Come c'era da aspettarsi, il piano verde della Germania s'è dimostrato un gigantesco bacino di sprechi e un latore di costi enormi. L'Unione Europea non può ignorare i rischi di approvvigionamento e la perdita di competitività se promuove un mix energetico costoso. Le strategie ambientali devono essere allineate con l'innovazione e la concorrenza in modo che le politiche non distruggano il consumo, gli investimenti, la crescita e il reddito delle persone. I politici ignorano la realtà: la transizione energetica è inarrestabile e non ha bisogno di politiche interventiste. Gli Stati Uniti hanno dimostrato che la tecnologia e la concorrenza hanno fatto di più per ridurre le emissioni di CO2 e migliorare l'efficienza rispetto al costante aumento delle imposte indirette come in UE. Negli Stati Uniti i crediti d'imposta e gli accordi di acquisto di energia tra le parti sono stati più efficaci nel rafforzare le nuove tecnologie energetiche rispetto alle direttive fiscali e di intervento europee. La combinazione di gas naturale e fonti rinnovabili in competizione ha fatto molto per migliorare l'ambiente e la vita dei consumatori rispetto ai grandi piani di spesa pubblica. La transizione energetica avverrà solo se la competitività e la logica economica supportano gli obiettivi ambientali. I contribuenti non possono essere coloro che pagano per errori di pianificazione politica. Se l'Europa commetterà gli errori del passato, non ci sarà alcuna transizione energetica ma ci sarà più stagnazione. La Germania deve imparare dai suoi errori politici e, con essa, il resto degli europei. Il rallentamento della zona Euro non è una coincidenza e ha anche a che fare con gli errori nella politica energetica. La debolezza dell'Eurozona, infatti, è dovuta ad un interventismo crescente e a tasse schiaccianti, cose che hanno impedito agli imprenditori di trarre beneficio dagli sviluppi tecnologici. Non solo, ma la dimostrazione che il libero mercato pensa davvero alla conservazione dell'ambiente è dato dalle recenti notizie riguardanti il mining di Bitcoin e l'uso delle rinnovabili.
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di Daniel Lacalle
Se vogliamo una vera alternativa ai combustibili fossili, che migliori l'ambiente, riduca le emissioni e rafforzi il benessere globale, la otterremo solo dal libero mercato.
Prove storiche e gli incentivi economici ci mostrano che l'interventismo e il socialismo non proteggono mai l'ambiente; lo usano solo come un sotterfugio per aumentare il controllo sull'economia, mentre sovvenzionano gli inquinatori con la scusa della "occupazione" usando il termine "settori strategici".
L'interventismo, infatti, pone ostacoli all'innovazione tecnologica e agli sviluppi dirompenti.
In primo luogo perché la tecnologia e la concorrenza riducono il potere dello stato in termini di formazione dei prezzi e pilastro economico della società. Ciò significa che lo stato è quello che sceglie chi vince e chi perde, nonché quando, dove e come spendere.
In secondo luogo perché la tecnologia dirompente è disinflazionistica e non consente agli stati di riempire le aziende con lavori politici, erigendo quindi conglomerati inefficienti controllati dal potere politico. Il motivo per cui l'interventismo non difenderà mai l'ambiente e l'innovazione è uno: detesta la concorrenza e la tecnologia perché ne indebolisce il potere.
Tuttavia nelle proteste che vediamo sui media in tutto l'Occidente, c'è un silenzio assordante sulle economie più interventiste e sulle loro società statali, le quali rappresentano i peggiori inquinatori del mondo. È davvero triste quando qualcosa che tutti dovremmo sostenere, la protezione dell'ambiente, diventa uno strumento di propaganda per sostenere la forma più deplorevole e assoluta di interventismo statale.
Non si tratta di proteggere l'ambiente, ma di proteggere la ricerca di rendite politiche, una condizione molto attraente per i politici affinché possano continuare ad esercitare un potere che sfugge alle loro mani quando c'è vera concorrenza, miglioramento tecnologico e trasparenza.
La realtà è che i sistemi interventisti non difendono mai il miglioramento dell'ambiente, ma lo usano come specchietto per le allodole. La politicizzazione dell'azione per il clima non difende l'ambiente, ma spiana la strada all'interventismo. Da qui il silenzio sui registri ambientali di sistemi altamente interventisti come la Cina e l'Iran.
La Cina ha approvato l'uso di una maggiore capacità di carbone nei prossimi dodici anni rispetto all'intera capacità statunitense attuale e quasi il doppio di quella dell'Unione Europea. Nel frattempo l'Iran è il Paese che sovvenziona maggiormente le energie fossili.
I maggiori sussidi all'inquinamento sono tutti in Paesi con bassa libertà economica, governi con il massimo controllo sull'economia e con aziende statali. Dei 147 Paesi che hanno ratificato gli ultimi accordi ambientali, in oltre il 90% le aziende e i settori inquinanti sono pubblici al 100% (i produttori dei petro-stati, le più grandi centrali a carbone, acciaierie, ecc.).
Certo, è molto facile essere un "attivista" nelle economie aperte, manifestando contro società quotate in borsa che sono la soluzione, non il problema. È molto facile aumentare le tasse sui cittadini con una scusa ambientale, sovvenzionando i settori più inquinanti.
Non trovate divertente leggere che quei Paesi che ci dicono di avere un indiscutibile impegno ambientale hanno, allo stesso tempo, raffinerie e centrali a carbone come grandi pilastri degli investimenti statali nei prossimi dieci anni? Non perché siano necessari: si tratta di due settori in cui esiste una sovraccapacità a livello globale. Questo perché gli interventisti promuovono sempre per definizione i cosiddetti "elefanti bianchi": costruiscono cose per il fine di costruirle.
Quando la concorrenza viene ignorata o respinta e la logica economica degli investimenti viene abbandonata, gli stati non promuovono mai il cambiamento, mascherano le inefficienze con le belle parole.
Quegli attivisti che attaccano aziende innovative ed economie aperte, che sono la soluzione, non lo fanno per mancanza di informazioni o ignoranza, lo fanno perché il loro obiettivo è un altro: sono felici di unirsi a governi totalitari, teocrazie e dittature (che siano o meno inquinanti) per distruggere quel poco che resta del libero mercato, in un mondo occidentale che è annegato nell'interventismo.
Alcuni attivisti per il clima attaccano le aziende che hanno avuto successo grazie a tecnologia, sostenibilità e cambiamento ambientale perché l'obiettivo non è avere campioni efficienti in grado di creare occupazione, rafforzare la propria posizione e crescere nel mondo, ma espropriarli per riempirli di posizioni politiche. Esattamente ciò che ha portato le compagnie petrolifere statali globali a distruggere valore, efficienza e perpetuare l'eccesso di capacità.
Non è che gli interventisti siano sciocchi o incoerenti quando non parlano di Venezuela, Cina, o Iran e attaccano società statunitensi che migliorano l'ambiente attraverso l'innovazione e la crescita. L'obiettivo è far scomparire la concorrenza e l'innovazione privata, i due fattori che continueranno a migliorare il mondo, a ridurre la povertà ed a creare ricchezza.
Questa è la cosa triste più triste di quei politici che si definiscono progressisti, mentre in realtà sono "regressisti". Quello che vogliono davvero è avere conglomerati statali che affondino la competitività e distribuiscano posizioni per designazione politica. Questa è la formula perfetta per annientare l'innovazione e il cambiamento.
Esistono solo due modi per risolvere le sfide ambientali: concorrenza e tecnologia. Nessuno stato ossessionato dal potere e dai controlli sui prezzi difenderà tali opzioni, le elimineranno. E sta già succedendo...
I governi interventisti vogliono inflazione e controllo. La tecnologia e la concorrenza distruggono questi due fattori.
La tecnologia e la concorrenza possono prosperare solo in un sistema capitalista in cui l'incentivo all'innovazione è premiato dal successo e dalla distruzione creativa dei settori obsoleti con la crescita di quelli produttivi e innovativi, andando a generare un benessere maggiore per tutti. Questo può succedere solo col capitalismo. La libertà economica è l'unica garanzia a protezione dell'ambiente.
La "decarbonizzazione" è inarrestabile, ma sarebbe ancora più veloce senza le insidie di coloro che oggi si presentano come salvatori della Terra mentre in realtà tassano semplicemente i cittadini per perpetuare "campioni strategici nazionali" inquinanti.
La tecnologia e la concorrenza possono ottenere una "decarbonizzazione" più rapida ed efficiente, ma al contempo riducono i prezzi e frenano il controllo dello stato, due cose che quest'ultimo odia.
Solo il libero mercato offre la soluzione alle sfide poste dal clima.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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