di William L. Anderson
Da quando ha vinto il Nobel per l'economia nel 2001, Joseph Stiglitz è stato un sostenitore della crescita dello stato. Dopo l'11 settembre, ad esempio, ha invocato a gran voce la creazione di un'agenzia federale per fornire sicurezza ai passeggeri delle compagnie aeree. (Stiglitz ha ricevuto il Nobel per aver "dimostrato" che i mercati liberi sono "inefficienti" e portano sempre a risultati non ottimali a causa delle informazioni asimmetriche. Solo lo stato, al cui vertice ha persone come Stiglitz, possono dirigere la produzione e lo scambio in modo efficiente.)
Più di un decennio fa Stiglitz elogiava il governo socialista di Hugo Chavez in Venezuela, dichiarando:
Il presidente venezuelano Hugo Chavez sembra aver avuto successo nel portare salute e istruzione nei quartieri poveri di Caracas, a coloro che in precedenza vedevano pochi benefici dalla ricchezza petrolifera del Paese.
Affermava inoltre che la politica di Chavez, espropriare la struttura del capitale delle compagnie petrolifere private in Venezuela, avrebbe comportato una distribuzione più "equa" della ricchezza, cosa che ritiene auspicabile ovunque. È interessante notare che, dal quando l'esperimento socialista del Venezuela è andato a ramengo, con tanto di iperinflazione e una delle peggiori crisi finanziarie ed economiche mai viste nell'emisfero occidentale, Stiglitz ha taciuto, almeno quando si tratta di spiegare perché il cosiddetto miracolo economico in Venezuela s'è dimostrato insostenibile.
Sebbene Stigliz non stia più elogiando il socialismo venezuelano, non tace affatto sulla sua convinzione che solo l'espansione del potere statale possa "salvare" l'economia americana dall'auto-distruzione. In un recente articolo su Scientific American dichiara che: "L'economia americana è manipolata". Tuttavia aggiunge nel titolo: "E cosa possiamo fare a riguardo".
Coloro che hanno familiarità con le dichiarazioni pubbliche di Stiglitz, Paul Krugman e altri nella combriccola di coloro che "i mercati sono distruttivi", niente di ciò che Stiglitz scrive è roba nuova. Del resto è normale che scriva su Scientific American, dal momento che dice che il suo è un discorso scientifico, qualcosa che può affermare con un sacco di equazioni matematiche che "dimostrano" che i mercati liberi sono cattivi:
Dal punto di vista di Stiglitz, i mercati sono pieni di errori nell'elaborazione e nella trasmissione di informazioni e lo stato deve essere pronto a correggere questi errori. Nella sua conferenza per l'accettazione del Nobel, Stiglitz ha parlato di aver "confutato" le teorie del libero mercato di Adam Smith, affermando che la "mano invisibile" di Smith o non esisteva o era diventata "paralizzata". Ha sottolineato che i principali dibattiti politici negli ultimi due decenni hanno avuto la tendenza a concentrarsi sull'efficienza dell'economia di mercato e sulla "relazione appropriata tra mercato e stato". Il suo approccio favoriva quest'ultimo.
Inoltre, nella stessa conferenza, ha dichiarato che "è necessaria una concorrenza perfetta se i mercati devono essere efficienti". Per gli economisti Austriaci la sua affermazione solleva la questione sul perché dobbiamo presumere che gli stati posseggano le informazioni necessarie per produrre risultati "efficienti" negli scambi economici, ma Stiglitz non ha mai provato a dimostrarlo. Afferma semplicemente la superiorità dello stato per quanto riguarda le informazioni e basta.
L'ultimo articolo di Stiglitz su Scientific American pone l'enfasi sul fatto che i mercati producano sistematicamente disuguaglianza e che ci troviamo nella situazione in cui solo poche persone privilegiate traggono vantaggio dal sistema capitalista, mentre la stragrande maggioranza scivola nell'abisso economico.
Tutto ciò si traduce in ciò che definisce un "ciclo di feedback" che finisce per spiralizzarsi all'infinito. Dobbiamo credere che la crescita delle disuguaglianze di reddito andrà avanti fino a quando non saremo circondati da un "esercito di disoccupati", o come minimo un esercito di persone che non è in grado di trovare un lavoro che consenta loro di sostentarsi.
Come molti altri che hanno affermato che il capitalismo sta distruggendo la classe media, Stiglitz auspica politiche come quelle applicate durante la Grande Depressione e dopo la Seconda Guerra Mondiale, considerando il periodo tra gli anni '30 e la fine degli anni '50 come una presunta età d'oro della prosperità.
Per invertire questa tendenza di crescente disuguaglianza, e aumento della povertà, Stiglitz chiede un ritorno alle politiche dell'era della Depressione: tasse elevate e l'uso della struttura normativa per ricreare i cartelli finanziari e commerciali costituiti dal New Deal. Infatti, a parte le leggi anti-discriminazione che ora fanno parte del panorama giuridico moderno, Stiglitz ritiene che l'unica speranza per il nostro futuro sia quella di tornare al passato:
[...] abbiamo bisogno di una tassazione più progressiva e di un'educazione pubblica di alta qualità finanziata dal governo federale, inclusa una maggiore accessibilità alle università per tutti, senza bisogno di prestiti rovinosi. Abbiamo bisogno di leggi sulla concorrenza per affrontare i problemi posti dal potere del mercato del XXI secolo e una più forte applicazione delle leggi che abbiamo. Abbiamo bisogno di leggi sul lavoro che tutelino i lavoratori e i loro diritti di sindacalizzazione. Abbiamo bisogno di leggi sulle grandi aziende che frenino gli stipendi esorbitanti conferiti agli amministratori delegati e abbiamo bisogno di regolamenti finanziari più rigorosi che impediscano alle banche di impegnarsi in pratiche di sfruttamento, diventate il loro segno distintivo. Abbiamo bisogno di una migliore applicazione delle leggi anti-discriminazione: è inconcepibile che le donne e le minoranze vengano pagate solo una piccola parte di ciò che ricevono le loro controparti maschili bianche. Abbiamo anche bisogno di leggi sull'ereditarietà che riducano la trasmissione intergenerazionale di vantaggi e svantaggi.
Smontare la logica di Stiglitz
Difficilmente Stiglitz è l'unico economista moderno che vuole che l'economia americana sia ristrutturata per assomigliare a quella del 1939. Paul Krugman molte volte ha chiesto un "New New Deal" e sostiene che la classe media americana non esisteva fino a quando il presidente Franklin D. Roosevelt l'ha creata con le sue politiche.
Nel leggere il latrato di Stiglitz è chiaro che egli considera l'economia sia in modo meccanicistico che deterministico. Il capitale avrà rendimenti crescenti perché, beh, il capitale ha rendimenti crescenti, il che significa che col tempo il capitale aumenterà i redditi dei suoi proprietari e tutti gli altri diventeranno più poveri. Infatti leggendo l'intero articolo, si può concludere che egli crede, come Marx, che un sistema di mercato sia intrinsecamente instabile e che imploderà sempre perché poche persone vedranno aumentare i loro guadagni; l'intero sistema è costruito a spese delle masse, le quali vedranno diminuire i loro redditi.
Infatti se si segue Stiglitz fino alle sue conclusioni, dovremmo supporre che l'economia americana sia una trappola costituita da sfruttamento e miseria per i lavoratori americani:
Al tempo della Guerra Civile, il valore di mercato degli schiavi nel Sud era approssimativamente la metà della ricchezza totale della regione, incluso il valore della terra e il capitale fisico: le fabbriche e le attrezzature. La ricchezza di almeno questa parte degli USA non era basata sull'industria, sull'innovazione e sul commercio, ma piuttosto sullo sfruttamento. Oggi abbiamo sostituito questo sfruttamento aperto con forme più insidiose, le quali si sono intensificate sin dalla rivoluzione Reagan-Thatcher degli anni '80. Questo sfruttamento [...] è in gran parte la causa dell'incremento della disuguaglianza negli Stati Uniti.
Come Krugman, Stiglitz utilizza una serie di statistiche e grafici per "provare" che prima che Ronald Reagan e Margaret Thatcher prendessero il potere, l'economia americana e britannica erano paradisi di "uguaglianza" e prosperità. Per qualche ragione sconosciuta sono emerse dal nulla idee di libero mercato per influenzare i politici affinché creassero un nuovo sistema economico che sciogliesse l'economia ben strutturata post-New Deal e la trasformasse in una landa di povertà e servi.
C'è un problema con l'analisi di Stiglitz: è sbagliata sia teoricamente che empiricamente. Innanzitutto gli anni '70 sono stati un decennio sia di inflazione che di declino economico, sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna. Negli Stati Uniti l'economia oscillò tra boom inflazionistici (con inflazione che superava ben il 10%) e bust devastanti, compresa la recessione del 1974-75; in Gran Bretagna la situazione era peggiore, come dimostrato nella trasmissione del 1977 "60 Minutes".
La cosa triste è che Stiglitz sta cercando di affermare che gli americani stavano meglio nel 1980 rispetto ad ora, il che può significare solo che crede che gli americani avevano un tenore di vita migliore 40 anni fa rispetto ad oggi. Tuttavia, come sottolineato da Philip Brewer, è facile confondere qualcosa come l'uguaglianza dei redditi rispetto a standard di vita più elevati. La cosiddetta Età dell'Oro degli anni '50 era un periodo in cui un terzo degli americani viveva in povertà:
Negli anni '50 e '60 un lavoratore poteva sostenere una famiglia con uno standard di vita da classe media con un solo reddito. Potrebbe sorprendervi sapere che una persona che lavora a tempo pieno, anche con un salario minimo, può ancora sostenere una famiglia di quattro persone con quello stesso tenore di vita. Oggi lo chiamiamo "vivere in povertà".
Stiglitz sostiene che nel tempo i proprietari del capitale ricevono crescenti ritorni sullo stesso, i quali hanno l'effetto di aumentare il reddito dei proprietari nel tempo, ma solo a scapito di tutti gli altri. Quindi, a suo avviso, il capitale è il colpevole, e mentre un'economia accumula quantità crescenti di capitale, la disuguaglianza di reddito e la povertà sono il risultato "logico". L'unico modo per invertire questa tendenza, secondo lui, è che lo stato confischi enormi quantità di reddito da capitale e le trasferisca a persone a basso reddito attraverso assistenza sociale o disponibilità di servizi statali.
Se Stiglitz avesse ragione, sarebbe la prima volta nella storia umana che l'accumulo di capitale ottenuto attraverso un sistema di profitti/perdite sarebbe responsabile della riduzione dello standard di vita in un'economia. Inoltre Stiglitz sembra essere ignaro del ruolo economico ricoperto dal capitale: aumentare l'offerta di beni e servizi in un'economia. Guardando solo al reddito che i possessori di capitali guadagnano e non comprendendo il significato economico dell'accumulo di capitale, a Stiglitz rimane solo un'arida analisi marxista in cui i "ricchi" aumentano le loro quote di reddito a scapito di tutti gli altri. Il risultato è un "eccesso" globale di beni che non possono essere venduti, cosa che porta a licenziamenti di massa, disoccupazione e crollo economico. Che gli economisti da Jean Baptiste Say a Ludwig von Mises abbiano smentito le sue tesi non riesce ad impedire a Stiglitz di ripeterle.
Pubblicando il suo articolo su Scientific American e formulando la sua analisi sotto forma di linguaggio scientifico, Stiglitz vuole farci credere che i suoi punti di vista siano sistematici e abbiano l'aura dell'inevitabilità, come se stesse descrivendo i risultati della Legge di Gravità. In realtà Stiglitz ripete semplicemente gli errori di Thomas Malthus, Karl Marx e John Maynard Keynes e presenta una visione rigida, meccanicistica e completamente falsa di come funziona un'economia.
Nel corso della storia abbiamo visto come il socialismo riporti indietro un'economia, che si tratti dell'ex-Unione Sovietica, della Cina di Mao, di Cuba, o del Venezuela. Non è stato in grado di comprendere come il "miracolo socialista" del Venezuela sarebbe andato in pezzi, e ora è incapace di riconoscere la verità sul motivo per cui il deterioramento di un'economia socialista si traduce in ricchezza per pochi e povertà per le masse. In altre parole, non riesce a comprendere perché l'economia socialista sia un macello.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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