebbero stati impensabili solo uno o due decenni fa.
La vittoria di Donald Trump e Boris Johnson sono gli esempi più eclatanti di come l'establishment e lo status quo non riescono ad influenzare tanto facilmente la popolazione affinché si butti tra le braccia dei loro candidati preferiti. E i difensori dello status quo riconoscono la minaccia che Bitcoin presenta al potere centralizzato e al settore finanziario. Coloro che hanno interesse a mantenere in piedi l'attuale sistema corrotto, o vogliono far perdurare un ambiente draconiano di tassi d'interesse profondamente negativi, rimangono spiazzati di fronte a Bitcoin e ad altre criptovalute; soprattutto di fronte alla libertà che offrono alla persona media.
Questa battaglia tra centralizzazione e decentralizzazione è la vera lotta della nostra era. Il governo cinese e il governo degli Stati Uniti sono entrambi ossessionati dal controllo, dalla localizzazione e dalla manipolazione del proprio popolo attraverso la propaganda, la coercizione e le minacce di prigionia. Sappiamo tutti dello stato draconiano della Cina con il suo sistema di sorveglianza e credito sociale dilagante, ma saremmo sciocchi a respingere il fatto che queste stesse tendenze si stanno sviluppando anche in America, anche se ad un ritmo più lento e furtivo.
Sebbene sia importante riconoscere come le tensioni tra potenze globali sono destinate ad aumentare negli anni a venire, e probabilmente a modificare per sempre le dinamiche geopolitiche, ci sono molte altre cose significative che stanno avvenendo nel frattempo. Non dovremmo mai perdere di vista il fatto che tutti gli stati di tutto il mondo stanno diventando sempre più ossessionati dal centralizzare la propria base di potere, in modo da controllare/manipolare quanto più possibile la propria cittadinanza.
La più grande sfida che la nostra generazione deve affrontare non è legata ai giochi geopolitici dell'impero globale, ma se permetteremo alla tecnologia di accrescere la libertà e decentralizzare il potere piuttosto che lasciarci schiavizzare da uno stato di sorveglianza. Le bolle passano, l'oppressione resta.
CONCLUSIONE
Durante la crisi del '08-09 Ben Bernanke, la Federal Reserve, il Congresso, gli economisti mainstream, i repubblicani, i democratici e quasi tutti gli altri hanno perso la testa. Giovedì 18 settembre 2008 Bernanke disse davanti al Congresso una delle assurdità più eclatanti mai dette: "Se non facciamo nulla potremmo non avere un'economia lunedì". E nessuno ha riso.
Con la guida di Bernanke, i burocrati federali hanno avuto il "coraggio di agire". Hanno aperto i rubinetti monetari, stampando nei dieci anni seguenti migliaia di miliardi in denaro fiat. E mentre oggi gli USA sembrano in buona forma all'esterno, all'interno stanno marcendo.
Le azioni sono ai massimi di tutti i tempi, ma solo a causa del front-running da parte degli speculatori e dei riacquisti di azioni a livelli record. La crescita degli utili reali al lordo delle imposte sta calando. La disoccupazione è quasi ai minimi storici, ma solo perché le persone sono costrette al part-time nell'economia dei servizi. I lavori da capofamiglia continuano a scomparire. La crescita del PIL è ancora positiva, ma solo perché la FED presta denaro al di sotto del tasso d'inflazione dei prezzi al consumo. E ora sta pompando denaro ancora più velocemente di quanto abbia fatto durante la crisi del '08-'09.
Nel frattempo il governo degli Stati Uniti è diretto verso il più grande default nella storia del mondo. Per 20 anni ha aggiunto debito due volte più velocemente rispetto al PIL.
Per quanto tempo può continuare? Questo è da vedere, perché ora, con 11.000 baby boomer che vanno in pensione ogni giorno e l'ala armata del Deep State sempre sul piede di guerra (economica e militare), l'unica cosa che l'establishment può fare è rallentare l'arrivo di suddetto default.
giovedì 30 gennaio 2020
Due semplici domande a cui i keynesiani preferiscono non rispondere
di Gary North
I keynesiani hanno QI superiori alla media. A volte sono matematicamente qualificati e si laureano presso università con nomi altisonanti. Tuttavia diventare un keynesiano rende intellettualmente inabile la persona che ha scelto questo percorso intellettuale. Deve diventare un difensore di sciocchezze. Più rigorosamente, un keynesiano si allena per difendere il sistema.
LA GRANDE IDEA DI KEYNES
John Maynard Keynes propose solo un'idea: la spesa pubblica permette di superare le recessioni aumentando i consumi. Questo fu l'errore del 1936, anno in cui fu pubblicata la Teoria Generale. Abbellì questo errore con un gergo incoerente ed i suoi discepoli aggiunsero equazioni irrilevanti e grafici superflui.
Keynes non si prese mai la briga di affrontare questa domanda: "Da dove lo stato ottiene i soldi che spende nell'economia?" Questa è la domanda cruciale a cui i keynesiani devono rispondere. Nonostante tutte le loro equazioni, il loro gergo incomprensibile e la loro retorica, non rispondono mai a questa domanda.
È una domanda semplice e ha una risposta semplice. Uno stato può ottenere denaro solo da tre fonti: tasse, prestiti e inflazione monetaria. Non ci sono altre fonti.
Gli stati hanno deficit enormi e certamente durante depressioni e recessioni. Non prendono tutte le loro entrate dalle tasse, se lo facessero non avrebbero deficit. I keynesiani comprendono che aumentare le tasse in una recessione deprimerebbe l'economia. Pertanto i keynesiani raccomandano al governo nazionale di prendere in prestito denaro. Da chi? Dal settore privato o dalla banca centrale.
Credere che i prestiti allo stato aumentino la ricchezza è credere che i politici ed i burocrati siano più saggi dei proprietari di quel denaro. Questa è una credenza universale tra i keynesiani, perché si fidano del giudizio economico a breve termine delle persone che non hanno niente in gioco. Si fidano delle persone che spendono i soldi degli altri.
In breve, si fidano delle persone come loro: burocrati che sono immuni al controllo pubblico. Non possono essere licenziati a causa del fallimento delle loro raccomandazioni.
Preferisco fidarmi del libero mercato, che è guidato da offerte monetarie competitive di persone con i loro soldi in prima linea. Se sbagliano, perdono soldi... i loro soldi, non i vostri ed i miei.
E voi? Di quale sistema vi fidate?
INVESTIMENTO PRIVATO CONTRO SPESA PUBBLICA
Ecco una domanda ovvia che gli economisti di libero mercato dovrebbero porre direttamente ai keynesiani, ma non lo fanno mai: "Che cosa avrebbe fatto il creditore con i soldi che invece ha prestato allo stato?" È una domanda semplice e ha una risposta ovvia: li avrebbe investiti. Il finanziatore non avrebbe usato i suoi soldi per beni di consumo. Ne possiede molti e non ne ha bisogno di altri.
Inoltre le persone quando c'è una recessione riducono la spesa al consumo. Questo vale per i ricchi, i ceti medio-alti, i ceti medi, i ceti medio-bassi e persino i poveri. I ricchi vedono opportunità di investimento: vendita di beni capitali in saldo. Il resto della popolazione si spaventa e quindi molte persone mettono i loro soldi in banca. Cosa fa la banca con questi soldi? Non li mette in un caveau, perché così non generano alcun interesse. Compra asset d'investimento. Può concedere prestiti ai consumatori, ma questi ultimi tendono ad essere spaventati durante le recessioni. Riducono il debito. Forse la banca concede prestiti ai consumatori che desiderano una spesa immediata e che quindi aumentano il debito della loro carta di credito. Ma, come gruppo, prendono in prestito poco per fare la differenza nell'economia più ampia.
La curva di distribuzione della ricchezza di Pareto ci dice che la stragrande maggioranza della ricchezza di qualsiasi nazione, che si avvicina all'80%, è di proprietà del 20% dei cittadini. Questo era vero quando Vilfredo Pareto lo scoprì nel 1890 ed è vero ancora oggi.
La maggior parte della produttività proviene da circa il 20% della popolazione. Pertanto la maggior parte della ricchezza di una nazione appartiene a questo gruppo. La maggior parte delle entrate di una nazione finisce nei conti bancari di tale gruppo. Questo non dovrebbe sorprendervi, perché la ragione di ciò venne spiegata più di due secoli fa da J. B. Say nella sua famosa Legge: "La produzione crea la propria domanda [supponendo che i prezzi non vengano applicati dallo stato]". Keynes, più di ogni altro economista, respinse la Legge di Say. La Teoria Generale è un libro incoerente contro la Legge di Say.
La Teoria Generale è davvero incoerente. Se non mi credete, provate a leggerla. Questo è il motivo per cui raramente viene citata, se non dai critici che devono riportare le sciocchezze ovvie al suo interno. Nessuno cita Keynes alla lettera per vincere una discussione, questo perché non si può vincere una discussione citando gergo incoerente e sciocchezze ovvie.
L'uomo che persuase il mondo accademico ad adottare il keynesismo non fu Keynes, ma Paul Samuelson. Ciò ebbe inizio nel 1948, quando venne pubblicato per la prima volta il suo libro di testo per i college: Economics. Non è mai andato fuori stampa. Ogni edizione, dal 1961 al 1976, vendette circa 300.000 copie. È alla sua 19° edizione ed è stato il libro di testo universitario di maggior successo nella storia. Rese Samuelson un miliardario grazie alle royalties del libro. Fu Samuelson, non Keynes, a diventare il pifferaio dell'economia nelle aule scolastiche. Ma era un pifferaio al contrario: non condusse i ratti infettati fuori dalle comunità ammalate, bensì dentro di esse.
Ecco la valutazione di Samuelson sull'impatto della Teoria Generale. Scrisse un saggio elogiativo nel 1946, che è stato pubblicato sulla rivista Econometrica. Scrisse in modo chiaro e schietto, che non è mai stato lo stile di Econometrica.
Ecco il segreto della Teoria Generale: è un libro mal scritto, mal organizzato; qualsiasi profano che, sedotto dalla precedente reputazione dell'autore, avesse acquistato il libro sarebbe stato derubato dei suoi cinque scellini. Non è adatto per l'uso in classe. È arrogante, irascibile, polemico e non generoso nei suoi riconoscimenti. Abbonda di confusioni. In esso il sistema keynesiano non si distingue affatto, come se l'autore fosse a malapena consapevole della sua esistenza; e certamente è al suo peggio quando espone le sue relazioni con i suoi predecessori. Lampi di intuizione intervallano l'algebra noiosa. Una definizione imbarazzante improvvisamente lascia il posto ad una buona cadenza. Quando finalmente entra nel vivo, la sua analisi risulta ovvia e allo stesso tempo nuova. In breve, è un'opera di genio.
Non è stata l'opera di un genio. Era un'opera di inganno concettuale. Venne difesa con incoerenza verbale e il compito autoproclamato di Samuelson era cercare di ricavare il meglio da quel caos. Ha convinto tre generazioni di economisti, i quali poi hanno dedicato la propria vita a promuovere un il mantra del debito pubblico (che non può essere ripagato e non sarà ripagato).
Ludwig von Mises caratterizzò correttamente l'economia keynesiana nel 1948, anno del libro di testo di Samuelson: l'economia delle pietre trasformate in pane.
QUATTRO DOMANDE, POI DUE
Non bisogna avere un QI superiore a 100 per poter criticare il keynesismo. Limitatevi a porre queste domande.
- Da dove vengono i soldi che lo stato spende?
- Se lo stato ha un deficit, che è ciò che i keynesiani raccomandano durante le recessioni, e non l'ha contratto attraverso le entrate fiscali, i soldi presi in prestito provengono da privati o dalla banca centrale?
- Se i soldi provenissero da privati, cosa avrebbero fatto con i loro soldi se non li avessero prestati allo stato?
- Se il denaro non proviene da privati, deve provenire dalla banca centrale; in che modo il denaro creato dal nulla crea ricchezza?
In realtà possiamo ridurre il tutto a due domande: "Che cosa avrebbero fatto i finanziatori con i loro soldi se lo stato non avesse offerto la promessa di un rimborso garantito?" Quel denaro sarebbe stato speso per il consumo o la produzione. Ciò solleva una seconda domanda: "Perché una di queste opzioni sarebbe peggio per l'economia rispetto alla spesa da parte dei burocrati?"
Per comprendere gli errori di Keynes, non è necessario comprendere equazioni, grafici e gergo tecnico. Avete solo bisogno della capacità di seguire una discussione basata su questo principio: non esistono pasti gratis. In altre parole, non è possibile ottenere il pane dalle pietre.
Gli economisti keynesiani non sono abili nell'uso della logica, e tanto meno rispondono coerentemente. Sono istruiti dal loro corso di Economia 1 fino al giorno in cui si ritirano dall'insegnamento universitario a non ragionare da premesse ovvie. Non prendono in considerazione la possibilità di discutere in modo coerente senza equazioni e grafici. Probabilmente saranno penalizzati se tentano di farlo. Gli studenti laureati in economia apprendono molto presto questo fatto della vita accademica. Se non lo apprendessero, i loro voti non sarebbero sufficientemente alti.
LA GUERRA DI KEYNES AL RISPARMIO
Keynes divenne famoso per le sue critiche alla parsimonia. Ciò che criticò fu la parsimonia nel settore privato. La parsimonia era eccezionale se la persona parsimoniosa acquistava titoli di stato e poi lo stato spendeva i soldi per qualsiasi cosa. Pensate che esageri? Ecco una citazione diretta dalla Teoria Generale di Keynes.
Se il Tesoro dovesse riempire di banconote vecchie bottiglie, seppellirle a profondità adeguate in miniere di carbone in disuso che vengono poi riempite in superficie con immondizia e infine lasciare ad un'impresa privata con comprovati principi di laissez-faire il compito di scavare e ritrovarle, non esisterebbe più la disoccupazione e il reddito reale della comunità e la sua ricchezza di capitale probabilmente diventerebbero molto più grandi. Sarebbe davvero più sensato costruire case e simili; ma se ci fossero difficoltà politiche e pratiche in questo senso, quanto sopra sarebbe meglio di niente. (p. 129)
Ecco cosa ha scritto a pagina 220.
Finché vi siano milionari che trovino soddisfazione nel costruire magnifici palazzi per contenere i loro corpi finché sono in vita e piramidi per accoglierli dopo morti, oppure che, pentendosi dei loro peccati, erigano cattedrali o elargiscano somme a monasteri o missioni estere, il giorno nel quale l’abbondanza di capitali ostacoli l’abbondanza della produzione può essere procrastinato. Lo "scavar buche nel terreno" mediante risorse tratte dal risparmio accrescerà non soltanto l’occupazione ma anche il reddito reale nazionale, di beni e servizi utili.
Si noti che non chiedeva ai milionari di investire, li invitava a spendere. Non chiedeva loro di indirizzare i loro soldi verso la produzione: li invitava a spendere i loro soldi il più velocemente possibile. È la spesa al consumo dei milionari, non i risparmi per il consumo futuro, la chiave per la creazione di ricchezza nell'universo mentale di Keynes e dei suoi discepoli.
Keynes invitava gli stati a spendere in piramidi pubbliche ed a seppellire bottiglie piene di denaro perché non si fidava dei milionari. Sapeva che avrebbero investito in beni capitali. Criticava l'idea che i milionari potessero migliorare l'economia risparmiando e investendo nel settore privato. Il suo libro è dedicato alla confutazione degli investimenti durante una recessione. L'intero movimento keynesiano, che oggi domina il mondo accademico e politico, si basa su questa premessa intellettuale: "Consumare, non investire, durante le recessioni".
Perché i milionari dovrebbero fidarsi dello stato? Perché lo stato promette di garantire il ritorno dei loro soldi. Ma perché i milionari dovrebbero credere a questa promessa? Perché gli stati appoggiano questa promessa con la minaccia della violenza. Gli stati hanno il potere di mandare esattori nelle case delle persone e puntare loro contro una pistola: "Consegnate i vostri soldi", dice l'uomo con un distintivo. Gli stati vanno prima dai milionari e dicono questo: "Vendiamo promesse per restituire i vostri soldi. Possiamo garantirlo perché abbiamo il potere di tassare. Pertanto potete stare certi che riavrete i vostri soldi. Avete la nostra parola."
ORIENTAMENTO AL PRESENTE E POSIZIONE DI CLASSE
Keynes era il difensore dell'orientamento al presente. Era il difensore del "consumo ora". In pratica era il difensore del pensiero da strato sociale basso. Edward Banfield, teorico politico di Harvard alla fine degli anni '60, scrisse una sezione sugli atteggiamenti da strato sociale basso e alto nel suo libro The Unheavenly City (1968). Descrisse come il pensiero dello strato sociale basso fosse orientato al presente. Le persone al suo interno pensano poco al futuro e vogliono consumare nel presente. Prendono in prestito a tassi d'interesse elevati per potersi permettere suddetto consumo. Gli individui dello strato sociale alto pensano l'opposto. L'economia keynesiana è una difesa dell'economia dello strato sociale basso.
Gli economisti anti-keynesiani nelle università non osano usare questo tipo di retorica contro Keynes ed i keynesiani. Non otterrebbero il ruolo se lo usassero nelle loro carriere. Non verrebbero pubblicati su riviste accademiche mainstream e diventerebbero dei paria. Fortunatamente non faccio parte del mondo accademico, quindi posso dire pane al pane e vino al vino. Il keynesismo è davvero ben descritto dalla famosa frase di Keynes: "Nel lungo termine siamo tutti morti". Nel frattempo i keynesiani danno questo consiglio ai politici: "Prendete in prestito e spendete, inflazionate e spendete, monetizzate il debito pubblico e non ripagatelo mai".
L'economia keynesiana è l'economia della spesa dipendente dal debito: gli stati.
I keynesiani sono apostoli di uno stato sempre più grande. Nelle sue osservazioni conclusive nel suo articolo del 1946 su Keynes, Samuelson scrisse:
Rispetto al livello del potere d'acquisto e dell'occupazione, Keynes nega che vi sia una mano invisibile che incanala l'azione egocentrica di ciascun individuo verso l'ottimale sociale. Questa è la somma e la sostanza della sua eresia. Nei suoi scritti si trova la figura retorica secondo cui sono necessarie certe "regole della strada" e azioni statali che andranno a beneficio di tutti, ma nessuno se preso da solo è motivato a seguire. Lasciate a sé stesse durante la depressione, le persone cercherebbero di risparmiare e finirebbero solo per abbassare il livello di formazione e risparmio del capitale nella società; durante un'inflazione, l'interesse personale porta tutti all'azione.
Il messaggio è chiaro: "Lasciate a sé stesse" le persone non possono fidarsi dei propri soldi. Ciò significa l'allocazione delle risorse da parte della mano invisibile del processo di mercato. I keynesiani preferiscono affidare l'economia alle mani paralizzate dei burocrati di ruolo e alle mani dei politici, che vogliono accedere al denaro di altre persone per acquistare voti da gruppi con interessi particolari.
Preferirei vivere in un'economia governata dalla mano invisibile del libero mercato piuttosto che in un'economia governata dalle mani dei burocrati e dalle mani dei politici. Preferirei vivere in un'economia in cui i clienti hanno autorità piuttosto che politici e burocrati. I clienti spendono i loro soldi; politici e burocrati vogliono spendere i miei soldi. Posso spendere i miei soldi più saggiamente di quanto possano farlo politici e burocrati. Keynes non ci credeva e nemmeno Samuelson.
L'economia di libero mercato è regolata dalle sanzioni del sistema profitti/perdite. L'economia keynesiana è governata dalle sanzioni di distintivi e pistole. meglio il primo: maggiore libertà personale e maggiore ricchezza pro capite.
CONCLUSIONE
L'economia keynesiana è controintuitiva ed Henry Hazlitt lo dimostrò nella sua critica coerente e devastante a Keynes: il fallimento dell'economia keynesiana. Pochi l'hanno letto. Perché? Perché era ostile al clima prevalente dell'opinione accademica. Inoltre è facile da leggere. Eppure anche Hazlitt, nonostante tutte le sue intuizioni scritte senza equazioni e grafici, non ha ridotto la sua critica a due semplici domande.
Questo è strano. Il cuore del suo libro di economia, Economics in One Lesson (1946), era questa intuizione: la fallacia di ciò che non si vede. Il libro invita i lettori a porsi questa domanda: "Che cosa avrebbero fatto gli attori di mercato con i loro soldi se non avessero subito violenza?" Questa è la domanda che sta alla base delle mie due domande.
- Che cosa avrebbero fatto i creditori dello stato con i loro soldi se quest'ultimo non avesse offerto la promessa di un rimborso garantito?
- Perché questo esito sarebbe stato peggio per l'economia rispetto alla spesa gestita da burocrati?
I keynesiani non rispondono mai a queste due domande. Questo perché non possono rispondere senza sembrare ridicoli.
Il keynesismo è una lunga sfilata di aspiranti imperatori senza vestiti. Tentano di coprire la loro nudità concettuale con foglie di fico accademiche: equazioni, grafici e gergo tecnico. Questa era la strategia di Keynes e anche quella di Paul Samuelson.
Questi uomini sono il mago di Oz. Sono, collettivamente, l'uomo dietro la tenda.
Io invece sono Toto.
Toto non ha completato la procedura. Tirare la tenda era il primo passo, avrebbe poi dovuto completare la procedura sollevando la zampa sul mago. Questo è ciò che meritano ogni volta che impongono un ciarlatano economico con l'inganno mediante il potere dello stato.
Nel film il mago partiva da Oz in mongolfiera. I maghi dell'economia keynesiana non saranno altrettanto fortunati. Mantengono le loro posizioni di ruolo in governi e università, isolati e al sicuro dalle flessioni nei mercati del lavoro. Ma sta arrivando il giorno in cui gli stati di tutto il mondo andranno in default per le loro promesse economiche agli elettori. I keynesiani saranno chiamati dai politici a fornire giustificazioni per questo default e fornire anche spiegazioni che dimostrino perché non è colpa degli stati. È colpa del libero mercato. Quando tenteranno di adempiere al loro ruolo negli affari pubblici come profeti di corte, difendendo un grave fallimento dello stato in nome di Keynes, saranno accolti dalla popolazione infuriata con risate ed etichettati come ciarlatani.
Sono sempre stati ciarlatani e avrebbero dovuto essere sommersi dalle risate già da un pezzo. Abbiate pazienza, il giorno della resa dei conti si avvicina.
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Per ulteriori articoli sul ciarlatano Keynes e su come confutarlo, andate qui: https://www.francescosimoncelli.com/search/label/keynesismo
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
mercoledì 29 gennaio 2020
Perché il credito bancario è così dannoso?
di Alasdair Macleod
La distruzione economica e periodica causata dal credito bancario non è qualcosa di nuovo. È un problema vecchio di millenni, alla cui base c'è la proprietà dei depositi bancari che dovrebbero essere tenuti in sicurezza come beni in custodia e non presi in proprietà dalle banche.
I romani dimostrarono come tale pratica fosse fraudolenta nel terzo secolo e da allora una sequenza infinita di prove empiriche hanno ulteriormente dimostrato che le banche che assorbono gli asset dei depositanti di solito finiscono in crisi.
Questo articolo analizza brevemente la storia del credito bancario dall'antica Grecia, il Bank Charter Act del 1844, il dibattito sulle scuole di pensiero economico, fino alle moderne interpretazioni economiche.
La conclusione è che gli economisti neo-keynesiani ignorano le dimensioni morali e legali del deposito. Senza una corretta comprensione di queste basi, i policymaker gestiranno i sintomi e non affronteranno le cause. Qualsiasi presunta riforma monetaria è destinata a fallire.
Introduzione
Bisogna innanzitutto capire che un ciclo di credito bancario porta a cicli di boom e bust e nel corso degli anni si sono verificati molti dibattiti su come gestirli. Questo argomento sta diventando di nuovo importante, poiché vi sono segnali crescenti che l'espansione del credito bancario stia sbiadendo, cosa che sarà seguita da una sua contrazione e, cosa ormai sempre più certa, da una recessione delle imprese, o anche peggio.
Per molti neo-keynesiani la questione si riduce al comportamento imprevedibile del settore privato rispetto ed a quello più certo del sistema bancario centrale. Alcuni, come i sostenitori del piano di Chicago del 1935, hanno sostenuto che il modo per affrontare i cicli boom/bust è quello di introdurre una riserva bancaria al 100% e consegnare pieni poteri alle banche centrali (stabilità dei prezzi, tasso di crescita stabile dell'offerta di moneta, ecc.).
Il piano di Chicago è stato elaborato durante la grande depressione, la cui colpa è stata affibbiata al gold standard. Nel diciannovesimo secolo c'era un'accesa discussione tra la scuola metallista (currency school) e quella bancaria, e il Piano di Chicago era una specie di ibrido: incline a soddisfare le proposte della scuola metallista ma senza la disciplina dell'oro su cui tale scuola le sue proposte. Ad ogni modo, gli interessi bancari si assicurarono che il piano non fosse mai attuato.
Era anche ingenuo, supponendo che il rapporto tra la quantità di denaro e il livello generale dei prezzi fosse semplicemente di natura matematica, quando dovremmo sapere attraverso le prove empiriche e la teoria economica ragionata che non è così. C'è soggettività nel livello generale dei prezzi, cosa che si riflette nelle preferenze relative tra il desiderio della popolazione di consumare e invece risparmiare denaro. Inoltre, a seguito della grande depressione, nel dibattito su questi temi prese piede, e rimane ancora, una tesi velenosa: lasciare qualsiasi forma di denaro in balia del libero mercato è pericoloso e dovrebbe essere sotto il controllo dello stato.
Promemoria: come è nato il credito bancario
Quando una banca prende i depositi, ne acquisisce il possesso ed i suoi depositanti vantano solo un credito. Le passività patrimoniali della banca sono costituite dal capitale proprio e da ciò che è dovuto ai depositanti e agli altri creditori. La corrispondenza di queste passività rappresenta l'attivo totale della banca. Il rapporto tra il capitale proprio e le passività è gestito dalla direzione della banca e, tecnicamente, questo può essere fatto in due modi. O viene creato un conto di prestito con un deposito corrispondente, in modo che il prestito sia compensato dal deposito, o in alternativa viene resa disponibile una linea di credito e creati i depositi man mano che viene utilizzata. Eventuali squilibri in una singola banca sono costituiti da depositi prelevati da altre banche, o da prestiti accesi presso altre banche attraverso i mercati monetari.
Pertanto una banca può utilizzare il possesso dei depositi dei clienti per estendere il credito. Espandendo il proprio bilancio in questo modo, il reddito lordo derivante dalla differenza tra gli oneri finanziari e gli interessi pagati sui depositi aumenta il rapporto tra utili e capitale della banca.
Allo stesso modo, mutuatari e depositanti possono far contrarre il bilancio della banca pagando i propri obblighi e riducendo i loro depositi. Se una banca deve mantenere un bilancio espanso, deve trovare ripetutamente nuove attività. Di conseguenza esiste una propensione intrinseca a favore della continua espansione dei bilanci bancari e quindi del credito bancario. Ma l'espansione del credito distorce la struttura dei prezzi nell'economia, riducendo il costo del prestito e scoraggiando i risparmiatori, riducendo il valore della preferenza temporale riguardo il denaro.
Nel corso del tempo un'economia trainata dall'espansione del credito bancario passerà dall'essere alimentata dal risparmio, in cui il capitale di investimento per l'economia più ampia è finanziato dai profitti passati e gli utili trattenuti come risparmi, ad essere alimentata dal debito.
Mettendo da parte il pio desiderio che il credito bancario possa continuare ad espandersi su un percorso uniforme in perpetuità, una volta avviato un corso espansivo la domanda di credito bancario inizia ad essere inferiore a quella che le banche sono disposte a finanziare. Spinti dall'aumento della fiducia dei banchieri e dalla crescente concorrenza per le attività di prestito, i tassi vengono quindi abbassati al di sotto di quelli che sarebbero stati altrimenti in un'economia guidata dal risparmio. Ciò porta ad un boom artificiale che alla fine genera più domanda di credito rispetto a quanto le banche sono disposte a fornire o sono costrette a rispettare dalla regolamentazione bancaria.
Quando le banche fermano l'ulteriore espansione del credito, i mutuatari non possono più finanziare i loro piani incompleti e le banche vorranno proteggersi dalle ricadute riducendo prestiti e depositi per salvaguardare il proprio capitale. L'urgenza di questo cambiamento di rotta è dovuta all'impatto catastrofico sul capitale proprio di una banca in presenza di squilibri significativi sul bilancio.
La conseguenza è un ciclo ripetitivo di boom e improvvisi bust.
L'unico modo per impedire tutto questo è arginare in primo luogo la creazione di credito bancario, una soluzione così estranea ai banchieri e agli economisti inflazionisti di oggi che ogni volta viene prontamente respinta. La progressione di suddetti cicli in Gran Bretagna dopo le guerre napoleoniche ha portato, nei tempi moderni, ad un punto di rottura nella creazione del credito bancario, in cui i consumatori hanno risparmi minimi o nulli e la maggior parte vive di busta paga in busta paga. Avendo abbandonato tutte le forme di moneta sana ed onesta a favore dell'inflazione della valuta fiat, la creazione di moneta dal nulla viene ora accelerata nel tentativo finale delle banche centrali di aggiustare le conseguenze non solo dell'attuale ciclo dell'inflazione del credito bancario, ma di tutte quelle passate.
Niente può andare avanti per sempre e prima o poi questo sistema finirà. Verrà quindi ideato un nuovo sistema bancario e il suo successo richiederà un ritorno al denaro sano ed onesto, che non può essere creato dal nulla.
Nel più ampio contesto della storia, l'attuale dibattito sul ruolo e il comportamento delle banche ha avuto luogo soprassedendo questioni morali e legali, ignorando tesi che sono state dibattute sin dalla storia antica. E furono i romani a risolverlo nel terzo secolo d.C., in modo diverso dalle nostre ipotesi moderne.
La posizione legale
Nel corso della storia l'assunzione di depositi a titolo di custodia è diventata di volta in volta sempre più comune. Non per niente gli antichi cercavano i templi, come quello di Apollo a Delfi, per condurre i loro affari bancari. Non solo detenevano i soldi dei depositanti per la custodia, ma i templi prestavano i loro soldi e quelli degli altri in cambio di interessi.
Verso il 393 a.C. Passio, un banchiere ateniese, fu accusato di distribuire fraudolentemente depositi. Aveva usato l'oro che gli era stato affidato in custodia per finanziare i suoi affari e non era in grado di restituirlo al legittimo depositante quando richiesto. Questa probabilmente è stata la prima istanza documentata di un banchiere che è finito in tribunale accusato di aver preso la proprietà di qualcuno solo per usarla per i propri scopi senza il permesso del proprietario. Da allora però di tanto in tanto abbiamo assistito di nuovo a questa pratica, la quale portava a crisi finanziarie e occasionalmente ad un ritorno al deposito bancario come funzione di custodia. L'uso fraudolento dei depositi è assistito dalla fungibilità del denaro, il che rende impossibile stabilire la proprietà definitiva.
Non sono mancate variazioni però. A Siviglia Carlo V di Spagna (1516-1558) rubò ai banchieri il loro oro, lasciando scoperti gli obblighi nei confronti dei loro depositanti. La cattiva gestione economica da parte del re insieme alla scomparsa del metallo dalle casse delle banche si concluse con una crisi per le banche di Siviglia.
Gli studiosi della Scuola di Salamanca identificarono correttamente il problema sulla base del diritto romano: la proprietà dei depositi. In questo caso fu lo stato a confiscare i depositi dalle banche, lasciando a loro l'onere di dare una spiegazione ai depositanti. Le banche cercavano di prevenire la confisca prestando oro a terzi e quindi tenerlo fuori dalle mani del re. Tuttavia le banche spagnole continuarono ad ignorare i loro obblighi di custodia fino a quando alla fine non andarono in bancarotta.
John Law nel 1715-20 si mise in cordata con lo stato per sostenere il suo schema inflazionistico: dispiegò i depositi dei clienti per fare leva sul prezzo delle azioni della sua società. Richard Cantillion, famoso per i suoi saggi di economia, trasse beneficio da quella situazione e citò in giudizio tre clienti a Londra per £70.000 dovuti alla sua banca. Le azioni erano in forma al portatore e senza numero, il che gli permise di sostenere che le azioni depositate presso la sua banca erano fungibili e non potevano essere identificate come proprietà di un depositante. La funzione di custodia di depositi e altre forme di proprietà era stata completamente ignorata dal tribunale di Londra e Cantillon ne approfittò due volte.
Dovremmo pensare alle implicazioni, ignorando per un momento la licenza concessa alle banche. Se dicessi ad un amico, che ritengo competente e degno di fiducia, di prendersi cura dei miei interessi in mia assenza, e al mio ritorno scopro che li ha fatti suoi ed usati, senza potermi restituire i soldi, lo considererei un ladro così come lo farebbe qualsiasi tribunale. Non importa se il mio amico sia un banchiere o no, se costruisce un edificio simile ad un tempio per elevare il suo status di rispettabilità negli affari copiando gli antichi greci e prende i soldi di qualcun altro con il raggiro, questa è una frode bella e buona.
Certo, la persona comune non pensa al rapporto con la sua banca in questi termini, ma chiaramente considera i suoi depositi bancari come soldi suoi. È ingenuo: se una banca paga interessi sul suo deposito, quindi è ragionevole presumere che sia usato a beneficio suo e del suo banchiere.
La convinzione di un depositante che il deposito rimanga di sua proprietà è legittima se non gli vengono pagati gli interessi. Ma se il punto di riferimento è se il deposito è uno scambio per beni futuri, allora dobbiamo distinguere tra depositi a tempo e depositi che possono essere richiesti senza preavviso. Se un banchiere paga interessi su un deposito senza preavviso, ciò non significa che può fare quello che vuole con quel deposito, perché l'elemento cruciale dei beni futuri non si applica.
Stiamo discutendo di questi temi nel contesto della giustizia naturale, secondo la legge romana, che definì un deposito come qualcosa dato ad un altro affinché venisse custodito. Si chiama così perché un bene viene posto o posizionato. La preposizione de intensifica il significato, il che significa che tutti gli obblighi corrispondenti alla custodia del bene sono a carico del custode.
Così diceva il giurista romano Ulpiano nel III secolo d.C. Il caso determinante nella legge inglese fu Foley contro Hill e altri nel 1848, quando il giudice Lord Cottenham decise diversamente:
Il denaro, quando in una banca, cessa del tutto di essere il denaro del proprietario; a quel punto il denaro è del banchiere, che è tenuto a restituire una somma equivalente a quella depositata quando gli viene chiesto. Il denaro affidato ad un banchiere è denaro che il proprietario originale gli cede affinché venga custodito; sono quindi soldi del banchiere; è noto che se ne occupi come se fossero suoi; ne ricava il profitto che può, e può tenerlo per sé rimborsando solo il capitale, oppure, secondo l'usanza dei banchieri in alcuni luoghi, può rimborsare il capitale e dare un piccolo tasso d'interesse. Il denaro posto in custodia presso un banchiere è, a tutti gli effetti, denaro del banchiere e può gestirlo a suo piacimento; non è colpevole di nessuna violazione della fiducia se lo usa; non ne risponde al proprietario originale se lo mette in pericolo, se si impegna in una speculazione pericolosa; non è tenuto a mantenerlo o trattarlo come proprietà del suo proprietario originale; ma ovviamente è responsabile per l'importo, perché ha accettato, avendo ricevuto quei soldi, di rimborsare la somma equivalente al proprietario originale quando richiesto.
Questo è stato oggetto di discussione in vari casi ed è qui deciso che si tratta della situazione relativa di banchiere e cliente. Essendo ciò deciso, il banchiere non è un agente o un fattore, ma è un debitore.
Come punto di riferimento ignorò la sentenza di Ulpiano nella legge romana, codificata poi da Giustiniano nel sesto secolo. Prese invece come riferimento il Bank Charter Act del 1844, che stabiliva le condizioni del sistema bancario in Inghilterra e Galles e in base al quale la struttura di emissione delle banconote sarebbe diventata la riserva della Banca d'Inghilterra. L'obiettivo del Bank Charter Act era contenere l'inflazione attraverso il gold standard, ma non riuscì a risolvere il problema del credito bancario. La sentenza in Foley v. Hill legittimò l'espansione inflazionistica del credito bancario e da quando la legge bancaria inglese è diventata lo standard di riferimento globale, il possesso di depositi ha permesso alle banche di tutto il mondo di trarne profitto.
In termini legali, il trattamento dei depositi bancari è pertanto in conflitto. Il fatto che la legge moderna abbia creato un'eccezione ci dice che il comportamento delle banche nei confronti dei loro clienti è illegale. I banchieri si trovano in una posizione privilegiata, al di sopra della legge. Una volta rimosso il vincolo dei diritti di proprietà, una licenza bancaria diventa quindi una licenza per creare denaro dal nulla, le cui implicazioni non sono state completamente comprese in seguito al Bank Charter Act del 1844, nonostante il dibattito infuriato sin dal 1810, quando venne costituita la Commissione Metallista.
Il dibattito tra la scuola metallista e bancaria
Nel diciannovesimo secolo le opinioni sul denaro, incluso lo stato dei depositi bancari, si unirono in due gruppi. La scuola metallista (currency school) sosteneva una forma di denaro in oro e sostituti dell'oro, mentre la scuola bancaria sosteneva attività bancarie senza restrizioni. Il dibattito viene spesso travisato oggi da economisti che mancano di una base in economia classica e sono invece immersi nella macroeconomia moderna.
Il dibattito è interpretato dai post-keynesiani come uno tra il controllo statale sul denaro (la scuola metallista) e i mercati liberi (la scuola bancaria). Questo è il tema di un articolo di Charles Goodhart e Meinhard Jensen (Currency School versus Banking School) pubblicato dalla London School of Economics ed echeggiato in altri articoli sull'argomento. Un passaggio chiave nel documento è il seguente:
Uno dei motivi a volte proposti dai sostenitori della Scuola metallista [...] è l'affermazione che la creazione di denaro dovrebbe essere un monopolio statale, quindi se tale creazione viene portata avanti dalle banche nel settore privato è, in un certo senso, un trasferimento inappropriato di signoraggio dal settore pubblico al settore privato. Un problema con questa affermazione è che molti di questi stessi economisti probabilmente appoggerebbero anche la teoria (non valida) di Karl Menger sulla creazione del denaro: una risposta del settore privato ai vincoli del baratto, in cui lo stato gioca solo un ruolo sussidiario. Sostenere entrambe le posizioni contemporaneamente è incoerente.
Qualsiasi economista di formazione classica vi dirà che la scuola metallista non considerava il denaro come un monopolio statale, ma che fosse sempre oro. La funzione dello stato era quella di produrre sostituti dell'oro in base a regole che non consentivano l'intromissione della politica monetaria. La descrizione come monopolio di stato è puro inganno, confermata dalla negazione nascosta dell'oro come denaro, interponendo l'opinione degli autori a quella di Menger. (Tanto ignoranti gli autori di quel paper da rivolgersi a Karl Menger, figlio di Carl Menger. Ndt)
Allo stesso modo, la descrizione della scuola bancaria come opzione di libero mercato è anch'essa errata. Al contrario, sosteneva un monopolio concesso in licenza per prelevare depositi in custodia e creare ulteriori depositi dal nulla emettendo credito bancario. Questo è il vero monopolio, quello che legittimato da Foley v. Hill, scavalcando il giudizio fattuale di Ulpiano. Il documento citato è una distorsione macroscopica, ma purtroppo frequente, dei fatti, progettata per supportare i fallimenti macroeconomici moderni.
Non sorprende, quindi, se oggi sia un fatto conclamato che la proprietà dei depositi possa passare ai banchieri, ma è l'aspetto più importante dell'argomento. Senza di essa, non ci sarebbe stata nessuna scuola bancaria e nessun dibattito.
Conclusione
La controversia sul ruolo delle banche che accettano depositi per farci ciò che vogliono ha una storia che risale ai tempi antichi. La giustizia naturale e la legge romana affermano che è una pratica fraudolenta, ma la sentenza inglese Foley v. Hill ha ribaltato la realtà. Ha avuto un profondo effetto sul modo in cui gli economisti moderni considerano il ruolo del denaro in un'economia.
Sembrano inconsapevoli che l'aggiunta dei depositi ai bilanci delle banche sia una pratica fraudolenta. La creazione di una licenza statale per consentire alle banche di operare in questo modo ammette la frode, ma non risolve il problema. Invece di capire come funzionano i soldi, gli economisti mainstream incolpano il settore privato di destabilizzare l'economia e non vedono l'ora che le banche centrali assumano il pieno controllo dell'espansione monetaria.
Il modo corretto di risolvere questo problema non è quello di conferire maggiori poteri alle banche centrali, ma di abolirle del tutto. Solo restituendo il denaro alla sua forma sana ed onesta, insieme con una divisione del settore bancario in funzioni di custodia ed investimento, potrà esserci una soluzione duratura. Le licenze bancarie, che concedono alle banche un'esenzione legale dalle attività chiaramente fraudolente, devono essere abolite.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
martedì 28 gennaio 2020
Il fantasma del 2000
di Sven Henrich
Alla fine, ecco un barlume di sanità mentale. Un'ammissione, qualcosa che la FED sa ma è riluttante ad ammetterlo. Kaplan, presidente della FED di Dallas, ha ammesso la verità che già tutti conoscono: è il pompaggio del bilancio della FED che ha portato a questa festa come se fosse il 1999.
Dalla Reuters: "Penso che la crescita del bilancio abbia avuto un certo impatto sui mercati finanziari e sulla valutazione degli asset di rischio [...]. Sono consapevole di non voler aggiungere più benzina che potrebbe contribuire a creare ulteriori eccessi e squilibri".
"Un certo impatto". Carino. Forse avrebbe dovuto dire "un impatto sicuro", poiché la correlazione è palese e la FED è riconosciuta come l'unico market maker. Ma almeno è un'ammissione che gli eccessi e gli squilibri vengono creati e sono già in atto.
La discussione di ieri sera su CNBC Fast Money mostra quanto sia pervasiva questa ammissione, che la Fed stia guidando tutto e non è solo il pensiero di chi scrive.
E così la liquidità artificiale continua a spingere le azioni al di sopra dei fondamentali e il compiacimento raggiunge estremi sempre più alti.
Ecco il rapporto put/call settimanale più lento degli ultimi 8 anni.
In "Gozzovigliare come se fosse il 1999" ho sottolineato che l'azione della FED è simile a quella nel periodo precedente all'inizio del nuovo millennio. Una volta finita, Greenspan ha chiuso i rubinetti della liquidità ed i mercati sono crashati.
La FED sta già facendo marcia indietro su un'eventuale riduzione della liquidità, sapendo benissimo che causerebbe problemi sui mercati.
And here they go again, kicking the can again.
Record high Fed balance sheet guaranteed.
Clarida says Fed’s repo operations could continue at least through April https://t.co/hTRqd2bYPk
— Sven Henrich (@NorthmanTrader) January 9, 2020
E non pensate che non si tratti affatto di tenere buoni e calmi i mercati azionari. È assolutamente una certezza ormai.
The Fed's prime directive:
"Richard Clarida reassured traders and investors that the stock market won't be derailed". https://t.co/PpCNxPXtmy
— Sven Henrich (@NorthmanTrader) January 9, 2020
Ed è forse la decisione più importante che la FED deve affrontare quest'anno: non i tassi, ma il suo bilancio.
La FED ha fatto divampare un fuoco di euforia per le azioni.
Per quanto è disposta a lasciare che questo fuoco bruci fuori controllo?
E come si può tirare fuori dalla bolla che ha creato mentre i fantasmi del 2000 ci circondano?
Le valutazioni prezzi/vendite sul mercato sono superiori anche a quelle del 2000.
EV/EBIDTA tanto alto quanto nel 2000.
La capitalizzazione di mercato in rapporto al PIL è al 153,5%, superiore anche a quella del 2000.
Ed i consumatori? Uguali al rapporto put/call riguardo il rischio.
Cos'altro abbiamo visto nel 1999/2000?
A nessuno importa del rischio, del valore o delle valutazioni, solo di entrare nelle azioni. Anche in quelle che devono dimostrare i loro prezzi vertiginosi, poiché aventi valutazioni che non riflettono i fondamenti, ma che si limitano ad inseguire grafici verticali senza disciplina o paura.
Per request $TSLA
Weekly RSI 81.5
Market cap $85B
PEG ratio -9.4
Quarterly revenue growth -7.6% (yoy)
Quarterly earnings growth -54% (yoy) pic.twitter.com/6N9EKzgDVt
— Sven Henrich (@NorthmanTrader) January 8, 2020
In un ambiente infestato dalle bolle, in particolare quello alimentato dalla liquidità e dall'hype artificiali, le valutazioni non contano fino a quando finiscono per contare davvero.
La FED sa che le sue operazioni di bilancio stanno creando eccessi e squilibri. Ora il suo compito è quello di far uscire l'aria dalla bolla delicatamente, o affrontare una ripetizione del 2000, una reversion to the mean che porterebbe ad una recessione che finora ha cercato di evitare. I fantasmi del 2000 ci circondano. Tuttavia gli investitori non sembrano avere alcun appetito per la protezione e si fidano ciecamente della FED.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
lunedì 27 gennaio 2020
Trump e l'assassinio di Soleimani: un'azione stupida
di David Stockman
Durante più di mezzo secolo in cui Washington ha vigilato sul mondo abbiamo visto picchi crescenti di stupidità. Ma nulla è paragonabile alla "politica" di Donald riguardo l'Iran, culminata con l'assassinio insensato del suo principale leader militare ed eroe della cosiddetta rivoluzione islamica, il maggiore generale Qassem Soleimani.
Ad essere chiari, non vogliamo affatto elogiare il morto. Come la maggior parte dei generali di qualunque esercito (incluso quello americano), era un assassino a sangue freddo.
E in questi tempi di guerra basati sui droni, i generali tendono ad uccidere più civili che combattenti. Le milioni di vittime civili sin dagli anni '60 per mano di generali statunitensi lo confermano sicuramente.
D'altra parte, anche i compagni con cui Soleimani ha combattuto nel corso dei decenni non erano stinchi di santo. In ordine sequenziale, i combattenti armati da Saddam Hussein e George W. Bush, i jihadisti sunniti dell'ISIS e le forze aeree israeliane e saudite, che proprio in questo momento stanno facendo piovere bombe e missili su alleati e delegati iraniani in Siria, Libano e Yemen.
L'unica ragione per cui questi anni di combattimento sono descritti dai media generalisti come prove del terrorismo iraniano è che i neocon lo hanno dichiarato. Cioè, agli occhi di Washington all'Iran non è permesso avere una politica estera e le sue alleanze con i correligionari principalmente sciiti in Iraq, Siria, Libano e Yemen sono presumibilmente di per sé schemi di aggressione e terrorismo, garantendo qualsiasi ritorsione, tra cui l'assassinio dei suoi più alti funzionari.
Ma questa è solo una colossale assurdità e arroganza imperialista. Il governo di Assad in Siria, il più grande partito politico in Libano (Hezbollah), la popolazione dominante dello Yemen settentrionale (Houti) e una parte significativa delle forze armate irachene rappresentate dalle milizie sciite (PMF o forze di mobilitazione popolari) non sono meno civilizzati e non più soggetti alla violenza settaria di chiunque altro in quella regione. Ed i tagliagole dell'ISIS sono stati tutti insurrezionisti jihadisti sunniti, non governi e partiti politici a base sciita.
La verità è che l'America non ha nulla a che spartire nella faida tra sciiti e sunniti, che ormai dura da 1300 anni. E quando si parla di propagazione delle forze terroristiche in Europa o in America, la storia recente è assolutamente chiara: il 100% di tutti gli episodi terroristici islamici negli Stati Uniti da quando sono iniziati negli anni '90 sono stati perpetrati o ispirati dai jihadisti sunniti, non dall'Iran o dai suoi sciiti alleati nella regione.
Quindi dobbiamo essere diretti: l'aggressione nella regione del Golfo Persico negli ultimi tre decenni ha avuto origine nel nido di vipere neocon di Washington DC e tra i delegati, i collaboratori e gli incaricati di Bibi Netanyahu. E la forza motivante è sempre stata la ricerca del cambio di regime, prima in Iraq e poi in Siria e Iran.
Inutile dire che Washington ha istigato un "cambio di regime", cosa che tende a provocare una determinata autodifesa e una controreazione violenta. Quindi la verità è che la cosiddetta mezzaluna sciita non è un'alleanza di terroristi che infliggono violenze sfrenate alla regione; è una lega di oppositori al cambiamento di regime e combattenti armati che hanno scelto di dire "No" agli schemi imperiali di Washington.
Quindi, eliminando Soleimani, Trump non stava sferrando un colpo contro il "terrorismo", stava solo intensificando l'aggressività del cambiamento di regime di Washington nella regione, rischiando così uno scoppio di violenza ancora maggiore e forse una catastrofica conflagrazione nel Golfo Persico, da dove passa quotidianamente un quinto del petrolio mondiale.
E ora Donald ha vanificato il suo intento di ritirare le forze americane dal Medio Oriente, la stessa piattaforma su cui ha fatto campagna elettorale nel 2016. Ora ci sono oltre 50.000 militari statunitensi nella regione del Golfo Persico e decine di migliaia di altri appaltatori, delegati e mercenari. Dopo l'assassinio di Soleimani, quel numero può solo salire.
Facendo fuori Soleimani Donald non ha vendicato le vittime innocenti dell'aggressione iraniana, americani o altro, ha solo dato una scusa in più per esistere all'antiamericanismo nella regione, che i sanguinosi interventi di Washington hanno generato nel corso dei decenni e che ora si intensificherà.
A volte un'immagine dice più di mille parole e quella della processione funebre di Teheran si fa beffe dell'affermazione idiota del segretario Pompeo secondo cui il Medio Oriente è ora più sicuro di prima.
Il punto qui è che Washington ha diffamato in modo così implacabile l'Iran e falsificato la narrativa del Medio Oriente che il lato iraniano della storia è stato completamente ignorato.
Non che il regime iraniano controllato dal mullah sia composto da qualcosa che assomigli ad una democrazia. Una delle grandi disgrazie degli ultimi quattro decenni è che il popolo iraniano non è stato in grado di liberarsi dalle catene culturali e religiose imposte da questo regime teocratico, incapace quindi di sfuggire all'arretratezza economica e all'incompetenza di ciò che è essenzialmente un governo di chierici autoritari.
L'ostilità seminata da Washington e le minacce al regime iraniano, però, non fanno altro che accendere il nazionalismo e indurre la popolazione a sostenere il governo iraniano.
Peggio ancora, le fondamenta patriottiche di questo sentimento pro-regime sono completamente ignorate da Washington, a causa della sua falsa narrativa sulla storia post-1979. Tuttavia, agli occhi del popolo iraniano, le forze Qud e Soleimani passano per valorosi difensori della nazione.
Soleimani s'è guadagnato la sua popolarità sul campo di battaglia negli anni '80, contro con la forza aerea di Saddam Hussein. E Saddam era l'invasore le cui bombe chimiche avevano un'accuratezza particolarmente micidiale contro i giovani soldati iraniani, spesso a malapena armati poiché chiamati ad individuare i bersagli per l'aviazione americana (una depredazione che gli iraniani conoscono bene, anche se ai giorni nostri Washington finge di non sapere).
Poi, dopo che Bush Jr. ha riversato su Baghdad la sua macchina da guerra, è emerso che la maggioranza della popolazione sciita della nazione non ha fatto molto per essere "liberata" da Washington. Infatti gli elementi più radicali della comunità sciita irachena a Sadr City e in altre città dell'Iraq centrale e meridionale hanno imbracciato le armi durante il 2003-2011 contro quelli che percepivano come gli "occupanti" americani, perché... beh... era il loro Paese.
Inutile dire che gli sciiti in Iran erano più che pronti a fornire aiuto agli sciiti iracheni nella loro lotta contro quello che da allora sarebbe stato percepito come il nemico mortale dell'Iran. Dopotutto, un anno prima che Bush Jr. iniziasse la follai della seconda guerra del Golfo nel marzo 2003, i suoi consiglieri neocon dementi, guidati da David Frum, avevano inventato un baubau chiamato Asse del Male, che includeva l'Iran, e lo aveva contrassegnato come il bersaglio successivo.
Ma l'idea che il popolo iracheno, e in particolare la sua maggioranza sciita, avrebbe ballato per le strade per accogliere l'esercito americano, è solo propaganda infondata del Partito della Guerra.
Detto in altro modo, Washington ha inviato 158.000 combattenti in un Paese che non aveva mai minacciato la sicurezza della patria americana, o ospitato i suoi nemici, e che non aveva la capacità di farlo in nessun caso. Ma contrariamente alle rassicurazioni di Rumsfeld, Cheney e del resto degli sciacalli neocon intorno a Bush, questi combattenti statunitensi sono stati presto considerati "invasori", non liberatori, e hanno incontrato resistenza da un'ampia varietà di elementi iracheni, compresi i resti del governo e dell'esercito di Saddam, i jihadisti sunniti radicalizzati e una vasta gamma di politici, religiosi e milizie sciite.
Il più importante tra questi era il clan Sadr, emerso come tribuna delle comunità sciite espropriate nel sud a Baghdad. Sono saliti alla ribalta dopo che Bush Sr. ha esortato gli sciiti a insorgere contro Saddam dopo la Guerra del Golfo nel 1991, e poi li hanno lasciati al loro destino.
Nessun supporto USA si è materializzato quando la repressione indiscriminata del regime sulla popolazione ha sistematicamente arrestato e ucciso decine di migliaia di sciiti e distrutto santuari sciiti, centri di apprendimento, città e villaggi. Secondo testimonianze oculari, i carri armati baathisti furono dipinti con messaggi come "Nessuno sciita dopo oggi", le persone furono impiccate ai pali elettrici ed i carri armati investirono donne e bambini per le strade.
Da questo orrore è emerso Mohammad Mohammad Sadeq al-Sadr, il fondatore del movimento Sadrist che oggi, sotto la guida di suo figlio Muqtada, costituisce il più potente movimento politico iracheno. Dopo il crollo del regime baathista nel 2003, il movimento Sadrist ha formato la propria milizia, nota come Jaysh al-Mahdi, o Esercito Mahdi.
Ma l'Esercito Mahdi era nato lì; era arabo, non persiano, e stava combattendo per le proprie case e comunità, non per gli iraniani, i Qud o Soleimani. Infatti i sadristi si sono opposti fortemente all'influenza iraniana tra gli altri gruppi dissidenti sciiti, tra cui la brutale Brigata Badr e il Consiglio supremo per la rivoluzione islamica (SCIRI).
I 603 militari statunitensi che secondo il Pentagono sono stati uccisi dagli iraniani, in realtà sono vittime delle rivolte dell'Esercito Mahdi nel periodo 2003-2007. Questi attacchi erano guidati da Muqtada al-Sadr.
L'impennata delle morti statunitensi all'epoca è stato il risultato diretto della famigerata campagna del generale David Petraeus. Aveva preso di mira l'Esercito Mahdi di al-Sadr nella speranza di indebolirlo. A partire dalla fine di aprile 2007, gli Stati Uniti hanno lanciato dozzine di operazioni militari volte esclusivamente a catturare o uccidere ufficiali dell'Esercito Mahdi, facendo sì che resistesse con forza a quei raid e imponesse vittime crescenti alle truppe statunitensi.
Così, tra la nebbia di due decenni e la propaganda neocon, come hanno fatto l'Iran e Soleimani ad essere etichettati più e più volte come "assassini di americani" come se avessero attaccato innocenti a Manhattan?
È solo il vecchio adagio secondo cui l'Iran è la fonte delle potenti bombe chiamate Explosively Formed Penetrators (EFP), utilizzate da molte delle milizie sciite e dai jihadisti sunniti nella provincia di Anbar. Eppure questa affermazione è stata smentita più di un decennio fa dalla prova, quando l'Esercito Mahdi e altre milizie sciite stavano prendendo le loro armi non solo dagli iraniani, ma da qualsiasi luogo possibile, oltre a fabbricare le proprie.
D'altra parte, ciò che le forze iraniane di Qud hanno realizzato in Iraq e in Siria è stato praticamente cancellato dalla narrativa mainstream. Per intenderci, sono stati in prima linea nell'eradicazione dello Stato Islamico.
Infatti in Iraq è stato il traballante esercito nazionale iracheno che Washington ha messo in piedi al costo di miliardi che è battuto in ritirata quando l'ISIS è emerso nella provincia di Anbar nel 2014. Così facendo s'è lasciato alle spalle migliaia di veicoli corazzati statunitensi, artiglieria mobile e persino carri armati, oltre a pistole e munizioni, permettendo allo Stato Islamico di prosperare brevemente e soggiogare diversi milioni di persone in tutta la Valle dell'Eufrate.
Inoltre è stato Washington ad addestrare, equipaggiare, armare e finanziare i cosiddetti ribelli anti-Assad in Siria, i quali hanno indebolito e distrutto così tanto Damasco che lo Stato Islamico è stato in grado di riempire brevemente il vuoto di potere e imporre la sua barbarie ai cittadini di Raqqa e dintorni. E lo ha fatto con armi catturate o vendute all'ISIS dai cosiddetti ribelli moderati.
Al contrario, il panico in Iraq durante il 2014-2015 è stato fermato quando gli iraniani su invito del governo sciita di Baghdad hanno contribuito ad organizzare e mobilitare le milizie sciite irachene, che alla fine hanno cacciato l'ISIS da Mosul e Anbar.
Allo stesso modo, al di fuori delle zone di confine settentrionale liberate dai curdi siriani, è stata l'alleanza sciita tra Assad, Hezbollah e le forze iraniane di Qud a liberare la Siria dalla peste dell'ISIS.
Sì, le forze aeree statunitensi hanno letteralmente incenerito due grandi città temporaneamente occupate dallo Stato Islamico: Mosul e Raqqa. Ma sono stati i combattenti sciiti, che stavano letteralmente combattendo per le loro vite e le loro case, che hanno ripulito quella terra da una barbara infestazione generata e resa possibile dai neocon di Washington.
Quindi torniamo alla totale stupidità di Donald. Da un lato, è ora evidente che il motivo per cui Soleimani era a Baghdad era quello di fornire una risposta ufficiale da Teheran ad una recente offerta di riduzione dell'escalation saudita. E questo per parola del primo ministro che Washington ha messo a capo dell'Iraq e che ora si è unito alla maggioranza del parlamento iracheno per chiedere che i presunti liberatori dell'Iraq, dopo aver speso migliaia di miliardi di dollari e sangue, lascino il Paese immediatamente.
Allo stesso tempo, le tendenze positive che erano in movimento nella regione fino pochi giorni fa (ISIS cancellato, la Siria vicina ad eliminare i restanti jihadisti, Arabia Saudita ed Iran pensare ad un modus vivendi più pacifico, il genocidio dello Yemen vicino alla conclusione) ora possono andare in fumo.
Abbiamo a lungo creduto che a Washington non ci fosse nulla di più stupido della mafia politica neoconservatrice che ha distrutto il Medio Oriente, così come i militari ed i contribuenti americani che hanno patito più e più volte le fauci della loro follia.
Ma ora Donald ha addirittura eguagliato suddetta stupidità.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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