Bibliografia

giovedì 19 dicembre 2019

QE sotto mentite spoglie





di Claudio Grass


In meno di un anno abbiamo assistito a delle montagne russe nella politica monetaria, qualcosa che non ha precedenti. La Federal Reserve ha inizialmente fatto un'inversione ad U a gennaio e da allora ha continuato a spingere sull'acceleratore monetario. È facile dimenticare che meno di un anno fa tutte le dichiarazioni ufficiali e le aspettative del mercato erano allineate ad un rialzo continuo dei tassi, mentre ulteriori tagli erano considerati a dir poco improbabili. Gli investitori azionari stavano quasi per fare i conti con l'idea di una normalizzazione delle politiche e la FED era considerata dagli osservatori di mercato e dagli economisti come una delle pochissime banche centrali in qualche modo responsabili: poiché stava facendo progressi nella riduzione del suo bilancio contrariamente alla BCE e alla BoJ. Tuttavia questo esperimento ha visto una fine brusca e precoce, quando il capo della FED, Powell, ha messo in chiaro che intendeva seguire le orme dei suoi pari e ritornare a politiche accomodanti.

Pertanto la fase di tightening è stata interrotta e ancora una volta abbiamo assistito a tagli dei tassi, nonché iniezioni di liquidità nel mercato dei pronti contro termine. Nel frattempo la reazione del mercato è stata nella migliore delle ipotesi tiepida, con la volatilità a livelli elevati e i recenti dati economici continuano a destare serie preoccupazioni in merito alla prossima recessione. Allo stesso tempo la FED ha fatto di tutto per evidenziare che tutte le recenti misure di accomodamento non erano il risultato dei timori per una recessione. Ad esempio, Powell ha caratterizzato i due tagli dei tassi quest'anno come una semplice mossa preventiva, per proteggere e sostenere l'espansione economica, che non dovrebbe essere interpretata come un segnale di avvertimento di problemi economici futuri. Al contrario, ha insistito sul fatto che gli Stati Uniti godono di una base solida e non c'è nulla di cui preoccuparsi.

Tutti questi sforzi della banca centrale statunitense per minimizzare il significato dei suoi interventi sono destinati a diventare molto più difficili. A metà ottobre la FED ha ripreso ufficialmente i suoi acquisti di debito. La FED è passata dal drenare $50 miliardi al mese dal suo bilancio, all'acquisto di $60 miliardi di bond del Tesoro USA ogni mese. Gli acquisti continueranno fino ad "almeno il secondo trimestre del prossimo anno", mentre è possibile che il loro ritmo possa essere aumentato e la loro durata estesa ulteriormente.

Ancora una volta, in previsione delle reazioni a questa misura, i funzionari hanno rapidamente sottolineato che "queste azioni sono misure puramente tecniche" e "non rappresentano un cambiamento" nella loro posizione monetaria. Il presidente della FED di Dallas, Robert Kaplan, ha insistito sul fatto che la decisione "non ha lo scopo di creare più accomodamento o creare più stimoli". Per quanto riguarda lo stesso presidente Jerome Powell, ha fatto di tutto per sottolineare che la mossa non rappresenta "in nessun modo" una ripresa del quantitative easing (QE). Invece, ha sostenuto, questi acquisti di asset, che non hanno nulla a che fare con quelli che abbiamo visto dopo il 2008, hanno lo scopo di garantire che vi sia abbastanza liquidità nel sistema finanziario per prevenire ulteriori picchi nei mercati dei prestiti a breve termine, come l'improvvisa carenza di liquidità riscontrata a settembre e che ha spinto il tasso dei fondi federali al di fuori del suo obiettivo.


Nonostante tutte le garanzie e tutti i tentativi di minimizzare il significato di questa mossa, molti investitori e analisti l'hanno vista per quella che è in realtà. Come un analista di Wall Street ha scritto in una nota ai suoi clienti, la nuova strategia è "sicuramente un QE". La giustificazione della "misura tecnica" suona piuttosto strana, poiché ciò che è iniziato come un'emergenza e iniezioni di denaro "una tantum" (come le descrivevano all'epoca i funzionari) si sono trasformate in un qualcosa di permanente. E mentre è vero che la FED ora punta al debito del Tesoro USA a breve termine piuttosto che quello a più lungo termine, resta il fatto che il denaro che prevede di iniettare nel sistema ammonta ad almeno $400 miliardi, che verranno aggiunti al suo già massiccio bilancio di $4.000 miliardi. Solo da settembre il bilancio della FED è già cresciuto di oltre $185 miliardi e questo prima ancora dell'inizio dei nuovi acquisti.

L'intento, quindi, fa poca differenza, e poco importa se l'obiettivo della FED è quello di stimolare l'economia o semplicemente aggiungere un supporto "tecnico" al mercato overnight se il risultato è lo stesso. Secondo un'analisi di Benjamin Ong, capo dell'unità Financial Standard Intelligence: "I $60 miliardi in acquisti mensili di T-bill si rapportano con gli $85 miliardi che la FED acquistava mensilmente prima che venissero ridotti di $10 miliardi al mese, a $75 miliardi a dicembre 2013. E, alla fine, QE o no QE, l'ultima mossa della FED dovrebbe contribuire ad aumentare la pendenza della curva dei rendimenti, indebolire il dollaro USA e sostenere i mercati azionari come aveva fatto in passato".

Ciò che è chiaro è che la FED ha commesso un grave errore di giudizio quando ha iniziato il suo programma di tightening nel 2017. Ha sopravvalutato la solidità dell'economia, ha sottovalutato il livello di dipendenza dei mercati dal denaro a buon mercato ed era troppo presto per proclamare una "piena ripresa" dalla crisi. Di conseguenza è stata costretta ad arretrare. Avendo abbreviato la fase di tightening, non è riuscita a sfruttare appieno i benefici previsti di questa mossa, vale a dire, ricaricare la sua "potenza di fuoco" per combattere la prossima recessione economica. Mentre quest'ultima si avvicina pericolosamente, le rimangono poche opzioni. Sebbene la FED possa trovarsi in una posizione relativamente migliore rispetto ai suoi pari, come la BCE o la BoJ che non si sono mai fermate, tutti gli scenari probabili sono davvero cupi per il futuro.


Ad esempio, l'idea stessa di un ritorno a tassi d'interesse pari a zero, che solo un anno fa sarebbe sembrata bizzarra, è ora una possibilità reale. E anche i tassi negativi, del resto. Una volta impensabili, l'opzione non è più così stravagante al giorno d'oggi. Infatti un documento di ricerca intitolato “Yield Curve Responses to Introducing Negative Policy Rates” pubblicato dalla Federal Reserve Bank di San Francisco ha rivelato che i tassi d'interesse negativi "potrebbero diventare un importante strumento per combattere le future recessioni economiche". Perfino lo stesso Trump ha pubblicamente spinto per questa mossa, quando a settembre ha chiesto che la FED facesse il passo straordinario di introdurre tassi negativi.

La banca centrale statunitense ha danneggiato la propria credibilità dicendo una cosa e facendone un'altra. I suoi funzionari insistono sul fatto che l'economia sia in "buona forma", proprio prima di annunciare l'ennesimo taglio dei tassi. Fanno la stessa cosa prima di iniziare l'ennesima espansione del bilancio e riavviare il QE, insistendo che nessuno dovrebbe chiamarlo QE. È utile ricordare queste cose la prossima volta che il presidente Powell offrirà garanzie contro l'avvento della ZIRP e della NIRP. È anche utile ricordare che la FED ha già "esplorato le possibilità" di interventi in stile giapponese all'inizio dell'estate. Secondo la CNBC, poiché le banche centrali occidentali si rendono conto di quanto siano limitate le loro opzioni e vogliono aggiungere strumenti nuovi e molto più aggressivi, "la BOJ ha ricevuto richieste di informazioni da diverse banche centrali, tra cui la FED, riguardo il suo esperimento di controllo della curva dei rendimenti per ancorare i tassi d'interesse a lungo termine vicino allo zero".

Al fine di proteggere la propria ricchezza e assicurarsi che sia preservata per la prossima generazione, è essenziale guardare al quadro generale. Ciò che oggi sembra inverosimile può facilmente diventare la notizia principale di domani e poi la "nuova normalità" un anno dopo. "Senza precedenti" non è più qualcosa di "impossibile", soprattutto in questa era di radicalismo nella politica monetaria. Lo abbiamo visto nell'ultima recessione, quando migliaia di miliardi di dollari hanno inondato tutte le principali economie ed i bilanci delle banche centrali sono esplosi a livelli record.

Se sarà "più della stessa cosa", con ZIRP/NIRP e acquisti massicci di asset, o se i banchieri centrali si sposteranno in nuovi territori interventisti, forse emulando il Giappone, non ha molta importanza, perché l'esito di tutte queste politiche può essere facilmente previsto, almeno per i risparmiatori e gli investitori prudenti: punire coloro che hanno un orizzonte di investimento a lungo termine.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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